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1 di 22 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 22 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 22 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 22 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 22 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 22 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 22 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 22 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 22 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 22 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 22 Domande

Scenario clinico AA87: Maurizio, un ragazzo di 26 anni, si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Nestile, preoccupato per la presenza di un rigonfiamento dolente di consistenza dura a livello del polso. Il giovane riferisce che inizialmente non presentava dolore e che negli ultimi mesi tale protuberanza è aumentata notevolmente di volume. Quale delle seguenti non è un’ opzione terapeutica raccomandata?














Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA87).

La risposta corretta è la D.

La maggior parte delle cisti non necessita di alcun trattamento, soprattutto se asintomatiche e se non limita le attività del soggetto o non determina turbe estetiche al paziente. Prima del vero e proprio intervento chirurgico si possono considerare alcuni trattamenti più conservativi, quali:

  • l’ aspirazione mediante ago del liquido all’ interno;
  • utilizzo di un immobilizzatore con lo scopo di favorire la riduzione dimensionale della cisti.

In caso di fallimento di queste alternative, si ricorre all’ intervento chirurgico, che ha come obiettivo quello di estirpare completamente la cisti, compreso il suo peduncolo. Schiacciare la cisti con un oggetto duro non ha nessun razionale.

Le risposte A, B, C ed E non sono corrette.

Sono tutte opzioni che hanno a che fare con l’ iter terapeutico procedurale delle cisti gangliari.


14 di 22 Domande

Scenario clinico AA93. Domanda 1: il Sig. Bogli si reca presso l’ ospedale San Giuseppe di Palermo, mostrando all’ attenzione del Dott. Glamisio, la presenza di una papula di color rosso sul dito e riferendo che tale lesione è comparsa improvvisamente da circa due settimane, senza che avesse subito traumi nella zona interessata dalla lesione. All’ anamnesi emerge che la papula per due volte ha sanguinato, ma per il resto non ha recato alcun disturbo e che il paziente non ha avuto problemi di salute in precedenza, né qualche membro della famiglia presenta o ha presentato in passato condizioni simili. All’ esame obiettivo il resto della superficie cutanea si presenta normale, così come le unghie e le superfici mucose. Dal resto della visita il paziente appare in ottimo stato di salute. Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA93): quale delle seguenti affermazioni riguardanti questa condizione è vera?














Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA93).

La risposta corretta è la B.

Il granuloma piogenico si pensa sia dovuto ad un’ anomala risposta di guarigione a processi patologici diversi ed a traumi.

Le risposte A, C, D ed E non sono corrette.

Tutte le opzioni indicate non rappresentano le caratteristiche del granuloma piogenico e sono pertanto false.


15 di 22 Domande

Scenario clinico AA93. Domanda 1: il Sig. Bogli si reca presso l’ ospedale San Giuseppe di Palermo, mostrando all’ attenzione del Dott. Glamisio, la presenza di una papula di color rosso sul dito e riferendo che tale lesione è comparsa improvvisamente da circa due settimane, senza che avesse subito traumi nella zona interessata dalla lesione. All’ anamnesi emerge che la papula per due volte ha sanguinato, ma per il resto non ha recato alcun disturbo e che il paziente non ha avuto problemi di salute in precedenza, né qualche membro della famiglia presenta o ha presentato in passato condizioni simili. All’ esame obiettivo il resto della superficie cutanea si presenta normale, così come le unghie e le superfici mucose. Dal resto della visita il paziente appare in ottimo stato di salute. Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA93): quale tra le seguenti opzioni non rientra in una corretta gestione clinica per questo paziente?














Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA93).

La risposta corretta è la E.

Il granuloma piogenico si pensa sia dovuto ad un’ anomala risposta di guarigione a processi patologici diversi ed a traumi: la maggior parte dei pazienti (più del 70%) non ha una storia di traumi o condizioni dermatologiche predisponenti: nella storia clinica presentata il paziente nega con certezza di aver avuto traumi localizzati nella sede di manifestazione della lesione.

La risposta A non è corretta.

Il granuloma piogenico è un tumore vascolare benigno nodulare, carnoso, essudante o crostoso, solitamente di colore scarlatto, costituito da capillari proliferanti in uno stroma edematoso, con tendenza a sanguinare facilmente.

Le risposte B, C e D non sono corrette.

Per quanto riguarda il granuloma piogenico la diagnosi differenziale va posta con il melano amelanotico o anaplastico: va effettuata una biopsia con successivo esame istologico del campione. Infine, esso deve essere rimosso chirurgicamente mediante curettage.


16 di 22 Domande

Scenario clinico AA93. Domanda 1: il Sig. Bogli si reca presso l’ ospedale San Giuseppe di Palermo, mostrando all’ attenzione del Dott. Glamisio, la presenza di una papula di color rosso sul dito e riferendo che tale lesione è comparsa improvvisamente da circa due settimane, senza che avesse subito traumi nella zona interessata dalla lesione. All’ anamnesi emerge che la papula per due volte ha sanguinato, ma per il resto non ha recato alcun disturbo e che il paziente non ha avuto problemi di salute in precedenza, né qualche membro della famiglia presenta o ha presentato in passato condizioni simili. All’ esame obiettivo il resto della superficie cutanea si presenta normale, così come le unghie e le superfici mucose. Dal resto della visita il paziente appare in ottimo stato di salute. Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA93): quale delle seguenti è una lesione cutanea melanocitica?














Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA93).

La risposta corretta è la B.

La lentigo maligna è un melanoma in situ, che ha origine da melanociti presenti in una zona pigmentata. Possiamo ritrovarlo dunque a livello della pelle, delle mucose, degli occhi o del SNC. Esistono 4 tipi principali di melanoma: a diffusione superficiale (rappresenta circa il 70% dei melanomi, essendo il più comune), nodulare (il più aggressivo, rappresenta il 10-15% dei melanomi), lentigo maligna, acrale-lentigginoso. Il melanoma cutaneo si manifesta soprattutto attorno ai 45-50 anni.

Per il suo riconoscimento possiamo utilizzare il criterio ABCDE (sistema che non è utile però per determinare la prognosi):

  • asimmetria nella forma;
  • bordi irregolari e indistinti;
  • colore variabile (ovvero con sfumature diverse all’ interno del neo-stesso);
  • dimensioni (in passato venivano considerati a rischio i nevi sopra i 6 mm di diametro);
  • evoluzione (quando, nell’ arco di poche settimane o mesi si verificano modificazioni nella forma, nel colore, nelle dimensioni del nevo, quando la lesione cutanea diviene rilevata e palpabile).

Lo spessore tumorale (o spessore di Breslow) è correlato alla prognosi della malattia; è il fattore prognostico più significativo e solitamente viene misurato dallo strato granuloso.


17 di 22 Domande

Scenario clinico AA129: La signora Pirelli, una donna di 50 anni, si reca presso lo studio medico del Dott. Diparte, proprio medico di famiglia, presentando una papula di 4 mm nel lato sinistro del naso. La donna riferisce che la lesione è presente da circa un anno e che lentamente è aumentata di dimensioni. All’ anamnesi la paziente afferma che si reca regolarmente a mare per abbronzarsi e non sempre applica la crema protettiva. All’ esame obiettivo la lesione si presenta indolore, con margini lievemente rilevati e dall’ aspetto traslucido. Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA129): il Dott. Diparte sospetta la presenza di un carcinoma. Quale tra le seguenti opzioni rappresenta lo step successivo più appropriato da mettere in atto?














Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA129).

La risposta corretta è la C.

L’ escissione lesionale con conseguente esame anatomopatologico della lesione è necessaria per avere una conferma istologica di diagnosi di carcinoma basocellulare e rappresenta la decisione più appropriata da mettere in atto in caso di dubbio diagnostico.

Il trattamento del carcinoma basocellulare varia in base alle dimensioni, agli strati cutanei interessati e alla localizzazione. La chirurgia micrografica di Mohs è una tecnica chirurgica escissionale con controllo completo dei margini e ricostruzione grafica tridimensionale della massa tumorale. Rappresenta una tecnica chirurgica di indiscussa efficacia terapeutica, utile per ottenere la radicalità nell’ asportazione delle neoplasie cutanee: si procede a progressiva rimozione sequenziale di sottili strati istologici con ispezione microscopica per verificare che i margini rimossi siano scevri da cellule tumorali (attraverso il controllo microscopico dei margini in estemporanea).

Altre tecniche di rimozione della neoplasia comprendono: l’ elettrodissecazione e il curettage (non raccomandate però per le lesioni del viso a causa dell’ esito cicatriziale conseguente o per quelle ad alto rischio).

Le risposte A, B, D ed E non sono corrette.

Tutte le altre opzioni indicate non rappresentano degli steps successivi immediati da mettere in atto.


18 di 22 Domande

Scenario clinico AA93. Domanda 1: il Sig. Bogli si reca presso l’ ospedale San Giuseppe di Palermo, mostrando all’ attenzione del Dott. Glamisio, la presenza di una papula di color rosso sul dito e riferendo che tale lesione è comparsa improvvisamente da circa due settimane, senza che avesse subito traumi nella zona interessata dalla lesione. All’ anamnesi emerge che la papula per due volte ha sanguinato, ma per il resto non ha recato alcun disturbo e che il paziente non ha avuto problemi di salute in precedenza, né qualche membro della famiglia presenta o ha presentato in passato condizioni simili. All’ esame obiettivo il resto della superficie cutanea si presenta normale, così come le unghie e le superfici mucose. Dal resto della visita il paziente appare in ottimo stato di salute. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA93): quale è la diagnosi iniziale?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA93).

La risposta corretta è la D.

Il paziente è affetto da granuloma piogenico, un tumore vascolare, benigno, nodulare carnoso, essudante o crostoso, solitamente di colore scarlatto, costituito da capillari proliferanti in uno stroma edematoso. Aumenta di dimensione nel giro di pochi mesi fino a raggiungere la forma di una massa peduncolata o sessile. I granulomi piogeni compaiono comunemente su mani, dita e viso, ma possono essere ovunque.

Di solito sono noduli vascolari solitari fino a 2 cm di diametro, con una superficie umida e lucida, a meno che non presentino croste o ulcerazioni, e tendono a sanguinare facilmente.

La risposta A non è corretta.

Il mollusco contagioso è un’ infezione, causata dal virus omonimo, che è un membro della famiglia dei poxvirus, appartenente alla stessa famiglia del vaiolo. Si manifesta con gruppi di papule a superficie liscia, a forma di cupola, con ombelicatura centrale, di color rosa o di aspetto cereo o di aspetto perlaceo e di diametro compreso tra 2 e 5 mm, che può comparire su qualunque superficie cutanea (fatta eccezione per le regioni palmo-plantari). Si manifesta più frequentemente fra I bambini di 2-6 anni di età e nei soggetti immunocompromessi o che soffrono di dermatite eczematosa. Le lesioni non sono solitamente pruriginose o dolorose e possono essere rilevate solo casualmente durante un esame obiettivo. Tuttavia, esse possono infiammarsi e dare prurito, non appena l’ organismo inizia ad attaccare il virus.

La risposta B non è corretta.

I dermatofibromi sono delle piccole papule o noduli duri di colorito rosso-bruno, composti da tessuto fibroso. Dal punto di vista istologico ritroviamo una proliferazione di fibroblasti.

L’ eziologia è sconosciuta, tuttavia, è stato osservato che, in alcuni casi. possono svilupparsi a seguito di traumi o punture di insetti. Generalmente insorgono sulle cosce o sulle gambe, ma possono presentarsi ovunque. Di solito, le lesioni, che misurano 0,5-1 cm di diametro, appaiono dure, sotto forma di formazioni nodulari iperpigmentate non dolenti. Premendo i margini, si può notare la formazione di un’ area di depressione centrale, fenomeno dovuto alla componente fibrosa, di cui è costituito il dermatofibroma.

La risposta C non è corretta.

I cheloidi sono cicatrici, dovute a un eccesso di cicatrizzazione con eccessiva proliferazione fibroblastica. Sono considerati fibromi cutanei, ammassi di tessuto neoplastico benigno. I cheloidi si manifestano per cause differenti: locali, individuali e chirurgiche. Inoltre, sono più probabili nelle lesioni diffuse, ad esempio quelle da ustione, indipendentemente dalla gravità della lesione stessa. I cheloidi possono, anche, essere causati dalla sutura errata in seguito ad interventi chirurgici, oppure dalla costituzione dell’ individuo, che presenta un’ attività fibroblastica eccedente la norma, che dà luogo a situazioni di questo genere.

La risposta E non è corretta.

Lo xantogranuloma giovanile è un processo patologico, determinato da un accumulo macrofagocitario, che clinicamente si manifesta con la presenza di noduli giallastri-rossicci, di consistenza molle, che tendono a localizzarsi prevalentemente a carico del viso e cuoio capelluto, ma possono formarsi in qualsiasi distretto corporeo, presentando dimensioni variabili da pochi millimetri fino anche ad un paio di

centimetri. Tale patologia talvolta, anche se in rare condizioni, si associa ad altre malattie quali: diabete, leucemia mieloide cronica, neurofibromatosi di tipo I ed iperlipidemia IIb.

Bibliografia Immagine:

AMA Balakrishnan G. Vascular anomalies of the upper limb. Indian J Plast Surg. 2011;44(2):276-82.
MLA Balakrishnan, G. “ Vascular anomalies of the upper limb” Indian journal of plastic surgery: official publication of the Association of Plastic Surgeons of India vol. 44,2 (2011): 276-82.
APA Balakrishnan G. (2011). Vascular anomalies of the upper limb. Indian journal of plastic surgery: official publication of the Association of Plastic Surgeons of India, 44(2), 276-82.

19 di 22 Domande

Scenario clinico AA129: La signora Pirelli, una donna di 50 anni, si reca presso lo studio medico del Dott. Diparte, proprio medico di famiglia, presentando una papula di 4 mm nel lato sinistro del naso. La donna riferisce che la lesione è presente da circa un anno e che lentamente è aumentata di dimensioni. All’ anamnesi la paziente afferma che si reca regolarmente a mare per abbronzarsi e non sempre applica la crema protettiva. All’ esame obiettivo la lesione si presenta indolore, con margini lievemente rilevati e dall’ aspetto traslucido. Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA129): quale tra le seguenti non è una caratteristica clinica del carcinoma basocellulare?














Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA129).

La risposta corretta è la E.

Clinicamente le lesioni da carcinoma basocellulare si manifestano come delle placche rossastre, escrescenze di color carne a margini rilevati e spesso con una rientranza crostosa centrale, formazioni nodulari di aspetto translucido o perlaceo, cicatrici, erosioni o ulcerazioni sanguinanti e trasudanti, che presentano ritardo e difetto di guarigione, mentre non si presentano mai come un neo con i margini sfumati o frastagliati, che fa pensare di più ad un nevo displasico o ad un melanoma.

Le risposte A, B, C e D non sono corrette.

Tutte le rimanenti opzioni indicate possono essere delle manifestazioni cliniche di lesioni da carcinoma basocellulare.


20 di 22 Domande

Scenario clinico AA129: La signora Pirelli, una donna di 50 anni, si reca presso lo studio medico del Dott. Diparte, proprio medico di famiglia, presentando una papula di 4 mm nel lato sinistro del naso. La donna riferisce che la lesione è presente da circa un anno e che lentamente è aumentata di dimensioni. All’ anamnesi la paziente afferma che si reca regolarmente a mare per abbronzarsi e non sempre applica la crema protettiva. All’ esame obiettivo la lesione si presenta indolore, con margini lievemente rilevati e dall’ aspetto traslucido. Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA129): dopo un anno dalla prima visita la paziente ritorna con una lesione a livello della schiena. Questa volta il sospetto diagnostico ricade sul melanoma. A proposito di questa patologia scegliere l’ opzione che definisce correttamente la cosiddetta “ regola ABCDE” :














Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA129).

La risposta corretta è la D.

Il criterio ABCDE è un acronimo che riassume le caratteristiche del melanoma:

  • asimmetria nella forma;
  • bordi irregolari e indistinti;
  • colore variabile (ovvero con sfumature diverse all’ interno del neo-stesso);
  • dimensioni (vengono considerati a rischio i nevi sopra i 6 mm di diametro);
  • evoluzione (quando, nell’ arco di poche settimane o mesi si verificano modificazioni nella forma, nel colore, nelle dimensioni del nevo o quando la lesione cutanea diviene rilevata e palpabile).

Le risposte A, B, C ed E non sono corrette.

Tutte le rimanenti opzioni indicate non definiscono correttamente la regola ABCDE.


21 di 22 Domande

Scenario clinico AA129: La signora Pirelli, una donna di 50 anni, si reca presso lo studio medico del Dott. Diparte, proprio medico di famiglia, presentando una papula di 4 mm nel lato sinistro del naso. La donna riferisce che la lesione è presente da circa un anno e che lentamente è aumentata di dimensioni. All’ anamnesi la paziente afferma che si reca regolarmente a mare per abbronzarsi e non sempre applica la crema protettiva. All’ esame obiettivo la lesione si presenta indolore, con margini lievemente rilevati e dall’ aspetto traslucido. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA129): quale delle seguenti è la diagnosi più probabile?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA129).

La risposta corretta è la B.

La paziente presenta il carcinoma basocellulare (basalioma), che si manifesta con una papula o un nodulo superficiale a lento accrescimento. Derivato da cheratinociti vicini allo strato basale, che possono essere definiti come cheratinociti basaloidi, presenta raramente metastasi, ma la crescita locale può essere molto distruttiva, interessando nervi e ossa.

Si sviluppa soprattutto in individui di età compresa tra i 40 e i 79 anni di età . L’ incidenza è circa del 30% più elevata negli uomini rispetto alle donne. Quasi il 90% di essi si sviluppa a livello della testa o del collo. Le zone maggiormente colpite sono il viso e il collo (70% dei casi), soprattutto il naso, la fronte, la regione periorbitaria, e la regione temporale; rari sono i casi a livello del tronco. Il principale fattore di rischio è l’ esposizione prolungata ai raggi UV. Clinicamente si manifestano delle placche rossastre, escrescenze di color carne, formazioni nodulari, cicatrici, erosioni o ulcerazioni che presentano ritardo e difetto di guarigione.

Da un punto di visto istopatologico esistono 4 tipi di carcinoma basocellulare: il tipo superficiale, l’ istotipo nodulare, l’ istotipo infiltrante, l’ istotipo piano-cicatriziale o sclerodermiforme.

La diagnosi viene formulata mediante biopsia. Il suo trattamento varia in base alle dimensioni, agli strati cutanei interessati e alla localizzazione.

La risposta A non è corretta.

La verruca volgare o semplice solitamente è causata dal papillomavirus di tipo 2 e di tipo 4 e, a differenza della papula del mollusco contagioso, non presenta una escavazione centrale. Dal punto di vista clinico si sviluppa solitamente sulla pelle e sulle mucose, di solito a livello delle mani o dei piedi; si presenta con una superficie irregolare, ruvida e cheratosica. Inoltre, sulla sua superficie evidenzia dei capillari dermici trombizzati, che appaiono nerastri.

La risposta C non è corretta.

Il carcinoma squamocellulare è un tumore maligno, che origina dai cheratinociti e invade il derma; questo tipo di tumore solitamente si sviluppa in zone foto-esposte ed è il secondo tumore della pelle per diffusione. Le lesioni sono a forma di papula, placche squamose o noduli di consistenza dura, che non generano un’ area di avvallamento centrale quando vengono compressi i margini. Localmente, tale patologia può avere un comportamento molto aggressivo, e negli stadi avanzati si sviluppano metastasi. Può svilupparsi su tessuto sano, su una cheratosi attinica preesistente, oppure su una placca di leucoplachia orale, o su una cicatrice da ustione.

La risposta D non è corretta.

Il melanoma maligno è una lesione neoplastica, che ha origine dai melanociti presenti in una zona pigmentata. Il melanoma rappresenta il 4-5% di tutti i tumori maligni, ha una incidenza di 13/100.000, in evidente aumento, soprattutto nella razza caucasica. Si sviluppa soprattutto nei soggetti tra i 30 ed i 50 anni, ma è relativamente frequente anche in età giovanile (non rari sono i pazienti con età inferiore a 20 anni). Esistono 4 tipi principali di melanoma: a diffusione superficiale (rappresenta circa il 70% dei melanomi, essendo il più comune), nodulare (il più aggressivo, rappresenta il 10-15% dei melanomi), lentigo maligna e acrale-lentigginoso.

La risposta E non è corretta.

Il cheratoacantoma è una neoplasia benigna, che si manifesta come una lesione nodulariforme, normo-pigmentata, di consistenza dura, sollevata ed a margini solitamente netti e con una tipica depressione centrale contenente materiale cheratinico: tale lesione, generalmente, presenta una tendenza alla risoluzione spontanea.

Fonte Immagine:

AMA Cohen PR. Red Dot Basal Cell Carcinoma: Report of Cases and Review of This Unique Presentation of Basal Cell Carcinoma. Cureus. 2017;9(3): e1110. Published 2017 Mar 22. doi:10.7759/cureus.1110
MLA Cohen, Philip R. “ Red Dot Basal Cell Carcinoma: Report of Cases and Review of This Unique Presentation of Basal Cell Carcinoma” Cureus vol. 9,3 e1110. 22 Mar. 2017, doi: 10.7759/cureus.1110
APA Cohen P. R. (2017). Red Dot Basal Cell Carcinoma: Report of Cases and Review of This Unique Presentation of Basal Cell Carcinoma. Cureus, 9(3), e1110. doi: 10.7759/cureus.1110

22 di 22 Domande

Scenario clinico AA99: La signora Bertinelli porta la figlia Monica, di 2 anni, presso il proprio pediatra di fiducia, il Dott. Raimondi. La donna riferisce che sono tornate di recente da una vacanza in un agriturismo e che da circa un mese la figlia ha sviluppato una lesione cutanea pruriginosa, che è progredita costantemente in direzione lineare verso il piede destro. All’ esame obiettivo il Dott. Raimondi non rileva la presenza di rash in altre parti del corpo. La paziente si presenta per il resto in ottimo stato di salute e non ha mai sofferto di patologie importanti. Dall’ anamnesi emerge che nessun altro membro della famiglia presenta rash cutanei. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA99): quale è la diagnosi?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA99).

La risposta corretta è la A.

Per la paziente si può avanzare la diagnosi di larva migrans cutanea, causata dall’ Ancylostoma sp, noto come il nematode del cane o del gatto. Le uova dell’ anchilostoma, presenti nelle feci del cane o del gatto, si sviluppano allo stadio di larve infettive quando vengono depositate in un terreno caldo umido o nella sabbia; la trasmissione avviene per contatto diretto della cute con il suolo o con la sabbia contaminati, cosi le larve penetrano nelle aree cutanee esposte (di solito piedi, gambe, glutei o del dorso).

Le larve possono entrare in uno stato di quiescenza nel corpo nel punto di ingresso, oppure iniziare immediatamente a vagare attraverso la pelle, producendo una sorta di “ tragitto intensamente pruriginoso” , che si allunga da pochi millimetri fino ad alcuni centimetri al giorno, con la larva che si intravede sotto la superficie cutanea. Clinicamente la larva migrans cutanea è responsabile di un intenso prurito, con eritema cutaneo e formazioni papulomatose nella sede di ingresso; successivamente, si riscontra la presenza di un tragitto flogistico filiforme e tortuoso, di colore bruno-rossastro, in sede sottocutanea.

Talvolta si possono anche manifestare papule e vescicole da mimare una condizione simil follicolitica, definita follicolite da anchilostoma. La diagnosi viene fatta sulla base dell’ anamnesi e dell’ esame obiettivo.

La risposta B non è corretta.

La tinea pedis (piede d’ atleta) è una infezione dermatofitica dei piedi, soprattutto dovuta alla sudorazione plantare che facilita la crescita dei funghi. Le infezioni da dermatofiti sono comuni in tutto il mondo e i dermatofiti sono le cause prevalenti di infezione fungina anche della pelle, dei capelli e delle unghie. Tali infezioni portano ad una varietà di manifestazioni cliniche, come tinea pedis, tinea corporis, tinea cruris, granuloma di Majocchi, tinea capitis e tinea unguium (dermatofitia onicomicosi). Dal punto di vista clinico la tinea pedis si può presentare in 4 forme cliniche diverse o in associazione fra loro: acuta ulcerativa, vescico-bollosa, cronica intertriginosa e cronica ipercheratosica. Spesso tende a colpire i solchi interdigitali e subdigitali. La Tinea unguium (dermatofitosi onicomicosi) è un’ infezione delle unghie da dermatofiti, responsabile della maggior parte delle onicomicosi subunguali distali. Dal punto di vista clinico determina delle unghie discromiche, fragili ed ispessite. Per quanto riguarda la diagnosi è solitamente clinica, avvalendosi anche dei fattori di rischio del paziente.

La risposta C non è corretta.

La disidrosi è una condizione flogistica cutanea, che si manifesta con la comparsa di piccole vesciche sul palmo delle mani, lateralmente alle dita e, talvolta, sulla pianta dei piedi. Può essere una condizione ad insorgenza acuta o a carattere cronico in seguito a determinati allergeni stagionali o dopo il contatto con determinate sostanze. Clinicamente si manifesta con piccole vesciche, che durano circa 1 mese, e, dopo la loro risoluzione, residua una cute eritematosa, particolarmente fragile e sensibile e dal punto di vista della sintomatologia si può avere prurito e dolore.

La risposta D non è corretta.

Il granuloma anulare è una patologia idiopatica cronica e benigna, caratterizzata da papule o noduli, localizzati tipicamente a livello delle mani, piedi e caviglie, che formano un anello intorno alla cute normale o lievemente depressa. Le lesioni sono solitamente asintomatiche e crescono lentamente. La causa del granuloma anulare è sconosciuta: ma, talvolta tali lesioni si manifestano nella sede di un morso o di un trauma minore.

La maggior parte dei bambini ha una o poche lesioni, che guariscono nell’ arco di un paio d’ anni, senza cicatrici. Alcune possono persistere per molti anni e possono comparirne nuove. Si è vista una associazione fra tale patologia e il diabete e malattie tiroidee, anche se il più delle volte si manifesta in individui sani.

 

La risposta E non è corretta.

La scabbia è un’ infestazione cutanea, causata dall’ acaro sarcoptes scabiei. Provoca delle lesioni intensamente pruriginose con papule eritematose e cunicoli negli spazi interdigitali, ai polsi, alla vita e ai genitali. Il responsabile è la femmina dell’ acaro, che scava dei cunicoli e rilascia delle sostanze antigeniche. L’ infezione avviene attraverso il contatto con una persona infetta, di solito un membro della famiglia o persone che condividono uno stesso ambiente.  Nei bambini più piccoli, le piante dei piedi, il palmo delle mani ed il cuoio capelluto sono le localizzazioni più frequenti. Nei bambini più grandi e negli adulti, i siti più comuni sono le aree interdigitali e flessorie del polso. Inizialmente, compaiono le papule eritematose negli spazi interdigitali delle mani, sulla superficie flessoria dei polsi e dei gomiti, in regione ascellare, lungo la linea della vita, oppure sulle zone inferiori dei glutei. Successivamente, le papule possono diffondersi a qualsiasi area del corpo, comprese le mammelle e il pene. I cunicoli sono patognomonici della malattia, comparendo in forma di linee ondulate, sottili e lievemente squamose, lunghe da pochi mm a 1 cm. Una piccola papula scura -l’ acaro- è spesso visibile a un’ estremità . Sono molto pruriginose e pertanto in seguito a grattamento vengono escoriate.

Fonte Immagine:

AMA Archer M. Late presentation of cutaneous larva migrans: a case report. Cases J. 2009; 2:7553. Published 2009 Aug 12. doi: 10.4076/1757-1626-2-7553
MLA Archer, Michael. “ Late presentation of cutaneous larva migrans: a case report” Cases journal vol. 2 7553. 12 Aug. 2009, doi: 10.4076/1757-1626-2-7553
APA Archer M. (2009). Late presentation of cutaneous larva migrans: a case report. Cases journal, 2, 7553. doi: 10.4076/1757-1626-2-7553

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