Durante la vita fetale lo scambio di gas e metaboliti avviene attraverso la placenta. Inoltre, nella circolazione fetale, le camere ventricolari destra e sinistra formano un circuito in parallelo anziché in serie come avviene nel neonato o nell’adulto.
Sono tre le strutture presenti esclusivamente nel feto e importanti per il mantenimento di questa circolazione parallela: il dotto venoso di Aranzio, il forame ovale e il dotto arterioso di Botallo.
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Immagine 01.Circolazione fetale.
E’ importante sottolineare che il feto necessita di sangue meno ossigenato rispetto a quello della vita extrauterina. La placenta non è un organo efficiente nello scambio gassoso come lo sono i polmoni, quindi la pressione parziale di ossigeno (PO2) nella vena ombelicale (in altre parole il livello massimo di O2 fornito al feto) è solamente di 30-35 mmHg.
Circa il 50% del sangue presente nella vena ombelicale viene indirizzato nella circolazione epatica mentre la restante parte si immette nella vena cava inferiore attraverso il dotto venoso di Aranzio, dove si mescola parzialmente con il sangue scarsamente ossigenato proveniente dalle porzioni inferiori del corpo (raggiungendo una PO2 di 26-28 mmHg).
Questo sangue parzialmente ossigenato entra poi nell’atrio destro dove è preferenzialmente diretto, grazie ad un lembo di tessuto posto alla giunzione tra vena cava inferiore e atrio destro (la valvola di Eustachio), verso l’atrio sinistro attraverso il forame ovale. Il sangue che in questo modo passa in atrio sinistro rappresenta la fonte maggiore del flusso ematico del ventricolo sinistro, dato che l’apporto di sangue dalle vene polmonari è minimo.
In seguito, il sangue dal ventricolo sinistro viene spinto in aorta ascendente e va a sopperire prevalentemente il fabbisogno della parte superiore del corpo e dell’encefalo. Il sangue povero di O2 (12-14 mmHg) che arriva dalla vena cava superiore, giunto in atrio destro, si indirizza preferenzialmente verso la valvola tricuspide e quindi passa all’interno del ventricolo destro.
Da quest’ultimo il sangue viene spinto nell’arteria polmonare. Poiché il circolo arterioso polmonare è vasocostretto, solamente il 5% dell’efflusso ventricolare destro raggiunge i polmoni. La maggior parte di esso, infatti, bypassa i polmoni e, spostandosi da destra a sinistra attraverso il dotto arterioso di Botallo, si riversa nell’aorta discendente per perfondere la parte bassa del corpo fetale.
La gittata cardiaca totale del feto è di circa 450 mL/Kg/min. Approssimativamente il 65% del flusso sanguigno dell’aorta discendente torna alla placenta mentre il rimanente 35% è deputato alla perfusione degli organi e dei tessuti del feto. Nel feto umano, poiché una larga percentuale di flusso sanguigno è diretto al cervello, la gittata del ventricolo destro è circa 1.3 volte superiore a quella del ventricolo sinistro. Pertanto, durante la vita fetale, il ventricolo destro non solo pompa contro la pressione arteriosa sistemica ma compie anche un maggior lavoro volumetrico rispetto al ventricolo sinistro.
Alla nascita, l’espansione meccanica dei polmoni insieme all’incremento della PO2 nel sangue arterioso determinano una rapida diminuzione delle resistenze vascolari polmonari. Al contempo, la perdita della circolazione placentare a bassa resistenza, comporta un incremento delle resistenze vascolari sistemiche. Tutto il sangue che viene espulso dal ventricolo destro entra ora interamente nella circolazione polmonare e, poiché la resistenza vascolare polmonare è inferiore a quella sistemica, lo shunt destro-sinistro attraverso il dotto arterioso si inverte e diventa sinistro-destro. L’elevata PO2 arteriosa è responsabile della costrizione e della conseguente chiusura del dotto arterioso che si trasforma infine in un cordoncino fibroso, detto legamento arterioso. L’aumento di volume del flusso ematico polmonare che ritorna, attraverso le vene polmonari, in atrio sinistro determina un incremento di volume e di pressione al suo interno, che consente la chiusura del forame ovale, nonostante possa anche rimanere pervio per molti anni.
Il dotto arterioso pervio: dalla fisiologia alla patologia
Come si può evincere dalle precedenti considerazioni, la pervietà del dotto arterioso di Botallo è una condizione necessaria durante la vita fetale. Essa infatti consente al 90% della gittata sistolica del ventricolo sinistro di bypassare il letto vascolare polmonare, caratterizzato da un’elevata resistenza.
La pervietà del dotto e la sua chiusura dopo la nascita è il risultato di vari fattori interconnessi:
Il delicato equilibrio tra mediatori chimici (sia prodotti localmente che circolanti);
Le differenze nella tensione di ossigeno;
La particolare struttura della parete del dotto arterioso.
Le prostaglandine, prodotte tramite conversione dell’acido arachidonico da parte degli enzimi COX, giocano un ruolo cruciale nel mantenere la pervietà del dotto in utero.
Esistono due geni che codificano le proteine COX, denominati COX-1 e COX-2, ed una variante di COX-1, scoperta recentemente, chiamato COX-3. La proteina COX-1 è prodotta in maniera costitutiva in molti processi fisiologici, mentre COX-2 è maggiormente espressa in corso di processi infiammatori. E’ stato osservato come la COX-2 sia presente ad alti livelli nel dotto arterioso ed aumenti la sua espressione con l’avanzare della gestazione. COX-2 risulta anche essere l’enzima maggiormente coinvolto nella produzione locale di prostaglandina E2 (PGE2) nel dotto arterioso del neonato a termine. Tra tutti i derivati dell’acido arachidonico, le prostaglandine E2 ed I2 sono quelle che presentano i livelli più alti nel feto, a causa dell’alta produzione da parte della placenta e della ridotta eliminazione da parte dei polmoni. La PGE2 e la PGI2 si configurano come i più potenti agenti vasodilatatori duttali.
L’incremento della pressione parziale dell’ossigeno alla nascita, insieme ad una riduzione della sensibilità delle fibrocellule muscolari lisce della tonaca media del dotto arterioso all’azione dei prostanoidi, danno il via all’inizio della chiusura del dotto di Botallo. Nel neonato a termine, la vasocostrizione del dotto inizia nelle prime ore dopo la nascita e la chiusura funzionale dello stesso si completa di solito in 24-48 ore.
Dopo l’iniziale chiusura funzionale, si assiste ad una fase di ispessimento neointimale e ad un rimodellamento che conduce alla chiusura anatomica del dotto, che generalmente si completa dopo alcuni giorni. Evidenze recenti hanno mostrato come le piastrine giochino un importante ruolo, promuovendo i processi trombotici e di rimodellamento vascolare.
Nel pretermine la chiusura del dotto arterioso richiede normalmente tempi più lunghi. Il dotto immaturo di questi soggetti ha una più elevata sensibilità alle prostaglandine e la sua vasocostrizione è più debole. A concentrazioni di ossigeno analoghe, il dotto del neonato prematuro genera tensioni molto più basse rispetto a quelle osservate nel neonato a termine e questo è un fattore che ne preclude la chiusura definitiva. L’espressione dell’enzima NO-sintasi nei vasa vasorum della media del dotto è notevolmente aumentata e impedisce il raggiungimento del grado critico di vasocostrizione essenziale nel determinare l’ipossia tissutale e l’inizio del rimodellamento. Ciò sembra anche essere responsabile di un aumentato rischio di riapertura del dotto.