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Lussazione della rotula
- La femoro-rotulea, come altre articolazioni, può subire una lussazione acuta a causa di un trauma efficiente, più frequentemente diretto; la lussazione è sempre laterale e in più del 10% dei casi residua una instabilità secondaria che determina nuovi episodi di lussazione. L’instabilità primitiva della femoro-rotulea rappresenta una ben più frequente entità nosologica, sulla base di una predisposizione anatomica; ha andamento evolutivo e, nella forma conclamata, è caratterizzata da lussazioni esterne recidivanti che, dopo un primo epiSodio (determinato da un trauma, quasi sempre distorsivo e di modesta entità), si manifestano in più dell’80% dei casi.
- Di norma il primo epiSodio di lussazione si manifesta nell’adolescenza; tra gli sportivi predilige i maschi, nella popolazione generale le femmine. Sono frequenti la familiarità e, ancor di più, la bilateralità.
Eziopatogenesi
- Pur se raramente, un trauma efficiente può determinare la lussazione di una femoro-rotulea normale; più spesso è un trauma modesto a provocare la lussazione di una rotula già instabile. Nella maggior parte dei casi il meccanismo traumatico è indiretto e consiste in una distorsione in valgismo ed extrarotazione con arto in carico. Varie sono le concause di instabilità: la displasia della troclea femorale (la più frequente), la displasia della rotula, la rotula alta, il malallineamento dell’apparato estensore (per valgismo o difetti torsionali del femore), lo sbilanciamento dei legamenti alari, l’insufficienza del vasto interno e l’iperplasia generalizzata.
L’articolazione femoro-rotulea
- L’articolazione femoro-rotulea è intrinsecamente instabile nonostante la presenza di stabilizzatori passivi (morfologia ossea, capsula mediale, legamento alare interno e legamento femoro-rotuleo interno) e attivi (muscolo vasto interno, che con la sua obliquità di 50-60° esercita un’azione medializzante sulla rotula). La normale morfologia della troclea femorale (figura 01a) consente lo scorrimento guidato della rotula contrastando le forze lateralizzanti fisiologiche o patologiche (aumento dell’angolo Q, del valgismo o dell’antiversione del femore). La faccetta trocleare laterale è più ampia in senso prossimale e più prominente in sede anteriore; essa si confronta con la faccetta rotulea laterale, anch’essa più ampia. La porzione intermedia della troclea è la più profonda ed accoglie la cresta rotulea. Lungo l’arco di movimento 0-30°, il vasto interno e il compartimento capsulo-legamentoso interno garantiscono la stabilità della rotula che è lievemente lateralizzata (per effetto dell’angolo Q). oltre i 30°, di flessione la rotula si impegna nella troclea che ne guida lo scorrimento: il contatto diretto con il condilo laterale mantiene la rotula centrata.
Figura 01

Figura 01: rispetto alla normale morfologia (a), vengono schematicamente rappresentati vari gradi di displasia femoro-rotulea: ridotta profondità della troclea e ipoplasia della rotula (b), appiattimento della troclea e riduzione della cresta rotulea (c), troclea convessa, ipoplasia del condilo laterale e scomparsa della cresta rotulea (d). La congruenza e la stabilità dell’articolazione sono proporzionalmente inverse al grado di displasia. L = laterale, m = mediale.
Anatomia patologica
- Dopo una lussazione acuta, la capsula articolare mediale, il legamento alare interno e il legamento femoro- rotuleo interno sono lacerati; a questo si può associare la disinserzione del tendine del vasto interno dalla rotula. Nei casi cronici, i tessuti molli mediali sono allungati e allentati, mentre quelli laterali sono retratti.
- In caso di displasia, la troclea può presentare una ridotta profondità o un appiattimento fino ad assumere un profilo convesso con associata ipoplasia del condilo laterale. Anche la rotula può essere normale o, in vario grado, displasica: oltre all’ipoplasia, si evidenzia la riduzione della cresta fino alla scomparsa della stessa (Figura 01).
- In oltre il 50% dei casi si repertano lesioni osteocondrali e condropatia; tali rilievi sono tanto meno frequenti quanto maggiore è la displasia.
Quadro clinico
- Si distinguono diversi quadri:
- l’instabilità, caratterizzata da vago dolore anteriore e da una mal definita sensazione di cedimento riferiti al ginocchio;
- la sublussazione, in cui gli stessi sintomi, accompagnati dalla sensazione di instabilità, sono più chiaramente riferiti alla rotula;
- la lussazione acuta, determinata per lo più da una distorsione in valgismo-extrarotazione, si presenta con vivo dolore anteriore, ematoma mediale e marcata limitazione funzionale;
- la lussazione recidivante, la più comune, caratterizzata da episodi di lussazione che si ripetono a distanza di mesi o settimane per sollecitazioni sempre meno intense in flessione, valgismo ed extrarotazione;
- la lussazione abituale, contraddistinta da una maggiore frequenza di episodi, fino alla costante lussazione a ogni flessione, anche fuori carico (lussazione volontaria);
- la lussazione permanente, in cui è impossibile la riduzione.
- L’esame obiettivo deve essere sempre bilaterale. Con il paziente in ortostatismo si valutano l’allineamento dell’arto, l’angolo Q e il trofismo del quadricipite. A paziente supino, dopo aver saggiato il tono del quadricipite, si ricercano dinamicamente le cause di instabilità rotulea valutando:
- lo scorrimento rotuleo da 0° alla flessione completa;
- la lateralizzazione e l’inclinazione della rotula in estensione e a 30° di flessione (Figura 02);
- la presenza del segno dell’apprensione (tipica reazione di difesa alla lateralizzazione);
- la presenza di lassità legamentosa generalizzata.
Figura 02

Figura 02: A 30° di flessione, la rotula può di norma essere lateralizzata di uno (a) o due (b) quarti rispetto alla propria larghezza. in caso di instabilità si raggiungono i tre (c) o quattro (d) quarti evocando frequentemente il segno dell’apprensione, una vivace reazione di difesa da parte del paziente che percepisce l’imminente lussazione.
Diagnostica Per immagini
- L’esame strumentale di prima istanza è costituito dalla radiografia in due proiezioni e in proiezione assiale a 45°. Il radiogramma in laterale, oltre a valutare l’altezza della rotula, evidenzia il fondo della troclea e il suo rapporto con il profilo anteriore dei condili (Figura 03). La proiezione assiale, oltre a documentare fratture marginali parcellari della rotula o del condilo esterno, consente la misurazione di vari parametri: l’angolo del solco, l’angolo di congruenza, l’angolo femoro-rotuleo, la lateralizzazione della rotula.
- La TC, necessaria per lo studio completo della torsione femorale e tibiale, consente di valutare eventuali fratture, i parametri femoro-rotulei già descritti, l’inclinazione laterale della troclea (Figura 04a,b), la profondità della troclea, la differenza di altezza tra i due condili (Figura 04c,d) e la lateralizzazione della tuberosità tibiale rispetto alla troclea (valore normale: 10-15 mm).
- La RM, oltre a consentire tutte le misurazioni già dette, evidenzia le lesioni dei tessuti molli (capsula, legamento alare e legamento femoro-rotuleo interni; tendine del vasto interno) e le lesioni osteocondrali (condropatia, lesioni cartilaginee, fratture parcellari, edema midollare da impatto).
Figura 03

Figura 03: disegni che riproducono radiografie del ginocchio in proiezione laterale con perfetta sovrapposizione dei condili femorali. il fondo della troclea (è) si trova in sede posteriore rispetto al profilo anteriore dei condili (ç) (a) e appare in continuità con la corticale anteriore del femore (–), il cui prolungamento interseca il profilo dei condili (b). in caso di displasia della troclea il profilo anteriore dei condili è più arretrato e, nelle forme più gravi, si sovrappone a quello della troclea (c).
Figura 04

Figura 04: disegni che riproducono scansioni assiali di Tc o rm. L’inclinazione laterale della troclea si determina come angolo tra la tangente al margine posteriore dei condili e la tangente al profilo della faccetta laterale della troclea (a); un valore <11° è indicativo di displasia (b). La profondità della troclea, calcolata sottraendo l’altezza della troclea (T) alla semisomma dell’altezza dei due condili (L+m), è di norma 5 mm (c); tale valore è ridotto in caso di displasia (d). La differenza di altezza tra i due condili (L – m) normalmente è 3 mm (c); valori inferiori o negativi sono segno di displasia (d).
Terapia
- Di norma, dopo il primo episodio, la rotula si riduce spontaneamente; il trattamento in acuto è incruento e prevede l’immobilizzazione in estensione per 4 settimane, seguita da un periodo di riabilitazione con potenziamento selettivo del vasto interno.
- Nelle forme recidivanti, abituali e permanenti la terapia è cruenta e si prefigge:
- la riparazione delle strutture lese: reinserzione del tendine del vasto interno, ritensionamento della capsula e del legamento alare interno, ricostruzione del legamento femoro-rotuleo interno;
- il trattamento eziologico delle patologie predisponenti: riallineamento rotuleo prossimale (plastica del compartimento interno e del vasto interno), distale (trasposizione mediale della tuberosità tibiale) o combinato, osteotomie femorali correttive dell’asse o del vizio di torsione, trocleoplastica.