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Piede cavo

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  • Questa deformitĂ  è caratterizzata da un’accentuazione dell’arco longitudinale, che al podoscopio mostra un restringimento o una riduzione dell’appoggio istmico plantare, inferiore al 50%, valore assunto come normale. 
  • La classificazione si basa sulla distinzione in tre gradi (Figura 01): 
    • I. L’appoggio istmico varia tra meno del 50% e il 75%; 
    • II. L’appoggio istmico è compreso tra meno del 75% e il 90%;
    • III. Il piede non presenta appoggio visibile al suo istmo. 
  • La traccia di linee tangenti ai bordi mediale e laterale del piede in appoggio potrĂ  fare apprezzare associate deviazioni in varismo o valgismo del retropiede.
    Le cause del piede cavo presente alla nascita non sono ancora conosciute e pertanto si parla di cavismo idiopatico. 
  • Le forme acquisite sono invece secondarie a diversi fattori tra cui: 
    • spina bifida occulta; 
    • paralisi flaccide e spastiche; 
    • esiti di piede torto congenito; 
    • malattie infiammatorie croniche; 
    • esiti di trauma. 
  • Al piede cavo si associa un sovraccarico funzionale del calcagno e dell’avampiede; questo si manifesta con la comparsa di metatarsalgia e ipercheratosi cutanea plantare, fino a vere e proprie callositĂ , in corrispondenza delle teste metatarsali. Con il tempo si instaura un piattismo dell’arco trasverso anteriore, accompagnato da dolore e zoppia. Per l’iperpressione, il retropiede può essere sede di borsite reattiva all’inserzione dei muscoli brevi sul calcagno. 
  • A partire dal secondo decennio di vita, il piede cavo idiopatico comincia a dare segni della sua presenza sotto forma di dolore nella stazione ortostatica prolungata, difficoltĂ  all’uso di scarpe non flessibili, necessità di plantari su misura in caso di attivitĂ  sportiva o di lavori particolari.
    Dal punto di vista preventivo, nell’età dell’accrescimento, bisogna correggere deviazioni assiali del calcagno, stimolare l’allungamento passivo della fascia plantare, che sostiene la deformità ed evitare, per quanto possibile, l’uso di scarpe con tacco alto per non sovraccaricare in maniera abnorme e precocemente l’avampiede. 
  • Per riequilibrare il carico, si utilizzano plantari modellati su misura. Molto utili possono essere gli scarichi retrometatarsali: quando ben posizionati dietro i punti di maggior pressione delle teste metatarsali, risolvono eventuali metatarsalgie e proteggono l’arco trasverso da un precoce appiattimento. 
  • Il trattamento chirurgico è riservato a quelle forme di cavismo di III grado che provocano dolore persistente e disturbi della deambulazione (Figura 02). 

Figura 01

Figura 01: Classificazione del piede cavo in tre gradi (si veda la spiegazione nel testo). L’impronta plantare a sinistra è normale. 

Figura 02

Figura 02: Piede cavo neurogeno con atteggiamento in griffe delle dita (a). Controllo radiografico postoperatorio dopo duplice artrodesi: da notare il riassetto anatomico globale del piede dopo fusione ossea e l’estensione delle dita sotto carico (b).