Dettagli
- Epidemiologia Ed eziopatogenesi
- Classificazione
- Anatomia patologica
- Aspetti clinici
- Diagnostica per immagini
- Terapia
Epifisiolisi
- L’Epifisiolisi dell’anca è una malattia caratterizzata dallo scivolamento (epifisiolistesi) del nucleo epifisario prossimale del femore (testa femorale) sulla metafisi (collo femorale). La fisi è la sede dello scivolamento che avviene, nella gran maggioranza dei casi, all’epoca della pubertà e nei tre piani dello spazio.
- Lo scivolamento può avvenire in maniera più o meno evidente (Epifisiolisi acuta e subacuta), generalmente in seguito a un trauma, manifestandosi con una sintomatologia analoga a quella di un distacco epifisario. Più spesso lo scivolamento avviene in modo lento e progressivo (Epifisiolisi cronica). In quest’ultima eventualità si può verificare un ulteriore aggravamento improvviso del quadro anatomo-clinico: si parla allora di Epifisiolisi acuta su cronica.
- L’obiettivo da raggiungere è la diagnosi tempestiva dell’Epifisiolisi in modo da intervenire chirurgicamente per bloccare lo scivolamento ed evitare così complicazioni precoci (osteonecrosi, condrolisi) e tardive (coxartrosi).
Epidemiologia Ed eziopatogenesi
- L’Epifisiolisi è una patologia relativamente rara: la frequenza è stimata intorno a 2 casi su 100.000, anche se questo dato potrebbe essere sottostimato per la scarsa espressività clinica delle forme lievi.
- Il sesso maschile è più colpito rispetto a quello femminile (2,5:1); la malattia si manifesta in forma bilaterale nel 25-50% dei casi ed è stata inoltre documentata una modesta familiarità per l’affezione. L’età d’insorgenza è tra i 10 e i 14 anni nelle femmine (media: 11,5 anni), e tra i 10 e i 16 anni nei maschi (media 13,5 anni); si sono però osservati casi precoci a 7-8 anni.
- Non è stata trovata una causa certa dell’epifisiolisi, ma si ritiene che sia dovuta all’interazione di due fattori a livello dell’epifisi prossimale del femore, uno meccanico e l’altro distrofico-metabolico. La maggiore frequenza della patologia in epoca puberale ha indotto molti ricercatori a trovare connessioni tra profilo ormonale e scivolamento. L’obesità e la presenza di una sindrome adiposo-genitale in molti pazienti hanno fatto pensare a un’abnorme relazione fra ormone della crescita e ormoni sessuali. Non vi sono però dati conclusivi in letteratura.
Classificazione
- Le classificazioni riportate in letteratura sono due.
La prima si basa sulle modalità di insorgenza della malattia e suddivide l’Epifisiolisi in:- acuta e subacuta: in genere associata a un trauma anche banale e con un intervallo diagnostico inferiore a 3 mesi;
- cronica: forma a insorgenza subdola e a carattere progressivo, con un intervallo diagnostico superiore a 3 mesi;
- acuta su cronica: è una forma cronica di base, non diagnosticata tempestivamente e soggetta ad aggravamento in modo acuto.
- La seconda classificazione suddivide l’Epifisiolisi in forme:
- stabili: quelle che permettono al paziente di camminare con o senza l’ausilio di bastoni; queste forme raramente si complicano con condrolisi e osteonecrosi;
- instabili: caratterizzate dall’impossibilità a sostenere il carico e la deambulazione; corrispondono alle forme acute e acute su croniche.
Anatomia patologica
- Macroscopicamente, lo scivolamento della testa femorale avviene in direzione inferiore e posteriore, rendendo difficile l’identificazione della malattia con una semplice radiografia del bacino in proiezione antero-posteriore.
- Studi condotti in vivo su biopsie hanno dimostrato che lo slittamento avviene nella zona ipertrofica della cartilagine di accrescimento del collo femorale.
La fisi nelle forme iniziali è più larga del normale e la zona ipertrofica supera l’80% (normale = 15-30%), invertendo così il suo rapporto percentuale con lo strato germinativo basale. - Studi istochimici hanno evidenziato zone abnormi di accumulo e alterata distribuzione di proteoglicani e glicoproteine, ma resta da chiarire se queste alterazioni siano primitive o secondarie allo scivolamento.
Aspetti clinici
- La forma più frequente (85%) è la cronica. Tipicamente colpisce un soggetto in sovrappeso oppure obeso, con una storia di dolore ricorrente in regione inguinale o trocanterica, talvolta riferito alla coscia fino alla regione mediale del ginocchio.
La sintomatologia dolorosa si aggrava con l’attività motoria, specie se prolungata, e tende ad attenuarsi o anche a scomparire con il riposo. Nell’arco di qualche settimana il dolore diventa permanente e compare la zoppia. L’esame clinico mostra una leggera ipotrofia muscolare della coscia. L’arto è atteggiato in adduzione e rotazione esterna; eseguendo la manovra di Thomas l’anca apparirà flessa, addotta ed extraruotata (Figura 01). L’atteggiamento viziato dell’arto è tanto più accentuato quanto maggiore è lo slittamento della testa femorale sul collo. I movimenti di abduzione e rotazione interna risultano dolorosi. - Quando l’Epifisiolisi si manifesta in maniera acuta, i sintomi sono paragonabili a quelli di una frattura femorale: per il vivo dolore, il paziente non è in grado di camminare e l’arto si presenta addotto ed extraruotato. Queste forme hanno una maggiore probabilità di andare incontro a complicanze precoci (osteonecrosi, condrolisi).
Figura 01
Figura 01: Manovradithomas:conlaflessionedell’anca destra la controlaterale malata si discosta dalla base di appoggio di oltre 30° per la scomparsa dell’iperlordosi lombare di compenso.
Diagnostica per immagini
- L’esame di elezione è l’esame radiografico standard del bacino, che va eseguito in proiezione antero-posteriore (A-P) e in proiezione di Lauenstein o a “rana”(ad anche flesse e abdotte).
- Nelle forme iniziali, quando lo scivolamento della testa del femore non è ancora avvenuto o è minimo, si osserverà solo un aumento dell’altezza della fisi rispetto al lato opposto.
- Con la progressione della malattia, in proiezione A-P si misurerà lo spostamento infero-mediale dell’epifisi femorale, mentre in proiezione di Lauenstein lo scivolamento in direzione postero-inferiore (Box 01). L’ecografia, la TC, la RM e la scintigrafia ossea sono poco utilizzate. L’ecografia permette di osservare un versamento intrarticolare nelle forme iniziali e la protuberanza metafisaria se la testa ha iniziato lo scivolamento. La RM (Figura 02) e la scintigrafia possono trovare indicazione nelle forme acute allo scopo di ottenere informazioni sull’esistenza di un danno vascolare precoce dell’epifisi femorale. La TC, con ricostruzione tridimensionale, può essere utile prima e dopo il trattamento chirurgico per stabilire l’esatto spostamento dell’epifisi e la correzione ottenuta dopo l’intervento.
Box 01
Figura 02
Figura 02: Studio RM di Epifisiolisi acuta dell’anca sinistra: è ben evidente il completo scivolamento della testa sul collo femorale.
Figura 03
Figura 03: Studio radiografico dello scivolamento epifisario secondo il metodo di Southwick
Terapia
- In passato, per il trattamento delle forme lievi o moderate, sono stati utilizzati tutori di anca con appoggio ischiatico per attendere la chiusura della fisi. Attualmente la terapia è chirurgica.
Nelle forme acute e croniche lievi si ricorre più spesso alla fissazione, con viti o chiodi filettati, della testa del femore nella posizione in cui essa si trova (Figura 04). A distanza di alcuni anni dall’intervento si può assistere a un rimodellamento della zona metafisaria ed epifisaria, con un notevole miglioramento della funzione articolare. Per l’alta incidenza della bilateralità della lesione, per profilassi qualche autore applica in modo sistematico la controversa metodica di trattare sempre anche l’anca sana, a prescindere dalla forma clinica (Figura 05). - Nelle forme acute, moderate e gravi, il trattamento è dibattuto in quanto, per la vascolarizzazione cefalica di tipo terminale, è alto il rischio di necrosi secondaria della testa femorale; questo si può verificare nelle seguenti condizioni, a prescindere dal tipo di riduzione scelto:
- scivolamento eccessivo;
- riduzione intempestiva e/o tardiva;
- tentativi incongrui di riduzione,
- mezzi di sintesi troppo invasivi.
- Pertanto, a seconda dei casi, la riduzione incruenta con manovre esterne, prima di fissare chirurgicamente lo scivolamento, è la più indicata e praticata; in caso di difficoltà o di insuccesso sarà più utile e necessaria la riduzione cruenta della testa del femore sul collo e l’osteosintesi con vite passante attraverso il collo stesso.
- Nelle forme croniche, moderate e gravi, vi sono due principali metodiche terapeutiche, usate in relazione alle aspettative reali di riduzione anatomica.
La prima consiste nell’intervento di Dunn, ovvero un’osteotomia del collo femorale praticata nella sede dello scivolamento. La tecnica prevede l’esecuzione di un’artrotomia coxo-femorale a cui fa seguito la riduzione della testa sul collo, ottenuta dopo aver asportato un cuneo osseo cefalico a base anteriore e stabilizzata con un chiodo filettato che dal collo femorale raggiunge l’epifisi. La ricostruzione è anatomica, perché è eseguita dove avviene lo scivolamento, ma il rischio di osteonecrosi per danno vascolare è elevato.
L’altra soluzione chirurgica è un’osteotomia triplanare (osteotomia bi-tridimensionale di Southwick) eseguita in sede intertrocanterica (Figura 05) mediante asportazione di un cuneo osseo unico antero-laterale, così come calcolato sulla base delle misurazioni radiografiche. Con tale procedura si abbatte il rischio dell’osteonecrosi, ma si può incorrere in altre complicanze come la condrolisi. - La condrolisi è caratterizzata dall’usura della cartilagine articolare della testa femorale e dalla conseguente compromissione clinico-funzionale dell’anca, che può divenire dolente e rigida, anche se in modo reversibile. L’esame radiografico mostra un restringimento importante della rima articolare e una demineralizza- zione della testa, del collo e a volte dell’estremo prossimale della diafisi femorale (Figura 06a). La terapia della condrolisi è lunga e non sempre il risultato è soddisfacente; talvolta la rimozione dei mezzi di sintesi e l’astensione dal carico, protratta per qualche mese, consentono di ottenere un parziale recupero dell’altezza della rima articolare (Figura 06b). Per la cura della condrolisi è stata anche proposta la tecnica dell’artrodiatasi, che consiste nella distrazione dell’anca praticata mediante applicazione di un fissatore esterno.
Figura 04
Figura 04: Stabilizzazione di Epifisiolisi sinistra con chiodi di Knowles. Proiezione antero-posteriore (a); proiezione di Lauenstein (b).
Figura 05
Figura 05: Controllo radiografico a 10 mesi di osteotomia correttiva triplanare di Southwick per epifisiolistesi sinistra: si rileva un ripristino assiale coxo-femorale sia in a-P (a) sia in Lauenstein (b) e, nel contempo, una epifisiolistesi controlaterale destra da trattare chirurgicamente.
Figura 06
Figura 06: Caso di condrolisi secondaria a osteotomia triplanare intertrocanterica del femore sinistro. La rima articolare presenta un marcato restringimento e il tenore calcico dell’osso appare ridotto (a). Quasi due anni dopo la rimozione dei mezzi di sintesi si osserva un miglioramento del quadro radiografico, con l’allargamento dell’interlinea articolare e il recupero del trofismo osseo (b).