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Fratture del rachide cervicale

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Rachide cervicale alto 


  • In base al livello interessato e alla tipologia della lesione, è possibile distinguere diversi tipi di frattura del rachide cervicale alto. 
    • Dissociazione o instabilitĂ  occipito-cervicale. La mortalitĂ  da lussazione della testa sul collo è molto elevata e i pochi sopravvissuti è probabile che abbiano deficit di nervi cranici, midollo allungato, giunzione spino-midollare e midollo spinale cervicale superiore; durante la lussazione si può anche verificare la lesione delle arterie vertebrali. Il meccanismo proposto è da forza in estensione-rotazione. Pazienti con insufficienza vertebrale a questo livello possono presentare associazioni con deficit dei nervi cranici (V, IX, X e XI), sindrome di Horner ipsilaterale, perdita controlaterale della sensibilitĂ  dolorifica e termica, atassia cerebellare, e paralisi crociata da lesione al livello della decussazione. Il trattamento è di immobilizzazione, riduzione e fissazione esterna urgenti in Halo, e successiva artrodesi occipito-cervicale 
    • Frattura dei condili occipitali. Si verifica per compressione assiale, solitamente questa lesione viene diagnosticata alla TC. In caso di lesioni stabili, il trattamento è conservativo con riduzione e applicazione di Halo, mentre in caso di lesioni instabili si effettua una artrodesi occipito-cervicale. 
    • Fratture dell’atlante. Le fratture dell’atlante si verificano piĂš spesso in occasione di incidenti stradali, a seguito di sollecitazioni assiali sul rachide cervicale; per questo è frequente la loro associazione ai traumi cranici nei pazienti politraumatizzati. Inoltre, vi è un’elevata associazione con fratture del complesso C1-C2 (comprese le fratture del dente dell’epistrofeo, la frattura dell’impiccato e altre fratture di C2) e/o con fratture di altri segmenti della colonna cervicale. Si distinguono le fratture isolate dell’arco posteriore, le fratture delle masse laterali e la frattura di Jefferson vera e propria (con interessamento contemporaneo dell’arco anteriore e di quello posteriore dell’atlante). La TC spirale con ricostruzioni longitudinali permette di determinare con precisione la tipologia della frattura. In generale, il trattamento conservativo con Halo permette di ottenere la consolidazione della frattura, mentre la chirurgia viene riservata ai pazienti con lesioni instabili o dopo fallimento del trattamento conservativo. 
    • Fratture del dente dell’epistrofeo. Rappresentano circa il 20% di tutte le fratture cervicali e vengono di solito distinte, secondo la classificazione di Anderson e D’Alonzo, in base al livello anatomico della frattura: le fratture di tipo I consistono in lesioni dell’apice del dente, quelle di tipo II si verificano alla giunzione del dente con il corpo dell’epistrofeo e quelle di tipo III si estendono nel contesto del corpo. Le fratture di tipo I si trattano di regola con l’immobilizzazione in Halo, che è il trattamento di scelta anche per le fratture composte di tipo II. Recentemente è stata proposta l’osteosintesi con vite anteriore nel dente dell’epistrofeo, che però può essere effettuata solo in caso di fratture a rima trasversale, non comminute e riducibili. Se il paziente ha una frattura con diastasi o angolazione dei frammenti, l’artrodesi C1-C2 per via posteriore (Figura 01) può essere indicata. Il trattamento per le fratture di tipo III è solitamente conservativo (ortesico) e porta alla guarigione nella maggior parte dei pazienti. 
    • Frattura dell’impiccato (hangman’s fracture). Ăˆ la frattura dell’arco neurale posteriore dell’epistrofeo, con tendenza a diastasi tra i frammenti (Figura 02). Una piccola percentuale di queste fratture può essere associata ad angolazione del corpo vertebrale di C2, a lussazione unilaterale o bilaterale delle faccette articolari di C2 su C3, a interruzione del LLA o LLP e del disco intervertebrale C2-C3, il che determina un’instabilitĂ  segmentaria. Il trattamento pertanto è conservativo in Halo nelle lesioni stabili e chirurgico di artrodesi C2-C3 nelle lesioni instabili. 

Figura 01

Figura 01: Rx in proiezione laterale che mostra (↖) una frattura del dente dell’epistrofeo di tipo II, al di sopra di una stabilizzazione vertebrale C3-C7 (a); immagine TC che mostra il decorso della rima di frattura (↘) e la scomposizione dei frammenti (b); rx dopo intervento di riduzione, artrodesi e cerchiaggio con fili metallici per via posteriore (c). 

Figura 02

Figura 02: Spondilolistesi traumatica dell’epistrofeo (hangman’s fracture). rx che mostra la frattura a livello dei peduncoli dell’epistrofeo e lo scivolamento anteriore del corpo di C2 (a); TC che mostra la localizzazione delle fratture a livello dei peduncoli (b); dopo il trattamento conservativo in Halo, si apprezza la guarigione della frattura e la stabilitĂ  del segmento alle radiografie dinamiche in flessione (c) ed estensione (d). 

Rachide cervicale basso 


  • Sulla base del meccanismo lesionale, si distinguono quattro tipologie di fratture.
    • Fratture in flessione-compressione. Comprendono lesioni che vanno da piccole compressioni di un piatto vertebrale fino a compromissioni severe del corpo vertebrale e danno delle strutture legamentose posteriori, con eventuale presenza di frammenti che possono dislocarsi posteriormente nel canale cervicale. Queste fratture sono causate da applicazione di carico assiale sul rachide cervicale in flessione, piĂš comunemente ai livelli C4-C5 e C5-C6. Mentre i pazienti con lesioni minori possono essere trattati conservativamente, pazienti con lesioni instabili (presenza di deficit neurologici, angolazione >11° o perdita di altezza del corpo vertebrale >25%) necessitano di decompressione e stabilizzazione. 
    • Fratture da scoppio. Sono causate da un grave carico assiale in compressione; i livelli piĂš comunemente colpiti sono da C4 a C7. Queste fratture possono essere associate a lesioni del midollo spinale sia complete sia incomplete da retropulsione di frammenti ossei all’interno del canale spinale. Il trattamento delle fratture cervicali da scoppio è condizionato dallo stato neurologico e dal tipo di frattura. I pazienti con deficit neurologico sono trattati mediante artrodesi (associata a eventuale corpectomia). In caso di instabilitĂ  severe con interruzione degli elementi posteriori, può rendersi necessaria un’artrodesi combinata anteriore e posteriore. 
    • Fratture-lussazioni dei massicci articolari. Rappresentano un ampio spettro di patologie che vanno dalla lussazione pura alla frattura delle faccette o dei massicci laterali, con un grado variabile di lesione delle strutture legamentose posteriori. La faccetta articolare può essere fratturata, sub-lussata o lussata, uni-o bilateralmente. La TC permette di definire l’anatomia della lesione scheletrica; la MRI va effettuata per valutare la presenza di ernie del disco e lesioni del midollo spinale. Il trattamento definitivo comprende il tentativo di riduzione della lussazione (da effettuare a paziente vigile e collaborante), la decompressione delle strutture nervose e la stabilizzazione (Figura 03).
    • Fratture in iperestensione. Sono particolarmente frequenti nella popolazione anziana e possono associarsi a lesioni midollari per conflitto con il canale spinale stenotico. 

Figura 03

Figura 03: Frattura-lussazione dei massicci laterali a livello C5-C6. rx in antero-posteriore che mostra il disallineamento dei processi spinosi (a); rx in laterale che mostra il modesto scivolamento del corpo vertebrale di C5 rispetto a C6 (↗) (b); scansione TC assiale che conferma la frattura del massiccio articolare di destra(↑) (c); scansione RMN sagittale che mostra l’erniazione del disco intervertebrale corrispondente (d); rx dopo l’intervento di decompressione, riduzione e artrodesi C5-C6 con placca e viti per via anteriore (e).