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Displasia congenita dell’anca

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  • Per Displasia congenita dell’anca (DCA) si intende un complesso di dismorfismi della cavità cotiloidea, dell’estremità cefalica del femore e dell’apparato capsulo-legamentoso che può portare a una perdita parziale o totale dei rapporti articolari coxo-femorali. 
  • Pur trattandosi di una patologia nota fin dall’antichità (già nel 400 a.C. Ippocrate descriveva la caratteristica andatura anserina dei pazienti affetti da lussazione congenita bilaterale dell’anca), bisogna aspettare la fine dell’Ottocento per i primi metodi efficaci di riduzione incruenta proposti da Paci e Lorenz. 
  • Nel corso del Novecento, anche quale effetto della scoperta dei raggi X, si è assistito a un progressivo affinamento in campo diagnostico e terapeutico della DCA: in particolare, grazie al contributo fondamentale di alcuni autori (Hilgenreiner, Putti), si è riconosciuta la necessità di un precoce riconoscimento e trattamento della condizione. A Ortolani si deve il merito della manovra semeiologica principe nella diagnostica clinica precoce della lussazione congenita dell’anca (LCA). 
  • A partire dagli anni Ottanta, sulla spinta degli studi condotti da Graf, l’ecografia dell’anca è stata riconosciuta come indagine strumentale d’elezione per lo screening della DCA, consentendo lo studio morfologico dell’articolazione coxo-femorale già alla nascita. 

Epidemiologia 


  • La DCA occupa il primo posto fra le deformità congenite che interessano il sistema osteo-articolare: secondo le varie statistiche avrebbe un tasso di incidenza intorno al 2%. 
  • La diffusione dell’affezione risente notevolmente delle influenze razziali: vi sono infatti gruppi etnici a elevata incidenza e altri presso i quali la malattia è pressoché sconosciuta, come la razza africana. Incidenze elevatissime, dell’ordine del 5-10%, sono state rilevate presso alcune tribù indiane dell’America del Nord e presso i Lapponi. Tra le popolazioni di razza gialla si osservano differenze marcate: quasi assente presso i cinesi e i coreani, la DCA presenta un’incidenza elevata nei giapponesi (0,5-1%).
    Nella razza bianca (caucasica) l’incidenza oscilla fra lo 0,7-2,5‰, con focolai di elevata endemia in certe regio- ni europee, quali alcune aree del bacino mediterraneo (Spagna) e soprattutto dell’Europa Orientale (Repubbliche Ceca e Slovacca, Polonia).
    L’incidenza della LCA in Italia è stata valutata intorno all’1-2% ed è diversa da regione a regione; i più alti valori si riscontrano in Emilia, dove l’incidenza della LCA raggiunge il 4-5% ed è particolarmente elevata nel Ferrarese. 
  • La LCA ha una predilezione per il sesso femminile: il rapporto tra femmine e maschi affetti è di 6:1 circa. L’affezione si presenta in forma bilaterale nel 30-40% dei pazienti. 

Eziopatogenesi 


  • L’eziopatogenesi della DCA, un tema dibattuto da molto tempo, allo stato attuale delle conoscenze non ha an- cora trovato una precisa risoluzione. Oggi si ritiene che la DCA abbia un’origine multifattoriale, in cui fattori sia genetici sia ambientali possano giocare un ruolo. 
  • La trasmissione della DCA è apparsa assai irregolare, pur essendo nota una predisposizione familiare e razziale alla malattia. Alcuni autori propendono per un carattere di tipo recessivo, altri per un carattere domi- nante incompleto, cioè con variazioni di penetranza e di espressività legati a eventuali geni secondari o fattori esogeni in soggetti eterozigoti. 
  • Da un punto di vista patogenetico, due sono le teorie più accreditate: 
    • Teoria della displasia acetabolare. La cartilagine aceta-Bolare, essendo più soffice e plastica del normale, sarebbe deformata dalle sollecitazioni meccaniche della testa femorale; tale ipotesi è avallata da studi anatomo-patologici, condotti su feti e neonati porta- tori di DCA, che hanno dimostrato alterazioni di forma dell’acetabolo. Studi istopatologici hanno inoltre evidenziato alterazioni istologiche e istochimiche a carico della cartilagine acetabolare. 
    • Teoria della lassità caspulo-legamentosa. La tendenza alla lussazione dell’epifisi prossimale del femore sarebbe dovuta a una lassità delle strutture di contenzione passiva dell’articolazione dell’anca. Studi istologici, istochimici e ultrastrutturali hanno dimostrato un aumento delle fibre elastiche e una diminuzione dello spessore delle fibrille collagene nella capsula e nel legamento rotondo di pazienti trattati chirurgicamente per DCA. 
  • Molti studi sono stati condotti sulla posizione che il feto mantiene in utero e sulla conseguente evoluzione morfologica dell’articolazione coxo-femorale. Il feto in utero risulta particolarmente vulnerabile alle deforma- zioni a causa del suo rapido tasso di crescita e della sua relativa plasticità. L’asse del collo del femore e l’asse acetabolare (tracciato perpendicolarmente al punto medio dell’apertura acetabolare) sono coincidenti: ciò significa che nella posizione che il feto mantiene più frequentemente in utero, a gambe incrociate, la testa del femore occupa anatomicamente la corretta posizione funzionale nell’acetabolo. Alcune condizioni intrauterine possono portare a una eccessiva o asimmetrica pressione sull’acetabolo, condizionando un alterato sviluppo della cavità cotiloidea. 
  • Secondo la letteratura, i fattori di rischio per l’instaurarsi della DCA sono: 
    • sesso femminile; 
    • familiarità, provenienza da zone a elevata incidenza di DCA; 
    • primogenitura e parto gemellare; 
    • presentazione podalica (o rivolgimento tardivo); 
    • oligoidramnios, gestosi materna (o ipertensione in Gravidanza). 

Anatomia patologica 


  • Nello stadio iniziale di displasia, le alterazioni a carico del bordo cotiloideo sono modeste, mentre l’epifisi femorale, pur avendo una normale forma sferica, presenta un certo grado di antiversione. L’epifisi antiversa provoca una pressione eccessiva sul margine postero- superiore del cotile: come risultato di ciò, il cercine fibrocartilagineo si estroflette. Tuttavia, una piccola par- te di tessuto fibrocartilagineo va incontro a ipertrofia e si introflette; è possibile che questa concomitante intro-flessione possa non essere un fenomeno acuto ma piuttosto una graduale modificazione del tetto del cotile. Sia il deficit di contenimento anteriore sia la pressione provocata dall’antiversione contribuiscono a rallentare il processo di ossificazione del tetto cotiloideo. Le principali alterazioni a carico delle parti molli sono localizzate nelle porzioni anteriore e inferiore della capsula articolare, che risulta retratta. 
  • Il quadro istopatologico di una sezione della cartilagine acetabolare rivela condroblasti disposti irregolarmente, molti dei quali con un aspetto simil-fibroblastico. L’evoluzione successiva è verso un quadro di sublussazione dell’anca con perdita della sfericità epifisaria e notevole antiversione del collo femorale. Il cotile, a causa della pressione provocata dall’epifisi, appare più sfuggente e presenta un assottigliamento del margine; inizia a comparire una deformità marginale superiore e posteriore, per lo più rappresentata da una estroflessione del cercine. 
  • È in questo stadio che si osserva la comparsa del limbus: frequentemente confuso con il labbro, esso rappresenta una risposta patologica dell’acetabolo a pressioni anormali sull’anca. Con la migrazione superiore della testa del femore, il labbro viene gradualmente evertito e del tessuto capsulare si interpone tra questo e la parete esterna dell’acetabolo. La stimolazione meccanica provoca la formazione di tessuto fibroso, che si unisce alla cartilagine ialina sul bordo acetabolare: la struttura che ne risulta, il limbus, può prevenire la riduzione dell’anca. 
  • Queste alterazioni si accompagnano a modificazioni ossee: l’acetabolo rallenta la sua ossificazione laterale, producendo un aumento dell’inclinazione nella porzione postero-superiore che contribuisce alla sfuggenza del tetto. 
  • In aggiunta all’estroflessione del cercine glenoideo, l’ipertrofia del legamento rotondo e del tessuto fibroadiposo del pulvinar riduce la capacità contenitiva dell’acetabolo a tal punto che, in uno stadio successivo, la testa femorale migra dalla parte centrale del cotile per dispor- si in una specie di nicchia scavata fra fondo acetabolare e ciglio cotiloideo, oppure sormonta il limbus per portarsi fuori dall’ambiente articolare, in una depressione dell’ala iliaca, nella quale viene mantenuta con l’interposizione di una plicatura capsulare (Figura 01).
  • Con l’inizio della deambulazione, la testa può risalire nella fossa iliaca esterna e occupare la zona anteriore della cresta verticale dove può fissarsi in modo definitivo scavando un neocotile. 
  • Il nucleo cefalico femorale, sottoposto a pressioni abnormi, prima sul bordo cotiloideo e poi sulla parete iliaca, si appiattisce e può assumere un aspetto piriforme o a triangolo. L’ossificazione encondrale del nucleo è rallentata o inibita, fenomeno che si traduce nel ritardo di comparsa o nell’ipoplasia del nucleo cefalico. 
  • La perdita dei rapporti articolari condiziona profonde modificazioni anche a livello delle strutture capsulo- legamentose: 
    • la capsula articolare, stirata dalla migrazione dell’epifisi, viene deformata “a clessidra”, essendo divisa in due parti da un istmo formato dalla pressione esercitata dal tendine del muscolo ileo-psoas che va a inserirsi sul piccolo trocantere; la parete della camera cefalica può ispessirsi nella parte superiore e opporsi all’abbassamento della testa; la parte inferiore può aderire al cotile vuoto obliterandolo e contribuendo a rendere irriducibile la lussazione;
    • il legamento rotondo può apparire allungato e ipertrofico; talvolta è assente. 
  • È sempre presente in questo stadio una consistente atrofia della muscolatura periarticolare: 
    • i muscoli ileo-psoas, adduttori, ischio-crurali (flessori del ginocchio), retto femorale, sartorio, tensore della fascia lata risultano accorciati per la risalita del femore; 
    • i muscoli piccolo e medio gluteo, le cui fibre sono quasi verticali, tendono a orizzontalizzarsi di pari passo con la risalita del trocantere, diventano insufficienti dal punto di vista funzionale e causano una caratteristica zoppia. 

Figura 01

Figura 01: radiografia di lussazione congenita dell’anca sinistra. Il graduale scivolamento verso l’alto dell’epifisi femorale dà luogo alla formazione della doccia di migrazione (↘) (da resnick d, Kransdorf MJ, op.cit.).