Dettagli
- Piede piatto valgo idiopatico (ppvi)
- Classificazione
- Fisiopatologia
- Quadro clinico
- Diagnostica per immagini
- Terapia
Piede piatto
- Con il termine piede piatto si definisce una condizione nella quale l’arco longitudinale plantare è abnormemente abbassato o assente, con allargamento istmico dell’impronta plantare e frequente pronazione del calcagno. Questa definizione comprende una serie di condizioni diverse per eziopatogenesi, gravità, prognosi e trattamento.
- In età evolutiva, il Piede piatto non genera disturbi motori nella grande maggioranza dei casi e in questi casi si parla di Piede piatto valgo idiopatico (PPVI), che si accompagna a una lassità capsulo-legamentosa costituzionale del bambino (Box 01). Bisogna tuttavia distinguere questo tipo di piattismo, generalmente a evoluzione spontanea favorevole, da forme franca- mente patologiche che possono essere congenite o acquisite (Tabella 01)
Box 01
Box 01: Anatomia funzionale e sviluppo del piede
Tabella 01
Tabella 01: Varianti patologiche di piede piatto.
Figura 01
Figura 01: illustrazione schematica degli archi del piede: arco longitudinale mediale (a), arco trasverso anteriore (B), arco longitudinale laterale (c).
Piede piatto valgo idiopatico (ppvi)
- Il PPVI, noto anche come Piede piatto infantile, flessibile o lasso, è una delle deformità più frequenti dell’età evolutiva: si calcola che circa il 20% delle visite ambulatoriali in pazienti di età pediatrica siano eseguite per una valutazione clinica dei piedi e in generale dell’assetto statico e dinamico degli arti inferiori.
La genesi è multifattoriale, in alcune forme a carattere eredofamiliare.
Classificazione
- La classificazione in tre gradi del PPVI si basa sullo studio dell’impronta plantare al podoscopio (Figura 02), un apparecchio che permette di valutare l’immagine plantare dei piedi sotto carico. Al momento della visita al podoscopio è anche possibile evidenziare, mediante l’osservazione da dietro, eventuali deviazioni in varismo o valgismo del calcagno (Figura 03).
- Questo semplice esame è un utile mezzo per informare genitori e pazienti sullo stato del piede. Si deve ricordare che tali impronte sono statiche e che uno studio più accurato sulla morfologia del piede può essere eseguito analizzando le impronte prodotte durante la deambulazione (studio dinamico). In casi particolari può essere utilizzato lo studio del passo (gait analysis) a scopo sia diagnostico sia terapeutico.
IL PPVI viene anche distinto in statico e dinamico. Nella prima forma il piattismo morfologico è costante, indipendentemente dal fatto che il piede si trovi sotto o fuori carico: sono i quadri più conformi all’origine costituzionale della deformità osteo-articolare. - Nel Piede piatto dinamico il piattismo è visibile solo sotto carico, perché associato a lassità capsulo legamentosa e/o ad altre deformità assiali e rotatorie del piede e dell’arto inferiore.
Figura 02
Figura 02: Classificazione del Piede piatto in base all’impronta plantare al podoscopio. Piede destro normale sotto carico. tracciando idealmente una tangente al bordo mediale del piede, la perpendicolare a questa linea condotta nella parte più stretta dell’impronta o istmo si divide in due parti uguali. il settore di carico è pari al settore che non appoggia per un rapporto di 1:1 (a). Piede piatto di I grado: il settore di carico è superiore al 50% (b). Piede piatto di II grado: il settore di carico si avvicina al 100% (c). Piede piatto di III grado: il collasso della regione astragalo-scafoidea è tale da superare l’ideale tangente condotta dal tallone al primo metatarso (d).
Figura 03
Figura 03: impronta podoscopica di Piede piatto bilaterale di I grado con evidente calcagno valgo visto da dietro.
Fisiopatologia
- Quando un piede ipermobile è sottoposto al peso del corpo, il calcagno si prona sotto l’astragalo e la testa dell’astragalo si muove in direzione mediale e plantare. Il legamento plantare calcaneo-navicolare è allungato e non mantiene in sede la testa dell’astragalo; anche il legamento interosseo è allungato e consente la pronazione del calcagno. Lo scivolamento mediale della testa dell’astragalo determina uno spostamento dello scafoide in abduzione; la parte anteriore del piede segue lo spostamento dello scafoide e il centro di gravità del corpo, che normalmente cade tra il II e III raggio metatarsale, si sposta medialmente al primo metatarso. Questa situazione si evidenzia con l’immagine che si ottiene sotto carico al podoscopio. Nel Piede piatto flessibile la deformità non è fissa, perché in assenza di carico il piede mostra un normale arco longitudinale.
Quadro clinico
- PRIMA INFANZIA (ENTRO I 3 ANNI DI VITA) È l’epoca del Piede piatto fisiologico, che si presenta lasso, flessibile, mobile, con calcagno in pronazione. Questa forma è correggibile con le mani o con la stimolazione nocicettiva o propriocettiva.
- Non c’è nessuna indicazione a esami radiografici e a terapie, se non quella di rassicurare i genitori che questa è l’epoca in cui il piede deve imparare a interagire con l’ambiente esterno per sviluppare tutte le sue potenzialità di organo periferico di senso propriocettivo profondo.
- SECONDA INFANZIA (TRA 3 E 6 ANNI) In questo periodo il piede ha esaurito il suo apprendimento elementare e inizia a “specializzarsi” per arrivare alla maturità dell’adulto: deve cioè allenare la sua elica ad assetto variabile in relazione alle superfici di appoggio indossando scarpe che permettano di “sentire” il mondo esterno e non di isolarlo attraverso la rigidità della suola o la non trasmissibilità degli impulsi attraverso materiali assorbenti come alcuni tipi di gomme. Se in questo periodo di sviluppo il piede si presenta eccessivamente piatto pronato, con una impronta valutabile di III grado, si può prendere in considerazione una tutela ortesica che riporti in asse il calcagno (Figura 04). È importante in questo caso valutare la forma delle ginocchia che possono essere valghe ed extraruotate aggravando così il piattismo dei piedi per effetto di una cattiva distribuzione del peso del corpo.
- DAI 6 ANNI FINO ALLA PUBERTÀ In questo periodo, nelle forme accentuate di III grado, si dovrà attuare una sorveglianza più accurata e stabilire la possibilità di eventuali misure terapeutiche più appropriate, non escluse quelle chirurgiche.
- DALL’ADOLESCENZA FINO ALLA MATURITÀ SCHELETRICA
- In questo periodo, anche per l’aumento importante del peso e dell’altezza, compare spesso una sintomatologia dolorosa con tendenza all’affaticamento dopo lunghe passeggiate o a seguito di attività sportiva. Il soggetto può accusare dolore saltuario riferito al piede o alla regione interna del ginocchio, che scompare con il riposo; raramente si può osservare una contrattura antalgica con zoppia. Questa è l’epoca nella quale un attento studio radiografico è necessario per completare la diagnosi e programmare un’eventuale terapia chirurgica.
Figura 04
Figura 04: Esempio di conche talloniere per il trattamento incruento del Piede piatto secondario a valgismo correggibile del calcagno. La conca sinistra è vista da dietro e quella destra dal lato interno: notare il rialzo mediale che forza e mantiene in supinazione il calcagno.
Diagnostica per immagini
- L’esame radiografico del piede prevede due proiezioni (dorso-plantare e latero-laterale) sotto carico (Figura 05) e proiezioni speciali come l’assiale di calcagno.
- Si possono tracciare gli angoli di divergenza orizzontale astragalo-calcaneale, la divergenza calcaneare in caso di pronazione, i rapporti tra l’astragalo e lo scafoide e i rapporti globali tra retropiede e avampiede.
- La TC e la RM sono esami speciali che trovano indicazione nel sospetto di anomalie interossee profonde, come le sinostosi, e di patologie scheletriche ed extra-scheletriche, come quella tumorale e simil-tumorale, che possono essere inquadrate in fase iniziale come Piede piatto doloroso.
Figura 05
Figura 05: Esame radiografico del piede sotto carico in proiezione latero-laterale: osservare l’orientamento verticale dell’asse dell’astragalo (a) che si normalizza a distanza di circa 8 anni (b). È il tipico caso di piattismo che si corregge con il tempo senza uso di plantari.
Terapia
- TRATTAMENTO CONSERVATIVO All’epoca dell’inizio dell’ortostasi e poi della marcia, è controverso l’uso delle scarpe primi passi. Secondo alcuni autori favorire posture a piedi nudi su terreni irregolari (come la sabbia) in fase precoce stimolerebbe “l’apprendimento” estero-propriocettivo dei recettori plantari con ripercussioni positive sull’assetto dell’elica podalica. Secondo altri autori, invece, l’uso di scarpe normali e flessibili, come tutela dei piedi simile alla tenuta per mano di ogni bimbo a questa età, eviterebbe posture podaliche incongrue e precoci valgismi patologici del calcagno tali da favorire lo sviluppo successivo di Piede piatto valgo secondario. Pertanto, fino a circa 3 anni di età è controindicato l’uso di scarpe correttive.
- Nella fascia di età da 3 fino a 6-8 anni, l’uso delle scarpe correttive dovrebbe essere evitato o riservato solo a casi particolari, da selezionare e documentare in modo appropriato. Nel PPVI di I e II grado non è necessario l’impiego di un’ortesi o di una scarpa particolare, perché l’evoluzione è di regola benigna e si conclude a termine di crescita con la normalizzazione completa dell’impronta plantare (si veda la Figura 05) oppure con un piede leggermente piatto asintomatico. Talvolta possono essere utili plantari con cunei che producano avvolgimento e irrigidimento dell’elica piuttosto che un innalzamento dell’arco longitudinale, mal tollerato. Scarpe ortopediche rigide nella tomaia e nella suola, che non permettano al piede di “sentire” l’ambiente esterno e quindi di trovare una risposta di accomodamento propriocettivo, sono controindicate. Al contrario, nei casi di PPVI di III grado sono spesso necessarie scarpe con forte calcaneare rigido, che incorporano plantari a elica o conche talloniere su misura (si veda la Figura 04) che sostengano costantemente il calcagno in supinazione. È utile in questi soggetti associare un’adeguata fisiokinesiterapia che rinforzi i muscoli inversori (tricipite surale, tibiale posteriore e flessori delle dita lungo e breve). La persistenza, oltre questa età, della deformità in piatto valgismo fa propendere verso un trattamento cruento.
- TRATTAMENTO CHIRURGICO Gli orientamenti correttivi variano da scuola a scuola. Tra gli 8 e i 10 anni, per correggere l’eccessiva pronazione del calcagno, si possono utilizzare tecniche di limitazione articolare (artrorisi eso-seno-tarsiche) che, impedendo la pronazione del calcagno, stimolano la propriocettività e permettono attraverso questo meccanismo la ripresa di un appoggio normale nel tempo (Figura 06).
- Dai 10 anni in poi l’impianto di endo-ortesi nel seno del tarso (artrorisi endo-seno-tarsiche), in eventuale associazione all’allungamento del tendine di Achille (Box 02), riportano nella maggior parte dei casi il piede a una morfologia normale o quasi, risolvendo il quadro sintomatologico. Queste ortesi sono costruite in polietilene con meccanismo a espansione mediante Introduzione di vite metallica, ben visibile all’esame radiografico (Figura 07), oppure in materiale totalmente riassorbibile e radiotrasparente. Queste ultime sono state ideate per evitare il ricorso a un secondo intervento di rimozione nei casi di intolleranza dolorosa.
Figura 06
Figura 06: disegno che illustra l’artrorisi eso-seno- tarsica (calcaneo-stop) secondo Pisani.
Box 02
Box 02: Altre forme di piede piatto
Figura 07
Figura 07: aspetto radiografico (a) e clinico (b) dopo impianto di endortesi seno-tarsica secondo Giannini per Piede piatto idiopatico: l’arco longitudinale mediale sotto carico appare ripristinato.
Figura 08
Figura 08: Piede piatto di III grado da brevità del tendine di achille (a). La manovra di correzione in flessione dorsale a ginocchio flesso (b) permette la parziale discesa del calcagno.
Figura 09
Figura 09: Scansione coronale TC che mostra sinostosi bilaterale astragalo-calcaneare.
Figura 10
Figura 10: Caso di Piede piatto spastico (a) trattato con duplice artrodesi del retropiede e del mesopiede (b).