Dettagli
- Eziopatogenesi
- Anatomia patologica
- Diagnosi
- Classificazione
- Terapia
Piede torto congenito
- Per Piede torto congenito (PTC) si intende una varietà di deformazioni congenite, presenti alla nascita, che colpiscono i piedi. Le forme di PTC sono quattro: il piede equino-varo-supinato-addotto, il piede talo-valgo, il piede reflesso-valgo e il piede metatarso-addotto.
- La varietà in assoluto più frequente (circa il 75% dei casi) è il piede equino-varo-supinato-addotto, una deformità che ha un’incidenza di 1-3/1000 nati vivi; è più comune nel sesso maschile e può manifestarsi in un solo lato o in entrambi.
- Si caratterizza per la deviazione del piede verso l’interno, con equinismo e supinazione del calcagno e sublussazione dell’astragalo che diviene sporgente sul lato esterno del piede. Se non trattato, il piede accentua queste caratteristiche che divengono rigide, il soggetto appoggia a terra il lato esterno del piede per il carico e la deambulazione avviene con zoppia.
Eziopatogenesi
- È tuttora sconosciuta; sono state formulate numerose ipotesi, dettate da un lato dalla constatazione che il PTC può essere espressione di disordini neuromuscolari, displasie muscolo-scheletriche o sindromi polimalformative e, dall’altro, che anche nelle numerose forme cosiddette “idiopatiche” tutti i tipi di trattamento non riescono mai a dare come risultato un’estremità inferiore completamente “normale”, lasciando supporre che si tratti di una forma localizzata di displasia dei tessuti del piede. Fra le numerose teorie formulate ricordiamo le principali, tra cui quella dell’arresto dello sviluppo del piede al periodo embrionario, perché dalla sesta all’ottava settimana di gestazione il piede presenta numerose delle caratteristiche del PTC (equinismo e supinazione del calcagno, adduzione dell’avampiede). Tuttavia tale ipotesi è confutata dal fatto che in nessuna delle fasi dello sviluppo normale si osservano la deformità a carico del collo dell’astragalo e la sublussazione talo-navicolare caratteristiche del piede torto.
- Un’altra teoria deriva dall’osservazione della alterata composizione in fibre collagene dei legamenti e tendini del PTC, per cui si è ipotizzata una reazione fibro-sclerotica di tali tessuti a uno stimolo primario.
- Sono infine da ricordare la teoria di un abnorme abbozzo germinale dell’astragalo, che genererebbe un osso con le tipiche deformità che si osservano nel piede torto, e quella che identifica nello squilibrio neuromuscolare, con difetto dell’azione dei peronei, la causa principale della comparsa della deformità.
- L’eziopatogenesi è verosimilmente multifattoriale, non potendo essere escluso anche il ruolo di fattori genetici, supportato dal riscontro di familiarità in alcuni casi.
Anatomia patologica
- Si osservano equinismo e supinazione del calcagno e del piede in toto con inversione del piede e deviazione plantare e mediale di scafoide e cuboide. La deformità principale è rappresentata dalla posizione dell’astragalo, che presenta sublussazione in senso plantare e mediale della testa con fuoriuscita parziale del corpo dalla sua sede nell’articolazione tibio-tarsica. Può associarsi torsione tibiale interna.
- Oltre all’alterazione dei rapporti articolari e della conformazione del piede si osserva anche la retrazione delle parti molli circostanti (capsule, legamenti, tendini), che concorrono a mantenere e accentuare nel tempo le deformità, rappresentando un ostacolo importante alla correzione.
- Per tale motivo i metodi di trattamento cosiddetti funzionali, consistenti in manipolazioni progressive, sono tanto più efficaci quanto più precocemente iniziati.
Diagnosi
- Risulta molto semplice, essendo il PTC evidente alla nascita per l’aspetto caratteristico del piede in adduzione e inversione con equinismo del calcagno e opposizione più o meno rigida ai tentativi di correzione manuale. Deve essere distinto dalle alterazioni posturali a prognosi decisamente migliore come il metatarso addotto, che si distingue facilmente per l’assenza della componente in equinismo. È importante l’esclusione di malformazioni associate, sia scheletriche sia non, come per esempio la lussazione congenita dell’anca o la spina bifida.
- Da alcuni anni, con l’avvento dell’ecografia in gravidanza, è possibile fare diagnosi prenatale di PTC e pertanto preparare, con un intervento di counseling multidisciplinare, ove possibile, i genitori ad affrontare nel modo migliore la patologia per ottenerne la collaborazione indispensabile al buon risultato del trattamento.
Classificazione
- Una classificazione utilizzata prevede la distinzione su base morfologica in tre gradi di gravità, a seconda della deviazione del piede osservata alla nascita:
- 1° grado: piede deviato rispetto all’asse della gamba meno di 90°;
- 2° grado: piede che arriva a 90° di deviazione;
- 3° grado: piede con oltre 90° di deviazione.
- Tale classificazione non si è però dimostrata utile per una previsione prognostica per la quale è invece molto importante la valutazione della rigidità delle deformità, ovvero della loro correggibilità alle manipolazioni.
- In tal senso, la classificazione più utilizzata a livello mondiale è quella di diméglio, che attribuisce uno score a 4 punti per ciascuna deformità (equinismo, varismo, supinazione e adduzione) in base alla gravità e alla riducibilità; a questo primo punteggio, che arriva a un massimo di 16, si sommano fino a un massimo di 4 punti supplementari, assegnando rispettivamente 1 punto per ciascuno dei seguenti parametri: plica cutanea posteriore, plica cutanea mediale, cavismo accentuato, scarso trofismo dei muscoli del polpaccio. Il punteggio totale individua 4 tipi di PTC di gravità crescente:
- 1° grado (da 1 a 4 punti): piede benigno (20% dei casi);
- 2° grado (da 5 a 9 punti): piede moderato (33% dei casi);
- 3° grado (da 10 a 14 punti): piede grave (35% dei casi);
- 4° grado (da 15 a 20 punti): piede molto grave (12% dei casi).
Terapia
- A causa della spiccata tendenza alla recidiva delle deformità, fino al 1990 circa era universalmente auspicato un trattamento che ottenesse una correzione completa il prima possibile. Per questo motivo, tranne che per i casi più lievi, il trattamento chirurgico era indicato nella maggior parte dei PTC, non appena il bambino raggiungeva un’età e un peso che consentissero di eseguire l’anestesia in sicurezza, nella convinzione che la recidiva fosse favorita dall’incompleta correzione della deformità.
- Fra le numerose tecniche chirurgiche proposte, sono da ricordare lo storico intervento di codivilla, consistente in un doppio accesso posteriore e mediale attraverso i quali si ottenevano: l’allungamento con tecnica a “z” del tendine d’achille; la capsulotomia posteriore dell’articolazione tibio-tarsica e della sottoastragalica;
- L’incisione del legamento peroneo-astragalico e peroneo-calcaneare; l’allungamento a “z” del tendine del tibiale posteriore e del flessore lungo dell’alluce al di sotto del malleolo mediale; la capsulotomia dell’articolazione astragalo-scafoidea mediale con incisione anche del legamento a “y”. Più conosciuto e utilizzato a livello internazionale è l’intervento di turco in cui, oltre al release delle parti molli postero-laterali e mediali, si fissa la riduzione dell’articolazione astragalo-scafoidea mediante un filo di kirschner percutaneo che viene mantenuto durante l’immobilizzazione gessata.
- Da diverse revisioni di casi eseguite a distanza di anni dagli interventi chirurgici correttivi si è però evidenziata, in aggiunta alle complicanze legate agli interventi chirurgici stessi (quali l’ipercorrezione con formazione di piedi valgo-pronati rigidi e la comparsa di degenerazione articolare tarsale negli anni successivi), una tendenza importante alla recidiva che è stata interpretata come effetto del tessuto cicatriziale formatosi in conseguenza degli atti chirurgici che, sommandosi alla costituzionale fibrosi dei tessuti molli di questi piedi, costituisce un elemento aggravante la naturale propensione al ritorno della deformità iniziale. Contemporaneamente si andavano affermando nuove concezioni terapeutiche “risparmiatrici” dei tessuti, molto meno aggressive del trattamento chirurgico esteso, che raggiungevano però gli stessi risultati di correzione delle deformità. Tali trattamenti sono rappresentati da due scuole principali, sviluppatesi in europa e in america: quella funzionale francese (bensahel e diméglio a montpellier, seringe a parigi) e quella di ponseti nell’iowa (usa). Quest’ultima, per la sua semplicità e scarsissima dispendiosità, ha ormai raggiunto la diffusione globale mondiale.
- Descritta dal suo ideatore, ignacio ponseti, negli anni cinquanta non fu accettata e compresa dalla maggioranza dei colleghi fino alla pubblicazione di una casistica personale, molto ampia e con follow-up lunghissimo, che dimostrava ottimi risultati anche in piedi definiti gravi; da allora tale metodica si è diffusa in tutto il mondo, inclusi i paesi in via di sviluppo. Il metodo di ponseti consiste in una tecnica manipolativa da iniziare a pochi giorni dalla nascita con la derotazione del piede, graduale e progressiva, praticando contemporaneamente una lieve pressione sul collo dell’astragalo sublussato dorsalmente e lateralmente per farlo rientrare nella pinza malleolare. Le correzioni progressive ottenute manualmente si devono poi contenere con apparecchi gessati femoro-podalici a ginocchio flesso, una volta la settimana oppure ogni 10 giorni, fino al raggiungimento della massima extrarotazione. A questo punto bisogna valutare se sia possibile ottenere manualmente la correzione anche dell’equinismo, possibile per la verità solo nei casi più lievi, o in caso contrario procedere alla tenotomia achillea, eseguita in modo percutaneo secondo la tecnica originale, al passaggio mio-tendineo. Si confeziona quindi un ultimo apparecchio gessato per tre settimane con il piede a 90° e massima extrarotazione. La correzione completa, una volta raggiunta, deve essere mantenuta utilizzando un tutore di dennis-brown, costituito da due scarpine in cuoio unite da una barra metallica che le mantiene alla distanza corrispondente a quella delle spalle. Tale tutore dovrà essere portato dal bambino dapprima a tempo pieno poi, una volta cresciuto, solo durante le ore notturne fino ai 3-4 anni di età per garantire la persistenza della correzione. Per il successo del trattamento è fondamentale la compliance dei genitori, che devono impegnarsi a far portare il tutore ai loro bambini a lungo, finché non sia scongiurato il pericolo della recidiva. Questo è il limite principale di una metodica efficace, relativamente semplice, non invasiva e che non richiede ospedalizzazione del bambino. Il metodo di ponseti può essere ripetuto in caso di ricomparsa precoce della deformità e non preclude il ricorso a una terapia chirurgia più estensiva in caso di fallimento in piedi particolarmente rigidi e/o con tendenza alla recidiva.
- Anche il metodo funzionale francese prevede manipolazioni progressive con la stessa sequenza proposta da ponseti, ma in questo caso devono essere quotidiane, prolungate e seguite dall’esecuzione di un bendaggio elastico contenitivo per mantenere la correzione raggiunta. Al momento della correzione dell’equinismo si può decidere se praticare un allungamento del tendine d’achille secondo la tecnica di vulpius (cioè recisione delle fibre aponeuroti- che con risparmio di quelle muscolari al passaggio miotendineo) oppure mediante tenotomia. Segue, anche per il metodo funzionale, un lungo periodo di tutoraggio con apparecchi in materiale termoplastico che mantengono i piedi in correzione, pur non essendo legati fra di loro e quindi meglio tollerati dai bambini e più accettati dai genitori. Anche in questo caso la compliance dei genitori è indispensabile per evitare le recidive.