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1 di 10 Domande

Una paziente di 65 anni in buona salute e senza particolari fattori di rischio viene invitata dalla ASL a partecipare a un programma di screening nel tumore della mammella. Viene pertanto sottoposta all'esame diagnostico in figura. Si tratta di:

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La mammella è un organo pari, simmetrico, localizzato a livello del torace, con estensione dalla 3^ alla 7^ costa. Si tratta di una ghiandola tubulo alveolare, a secrezione esocrina, composta da 15-24 lobi sepimentati tra loro da una componente stromale, costituita da tessuto connettivale denso e tessuto adiposo. Prima della pubertà, la rappresentazione delle due principali componenti, ghiandolare e stromale, risulta essere pressoché identica in entrambi i sessi. Con la pubertà, a causa dell’azione degli ormoni ovarici ed ipofisiari che agiscono su di essa, in particolare degli estrogeni e successivamente del progestrone, si ha un incremento della componente ghiandolare, con la crescita e la differenziazione dell’epitelio dei dotti galattofori e il raggiungimento della “maturità” dell’organo; durante la gravidanza, per effetto degli ormoni ipofisari, si ha una ulteriore proliferazione e dilatazione di tali dotti i quali, in previsione del parto, si preparano alla secrezione lattea indotta dalla prolattina. Con l’incedere della menopausa, infine, si assiste ad una progressiva involuzione del tessuto mammario, con riduzione del tessuto ghiandolare e aumento,  in proporzione, del tessuto adiposo. Queste caratteristiche anatomiche e strutturali di tale ghiandola ci permettono di esplorarla con diverse tecniche diagnostiche a seconda della fase di crescita e maturazione in cui si trova. La mammografia, eseguita con un apparecchio radiografico chiamato mammografo, è un esame ad elevata sensibilità che permette di studiare in maniera ottimale la mammella, grazie alla diversa densità delle sue componenti. Il parenchima ghiandolare, nelle immagini mammografiche, risulterà essere radiopaco, a causa della sua maggiore densità; il tessuto adiposo, data la sua minore densità sarà invece radiotrasparente. Nelle mammelle a composizione adiposa (e quindi con scarso tessuto ghiandolare), la prevalenza del tessuto radiotrasparente rende ottimale il contrasto con eventuali formazioni nodulari radiopache. Inoltre, è l’unico esame in grado di identificare le microcalcificazioni, altamente predittive di carcinoma. In queste pazienti la mammografia  può raggiungere una sensibilità del 100% (per questo motivo rappresenta l’esame di screening ideale per le donne di età superiore ai 45 anni; risposta C esatta).

L’ecografia mammaria, nelle pazienti di età superiore ai 45 anni, è la seconda metodica di scelta dopo la mammografia. Permette una migliore definizione delle strutture superficiali, consente di differenziare formazioni cistiche da noduli solidi (eccetto talvolta le cisti corpuscolate), e di classificare le formazioni come benigne o maligne sulla base di alcune caratteristiche (es. vascolarizzazione). Nella mammella senile, il tessuto adiposo presenta una ecogenicità simile a quella delle formazioni nodulari (le lesioni espansive mammarie sono, nella maggior parte dei casi, ipoecogene) rendendone più difficile l’identificazione. Un limite particolamente importante di questa metodica è l’incapacità di evidenziare le microcalcificazioni, sebbene possano essere rilevate come piccoli spot iperecogeni associati, molto raramente, alla presenza di un cono d’ombra (risposta D errata).

La TC non è una metodica di imaging che viene contemplata nello screening della patologia mammaria (a causa del costo relativamente elevato, della dose di radiazioni e della inferiore risoluzione spaziale nello studio di strutture superficiali, rispetto ad altre tecniche come quella ecografica). (risposta A errata)

La termografia è una tecnica che consente di rilevare il profilo termico di un corpo. Può essere effettuata tramite l’utilizzo di una videocamera ad infrarossi che rileva la temperatura cutanea mammaria e la trasforma in immagine a colori (teletermografia) oppure si può svolgere mediante l’applicazione, sulla superficie mammaria, di una placca a cristalli liquidi che si colorano in base alla temperatura rilevata(termografia a contatto). La maggiore temperatura , in entrambi i casi, dovrebbe essere la conseguenza di una aumentata vascolarizzazione (neoangiogenesi) che caratterizza le lesioni neoplastiche. Nonostante la sua bassa invasività e facilità di applicazione, questa tecnica non viene utilizzata come esame di scelta nello screening del tumore mammario a causa dell’alto numero di falsi positivi e l’eccessiva presenza di variabili che possono influenzarne il risultato (risposta B errata).


2 di 10 Domande

Un paziente di 22 anni viene operato d'urgenza per appendicopatia. Dopo esser stato dimesso, in VI giornata viene rioperato per la ricomparsa di dolore in fossa iliaca destra a causa di cedimento della sutura. In III giornata dal secondo intervento, il paziente ha febbre e leucocitosi e riferisce modesto dolore in fossa iliaca destra e intenso dolore toracico destro irradiato alla scapola.
Si decide di posizionare un tubo di drenaggio, indicato nell'immagine dalla freccia blu.
Per posizionarlo, che tipo di metodica di imaging è stata utilizzata?

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L’insorgenza di complicanze postoperatorie può essere legata a condizioni patologiche preesistenti oppure a conseguenze, dirette o indirette, dell’intervento chirurgico stesso. Le complicanze più frequenti interessano in maniera diretta la sede di intervento e sono: infezione, ematoma, raccolta sierosa e deiscenza di ferita. Analizzando questo caso, vediamo che in VI giornata postoperatoria si verifica il cedimento della sutura della ferita chirurgica (in termini più tecnici, si parla di deiscenza di ferita, la quale può essere parziale e quindi interessare solo i piani superficiali come cute o sottocute, oppure totale e quindi coinvolgere anche i piani profondi come muscolo, fascia e peritoneo). Particolarmente legata alla sede dell’intervento (ma sulla quale influiscono altri fattori legati al paziente), è la comparsa di un’altra eventuale complicanza (che vediamo in questo specifico caso, in 3^ giornata dal secondo reintervento). Stiamo parlando dell’infezione della ferita chirurgica, eventualità non troppo rara quando si opera un sito ad alto grado di contaminazione batterica, come nel caso dell’appendice. Le infezioni solitamente insorgono a distanza di 5-7 giorni dall’intervento, con segni locali di infezione ed infiammazione e segni sistemici come leucositosi e febbre. Tra le complicanze postoperatorie più frequenti e potenzialmente più gravi, abbiamo quelle respiratorie: atelettasia, polmonite, versamento pleurico, pneumotorace, ab ingestis. In presenza di una sintomatologia algica riferita al torace o in presenza di sintomi respiratori, il primo esame da eseguire è l’esame ecografico, per la sua rapidità di esecuzione e la sua scarsa invasività. L’ecografica è una metodica che utilizza gli ultrasuoni. Questi, dal punto di vista fisico, non sono altro che delle onde elastiche, costituite da fronti alternati di compressione e rarefazione dell’aria, che permettono la trasmissione dell’energia. In questo susseguirsi di onde elastiche possiamo misurare una frequenza, data dal numero di fronti che si succedono nell’unità di tempo, e lunghezza d’onda che corrisponde al tempo intercorrente tra due fronti successivi. Frequenza e lunghezza d’onda sono inversamente proporzionali tra loro. Gli ultrasuoni, che vengono prodotti grazie alle caratteristiche di alcuni cristalli detti “piezoelettrici”, presenti nella sonda ecografica, penetrano in profondità nei tessuti e, a seconda delle diverse interfacce acustiche rilevate nei tessuti che attraversano, tramite un meccanismo inverso di elaborazione dei dati rilevati, sono in grado di portare alla formazione dell’immagine ecografica. Ogni tessuto possiede una sua impedenza acustica (funzione della densità del tessuto stesso; il punto di passaggio tra due tessuti a diversa impedenza acustica si definisce interfaccia acustica. Quando gli ultrasuoni, prodotti dalla sonda ecografica, penetrano nei tessuti ed incontrano una interfaccia acustica, una parte di questo fascio ultrasonoro viene riflessa indietro e va a costituire quello che prende il nome di “eco”. L’eco viene quindi rilevato dai cristalli piezoelettrici della sonda e attraverso l’analisi di frequenza e lunghezza d’onda verranno poi prodotte le immagini. Le varie interfacce acustiche incontrate dagli ultrasuoni hanno una diversa ecogenicità. L’ecogenicità di una interfaccia acustica è data dalla differenza di impedenza acustica fra i due tessuti.  Se due tessuti hanno la stessa impedenza, l’interfaccia sarà scarsamente ecogena e quindi il fascio ultrasonoro riflettuto sarà ridotto. Al contrario, per tessuti con grande differenza di impedenza, avremo una interfaccia molto iperecogena e quindi il fascio riflesso sarà maggiore. L’aria è l’interfaccia più ecogena presente nei sistemi biologici poiché è in grado di riflettere quasi il 100% del fascio ultrasonoro (immagine estremamente iperecogena). L’acqua, o i liquidi limpidi in generale, al contrario, non riflettono il fascio ultrasonoro perché lo assorbono (immagine anecogena).

Detto questo, l’ecografia risultebbe essere la metodica meno idonea ad esplorare il parenchima polmonare. In condizioni normali questo è vero poiché l’aria alveolare non permette il passaggio delle onde meccaniche, ma in condizioni patologiche le caratteristiche del polmone cambiano. In caso di versamento pleurico, ad esempio, il versamento stesso produce una finestra acustica che ci consente inoltre di visualizzare anche il parenchima polmonare circostante. In questo caso, l’ecografia può essere utilizzata sia a scopo diagnostico che a scopo terapeutico. Una volta individuata la presenza di versamento , tramite la metodica ecografica possiamo effettuare una valutazione diagnostica quantitativa, qualitativa, ed eventualmente intraprendere un approccio terapeutico eco-assistito (l’ecografia viene utilizzata solo per individuare e centrare lo spazio intercostale attraverso cui eseguire la toracentesi o applicate il drenaggio) o eco-guidato (l’ecografia viene utilizzata per guidare tutto l’intervento procedurale). In entrambi i casi, il fine è quello di limitare le complicanze legate alla procedura (risposta A esatta).

La Tc è l’esame ideale per lo studio del parenchima polmonare e degli organi collocati all’interno della gabbia toracica tuttavia, i tempi di esecuzione più lunghi e l’utilizzo di radiazioni, la portano ad essere considerata come un esame di secondo livello, soprattutto nelle condizioni di urgenza (risposta B errata).

L’ecodoppler è una tecnica applicata all’ecografia, utilizzata per la rilevazione della direzione e del flusso ematico all’interno dei vasi sanguigni, che sfrutta il cosiddetto effetto Doppler. La sonda ecografica è capace di rilevare le variazioni di frequenza delle onde riflesse da un emettitore (il sangue in movimento) rispetto alle onde emesse.  In particolare se la frequenza delle onde di ritorno è maggiore, questo verrà interpretato come movimento dei corpi verso la sonda ecografica, e quindi in avvicinamento; se la frequenza rilevata è minore, i corpi saranno invece in allontanamento rispetto alla sonda. Nel caso del versamento, il liquido raccoltosi all’interno della pleura è statico quindi l’effetto doppler non potrebbe esserci d’aiuto (risposta C errata).

L’angiografia è un esame diagnostico/terapeutico invasivo che permetto lo studio dell’albero vascolare “dall’interno”. Non è l’esame adatto per lo studio di pleura e polmoni (risposta D errata).


3 di 10 Domande

Una paziente di 65 anni in buona salute e senza particolari fattori di rischio viene invitata dalla ASL a partecipare a un programma di screening nel tumore della mammella. A eccezione di particolari casi selezionati, questo esame diagnostico deve essere sempre eseguito in due proiezioni, che sono?

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La mammella è un organo pari, simmetrico, localizzato a livello del torace, con estensione dalla 3^ alla 7^ costa. Si tratta di una ghiandola tubulo alveolare, a secrezione esocrina, composta da 15-24 lobi sepimentati tra loro da una componente stromale, costituita da tessuto connettivale denso e tessuto adiposo. Prima della pubertà, la rappresentazione delle due principali componenti, ghiandolare e stromale, risulta essere pressoché identica in entrambi i sessi. Con la pubertà, a causa dell’azione degli ormoni ovarici ed ipofisiari che agiscono su di essa, in particolare degli estrogeni e successivamente del progestrone, si ha un incremento della componente ghiandolare, con la crescita e la differenziazione dell’epitelio dei dotti galattofori e il raggiungimento della “maturità” dell’organo; durante la gravidanza, per effetto degli ormoni ipofisari, si ha una ulteriore proliferazione e dilatazione dei dotti galattofori i quali, in previsione del parto,  si preparano alla secrezione lattea, indotta dalla prolattina. Con l’incedere della menopausa, infine, si assiste ad una progressiva involuzione del tessuto mammario, con riduzione del tessuto ghiandolare e aumento,  in proporzione, del tessuto adiposo. Queste caratteristiche anatomiche e strutturali di tale ghiandola ci permettono di esplorarla con diversi strumenti diagnostici a seconda della fase di crescita e maturazione in cui si trova. La mammografia, eseguita con un apparecchio radiografico chiamato mammografo, è un esame ad elevata sensibilità che permette di studiare in maniera ottimale la mammella, grazie alla diversa densità delle sue componenti. L’esame prevede l’esecuzione di almeno 2 proiezioni: quella cranio caudale e quella medio-laterale obliqua (risposta D corretta). La prima permette la visualizzazione dei quadranti esterni ed interni; la seconda permette la visualizzazione dell’intera ghiandola, con i cavi ascellari, i quadranti superiori, inferiori e il solco sottomammario. Il parenchima ghiandolare, nelle immagini mammografiche, risulterà essere radiopaco, a causa della sua maggiore densità; il tessuto adiposo, data la sua minore densità sarà invece radiotrasparente. Nelle mammelle a composizione adiposa (e quindi con scarsa rappresentazione del tessuto ghiandolare), la prevalenza del tessuto radiotrasparente rende ottimale il contrasto con eventuali formazioni nodulari radiopache. Inoltre, è l’unico esame in grado di identificare le microcalcificazioni, altamente predittive di carcinoma. In queste pazienti la mammografia  può raggiungere una sensibilità del 100% (per questo motivo rappresenta l’esame di screening ideale per le donne di età superiore ai 45 anni). Tuttavia, nonostante questa elevata sensibilità, circa il 10-15% delle lesioni non viene identificato.


4 di 10 Domande

Un paziente si reca in Pronto Soccorso con forte dolore toracico. Il medico che lo visita ha il sospetto che si tratti di una dissezione aortica e richiede un'angio-TC. L'esame non conferma l'ipotesi.
Qual è il reperto più significativo?

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Nella diagnosi differenziale del dolore toracico vanno considerate diverse patologie, quali l’infarto miocardico (fra le cause più frequenti), la pericardite, la dissecazione aortica, l’embolia polmonare, lo pneumotorace, la pleurite, i disturbi di origine gastrointestinale, neuromuscolare e psicologica. Naturalmente, fra questi, è fondamentale escludere le cause cardiovascolari e quelle polmonari che potrebbero portare a morte il paziente in un breve lasso di tempo.

Sulla base di un sospetto di una condizione cosi grave come sospettato dal medico nel caso riportato, quale la dissezione aortica, è necessario avere un risultato dettagliato nel più breve lasso di tempo e l’angioTC, risulta essere la metodica più adatta (per angioTc si intende l’integrazione dell’esame basale TC con lo studio dell’albero vascolare [soprattutto i vasi arteriosi] tramite l’iniezione endovenosa di un mezzo di contrasto. L’angioTc viene appunto utilizzata per la rilevazione di anomalie vascolari come, ad esempio, aneurismi, dissecazioni, stenosi. Le immagini basali eleborate dallo studio Tc, vengono riprodotte su una scala di grigi, la cui intensità varia in base alla radiodensità [scala di Hounsfield] degli organi esplorati. Nella parte più bassa della scala troviamo la materia con maggiore trasparenza (l’aria, -1000 Unita Hounsfield, colore nero), mentre nella parte più alta della scala troviamo la radiodensità più assoluta (osso, +1000 HU, colore bianco], mentre a 0 HU corrisponde la densità dell’acqua).

Analizzando le immagini notiamo, procedendo dall’esterno verso l’interno, la cute e i tessuti molli, la gabbia toracica, i polmoni, le strutture mediastiniche e la colonna vertebrale. Conoscendo l’anatomia del nostro apparato espiratorio, ciò che salta subito agli occhi è la presenza di una massa polmonare destra (per convenzione, le immagini vengono elaborate come se il paziente venisse osservato frontalmente, dai piedi verso la testa, quindi ciò  che troviamo a sinistra dell’immagine è collocato alla destra del paziente e viceversa) (risposta B errata).

Date le caratteristiche radiologiche (nodulo rotondeggiante radiopaco/iperdenso di notevoli dimensioni con margini irregolari e sfumati) potrebbe trattarsi di una neoplasia (verosimilmente un carcinoma periferico nodulare) (Risposta A corretta).

Il carcinoma polmonare è la seconda causa più comune di cancro negli uomini e nelle donne; tuttavia, è la causa più comune di decessi per cancro in tutto il mondo. I fattori di rischio per il carcinoma del polmone comprendono il fumo (ritenuto responsabile fino al 90% di tutti i tumori polmonari), la radioterapia e l’esposizione ambientale (fumo passivo, radon). I sintomi generalmente compaiono in stadi di malattia avanzati e possono comprendere tosse, oppressione toracica o dolore, calo ponderale, e, più raramente, emottisi. La diagnosi è effettuata sulla base di una radiografia o una TC del torace ed è confermata mediante una biopsia polmonare. In base allo stadio della malattia, il trattamento comprende la chirurgia, la chemioterapia, la radioterapia, o un loro impiego combinato.

Non si tratta pertanto di uno pneumotorace in quanto, il passaggio di aria all’interno della pleura, verrebbe individuato sotto forma di una falce sottocostale intensamente radiotrasparente (ricordandoci che il paziente è in posizione supina, l’aria tende a disporsi superiormente, quindi subito al di sotto della gabbia toracica), nettamente separata dal resto del polmone e priva del disegno polmonare (risposta C errata).

La caverna tubercolare è un esito della tubercolosi post primaria. Le cavità sono generalmente delimitate da pareti spesse e irregolari; all’interno invece è frequente il riscontro di un livello idroaereo (risposta D errata). Nessuna delle caratteristiche radiologiche associate allo pneumotorace o alla formazione tubercolare corrisponde all’immagine TC esaminata.


5 di 10 Domande

Un paziente di 75 anni esegue un radiogramma del torace per l'insorgenza di una modesta dispnea.
Qual è il reperto evidenziato al radiogramma?

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La radiografia tradizionale utilizza una procedura di formazione dell’immagine in cui, un fascio di raggi X attraversa alcuni tessuti subendo una diversa attenuazione a seconde della densità dei tessuti stessi, e questo fascio così modificato va a colpire un sistema di rilevazione costituito dalla pellicola radiografica. Questa ha il compito di tradurre le variazioni nella trasmissione dei raggi X in differenze di densità ottica, cioè in diversi livelli di grigio. I raggi X, generati dal tubo radiogeno, interagiscono con la materia verso cui vengono rivolti e in base alle caratteristiche di questa (densità, spessore, numero atomico) riusciranno ad attraversala in misura minore o maggiore.

La radiodensità della materia è il parametro alla base della formazione del radiogramma: l’aria viene completamente attraversata ed apparirà iperdiafana (nera) mentre l’osso non si lascerà attraversare ed apparirà fortemente radiopaco (bianco).

L’esame radiografico del torace, nella sua semplicità di esecuzione, rapidità e bassa dose di radiazioni assorbite dal paziente, mantiene un ruolo fondamentale nella diagnostica delle patologie toraco-polmonari. Nella maggior parte dei casi, rappresenta l’esame di prima scelta.

Le due proiezioni più frequentemente utilizzate sono quella postero-anteriore (frontale) e, a meno che non vi siano delle condizioni che ne limitino l’esecuzione (es. decubito obbligato) , la latero-laterale. Il radiogramma da noi esaminato è stato eseguito in proiezione P-A.

L’analisi delle caratteristiche del parenchima polmonare e dei profili pleurici sono fondamentali nella fase di valutazione dell’esame radiografico.

Potremmo quindi porre la diagnosi di versamento pleurico sinistro (risposta esatta D, risposta B errata), in relazione anche alla sintomatologia del paziente: ciò che si evidenzia in questo radiogramma è la presenza di una obliterazione del seno costofrenico di sinistra, che risulta essere ipodiafano rispetto al parenchima polmonare, che tende a mascherare il profilo emi-diaframmatico omolaterale, obliterare il seno costo-frenico laterale complementare e sfumare la marginale cardiaca di pari livello (segno della silhouette).

Essendo stata eseguita la radiografia, verosimilmente, in ortostatismo, la forza di  gravità e la pressione negativa intrapleurica costringono il liquido a disporsi nelle zone più declivi. Generalmente la presenza di versamento viene rilevata all’Rx tradizionale quando raggiunge la quantità di circa 250 ml. Inizialmente si dispone lungo il seno costofrenico obliterandolo, poi, con l’aumentare della quantità, tende a raccogliersi in posizione più declive e disporsi formando quello che è il cosiddetto menisco pleurico, una distribuzione del liquido con concavità superiore e margine laterale più alto rispetto al mediale; quando è particolarmente abbondante il versamento, tende a determinare un opacamento completo dell’intero ambito polmonare.

Il focolaio broncopneumonico si presenta radiograficamente, nella maggior parte dei casi, con delle aree di radiopacità, di morfologia irregolare, confluenti, e quasi sempre ad estensione lobare o sublobare, spesso associate a contestuale presenza del broncogramma aereo (qui non presente, risposta A errata), che quindi esclude l’ipotesi di atelettasia.

Nelle polmoniti di origine virale invece, possiamo avere una interstiziopatia, quindi un ispessimento del disegno polmonare interstiziale che talvolta evolve verso una polmonite interstizio-alveolare con evidenza di aree di riempimento alveolare (la polmonite alveolare è tipicamente di origine batterica) in cui si ha il passaggio di essudato a livello alveolare (essendo l’alveolo non visualizzabile mediante radiografia, il primo elemento anatomico evidenziabile per la sua opacità, dovuta alla sostituzione dell’aria con altro materiale, è l’acino) (risposta A errata).

Lo pneumotorace, cioè la presenza di aria nella cavità nella cavità pleurica, si evidenzia sotto forma di una falda iperdiafana, nettamente separata dal parenchima polmonare da una linea netta, con evidenza della marginale pleurica e scomparsa del disegno polmonare (risposta C errata).


6 di 10 Domande

Una paziente di 65 anni in buona salute e senza particolari fattori di rischio viene invitata dalla ASL a partecipare a un programma di screening nel tumore della mammella. Durante l'esecuzione dell'esame, viene evidenziata un'area sospetta da approfondire, indicata con il cerchio. Il primo passo da eseguire per approfondire tale reperto è?

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La mammografia è un esame ad elevata sensibilità che permette di studiare in maniera ottimale la mammella, grazie alla diversa densità delle sue componenti. Il parenchima ghiandolare, nelle immagini mammografiche, risulterà essere radiopaco, a causa della sua maggiore densità; il tessuto adiposo, data la sua minore densità sarà invece radiotrasparente. Nelle mammelle a composizione adiposa (e quindi con scarsa rappresentazione del tessuto ghiandolare), la prevalenza del tessuto radiotrasparente rende ottimale il contrasto con eventuali formazioni nodulari radiopache. Inoltre, è l’unico esame in grado di identificare le microcalcificazioni, altamente predittive di carcinoma. In queste pazienti la mammografia  può raggiungere una sensibilità del 100% (per questo motivo rappresenta l’esame di screening ideale per le donne di età superiore ai 45 anni). Le proiezioni standard che vengono eseguite sono quella cranio-caudale (esplora i quadranti esterni ed interni) e quella medio-laterale obliqua (esplora quadranti superiori, inferiori, solco sottomammario e cavo ascellare). Nel caso in cui vengano evidenziate opacità nodulari sospette (come in questo caso, in cui si nota una piccola opacità a margini mal definiti, collocata nel quadrante supero-esterno) è possibile approfondire l’immagine effettuando un ingrandimento diretto dell’area (risposta B esatta), che si esegue soprattutto per lo studio delle microcalcificazioni o per lo studio delle caratteristiche mammografiche di opacità di piccole dimensioni: il fattore d’ingrandimento (x 1,5 – 2) è definito tecnicamente dalla distanza mammella-detettore.

La TC non è una metodica di imaging che viene contemplata nello screening della patologia mammaria. A causa del costo relativamente elevato, della dose di radiazioni e della inferiore risoluzione spaziale nello studio di strutture superficiali rispetto ad altre tecniche come quella ecografica, viene considerata un esame di secondo livello. (risposta A errata).

La Risonanza Magnetica è un esame di secondo livello, complementare alle tradizionali tecniche radiografiche ed ecografiche. Ha una elevata sensibilità diagnostica e permette di identificare anche lesioni di dimensioni estremamente ridotte. Dati i costi e la durata dell’esame, viene eseguita solo in casi selezionati: screening di donne con alto rischio genetico e familiare per K mammario, donne con protesi mammarie, in stato di gravidanza, nella ricerca di carcinomi primitivi occulti metastatici di sospetta origine mammaria, controllo della risposta del tumore mammario alla chemioterapia neoadiuvante, follow up dopo chirurgia conservativa, discrepanza fra i risultati degli esami tradizionali. (risposta C errata).

La termografia è una tecnica che consente di rilevare il profilo termico di un corpo con il presupposto che una maggiore temperatura dovrebbe essere rilevata sulla base della aumentata vascolarizzazione (neoangiogenesi) che caratterizza le lesioni neoplastiche. Nonostante la sua bassa invasività e facilità di applicazione, questa tecnica non viene utilizzata come esame di scelta nello screening del tumore mammario a causa dell’alto numero di falsi positivi e l’eccessiva presenza di variabili che possono influenzarne il risultato (risposta D errata).


7 di 10 Domande

Un paziente di 75 anni esegue un radiogramma del torace per l'insorgenza di una modesta dispnea.
Quale esame diagnostico è corretto fare per approfondire il quadro?

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La risposta corretta è la B.

La radiografia tradizionale utilizza una procedura di formazione dell’immagine in cui, un fascio di raggi X attraversa alcuni tessuti subendo una diversa attenuazione a seconde della densità dei tessuti stessi, e questo fascio così modificato va a colpire un sistema di rilevazione costituito dalla pellicola radiografica. Questa ha il compito di tradurre le variazioni nella trasmissione dei raggi X in differenze di densità ottica, cioè in diversi livelli di grigio. I raggi X, generati dal tubo radiogeno, interagiscono con la materia verso cui vengono rivolti e in base alle caratteristiche di questa (densità, spessore, numero atomico) riusciranno ad attraversala in misura minore o maggiore.

La radiodensità della materia è il parametro alla base della formazione del radiogramma: l’aria viene completamente attraversata ed apparirà iperdiafana (nera) mentre l’osso non si lascerà attraversare ed apparirà fortemente radiopaco (bianco).

L’esame radiografico del torace, nella sua semplicità di esecuzione, rapidità e bassa dose di radiazioni assorbite dal paziente, mantiene un ruolo fondamentale nella diagnostica delle patologie toraco-polmonari. Nella maggior parte dei casi, rappresenta l’esame di prima scelta.

Le due proiezioni più frequentemente utilizzate sono quella postero-anteriore (frontale) e, a meno che non vi siano delle condizioni che ne limitino l’esecuzione (es. decubito obbligato) , la latero-laterale. Il radiogramma da noi esaminato è stato eseguito in proiezione P-A.

L’analisi delle caratteristiche del parenchima polmonare e dei profili pleurici sono fondamentali nella fase di valutazione dell’esame radiografico.

Ciò che si evidenzia in questo radiogramma è la presenza di un versamento pleurico, in relazione anche alla sintomatologia del paziente, che determina una obliterazione del seno costofrenico omolaterale, che risulta essere ipodiafano rispetto al parenchima polmonare, che tende a mascherare il profilo emi-diaframmatico complementare e sfumare la marginale cardiaca di pari livello (segno della silhouette).

Essendo stata eseguita la radiografia, verosimilmente, in ortostatismo, la forza di  gravità e la pressione negativa intrapleurica costringono il liquido a disporsi nelle zone più declivi. Generalmente la presenza di versamento viene rilevata all’Rx tradizionale quando raggiunge la quantità di circa 250 ml. Inizialmente si dispone lungo il seno costofrenico obliterandolo, poi, con l’aumentare della quantità, tende a raccogliersi in posizione più declive e disporsi formando quello che è il cosiddetto menisco pleurico, una distribuzione del liquido con concavità superiore e margine laterale più alto rispetto al mediale; quando è particolarmente abbondante il versamento, tende a determinare un opacamento completo dell’intero ambito polmonare.

Come accennato, l’esame radiografico, nella sua semplicità di esecuzione, rapidità e bassa dose di radiazioni assorbite dal paziente, mantiene un ruolo fondamentale nella diagnostica delle patologie toraco-polmonari e nella maggior parte dei casi, rappresenta l’esame di prima scelta. Tuttavia, in base al sospetto clinico, molto spesso è necessario integrare ed approfondire le informazioni ottenute dagli esami di primo livello. In questo caso, l’esame più adatto è la Tomografia Computerizzata che, grazie all’elevata risoluzione spaziale e all’ottima risoluzione di contrasto, in un breve lasso di tempo ci permette di ottenere informazioni molto più precise sul tipo di versamento e su eventuali cause concomitanti riguardanti patologie del parenchima polmonare, cardiologiche o vascolari (risposta B corretta).

La scintigrafia ventilatoria è una procedura diagnostica nucleare che, mediante l’utilizzo di composti radioattivi (generalmente l’albumina marcata con tecnezio 99 metastabile), viene impiegata nello studio delle anomalie del rapporto ventilazione perfusione. La RM ha una risoluzione spaziale inferiore a quella della TC quindi non riesce a studiare in maniera estremamente dettagliata l’architettura polmonare. La SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) è una tecnica tomografica di imaging che utilizza traccianti radioattivi (che emettono radiazioni gamma) per ottenere informazioni su processi metabolico-funzionali dell’organismo. Per questi motivi, la scintigrafia ventilatoria, la RM e la SPECT non sono gli esami adatti per approfondire questo quadro clinico  (risposta A,C,D errata).


8 di 10 Domande

Cosa si apprezza di anomalo in questa RX?

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La risposta corretta è la C.

Dalla radiografia mostrata si presenta una frattura comminuta delle ossa nasali proprie.


9 di 10 Domande

Un paziente di 67 anni, in apparente stato di benessere, lamenta dispnea ingravescente. Esegue una radiografia del torace. Quale è il rilievo più evidente?

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La radiografia tradizionale utilizza una procedura di formazione dell’immagine in cui, un fascio di raggi X attraversa alcuni tessuti subendo una diversa attenuazione a seconde della densità dei tessuti stessi, e questo fascio così modificato va a colpire un sistema di rilevazione costituito dalla pellicola radiografica. Questa ha il compito di tradurre le variazioni nella trasmissione dei raggi X in differenze di densità ottica, cioè in diversi livelli di grigio. I raggi X, generati dal tubo radiogeno, interagiscono con la materia verso cui vengono rivolti e in base alle caratteristiche di questa (densità, spessore, numero atomico) riusciranno ad attraversala in misura minore o maggiore.

La radiodensità della materia è il parametro alla base della formazione del radiogramma: l’aria viene completamente attraversata ed apparirà iperdiafana (nera) mentre l’osso non si lascerà attraversare ed apparirà fortemente radiopaco (bianco).

L’esame radiografico del torace, nella sua semplicità di esecuzione, rapidità e bassa dose di radiazioni assorbite dal paziente, mantiene un ruolo fondamentale nella diagnostica delle patologie toraco-polmonari. Nella maggior parte dei casi, rappresenta l’esame di prima scelta.

Le due proiezioni più frequentemente utilizzate sono quella postero-anteriore (frontale) e, a meno che non vi siano delle condizioni che ne limitino l’esecuzione (es. decubito obbligato) , la latero-laterale. Il radiogramma da noi esaminato è stato eseguito in proiezione P-A.

L’analisi delle caratteristiche del parenchima polmonare e dei profili pleurici sono fondamentali nella fase di valutazione dell’esame radiografico.

Potremmo quindi porre la diagnosi di versamento pleurico destro (risposta esatta C), in relazione anche alla sintomatologia del paziente: ciò che si evidenzia in questo radiogramma è la presenza di una obliterazione del seno costofrenico di destra, che risulta essere ipodiafano rispetto al parenchima polmonare, che tende a mascherare il profilo emi-diaframmatico omolaterale, obliterare il seno costo-frenico laterale complementare e sfumare la marginale cardiaca di pari livello (segno della silhouette).

Essendo stata eseguita la radiografia, verosimilmente, in ortostatismo, la forza di  gravità e la pressione negativa intrapleurica costringono il liquido a disporsi nelle zone più declivi. Generalmente la presenza di versamento viene rilevata all’Rx tradizionale quando raggiunge la quantità di circa 250 ml. Inizialmente si dispone lungo il seno costofrenico obliterandolo, poi, con l’aumentare della quantità, tende a raccogliersi in posizione più declive e disporsi formando quello che è il cosiddetto menisco pleurico, una distribuzione del liquido con concavità superiore e margine laterale più alto rispetto al mediale; quando è particolarmente abbondante il versamento, tende a determinare un opacamento completo dell’intero ambito polmonare.

L’enfisema polmonare si presenta con una iperdiafania degli ambiti polmonari, un aumento degli spazi intercostali ed una orizzontalizzazione delle coste; inoltre in L-L vedremmo un aumento dello spazio chiaro retro-sternale (risposta A errata).

Lo pneumotorace, cioè la presenza di aria nella cavità nella cavità pleurica, si evidenzia sotto forma di una falda iperdiafana, nettamente separata dal parenchima polmonare da una linea netta, con evidenza della marginale pleurica e scomparsa del disegno polmonare (risposta B errata).

Un nodulo polmonare si presenterebbe come una formazione radiopaca nodulare, a margini sfumati e finemente irregolari (risposta D errata).


10 di 10 Domande

ll Sig. Ferri, un uomo di 55 anni, si reca dal medico curante, il Dott. Gebbia, a causa di un intenso dolore di tipo colico localizzato al centro dell'addome.
Anamnesi patologica prossima: il dolore è iniziato da 6 giorni e sta progressivamente peggiorando. Il paziente riferisce inoltre di avere avuto episodi di diarrea acquosa per 3 giorni, prima della comparsa della sintomatologia dolorosa. Anamnesi patologica remota: l’uomo in passato ha avuto episodi di angina ed è affetto da vasculopatia periferica. Anamnesi fisiologica-personale: è un fumatore. Esame obiettivo: il paziente presenta dolore diffuso a tutto all'addome, ma maggiormente intenso a livello dei quadranti addominali di sinistra. Esami strumentali: viene eseguita un’ RX dell’addome. Quale è la diagnosi?

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L’ischemia è una condizione di ipoperfusione reversibile coinvolgente un tessuto, dovuta all’instaurarsi di uno squilibrio tra l’apporto ematico in tale sede, e la richiesta di ossigeno da parte del tessuto stesso, che diventa quindi ipossico.

Nel caso di una ischemia intestinale lo possiamo definire come un disturbo circolatorio acuto che evolve in necrosi di una parte più o meno estesa di intestino per ostruzione arteriosa o venosa della rete vascolare mesenterica.

La RX diretta dell’addome è utile principalmente per la diagnosi differenziale e quindi escludere altre cause di dolore come ostruzioni o perforazioni intestinali ad esempio, mentre nelle fasi più avanzate della malattia ci sono dei segni più indicativi quali la presenza di bolle gassose nella vena porta o pneumatosi intestinale.

In un Rx diretta addome, all’inizio vi è assenza di gas nel lume intestinale coinvolto (come nel nostro caso) e dopo qualche ora  compaiono i livelli idro-aerei.

 


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