Dettagli
- Il paziente politraumatizzato
- Primo soccorso
- Ospedalizzazione
- Algoritmo terapeutico Per le lesioni scheletriche
Gestione del paziente politraumatizzato
Il paziente politraumatizzato
- Il trauma rappresenta la più frequente causa di morte al di sotto dei 40 anni. Si definisce politraumatizzato un paziente che, a seguito di lesioni multiple di natura traumatica, si trova in condizioni tali da richiedere una terapia intensiva.
- Un corretto approccio terapeutico al paziente politraumatizzato, soprattutto in fase iniziale, è l’elemento critico per ridurne la mortalità, che si aggira intorno al 20%. L’intervento deve essere quanto più tempestivo possibile e articolato in due fasi, tra loro strettamente coordinate:
- primo soccorso sul luogo dell’incidente e durante il trasporto;
- inquadramento diagnostico-terapeutico dopo l’ospedalizzazione.
- La prima ora dopo il trauma (golden hour) è considerata il periodo più importante per la prognosi di questi pazienti.
Primo soccorso
- Dopo avere protetto il luogo in cui avviene l’intervento di pronto soccorso (aspetto di primaria importanza negli incidenti stradali), il traumatizzato viene posto nella posizione più idonea per eseguire il primo intervento terapeutico.
- In caso di mobilizzazione, per esempio prima dell’estrazione da un veicolo, è opportuno tutelare il rachide cervicale con un collare (figura 01) o, in sua assenza, mantenerlo in posizione ferma e in asse con il tronco.
- La posizione da preferire è quella denominata laterale di sicurezza, con il paziente adagiato sul fianco, il collo esteso e ruotato lateralmente in modo che, in caso di vomito, il materiale rigurgitato non occluda l’albero respiratorio.
- In caso di incoscienza va assicurata la pervietà delle vie aeree superiori, rimuovendo l’eventuale materiale estraneo che possa ostruirle, la mandibola va anteposta per impedire la caduta della lingua (se disponibile, a tal fine si può utilizzare la cannula orofaringea).
- Se il paziente non respira spontaneamente va ventilato mediante respirazione artificiale, meglio con maschera e pallone ambu; se vi è assenza dei polsi periferici (carotideo) è necessario il massaggio cardiaco.
- Nel caso di emorragie esterne bisogna eseguire un’emostasi temporanea, mediante compressione o con l’applicazione di lacci alla radice degli arti.
Se si instaura una forte ipotensione fino allo shock ipovolemico (box 01), dovuto spesso a emorragie interne non diagnosticate sul luogo dell’incidente, il paziente va posto in posizione supina con gli arti inferiori sollevati (posizione di trendelenburg), per favorire il ritorno venoso, e va coperto, per prevenire l’ipotermia. - Se possibile, è opportuno incannulare una vena per somministrare plasma expanders ed emoderivati. Evidenti fratture delle ossa lunghe vanno allineate e stabilizzate provvisoriamente con ferule o tutori di fortuna.
- Una volta stabilizzate a sufficienza le condizioni generali, il politraumatizzato va posto con le opportune manovre su una barella, meglio se modulare e rigida (figura 02), e trasportato sul veicolo con il quale verrà trasferito nell’ospedale più vicino, dotato delle attrezzature e competenze necessarie per far fronte alle patologie presenti.
Figura 01

Figura 01: Nel trasporto del paziente politraumatizzato, l’applicazione di un collare è utile per evitare la mobilizzazione del rachide cervicale.
Box 01

Box 01: Shock traumatico
Figura 02

Figura 02: Esempio di barella spinale per il trasporto dei politraumatizzati in posizione protetta: modulare (a), rigida (b) e con cinghie multiple (c).
Ospedalizzazione
- Dopo l’arrivo in ospedale vanno monitorate la funzionalità cardio-respiratoria, la diuresi (catetere vescicale), i parametri ematochimici e i valori emogasanalitici.
Si procede a incannulare due vene di grosso calibro o meglio una vena centrale per la somministrazione di farmaci e il controllo della pressione venosa centrale (PVC). - Nella diagnostica per immagini, la sequenza degli accertamenti sarà in parte dettata dal quadro clinico. Si dovranno eseguire:
- Rx del torace (il drenaggio di pneumo- o emotorace deve essere tempestivo);
- Rx del rachide e del bacino;
- Rx dei segmenti scheletrici con sospette fratture;
- ecografia dell’addome (milza) con eventuale integrazione di TC spirale.
- Le lesioni vascolari gravi vanno riconosciute (talvolta con il ricorso all’angiografia) e trattate, se possibile, con approccio percutaneo (embolizzazioni, stent intraluminali).
In caso di trauma cranico deve essere eseguita una TC dell’encefalo e l’eventuale trattamento neurochirurgico d’urgenza con successivo monitoraggio della pressione intracranica (PIC). È quindi essenziale un accurato esame neurologico; la presenza di otorragia e/o liquorrea è fortemente suggestiva per una lesione del sistema nervoso centrale.
Algoritmo terapeutico Per le lesioni scheletriche
- Le lesioni scheletriche vanno diagnosticate, valutate e trattate secondo alcune priorità. Alcune fratture, prima del loro trattamento, richiedono uno studio più approfondito, ma non per questo ritardato, con TC.
- Le fratture complesse del bacino vanno stabilizzate in urgenza, preferibilmente con un fissatore esterno, al fine di contribuire alla stabilizzazione del quadro emodinamico.
- Le lussazioni (anca, spalla, gomito) vanno ridotte per limitare il rischio di complicanze (necrosi asettica, lesione di tronchi nervosi e vascolari periferici).
- Le Fratture vertebrali instabili o mieliche possono richiedere un intervento in urgenza di decompressione sulle strutture nervose e stabilizzazione.
- Le fratture o le lesioni esposte vanno accuratamente deterse, con rimozione dei tessuti necrotici e contaminati, e sintetizzate in urgenza (fissatori esterni); l’esposizione può essere lasciata aperta per successivi lavaggi oppure coperta immediatamente con interventi di chirurgia ricostruttiva, il tutto per ridurre l’incidenza di infezioni.
- Le fratture diafisarie delle ossa lunghe degli arti inferiori vanno sintetizzate il prima possibile (chiodi endomidollari) a paziente stabilizzato, oppure in situazioni emodinamicamente instabili con fissatori esterni secondo i principi del “Damage Control” per ridurre il rischio di complicanze (embolia grassosa, sindrome da Insufficienza Respiratoria acuta); nell’impossibilità di eseguire un intervento in tempi brevi, è preferibile porre l’arto in trazione transcheletrica.
- Le fratture articolari (ginocchio, acetabolo), quelle vertebrali amieliche e stabili, e quelle degli arti superiori possono essere trattate in un secondo momento, dopo stabilizzazione definitiva del paziente.
- Durante queste fasi il paziente va monitorato e le funzioni vitali (respirazione, circolazione, funzionalità epatica e renale) controllate e sostenute; va inoltre impostata un’idonea profilassi antibiotica e antitromboembolica.
- Una volta eseguite le terapie indifferibili e stabilizzate le condizioni generali del paziente, si può programmare il trattamento di eventuali altre lesioni e riprendere i trattamenti provvisori trasformandoli in definitivi.
- Il concetto è quello di non aggiungere al trauma acuto (FIRST HIT) un ulteriore danno con trattamenti eccessivamente invasivi (SECOND HIT), con conseguenze potenzialmente negative.
Da cui il diffuso uso in urgenza di fissatori esterni temporanei secondo i principi del “DAMAGE CONTROL”, che rappresenta un’evoluzione rispetto al precedente concetto della “EARLY TOTAL CARE”, trattamento immediato definitivo di tutte le lesioni, da proporre solo in caso di pazienti emodinamicamente stabili in situazioni ideali. - La terapia precoce delle fratture permette di iniziare in tempi brevi la fase riabilitativa e la mobilizzazione del paziente, riducendo il rischio di complicanze generali (polmoniti, malattia tromboembolica, ulcere da decubito) e locali (rigidità articolari, atrofie muscolari, retrazioni).
- L’approccio multidisciplinare integrato, unito al miglioramento delle conoscenze e delle tecniche di rianimazione anche extraospedaliere, con un’aggressività chirurgica precoce, modulata però su un oculato bilancio tra costi e benefici (Damage Control), ha permesso di ridurre la mortalità dei politraumatizzati, ma anche l’entità delle invalidità croniche.