Nell’ingrandimento atriale sinistro si assiste non solo (o non tanto) a un aumento di voltaggio del vettore atriale sinistro, ma a un rallentamento dell’attivazione atriale sinistra, cioè a un incremento del tempo necessario alla depolarizzazione dell’atrio. La durata dell’onda P è maggiore che di norma, e diventa più evidente la sfasatura fra la depolarizzazione dei due atri. Il quadro ECG comprende uno o più dei segni seguenti (Immagine 01):
onde P bifide “a gobba di cammello” in II derivazione e a volte anche in I e aVL, quando il vettore medio di P è deviato verso sinistra. L’intervallo che separa i due picchi della P, nei casi con importante rallentamento della depolarizzazione atriale, è 0,04 s o più. L’aspetto bifido della P compare anche nelle precordiali, in genere da V3 a V5 o V6;
durata delle onde P ≥ 0,11 s;
deviazione a sinistra (in realtà verso l’alto) dell’ ÂP, che è al di sopra di +45°, spesso a +30° o ancora più in alto;
onde P difasiche, positivo/negative o interamente negative, in V1, con componente terminale negativa rallentata, di durata ≥ 0,04 s. È stato proposto di analizzare sia la durata, espressa in secondi, sia il voltaggio, misurato in millimetri, della componente terminale negativa di P in V1; se il prodotto della durata per il voltaggio è ≥ 0,04 s x mm, è possibile diagnosticare un ingrandimento atriale sinistro. In termini più semplici, una P suggestiva di tale condizione deve presentare una componente negativa che duri almeno 0,04 s e sia ampia almeno 1 mm. È stato tuttavia dimostrato che impiegando un limite di 0,06 s x mm anziché 0,04 si incrementa sia il potere predittivo positivo sia quello negativo e anche la percentuale di diagnosi corrette; ritardo di conduzione interatriale.
Ritardo di conduzione interatriale. Attivazione retrograda dell’atrio sinistro
Nella diagnostica dell’ingrandimento atriale sinistro, un ruolo a parte spetta al ritardo di conduzione interatriale, il cui substrato anatomico è l’interruzione o la grave compromissione del fascio di Bachmann o comunque delle fibre deputate a trasportare l’impulso sinusale dall’atrio destro al sinistro. Si realizza perciò un notevole asincronismo fra l’attivazione dei due atri, e il fronte d’onda che ha depolarizzato la regione inferiore dell’atrio destro si trasmette tardivamente al sinistro, che viene attivato in direzione caudo-craniale. Perciò il vettore atriale sinistro si dirige molto in alto, intorno a -60°, e diverge di circa 120° dal vettore atriale destro, rivolto a +60°. Le forze terminali dell’attivazione atriale, che si dirigono nettamente in alto, proiettano sulla metà negativa della linea delle derivazioni inferiori, nelle quali compaiono onde P larghe, difasiche + – e con componente negativa terminale rallentata (Immagine 01). A volte, però, se il vettore atriale sinistro è diretto a circa -30°, e perciò perpendicolare alla linea della II derivazione, questa presenta una P positiva, espressione del vettore atriale destro, mentre quello dell’atrio sinistro non dà luogo ad alcuna deflessione. In aVL, invece, la P è positiva, o a volte difasica – +, con una prima componente negativa, dovuta al vettore atriale destro (se questo è diretto più in basso di +60°), e una componente terminale positiva preminente, espressione del vettore atriale sinistro.
Il ritardo di conduzione interatriale è altamente specifico di ingrandimento atriale sinistro, e la sua importanza clinica non è trascurabile, poiché si associa a fibrillazione o flutter atriale nel 96% dei pazienti.
Accanto ai casi in cui il ritardo di conduzione interatriale è subito evidente (onda P molto larga, con componente negativa ampia in tutte e tre le derivazioni inferiori), come quelli descritti da Bayes de Luna, esistono quadri meno eclatanti, nei quali, per esempio, è presente in III e in aVF una negatività terminale di P con voltaggio di circa 1 mm e durata non sempre ben valutabile a causa della modesta ampiezza. Nessuno ha mai valutato la sensibilità e la specificità di una negatività terminale di P in aVF nel rivelare l’ingrandimento atriale sinistro, ma certamente la presenza di forze sinistre dirette in alto, che si manifestano alla fine dell’attivazione atriale, non controbilanciate da forze atriali destre, dimostra un’attivazione ritardata dell’atrio sinistro e quindi suggerisce un ingrandimento atriale.
Sensibilità e specificità dei segni elettrocardiografici di ingrandimento atriale
Bisogna che chi interpreta l’elettrocardiogramma conosca i limiti della metodica nel riconoscere l’ingrandimento degli atri, come pure l’ipertrofia dei ventricoli. Se il punto di riferimento sono le tecniche di imaging (ecocardiografia, RMN), che permettono di valutare con accuratezza lo spessore delle pareti e il volume delle camere del cuore, la sensibilità dei criteri per la diagnosi di ingrandimento atriale non supera, nel migliore dei casi, il 50%, e la specificità ha di solito un rapporto inverso con la sensibilità. L’ECG, in realtà, fornisce informazioni sulla depolarizzazione e sulla ripolarizzazione delle cellule miocardiche, non sui dati anatomici. È vero che l’alterazione patologica della struttura del cuore finisce per alterare i processi metabolici e quindi l’attività elettrica dei miociti, ma la corrispondenza fra i due ordini di fenomeni, anatomico ed elettrico, è abbastanza imprecisa. Diagnosticare l’ingrandimento delle camere cardiache con l’ECG, in un certo senso, è come misurare la temperatura corporea con la palpazione del polso. È ben noto che la febbre provoca aumento della frequenza cardiaca, e che un adulto a riposo non ha, di solito, 120 o 130 battiti al minuto se non è febbrile. Ma esistono numerose possibilità di errore: il soggetto può essere tachicardico per motivi diversi dalla febbre, e di contro un paziente febbrile può non essere tachicardico perché, per esempio, è un vagatonico o ha una disfunzione sinusale. Allo stesso modo, pazienti con atri ingranditi all’ecocardiogramma possono presentare onde P quasi normali o con anomalie insufficienti a suggerire la diagnosi. E, di contro, è possibile osservare onde P anormali in soggetti nei quali l’ecocardiogramma non dimostra alcuna anomalia di dimensione o di struttura degli atri. In questo caso, però, non è detto che l’ECG simuli un’alterazione in realtà assente. Per esempio, il quadro dell’ingrandimento atriale sinistro ha come elemento caratteristico soprattutto la rallentata diffusione dell’impulso, testimoniata dalla P allargata e bifida. Questo aspetto non necessariamente indica che l’atrio sinistro è ingrandito, mentre dimostra un rilevante rallentamento della conduzione intraatriale e interatriale, fenomeno che non è necessariamente dipendente da una dilatazione dell’atrio, anche se è spesso indicativo di tale condizione. Uno studio di correlazione ECG-ECO ha dimostrato che i tre criteri considerati per l’ingrandimento atriale sinistro (durata della P ≥ 110 msec, P bifida con intervallo ≥ 40 msec fra le due cuspidi, componente terminale negativa di P in V1 ≥ 40 msec x mm) avevano una sensibilità compresa fra il 30% e il 60%, con una specificità del 90%. Risultati ancora meno incoraggianti sono venuti da un’ altra ricerca, compiuta su 1000 soggetti adulti con cuore sano o varia patologia: la specificità dei criteri per l’ingrandimento atriale sinistro è risultata ≥ 97%, mentre la sensibilità era ≤ 18%.
Allo stesso modo, onde P alte e aguzze nelle derivazioni inferiori non necessariamente corrispondono a ingrandimento dell’atrio destro, ma sono state osservate in altre condizioni, comprendenti l’ingrandimento dell’atrio sinistro, la tachicardia sinusale, l’ipertiroidismo, la cardiopatia ischemica,e anche in seguito a tachicardia ventricolare di lunga durata.
Uno studio che ha correlato i criteri ECG più impiegati per l’ingrandimento atriale destro con le dimensioni dell’atrio misurate con metodica planimetrica all’ ecocardiogramma bidimensionale in proiezione quattro camere apicale ha messo in luce una bassissima sensibilità di alcuni segni “classici” (ampiezza della componente positiva di P > 1,5 mm in V1 = 17%, ampiezza della P > 2,5 mm in II derivazione= 6%), anche se la specificità era del 100% . Singolarmente, fra i criteri per l’ingrandimento atriale destro esaminati, quelli con maggior sensibilità non riguardavano la P ma il QRS: la deviazione di ÂQRS a destra, oltre +90°, aveva sensibilità del 34 % e specificità del 100%, il rapporto R/S > 1 in V1 sensibilità del 24 % e specificità del 100%, l’ampiezza del QRS < 6 mm in V1 sensibilità del 33 % e specificità del 92% . In questo studio, il miglior segno di ingrandimento atriale destro rilevabile dall’analisi della P era il voltaggio di P in V2 > 1,5 mm; tale criterio raggiungeva una sensibilità del 33% e una specificità del 100%.
Questi dati, almeno in apparenza, tendono a ridimensionare di molto il valore dell’ECG nel riconoscimento dell’ingrandimento atriale destro con i criteri tradizionali. In realtà i dati dimostrano che l’ipertrofia ventricolare destra (la deviazione a destra di ÂQRS, il rapporto R/S > 1 in V1 e la riduzione di voltaggio del QRS in V1 sono tutti segni espressivi di questa condizione) si associa quasi sempre a un ingrandimento dell’atrio destro. In molti casi in cui l’ingrandimento atriale sfugge, perciò, l’ipertrofia ventricolare destra è riconoscibile all’ECG, e suggerisce indirettamente l’interessamento atriale, rivelando comunque una compromissione del cuore destro.
Ingrandimento biatriale
Quando entrambi gli atri sono ingranditi, l’ECG mostra alcuni segni indicativi dell’alterazione di un atrio e altri che invece suggeriscono l’ingrandimento dell’atrio controlaterale. In casi del genere si può riscontrare, per esempio, un’onda P larga e bifida in I e II derivazione (ingrandimento atriale sinistro), e in V1 una P con componente iniziale positiva, appuntita e di elevato voltaggio (ingrandimento atriale destro). Un altro possibile quadro di ingrandimento biatriale è caratterizzato da onde P alte e appuntite nelle derivazioni inferiori (ingrandimento atriale destro) associate in V1 a P difasiche con componente terminale ampia e rallentata.
La diagnosi di ingrandimento biatriale è difficile perché di solito la compromissione di un atrio è prevalente, e l’ECG rivela solo o soprattutto i fenomeni connessi all’interessamento di quest’atrio. Il modo migliore per giungere alla diagnosi è chiedersi, dopo avere riconosciuto l’ingrandimento di un atrio: “Che cosa manca a questo quadro perché sia completo?” oppure “Che cosa c’è in più rispetto a quanto atteso, e che non si accorda con la diagnosi?” La nota stonata (il dato mancante, l’elemento in più inatteso) induce a prendere in considerazione il possibile concomitante ingrandimento dell’altro atrio.
Immagine 01
Immagine 01. Ingrandimento atriale sinistro. Direzione dei vettori generati dalla depolarizzazione dei due atri (AD: atrio destro; AS: atrio sinistro) e AP sul piano frontale e sul piano orizzontale. Morfologia delle onde P nelle derivazioni periferiche I e III e nella derivazione precordiale V1. Nella sezione inferiore vengono riprodotte, ingrandite, le onde P con la componente atriale destra disegnata in verde e quella atriale sinistra in rosso.