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1 di 24 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (≥90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 24 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ≥1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 24 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di β-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 24 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu → Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 24 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-α, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-α sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-α, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine β2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 24 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un β-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 24 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ≤1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 24 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ≥2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 24 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 24 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ≥126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 24 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ≤200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ≤200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ≤100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ≤100 mmHg.


12 di 24 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ≥126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 24 Domande

Scenario AGEX32: La Sig.ra Dasari, una donna di 45 anni, si presenta presso l’ ambulatorio del proprio endocrinologo di fiducia, lamentando palpitazioni e perdita di peso: ha perso più di 3 kg negli ultimi quattro mesi e si sente sempre più ansiosa. All'esame obiettivo il suo BMI è 20, la sua pressione arteriosa è 130/70 mmHg e la sua frequenza cardiaca è 92 bpm con ritmo sinusale. Manifesta un intenso tremore. Il TSH misurato è 0,1 mIU/L. Quale dei seguenti elementi ci si aspetta di trovare in questa paziente?














La risposta corretta è la B.

La paziente presenta uno stato di ipertiroidismo, che si caratterizza, contrariamente all’ ipotiroidismo, per bassi livelli di TSH ed elevati livelli di T4 e T3. Le cause che lo possono determinare sono il morbo di Basedow, il gozzo tossico multinodulare, l’ adenoma tossico e il carcinoma differenziato della tiroide. I sintomi sono dovuti all’ eccesso di T3 e T4 circolanti, cosi i pazienti clinicamente manifestano tachicardia (talvolta insorgenza di tachiaritmie), palpitazioni, ipertensione, tremori, iperattività , nervosismo, dimagrimento, insonnia, cute calda, ipersensibilità al caldo, calo della libido e disturbi gastrointestinali. La diagnosi prevede l’ integrazione dei dati clinici e laboratoristici, nei quali si osserva l’ aumento delle frazioni libere degli ormoni tiroidei T3 e T4, associati ad una riduzione del valore di TSH.

Le risposte A, C, D ed E non sono corrette.

Stitichezza, pelle secca, menorragia e aumento di peso sono più comunemente associati all’ipotiroidismo.


14 di 24 Domande

Scenario AGEX61: Vengono fatti dei test clinici per un nuovo trattamento per l'ipoglicemia sintomatica, che si ritiene abbia un'azione simile al glucagone. Quale delle seguenti caratteristiche sarebbe coerente con un effetto simile al glucagone?














La risposta corretta è la E.

Il glucagone è un ormone di natura polipeptidica, secreto dalle cellule α delle isole pancreatiche di Langherans. Svolge una funzione iperglicemizzante e la sua somministrazione induce una rapida riduzione del glicogeno epatico con conseguente incremento glicemico: la sua secrezione è stimolata dall’ ipoglicemia. Quindi possiamo dire che il glucagone è progettato per aumentare la fornitura di energia in caso di necessità ed una di queste fonti di energia può effettivamente essere rappresentata dagli acidi grassi: infatti, esso stimola la lipasi ormono-sensibile e così la degradazione dei triacilgliceroli (lipolisi). Gli acidi grassi vengono ossidati direttamente, usati per produrre energia e possono essere in parte metabolizzati e trasformati nel fegato in corpi chetonici, poi rilasciati e utilizzati dai tessuti periferici come fonte di energia, in particolare nel miocardio e nei muscoli, in modo da risparmiare glucosio per aumentare la glicemia.

La risposta A non è corretta.

Il glucagone induce la stimolazione della secrezione di catecolamine e non l’ inibisce.

La risposta B non è corretta.

Il glucagone ritarda lo svuotamento gastrico e riduce le secrezioni esocrine pancreatiche esocrine.

Le risposte C e D non sono corrette.

Il glucagone stimola la glicogenolisi, inibendo allo stesso tempo la glicolisi e attivando la gluconeogenesi.


15 di 24 Domande

Paziente di 37 anni si presenta in Pronto Soccorso per comparsa di valori elevati di pressione arteriosa. L'addome si presenta globoso per adipe ed è raffigurato nell'immagine seguente. Gli arti sono estremamente sottili. Quale ipotesi diagnostica deve essere considerata in questo caso clinico?

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La risposta corretta è la C.

La sindrome di Cushing è una sindrome caratterizzata da una costellazione di anomalie cliniche, provocate da livelli ematici cronicamente elevati di cortisolo o di corticosteroidi ad esso correlati.


16 di 24 Domande

Scenario AGEX88: Sara, una ragazza di 35 anni a cui è stato diagnosticato un feocromocitoma, si reca presso il reparto di endocrinologia. Si trova in blocco adrenergico con fenossibenzamina ed è in attesa di un intervento chirurgico. I medici sono preoccupati, perché il suo calcio è elevato (3 mmol/l). All'esame obiettivo la sua pressione arteriosa è a 150/90 mmHg ed alla palpazione si può apprezzare una massa dura sul lato destro della tiroide. Quale test è più importante ed urgente da fare per confermare la diagnosi?














La risposta corretta è la B.

Vista la storia clinica vi è un elevato sospetto di MEN-2A, una sindrome ereditaria caratterizzata dalla presenza di carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma, iperplasia delle paratiroidi o adenomi (che causano iperparatiroidismo), e occasionalmente da amiloidosi cutanea lichenoide. Le caratteristiche cliniche dipendono dagli elementi ghiandolari interessati.

Le mutazioni del protooncogene RET sono responsabili di circa il 90% dei casi di MEN 2A. Nella MEN 2A e nel carcinoma midollare tiroideo familiare l’ esordio della malattia nella maggior parte dei pazienti si ha intorno alla III decade di vita. Pertanto, è necessario confermare o meno la sospetta diagnosi di carcinoma midollare tiroideo mediante il test di stimolo con pentagastrina: si somministra pentagastrina e si dosa successivamente la calcitonina; se la calcitonina è prodotta dalle cellule tiroidee neoplastiche, si osserva solitamente un aumento dei livelli di calcitonina: tale test misura i livelli di calcitonina a 2 e 5 minuti (un aumento della calcitonina è indicativo di carcinoma midollare della tiroide).

La risposta A non è corretta.

L’ecografia del collo è relativamente poco sensibile per l’identificazione di piccole masse cervicali e non fornisce una diagnosi biochimica.

La risposta C non è corretta.

La scintigrafia delle paratiroidi permette di visualizzare un adenoma iperfunzionante o paratiroidi ectopiche iperfunzionanti.

Non permette di fare una diagnosi differenziale tra adenoma e carcinoma. Inoltre, attualmente, non disponiamo di traccianti specifici per il tessuto paratiroideo. Infine, nell’iperplasia paratiroidea è molto più comune soprattutto una condizione benigna rispetto al carcinoma midollare della tiroide e pertanto è più importante confermare o meno la presenza di un carcinoma midollare della tiroide, quindi di MEN-2A.

La risposta D non è corretta.

Un dosaggio di calcitonina sierica random è molto meno sensibile rispetto alla calcitonina, stimolata dalla pentagastrina, per identificare il carcinoma midollare della tiroide.

La risposta E non è corretta.

Il PTH può anche essere elevato, ma non confermerebbe o meno una diagnosi di base di carcinoma midollare della tiroide.


17 di 24 Domande

Una donna di 67 anni giunge in visita, portando in visione l'allegato esame densitometrico osseo, eseguito a livello lombare. In riferimento al grafico allegato è possibile diagnosticare osteoporosi?

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La risposta corretta è la A.

La MOC (o Mineralometria Ossea Computerizzata), è un esame densitometrico, che misura la massa minerale ossea (BMC) e la densità ossea, cioè la quantità e la densità dei sali di calcio, contenuti nella regione scheletrica sottoposta ad esame. La MOC è un esame che può essere effettuato in diversi modi: tramite ultrasuoni (su piccoli segmenti ossei), TC, oppure apparecchiature specifiche di ultima generazione come ad esempio la DEXA (Dual Energy X-Ray Absorptiometry).

La DEXA, attualmente quella più utilizzata, è un esame non invasivo ma, che comporta l’ esposizione del soggetto ai raggi X. Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, la MOC consente di definire lo stato di una eventuale demineralizzazione ossea mediante due indici: il T-score e lo Z-score. Il T-score è un parametro che esprime quanto il valore ottenuto si discosta dal valore del campione di riferimento (soggetti sani dello stesso sesso di età compresa tra i 25 e i 30 anni, età in cui si ha il picco di massa ossea). Il T-score rappresenta la differenza, espressa in un numero di derivazioni standard, fra il valore individuale osservato e il valore medio della popolazione sana di riferimento. Valori di T-score compresi in un range fra +1 e -1 indicano una mineralizzazione nella norma. Secondo l’ OMS, quando il valore di T-score è compreso da -1 a -2,5, si parla di osteopenia, invece quando questo valore è inferiore a 2,5, si parla di osteoporosi.

Per quanto riguarda lo Z-score, invece, il valore di riferimento si ottiene dalla valutazione di una popolazione sana di soggetti dello stesso sesso e della stessa età del paziente.

Tra T-score e Z-score, il primo è quello da tenere maggiormente in considerazione, poiché si tratta di un valore assoluto e non relativo.

Nella nostra paziente il valore di T-score è -2,1 quindi si tratta di una condizione di osteopenia e non di osteoporosi.

La risposta B non è corretta.

La risposta B è errata, perché il valore di T-score della nostra paziente è di 2,1; in base a quanto stabilito dalla OMS si parla di osteoporosi quando il T-score presenta valori inferiori a -2,5.

La risposta C non è corretta.

Il principale parametro di riferimento nella diagnosi di osteopenia o di osteoporosi è il T-score e non lo Z-score; per questo motivo la risposta C è errata. Inoltre, la nostra paziente ha un valore di Z-score di -1,9 quindi è inferiore a -1.

La risposta D non è corretta.

Il principale parametro di riferimento nella diagnosi di osteopenia o di osteoporosi è il T-score e non lo Z-score; per questo motivo la risposta D è errata. Inoltre, la nostra paziente ha un valore di Z-score di -1,9 quindi è inferiore a -1,5.


18 di 24 Domande

Chiara, una ragazza di 25 anni, studente di ingegneria, si reca in visita dal suo medico di base il giorno 18 aprile 2017. Dice di essere particolarmente irritabile, ansiosa e di non sopportare il caldo da circa 4 settimane, cioè da quando ha partorito. La gravidanza si è svolta regolarmente e il bimbo, nato da parto vaginale, è in perfetta salute. Attualmente non assume farmaci e non ha una storia clinica rilevante. Il dottore misura una temperatura di 37.5 °C, una pressione arteriosa di 150/65 mmHg, una frequenza cardiaca di 100 bpm e una frequenza respiratoria di 14 atti/min. La cute appare calda e umida e vi è un lieve tremore a livello delle mani. L’ esame obiettivo del collo non rivela un ingrandimento della tiroide, né dolore. Qual è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la C

Chiara ha dei sintomi suggestivi di ipertiroidismo, come l’ intolleranza al caldo, l’ ipertensione sistolica isolata, l’ ansia, i tremori e la pelle calda e umida.

La tiroidite post-partum è una condizione frequente e autolimitante che si sviluppa a seguito di un parto o di un aborto, da qualche settimana fino ad 1 anno dall’ evento. Si tratta di una patologia autoimmune che si associa a una scarsa captazione di iodio radioattivo ed è caratterizzata da un infiltrato linfocitario. Clinicamente non causa gozzo o tensione a livello della tiroide. La diagnosi è basata sui test di funzionalità tiroidea e sull’esclusione di altre condizioni. Questa patologia può persistere, recidivare o progredire. Una piccola percentuale di pazienti va incontro ad ipotiroidismo permanente.

La risposta A non è corretta

La tiroidite di Hashimoto è una patologia autoimmune caratterizzata da autoanticorpi diretti contro antigeni tiroidei; può esitare in ipotiroidismo o determinare la formazione di noduli.

La risposta B non è corretta

Il morbo di Graves è una tireotossicosi autoimmune dovuta ad autoanticorpi stimolatori diretti contro il recettore del TSH. Si associa a presenza di gozzo e oftalmopatia (esoftalmo).

La risposta D non è corretta

La tiroidite di Riedel, nota anche come tiroidite cronica fibrosa, è una rara malattia infiammatoria cronica caratterizzata da sclerosi ghiandolare tiroidea. Si manifesta in donne anziane o di mezza età e porta progressivamente ad ipotiroidismo. Si osserva una tiroide lignea alla palpazione, che va in diagnosi differenziale con il carcinoma anaplastico.

La risposta E non è corretta

La tiroidite subacuta di De Quervain è una malattia granulomatosa caratterizzata da un rigonfiamento doloroso della tiroide che spesso induce disfagia. Può persistere per mesi, ma in genere regredisce spontaneamente.


19 di 24 Domande

Scenario ER17Z: Un ragazzo di 14 anni giunge in Pronto Soccorso accompagnato dalla madre per importante addominalgia, tachipnea e compromissione del sensorio. Non vi sono segni di rigor nucale. La glicemia capillare è 405 mg/dL, corpi chetonici nelle urine; emogasanalisi: acidosi metabolica. Gli indici di flogosi sono negativi. Quale approccio terapeutico è indicato in questa circostanza?














La risposta corretta è la B.
La chetoacidosi diabetica è una complicanza acuta del diabete di tipo 1, e spesso ne rappresenta il sintomo d’ esordio in una minoranza di pazienti. Si caratterizza per la presenza di iperglicemia, iperchetonemia e acidosi metabolica e si sviluppa quando i livelli di insulina sono insufficienti a soddisfare le richieste metaboliche dell'organismo, pertanto diverse sono le condizioni di stress che in un soggetto diabetico potrebbero innescare chetoacidosi: tra questi i principali sono infezioni acute, soprattutto polmoniti e infezioni urinarie, infarto del miocardio, ictus, traumi, pancreatite e farmaci come corticosteroidi e diuretici tiazidici. 
In presenza di una significativa carenza di insulina rispetto al fabbisogno, la produzione di energia non può essere assicurata dal metabolismo del glucosio motivo per cui l’ organismo inizierà a metabolizzare trigliceridi e aminoacidi: a causa della lipolisi incontrollata si avrà un forte aumento dei livelli sierici di glicerolo e acidi grassi liberi, così come a seguito del catabolismo muscolare aumenteranno i livelli di alanina. Il glicerolo e l’ alanina vengono utilizzati come substrati per la gluconeogenesi epatica, stimolata dall'eccesso di glucagone che stimola altresì la conversione degli acidi grassi liberi in chetoni, processo normalmente inibito dall’ insulina. La chetogenesi così attivata produce acidi organici forti che provocano acidosi metabolica: acido acetoacetico e acido β-idrossibutirrico.
Il risultato della carenza insulinica non è solo l’ attivazione della chetogenesi, ma anche l’ aumento dei livelli sierici di glucosio; l’ iperglicemia, che in queste condizioni non supera 800 mg/dl, causa una diuresi osmotica con conseguente perdita marcata di acqua ed elettroliti: mentre il sodio sierico viene perso rapidamente,  il potassio sierico inizialmente è solitamente normale, a causa della sua fuoriuscita dalle cellule in risposta all'acidosi, e solo successivamente il suo livello tenderà ad abbassarsi.
I pazienti con chetoacidosi diabetica sono, generalmente, soggetti giovani con nausea, vomito, dolori addominali, alito dall’ odore fruttato per l’ eliminazione di acetone con l’ espirazione, ipotensione, tachicardia compensatoria, tachipnea (respiro caratteristico definito di Kussmaul) e nei casi più gravi vi può essere compromissione del sensorio. La diagnosi si basa sulla clinica e la misurazione degli elettroliti, dell’ azotemia e della creatinina, del glucosio, dei chetoni, dell’ osmolarità , sull’ esame delle urine -che mostra chetonuria, e soprattutto sull’ emogasanalisi arterioso con cui si riscontra acidosi (pH arterioso < 7,30) con gap anionico aumentato.
Il primo passo nel trattamento della chetoacidosi diabetica è l'infusione di soluzione salina isotonica, per espandere il volume extracellulare e stabilizzare l’ assetto cardiovascolare, associato alla correzione del deficit di potassio sierico e alla somministrazione di insulina rapida per via endovenosa: siccome i livelli sierici di potassio tendono a scendere soprattutto durante il trattamento insulinico, in quanto l’ insulina lo veicola nuovamente all'interno delle cellule, se il potassio sierico è inferiore a 3,3 mEq/l, la terapia con insulina deve essere ritardata fino a quando i livelli di questo elettrolita non siano sufficientemente alti.
 
Le risposte C, D ed E non sono corrette.
Si tratta di misure che non possono essere usate in condizioni di emergenza in quanto necessitano di tempi più lunghi per espletare la loro azione.
La risposta A non è corretta.
La terapia del coma chetoacidosico prevede necessariamente l’ utilizzo di insulina.

20 di 24 Domande

Scenario CR45S: Una donna di 63 anni a un controllo di esami di routine presenta: creatinina sierica 1.4 mg/dL, calcemia 11.2 mg/dL, fosforemia 2.4 mg/dL, PTH intatto 220 pg/mL, fosfatasi alcalina 280 UI/L; esame urine: PS 1.016, pH 7.0, proteinuria ass, GR 4-5/campo, leucociti 25/campo. Tredici anni fa è stata sottoposta a quadrantectomia per carcinoma mammario, con successivo follow-up negativo; da circa 8 anni riferisce valori moderatamente elevati di pressione arteriosa, per cui assume in modo irregolare un diuretico tiazidico; da circa 5 anni soffre di nefrolitiasi, inizialmente espulsiva, ultimamente complicatasi con nefrolitiasi a stampo infetta. L'esame obiettivo generale è sostanzialmente nei limiti di norma, con un modico grado di ipertensione sistolica (148/82). Qual è la diagnosi più probabile in questa paziente?














La risposta corretta è la A.
L'iperparatiroidismo primario è caratterizzato da una regolazione anormale della secrezione di paratormone, con conseguente ipersecrezione dello stesso rispetto alla concentrazione di calcio sierico.
L'ormone paratiroideo (PTH) è uno dei due principali ormoni che modulano l'omeostasi del calcio e del fosfato, l'altro è il calcitriolo (1,25-diidrossivitamina D). La regolazione del calcio sierico ionizzato è regolata esclusivamente attraverso il PTH che mantiene la concentrazione di questo catione entro un intervallo ristretto attraverso la stimolazione del riassorbimento del calcio nel tubulo renale e il riassorbimento di calcio dall’ osso. La secrezione di PTH è , a sua volta, regolata dal calcio ionico sierico che agisce attraverso un recettore sensibile al calcio (CaSR) presente sulla superficie delle cellule delle paratiroidi.
ll PTH viene secreto quasi istantaneamente in risposta a riduzioni marcate del calcio ionizzato sierico che sono percepite dal recettore sensibile al calcio: l'aumento del rilascio di PTH aumenta la concentrazione di calcio nel siero principalmente attraverso tre azioni:
1.       Aumento del riassorbimento osseo, che si verifica in pochi minuti dopo l'aumento della secrezione di PTH.
2.       Aumento dell'assorbimento intestinale del calcio mediato dall'aumentata produzione di calcitriolo, la forma più attiva di vitamina D, che si verifica dopo alcuni giorni dall'aumento della secrezione di PTH.
3.       Riduzione dell'escrezione urinaria di calcio dovuta alla stimolazione del riassorbimento di calcio nel tubulo distale, che si verifica in pochi minuti dopo l'aumento della secrezione di PTH
Questi processi determinano la normalizzazione delle concentrazioni di calcio ionizzato nel siero, che quindi chiude il ciclo di feedback del sistema.
L'iperparatiroidismo primario è caratterizzato da una disregolazione di questo sistema che porta alla secrezione anomala di PTH. 
Generalmente l’ iperparatiroidismo primitivo si associa a iperplasia, adenoma o carcinoma delle paratiroidi ma può essere anche associato a sindromi familiari come nel contesto delle MEN.
La presentazione clinica più comune di iperparatiroidismo primario è l'ipercalcemia asintomatica rilevata dallo screening biochimico di routine. I test di screening biochimici che includono le misurazioni del calcio sierico rappresentano attualmente il principale mezzo identificazione nell’ 80% dei casi di iperparatiroidismo primitivo; sono solitamente pazienti asintomatici che presentano un'ipercalcemia lieve e talvolta solo intermittente associata ad un amentato livello di PTH.
Oltre alle anormalità nel calcio sierico e nell'ormone paratiroideo (PTH), altri risultati di laboratorio possono includere ipofosfatemia, lieve nella maggior parte dei pazienti con una malattia non grave, aumento delle
I pazienti con PHPT convertono più 25-idrossivitamina D (25 [OH] D, calcidiolo) a 1,25-diidrossivitamina D concentrazioni sieriche di 1,25-diidrossivitamina per aumentata conversione, aumentata escrezione di magnesio e nei pazienti con alla base delle alterazioni renali può insorgere acidosi metabolica per il ridotto assorbimento di bicarbonato dal tubulo renale prossimale.
I pazienti con malattia grave possono avere un'anemia normocromica, normocitica che risponde alla paratiroidectomia, secondo un meccanismo non ancora chiarito.
 
La risposta B non è corretta.
Si tratta di una malattia tendenzialmente asintomatica determinata dalla ridotta funzionalità renale che altera il metabolismo di calcio, fosforo e della vitamina D. Il risultato è una condizione di ipocalcemia che stimola la secrezione di paratormone il quale eleva il livello di calcio sierico a discapito della riduzione della densità minerale ossea.
In questo caso agli esami di laboratorio risulterà un livello di PTH elevato a fronte di una bassa calcemia ma con fosfatemia aumentata.
La risposta C non è corretta.
I diuretici tiazidici inducono ipercalcemia aumentando il riassorbimento di calcio a livello del tubulo distale.
La risposta D non è corretta.
L’ ipercalcemia che si riscontra nella sarcoidosi è dovuta principalmente all’ aumento della 1,25-diidrossi-vitamina D. Normalmente essa subisce un’ idrossilazione nel rene ma nel caso della sarcoidosi essa può avvenire anche al di fuori del rene, cioè nelle cellule immunitarie che si trovano nei granulomi.


21 di 24 Domande

Quale delle seguenti alterazioni endocrinologiche è più frequentemente associata all'artropatia da deposizione di cristalli di pirofosfato di calcio?














La risposta corretta è la E.
L’ artropatia da deposizione di cristalli di pirosfato di calcio, conosciuta anche come pseudogotta, appartiene al gruppo delle artriti microcristalline e si caratterizza per la presenza di condrocalcinosi, cioè la calcificazione della cartilagine ialina e fibrosa.
Si tratta di una condizione patologica la cui incidenza aumenta con l’ aumentare dell’ età in cui il meccanismo patologico non è del tutto chiaro; nonostante ciò , vi è evidenza che diverse condizioni cliniche possono predisporre al suo sviluppo tra cui l’ iperparatiroidismo primitivo, che ne rappresenta il fattore di rischio principale, l’ acromegalia e l’ ipotiroidismo.
Clinicamente si caratterizza per la presenta di attacchi di sinovite con andamento acuto ed episodico, simili a quelli della gotta dalla quale differisce per il coinvolgimento delle sole grandi articolazioni, tra cui il ginocchio, la spalla, l’ anca, il polso e il gomito.
La diagnosi, oltre alla valutazione della storia clinica del paziente, alla valutazione delle condizioni predisponenti e ai sintomi, viene formulata sulla base di esami ematochimici, che sono però aspecifici potendo mostrare calcemia normale o alterata in base alla presenza o meno dell’ iperparatiroidismo, o iperuricemia; ci si serve anche della valutazione di radiografie che spesso possono evidenziare la condrocalcinosi delle ginocchia, delle articolazioni radiali e ulnari, della sinfisi pubica o delle articolazioni sternoclaveari. Per la diagnosi di certezza, comunque, viene effettuato l’ esame del liquido sinoviale: nella forma acuta contiene un numero elevato di globuli bianchi ed utilizzando la microscopia a luce polarizzata è possibile  identificare i cristalli intracellulari ed extracellulari solitamente di forma romboidale e birifrangenza positiva alla luce polarizzata.

22 di 24 Domande

La malattia di Cushing è una patologia polimorfa. Quale delle seguenti manifestazioni non è tipicamente presente in un soggetto con la suddetta malattia?















La risposta corretta è la C.
La sindrome di Cushing è un insieme di segni e sintomi, dovuti a livelli di cortisolo o altri glucocorticoidi eccessivamente elevati nel sangue. Le cause si distinguono in due gruppi principali: le forme ACTH dipendenti, dove la causa dell’ eccesso di cortisolo è un’ aumentata produzione dell’ ormone ipofisario adeno-corticotropo, e forme ACTH indipendenti. Nel primo gruppo rientrano il morbo di Cushing (adenoma ipofisario ACTH secernente, composto da cellule basofile), la secrezione ectopica di ACTH da tumori non ipofisari e la secrezione di CRH da tumori non ipofisari. Nel secondo gruppo rientrano la sindrome di Cushing iatrogena o fittizia, gli adenomi e i carcinomi adeno-corticali ormone secernenti, la malattia nodulare pigmentosa primaria della corteccia surrenale (PPNAD o iperplasia micro-nodulare surrenale bilaterale) e la iperplasia macronodulare surrenale bilaterale.
Dal punto di vista clinico, la sindrome di Cushing si caratterizza per: astenia, dolore lombare legato all’ osteoporosi (risposta A errata), diminuzione o aumento dell’ appetito, diminuzione della concentrazione, alterazione della memoria, insonnia, irritabilità , anomalie del ciclo, diminuzione della libido, facies a luna piena (risposta E errata), gobba di bufalo, obesità centrale, deposito sovraclaveare del grasso, cute sottile ed estremamente friabile, porpora, comparsa delle cosiddette strie rubre a livello addominale (risposta D errata),  l’ acne, l’ irsutismo con l’ alopecia, arretramento della linea di impianto dei capelli, ipertensione arteriosa (quindi, l’ ipotensione arteriosa non è una manifestazione caratteristica) (risposta C corretta), debolezza dei muscoli prossimali (risposta B errata), l’ edema periferico, la difficile guarigione delle ferite.


23 di 24 Domande

Viene riscontrato il seguente quadro radiologico in una donna di 30 anni, che è stata sottoposta ad una TC total body in seguito ad un incidente stradale. Cosa mostra la TC?

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La risposta corretta è la B

Nell'immagine (a) la TC ha evidenziato enfisema sottocutaneo delle palpebre destre (freccia). Nell'immagine (b) è stato osservato enfisema nell’orbita destra (cerchio). È stato inoltre riscontrato enfisema sottocutaneo nell’area della guancia (freccia). Non vi era presenza evidente di aria nello spazio intracranico né fratture della parete o del pavimento orbitario.


24 di 24 Domande

La signora Boggi, una donna di 70 anni, si reca dal medico curante, il Dott. Candi, lamentando dolore al braccio, insorto dopo essere scivolata sul ghiaccio, cadendo in avanti sulle sue mani. Quale è la diagnosi radiologica?

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La risposta corretta è la D.

Dalla radiografia mostrata si può apprezzare una frattura a tutto spessore carico della porzione meta-epifisaria distale del radio, evidenziabile come una stria di radiotrasparenza che interrompe la corticale ossea, probabilmente provocata da un arto iper-esteso verso l’ esterno che cerca di parare una caduta: si tratta di una frattura completa, spostata e angolata dorsalmente a livello del radio distale. Quando tale tipo di frattura si associa alla frattura anche dello stiloide ulnare si parla di frattura di Colles. Le altre strutture ossee in esame indicate nelle opzioni non appaiono interessate da eventi fratturativi-traumatici (le risposte A, B, C ed E non sono corrette)


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