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1 di 22 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 22 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 22 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 22 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 22 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 22 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 22 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 22 Domande

Cosa si apprezza di anomalo in questa RX?

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La risposta corretta è la C.

Dalla radiografia mostrata si presenta una frattura comminuta delle ossa nasali proprie.


9 di 22 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


10 di 22 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


11 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


12 di 22 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


13 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


14 di 22 Domande

ll Sig. Ferri, un uomo di 55 anni, si reca dal medico curante, il Dott. Gebbia, a causa di un intenso dolore di tipo colico localizzato al centro dell'addome.
Anamnesi patologica prossima: il dolore è iniziato da 6 giorni e sta progressivamente peggiorando. Il paziente riferisce inoltre di avere avuto episodi di diarrea acquosa per 3 giorni, prima della comparsa della sintomatologia dolorosa. Anamnesi patologica remota: l’ uomo in passato ha avuto episodi di angina ed è affetto da vasculopatia periferica. Anamnesi fisiologica-personale: è un fumatore. Esame obiettivo: il paziente presenta dolore diffuso a tutto all'addome, ma maggiormente intenso a livello dei quadranti addominali di sinistra. Esami strumentali: viene eseguita un’ RX dell’ addome. Quale è la diagnosi?

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L’ischemia è una condizione di ipoperfusione reversibile coinvolgente un tessuto, dovuta all’instaurarsi di uno squilibrio tra l’apporto ematico in tale sede, e la richiesta di ossigeno da parte del tessuto stesso, che diventa quindi ipossico.

Nel caso di una ischemia intestinale lo possiamo definire come un disturbo circolatorio acuto che evolve in necrosi di una parte più o meno estesa di intestino per ostruzione arteriosa o venosa della rete vascolare mesenterica.

La RX diretta dell’addome è utile principalmente per la diagnosi differenziale e quindi escludere altre cause di dolore come ostruzioni o perforazioni intestinali ad esempio, mentre nelle fasi più avanzate della malattia ci sono dei segni più indicativi quali la presenza di bolle gassose nella vena porta o pneumatosi intestinale.

In un Rx diretta addome, all’ inizio vi è assenza di gas nel lume intestinale coinvolto (come nel nostro caso) e dopo qualche ora  compaiono i livelli idro-aerei.

 


15 di 22 Domande

Una paziente di 65 anni in buona salute e senza particolari fattori di rischio viene invitata dalla ASL a partecipare a un programma di screening nel tumore della mammella. Viene pertanto sottoposta all'esame diagnostico in figura. Si tratta di:

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La mammella è un organo pari, simmetrico, localizzato a livello del torace, con estensione dalla 3^ alla 7^ costa. Si tratta di una ghiandola tubulo alveolare, a secrezione esocrina, composta da 15-24 lobi sepimentati tra loro da una componente stromale, costituita da tessuto connettivale denso e tessuto adiposo. Prima della pubertà , la rappresentazione delle due principali componenti, ghiandolare e stromale, risulta essere pressoché identica in entrambi i sessi. Con la pubertà , a causa dell’ azione degli ormoni ovarici ed ipofisiari che agiscono su di essa, in particolare degli estrogeni e successivamente del progestrone, si ha un incremento della componente ghiandolare, con la crescita e la differenziazione dell’ epitelio dei dotti galattofori e il raggiungimento della “ maturità ” dell’ organo; durante la gravidanza, per effetto degli ormoni ipofisari, si ha una ulteriore proliferazione e dilatazione di tali dotti i quali, in previsione del parto, si preparano alla secrezione lattea indotta dalla prolattina. Con l’ incedere della menopausa, infine, si assiste ad una progressiva involuzione del tessuto mammario, con riduzione del tessuto ghiandolare e aumento,  in proporzione, del tessuto adiposo. Queste caratteristiche anatomiche e strutturali di tale ghiandola ci permettono di esplorarla con diverse tecniche diagnostiche a seconda della fase di crescita e maturazione in cui si trova. La mammografia, eseguita con un apparecchio radiografico chiamato mammografo, è un esame ad elevata sensibilità che permette di studiare in maniera ottimale la mammella, grazie alla diversa densità delle sue componenti. Il parenchima ghiandolare, nelle immagini mammografiche, risulterà essere radiopaco, a causa della sua maggiore densità ; il tessuto adiposo, data la sua minore densità sarà invece radiotrasparente. Nelle mammelle a composizione adiposa (e quindi con scarso tessuto ghiandolare), la prevalenza del tessuto radiotrasparente rende ottimale il contrasto con eventuali formazioni nodulari radiopache. Inoltre, è l’ unico esame in grado di identificare le microcalcificazioni, altamente predittive di carcinoma. In queste pazienti la mammografia  può raggiungere una sensibilità del 100% (per questo motivo rappresenta l’ esame di screening ideale per le donne di età superiore ai 45 anni; risposta C esatta).

L’ ecografia mammaria, nelle pazienti di età superiore ai 45 anni, è la seconda metodica di scelta dopo la mammografia. Permette una migliore definizione delle strutture superficiali, consente di differenziare formazioni cistiche da noduli solidi (eccetto talvolta le cisti corpuscolate), e di classificare le formazioni come benigne o maligne sulla base di alcune caratteristiche (es. vascolarizzazione). Nella mammella senile, il tessuto adiposo presenta una ecogenicità simile a quella delle formazioni nodulari (le lesioni espansive mammarie sono, nella maggior parte dei casi, ipoecogene) rendendone più difficile l’ identificazione. Un limite particolamente importante di questa metodica è l’ incapacità di evidenziare le microcalcificazioni, sebbene possano essere rilevate come piccoli spot iperecogeni associati, molto raramente, alla presenza di un cono d’ ombra (risposta D errata).

La TC non è una metodica di imaging che viene contemplata nello screening della patologia mammaria (a causa del costo relativamente elevato, della dose di radiazioni e della inferiore risoluzione spaziale nello studio di strutture superficiali, rispetto ad altre tecniche come quella ecografica). (risposta A errata)

La termografia è una tecnica che consente di rilevare il profilo termico di un corpo. Può essere effettuata tramite l’ utilizzo di una videocamera ad infrarossi che rileva la temperatura cutanea mammaria e la trasforma in immagine a colori (teletermografia) oppure si può svolgere mediante l’ applicazione, sulla superficie mammaria, di una placca a cristalli liquidi che si colorano in base alla temperatura rilevata(termografia a contatto). La maggiore temperatura , in entrambi i casi, dovrebbe essere la conseguenza di una aumentata vascolarizzazione (neoangiogenesi) che caratterizza le lesioni neoplastiche. Nonostante la sua bassa invasività e facilità di applicazione, questa tecnica non viene utilizzata come esame di scelta nello screening del tumore mammario a causa dell’ alto numero di falsi positivi e l’ eccessiva presenza di variabili che possono influenzarne il risultato (risposta B errata).


16 di 22 Domande

Un paziente di 22 anni viene operato d'urgenza per appendicopatia. Dopo esser stato dimesso, in VI giornata viene rioperato per la ricomparsa di dolore in fossa iliaca destra a causa di cedimento della sutura. In III giornata dal secondo intervento, il paziente ha febbre e leucocitosi e riferisce modesto dolore in fossa iliaca destra e intenso dolore toracico destro irradiato alla scapola.
Si decide di posizionare un tubo di drenaggio, indicato nell'immagine dalla freccia blu.
Per posizionarlo, che tipo di metodica di imaging è stata utilizzata?

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L’ insorgenza di complicanze postoperatorie può essere legata a condizioni patologiche preesistenti oppure a conseguenze, dirette o indirette, dell’ intervento chirurgico stesso. Le complicanze più frequenti interessano in maniera diretta la sede di intervento e sono: infezione, ematoma, raccolta sierosa e deiscenza di ferita. Analizzando questo caso, vediamo che in VI giornata postoperatoria si verifica il cedimento della sutura della ferita chirurgica (in termini più tecnici, si parla di deiscenza di ferita, la quale può essere parziale e quindi interessare solo i piani superficiali come cute o sottocute, oppure totale e quindi coinvolgere anche i piani profondi come muscolo, fascia e peritoneo). Particolarmente legata alla sede dell’ intervento (ma sulla quale influiscono altri fattori legati al paziente), è la comparsa di un’altra eventuale complicanza (che vediamo in questo specifico caso, in 3^ giornata dal secondo reintervento). Stiamo parlando dell’ infezione della ferita chirurgica, eventualità non troppo rara quando si opera un sito ad alto grado di contaminazione batterica, come nel caso dell’ appendice. Le infezioni solitamente insorgono a distanza di 5-7 giorni dall’ intervento, con segni locali di infezione ed infiammazione e segni sistemici come leucositosi e febbre. Tra le complicanze postoperatorie più frequenti e potenzialmente più gravi, abbiamo quelle respiratorie: atelettasia, polmonite, versamento pleurico, pneumotorace, ab ingestis. In presenza di una sintomatologia algica riferita al torace o in presenza di sintomi respiratori, il primo esame da eseguire è l’ esame ecografico, per la sua rapidità di esecuzione e la sua scarsa invasività . L’ ecografica è una metodica che utilizza gli ultrasuoni. Questi, dal punto di vista fisico, non sono altro che delle onde elastiche, costituite da fronti alternati di compressione e rarefazione dell’ aria, che permettono la trasmissione dell’ energia. In questo susseguirsi di onde elastiche possiamo misurare una frequenza, data dal numero di fronti che si succedono nell’ unità di tempo, e lunghezza d’ onda che corrisponde al tempo intercorrente tra due fronti successivi. Frequenza e lunghezza d’ onda sono inversamente proporzionali tra loro. Gli ultrasuoni, che vengono prodotti grazie alle caratteristiche di alcuni cristalli detti “ piezoelettrici” , presenti nella sonda ecografica, penetrano in profondità nei tessuti e, a seconda delle diverse interfacce acustiche rilevate nei tessuti che attraversano, tramite un meccanismo inverso di elaborazione dei dati rilevati, sono in grado di portare alla formazione dell’ immagine ecografica. Ogni tessuto possiede una sua impedenza acustica (funzione della densità del tessuto stesso; il punto di passaggio tra due tessuti a diversa impedenza acustica si definisce interfaccia acustica. Quando gli ultrasuoni, prodotti dalla sonda ecografica, penetrano nei tessuti ed incontrano una interfaccia acustica, una parte di questo fascio ultrasonoro viene riflessa indietro e va a costituire quello che prende il nome di “ eco” . L’ eco viene quindi rilevato dai cristalli piezoelettrici della sonda e attraverso l’ analisi di frequenza e lunghezza d’ onda verranno poi prodotte le immagini. Le varie interfacce acustiche incontrate dagli ultrasuoni hanno una diversa ecogenicità . L’ ecogenicità di una interfaccia acustica è data dalla differenza di impedenza acustica fra i due tessuti. Se due tessuti hanno la stessa impedenza, l’ interfaccia sarà scarsamente ecogena e quindi il fascio ultrasonoro riflettuto sarà ridotto. Al contrario, per tessuti con grande differenza di impedenza, avremo una interfaccia molto iperecogena e quindi il fascio riflesso sarà maggiore. L’ aria è l’ interfaccia più ecogena presente nei sistemi biologici poiché è in grado di riflettere quasi il 100% del fascio ultrasonoro (immagine estremamente iperecogena). L’ acqua, o i liquidi limpidi in generale, al contrario, non riflettono il fascio ultrasonoro perché lo assorbono (immagine anecogena).

Detto questo, l’ ecografia risultebbe essere la metodica meno idonea ad esplorare il parenchima polmonare. In condizioni normali questo è vero poiché l’ aria alveolare non permette il passaggio delle onde meccaniche, ma in condizioni patologiche le caratteristiche del polmone cambiano. In caso di versamento pleurico, ad esempio, il versamento stesso produce una finestra acustica che ci consente inoltre di visualizzare anche il parenchima polmonare circostante. In questo caso, l’ ecografia può essere utilizzata sia a scopo diagnostico che a scopo terapeutico. Una volta individuata la presenza di versamento , tramite la metodica ecografica possiamo effettuare una valutazione diagnostica quantitativa, qualitativa, ed eventualmente intraprendere un approccio terapeutico eco-assistito (l’ ecografia viene utilizzata solo per individuare e centrare lo spazio intercostale attraverso cui eseguire la toracentesi o applicate il drenaggio) o eco-guidato (l’ ecografia viene utilizzata per guidare tutto l’ intervento procedurale). In entrambi i casi, il fine è quello di limitare le complicanze legate alla procedura (risposta A esatta).

La Tc è l’ esame ideale per lo studio del parenchima polmonare e degli organi collocati all’ interno della gabbia toracica tuttavia, i tempi di esecuzione più lunghi e l’ utilizzo di radiazioni, la portano ad essere considerata come un esame di secondo livello, soprattutto nelle condizioni di urgenza (risposta B errata).

L’ ecodoppler è una tecnica applicata all’ ecografia, utilizzata per la rilevazione della direzione e del flusso ematico all’ interno dei vasi sanguigni, che sfrutta il cosiddetto effetto Doppler. La sonda ecografica è capace di rilevare le variazioni di frequenza delle onde riflesse da un emettitore (il sangue in movimento) rispetto alle onde emesse. In particolare se la frequenza delle onde di ritorno è maggiore, questo verrà interpretato come movimento dei corpi verso la sonda ecografica, e quindi in avvicinamento; se la frequenza rilevata è minore, i corpi saranno invece in allontanamento rispetto alla sonda. Nel caso del versamento, il liquido raccoltosi all’interno della pleura è statico quindi l’effetto doppler non potrebbe esserci d’aiuto (risposta C errata).

L’ angiografia è un esame diagnostico/terapeutico invasivo che permetto lo studio dell’ albero vascolare “ dall’ interno” . Non è l’esame adatto per lo studio di pleura e polmoni (risposta D errata).


17 di 22 Domande

Una paziente di 65 anni in buona salute e senza particolari fattori di rischio viene invitata dalla ASL a partecipare a un programma di screening nel tumore della mammella. A eccezione di particolari casi selezionati, questo esame diagnostico deve essere sempre eseguito in due proiezioni, che sono?

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La mammella è un organo pari, simmetrico, localizzato a livello del torace, con estensione dalla 3^ alla 7^ costa. Si tratta di una ghiandola tubulo alveolare, a secrezione esocrina, composta da 15-24 lobi sepimentati tra loro da una componente stromale, costituita da tessuto connettivale denso e tessuto adiposo. Prima della pubertà , la rappresentazione delle due principali componenti, ghiandolare e stromale, risulta essere pressoché identica in entrambi i sessi. Con la pubertà , a causa dell’ azione degli ormoni ovarici ed ipofisiari che agiscono su di essa, in particolare degli estrogeni e successivamente del progestrone, si ha un incremento della componente ghiandolare, con la crescita e la differenziazione dell’ epitelio dei dotti galattofori e il raggiungimento della “ maturità ” dell’ organo; durante la gravidanza, per effetto degli ormoni ipofisari, si ha una ulteriore proliferazione e dilatazione dei dotti galattofori i quali, in previsione del parto,  si preparano alla secrezione lattea, indotta dalla prolattina. Con l’ incedere della menopausa, infine, si assiste ad una progressiva involuzione del tessuto mammario, con riduzione del tessuto ghiandolare e aumento,  in proporzione, del tessuto adiposo. Queste caratteristiche anatomiche e strutturali di tale ghiandola ci permettono di esplorarla con diversi strumenti diagnostici a seconda della fase di crescita e maturazione in cui si trova. La mammografia, eseguita con un apparecchio radiografico chiamato mammografo, è un esame ad elevata sensibilità che permette di studiare in maniera ottimale la mammella, grazie alla diversa densità delle sue componenti. L’esame prevede l’esecuzione di almeno 2 proiezioni: quella cranio caudale e quella medio-laterale obliqua (risposta D corretta). La prima permette la visualizzazione dei quadranti esterni ed interni; la seconda permette la visualizzazione dell’intera ghiandola, con i cavi ascellari, i quadranti superiori, inferiori e il solco sottomammario. Il parenchima ghiandolare, nelle immagini mammografiche, risulterà essere radiopaco, a causa della sua maggiore densità ; il tessuto adiposo, data la sua minore densità sarà invece radiotrasparente. Nelle mammelle a composizione adiposa (e quindi con scarsa rappresentazione del tessuto ghiandolare), la prevalenza del tessuto radiotrasparente rende ottimale il contrasto con eventuali formazioni nodulari radiopache. Inoltre, è l’ unico esame in grado di identificare le microcalcificazioni, altamente predittive di carcinoma. In queste pazienti la mammografia  può raggiungere una sensibilità del 100% (per questo motivo rappresenta l’ esame di screening ideale per le donne di età superiore ai 45 anni). Tuttavia, nonostante questa elevata sensibilità , circa il 10-15% delle lesioni non viene identificato.


18 di 22 Domande

Un paziente si reca in Pronto Soccorso con forte dolore toracico. Il medico che lo visita ha il sospetto che si tratti di una dissezione aortica e richiede un'angio-TC. L'esame non conferma l'ipotesi.
Qual è il reperto più significativo?

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Nella diagnosi differenziale del dolore toracico vanno considerate diverse patologie, quali l’ infarto miocardico (fra le cause più frequenti), la pericardite, la dissecazione aortica, l’ embolia polmonare, lo pneumotorace, la pleurite, i disturbi di origine gastrointestinale, neuromuscolare e psicologica. Naturalmente, fra questi, è fondamentale escludere le cause cardiovascolari e quelle polmonari che potrebbero portare a morte il paziente in un breve lasso di tempo.

Sulla base di un sospetto di una condizione cosi grave come sospettato dal medico nel caso riportato, quale la dissezione aortica, è necessario avere un risultato dettagliato nel più breve lasso di tempo e l’ angioTC, risulta essere la metodica più adatta (per angioTc si intende l’ integrazione dell’ esame basale TC con lo studio dell’ albero vascolare [soprattutto i vasi arteriosi] tramite l’ iniezione endovenosa di un mezzo di contrasto. L’ angioTc viene appunto utilizzata per la rilevazione di anomalie vascolari come, ad esempio, aneurismi, dissecazioni, stenosi. Le immagini basali eleborate dallo studio Tc, vengono riprodotte su una scala di grigi, la cui intensità varia in base alla radiodensità [scala di Hounsfield] degli organi esplorati. Nella parte più bassa della scala troviamo la materia con maggiore trasparenza (l’ aria, -1000 Unita Hounsfield, colore nero), mentre nella parte più alta della scala troviamo la radiodensità più assoluta (osso, +1000 HU, colore bianco], mentre a 0 HU corrisponde la densità dell’ acqua).

Analizzando le immagini notiamo, procedendo dall’ esterno verso l’ interno, la cute e i tessuti molli, la gabbia toracica, i polmoni, le strutture mediastiniche e la colonna vertebrale. Conoscendo l’ anatomia del nostro apparato espiratorio, ciò che salta subito agli occhi è la presenza di una massa polmonare destra (per convenzione, le immagini vengono elaborate come se il paziente venisse osservato frontalmente, dai piedi verso la testa, quindi ciò che troviamo a sinistra dell’ immagine è collocato alla destra del paziente e viceversa) (risposta B errata).

Date le caratteristiche radiologiche (nodulo rotondeggiante radiopaco/iperdenso di notevoli dimensioni con margini irregolari e sfumati) potrebbe trattarsi di una neoplasia (verosimilmente un carcinoma periferico nodulare) (Risposta A corretta).

Il carcinoma polmonare è la seconda causa più comune di cancro negli uomini e nelle donne; tuttavia, è la causa più comune di decessi per cancro in tutto il mondo. I fattori di rischio per il carcinoma del polmone comprendono il fumo (ritenuto responsabile fino al 90% di tutti i tumori polmonari), la radioterapia e l’esposizione ambientale (fumo passivo, radon). I sintomi generalmente compaiono in stadi di malattia avanzati e possono comprendere tosse, oppressione toracica o dolore, calo ponderale, e, più raramente, emottisi. La diagnosi è effettuata sulla base di una radiografia o una TC del torace ed è confermata mediante una biopsia polmonare. In base allo stadio della malattia, il trattamento comprende la chirurgia, la chemioterapia, la radioterapia, o un loro impiego combinato.

Non si tratta pertanto di uno pneumotorace in quanto, il passaggio di aria all’ interno della pleura, verrebbe individuato sotto forma di una falce sottocostale intensamente radiotrasparente (ricordandoci che il paziente è in posizione supina, l’ aria tende a disporsi superiormente, quindi subito al di sotto della gabbia toracica), nettamente separata dal resto del polmone e priva del disegno polmonare (risposta C errata).

La caverna tubercolare è un esito della tubercolosi post primaria. Le cavità sono generalmente delimitate da pareti spesse e irregolari; all’ interno invece è frequente il riscontro di un livello idroaereo (risposta D errata). Nessuna delle caratteristiche radiologiche associate allo pneumotorace o alla formazione tubercolare corrisponde all’ immagine TC esaminata.


19 di 22 Domande

Un paziente di 75 anni esegue un radiogramma del torace per l'insorgenza di una modesta dispnea.
Qual è il reperto evidenziato al radiogramma?

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La radiografia tradizionale utilizza una procedura di formazione dell’ immagine in cui, un fascio di raggi X attraversa alcuni tessuti subendo una diversa attenuazione a seconde della densità dei tessuti stessi, e questo fascio così modificato va a colpire un sistema di rilevazione costituito dalla pellicola radiografica. Questa ha il compito di tradurre le variazioni nella trasmissione dei raggi X in differenze di densità ottica, cioè in diversi livelli di grigio. I raggi X, generati dal tubo radiogeno, interagiscono con la materia verso cui vengono rivolti e in base alle caratteristiche di questa (densità , spessore, numero atomico) riusciranno ad attraversala in misura minore o maggiore.

La radiodensità della materia è il parametro alla base della formazione del radiogramma: l’ aria viene completamente attraversata ed apparirà iperdiafana (nera) mentre l’ osso non si lascerà attraversare ed apparirà fortemente radiopaco (bianco).

L’ esame radiografico del torace, nella sua semplicità di esecuzione, rapidità e bassa dose di radiazioni assorbite dal paziente, mantiene un ruolo fondamentale nella diagnostica delle patologie toraco-polmonari. Nella maggior parte dei casi, rappresenta l’ esame di prima scelta.

Le due proiezioni più frequentemente utilizzate sono quella postero-anteriore (frontale) e, a meno che non vi siano delle condizioni che ne limitino l’ esecuzione (es. decubito obbligato) , la latero-laterale. Il radiogramma da noi esaminato è stato eseguito in proiezione P-A.

L’ analisi delle caratteristiche del parenchima polmonare e dei profili pleurici sono fondamentali nella fase di valutazione dell’ esame radiografico.

Potremmo quindi porre la diagnosi di versamento pleurico sinistro (risposta esatta D, risposta B errata), in relazione anche alla sintomatologia del paziente: ciò che si evidenzia in questo radiogramma è la presenza di una obliterazione del seno costofrenico di sinistra, che risulta essere ipodiafano rispetto al parenchima polmonare, che tende a mascherare il profilo emi-diaframmatico omolaterale, obliterare il seno costo-frenico laterale complementare e sfumare la marginale cardiaca di pari livello (segno della silhouette).

Essendo stata eseguita la radiografia, verosimilmente, in ortostatismo, la forza di gravità e la pressione negativa intrapleurica costringono il liquido a disporsi nelle zone più declivi. Generalmente la presenza di versamento viene rilevata all’ Rx tradizionale quando raggiunge la quantità di circa 250 ml. Inizialmente si dispone lungo il seno costofrenico obliterandolo, poi, con l’ aumentare della quantità , tende a raccogliersi in posizione più declive e disporsi formando quello che è il cosiddetto menisco pleurico, una distribuzione del liquido con concavità superiore e margine laterale più alto rispetto al mediale; quando è particolarmente abbondante il versamento, tende a determinare un opacamento completo dell’ intero ambito polmonare.

Il focolaio broncopneumonico si presenta radiograficamente, nella maggior parte dei casi, con delle aree di radiopacità , di morfologia irregolare, confluenti, e quasi sempre ad estensione lobare o sublobare, spesso associate a contestuale presenza del broncogramma aereo (qui non presente, risposta A errata), che quindi esclude l’ ipotesi di atelettasia.

Nelle polmoniti di origine virale invece, possiamo avere una interstiziopatia, quindi un ispessimento del disegno polmonare interstiziale che talvolta evolve verso una polmonite interstizio-alveolare con evidenza di aree di riempimento alveolare (la polmonite alveolare è tipicamente di origine batterica) in cui si ha il passaggio di essudato a livello alveolare (essendo l’ alveolo non visualizzabile mediante radiografia, il primo elemento anatomico evidenziabile per la sua opacità , dovuta alla sostituzione dell’ aria con altro materiale, è l’ acino) (risposta A errata).

Lo pneumotorace, cioè la presenza di aria nella cavità nella cavità pleurica, si evidenzia sotto forma di una falda iperdiafana, nettamente separata dal parenchima polmonare da una linea netta, con evidenza della marginale pleurica e scomparsa del disegno polmonare (risposta C errata).


20 di 22 Domande

Una paziente di 65 anni in buona salute e senza particolari fattori di rischio viene invitata dalla ASL a partecipare a un programma di screening nel tumore della mammella. Durante l'esecuzione dell'esame, viene evidenziata un'area sospetta da approfondire, indicata con il cerchio. Il primo passo da eseguire per approfondire tale reperto è ?

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La mammografia è un esame ad elevata sensibilità che permette di studiare in maniera ottimale la mammella, grazie alla diversa densità delle sue componenti. Il parenchima ghiandolare, nelle immagini mammografiche, risulterà essere radiopaco, a causa della sua maggiore densità ; il tessuto adiposo, data la sua minore densità sarà invece radiotrasparente. Nelle mammelle a composizione adiposa (e quindi con scarsa rappresentazione del tessuto ghiandolare), la prevalenza del tessuto radiotrasparente rende ottimale il contrasto con eventuali formazioni nodulari radiopache. Inoltre, è l’ unico esame in grado di identificare le microcalcificazioni, altamente predittive di carcinoma. In queste pazienti la mammografia  può raggiungere una sensibilità del 100% (per questo motivo rappresenta l’ esame di screening ideale per le donne di età superiore ai 45 anni). Le proiezioni standard che vengono eseguite sono quella cranio-caudale (esplora i quadranti esterni ed interni) e quella medio-laterale obliqua (esplora quadranti superiori, inferiori, solco sottomammario e cavo ascellare). Nel caso in cui vengano evidenziate opacità nodulari sospette (come in questo caso, in cui si nota una piccola opacità a margini mal definiti, collocata nel quadrante supero-esterno) è possibile approfondire l’immagine effettuando un ingrandimento diretto dell’area (risposta B esatta), che si esegue soprattutto per lo studio delle microcalcificazioni o per lo studio delle caratteristiche mammografiche di opacità di piccole dimensioni: il fattore d’ ingrandimento (x 1,5 – 2) è definito tecnicamente dalla distanza mammella-detettore.

La TC non è una metodica di imaging che viene contemplata nello screening della patologia mammaria. A causa del costo relativamente elevato, della dose di radiazioni e della inferiore risoluzione spaziale nello studio di strutture superficiali rispetto ad altre tecniche come quella ecografica, viene considerata un esame di secondo livello. (risposta A errata).

La Risonanza Magnetica è un esame di secondo livello, complementare alle tradizionali tecniche radiografiche ed ecografiche. Ha una elevata sensibilità diagnostica e permette di identificare anche lesioni di dimensioni estremamente ridotte. Dati i costi e la durata dell’esame, viene eseguita solo in casi selezionati: screening di donne con alto rischio genetico e familiare per K mammario, donne con protesi mammarie, in stato di gravidanza, nella ricerca di carcinomi primitivi occulti metastatici di sospetta origine mammaria, controllo della risposta del tumore mammario alla chemioterapia neoadiuvante, follow up dopo chirurgia conservativa, discrepanza fra i risultati degli esami tradizionali. (risposta C errata).

La termografia è una tecnica che consente di rilevare il profilo termico di un corpo con il presupposto che una maggiore temperatura dovrebbe essere rilevata sulla base della aumentata vascolarizzazione (neoangiogenesi) che caratterizza le lesioni neoplastiche. Nonostante la sua bassa invasività e facilità di applicazione, questa tecnica non viene utilizzata come esame di scelta nello screening del tumore mammario a causa dell’ alto numero di falsi positivi e l’ eccessiva presenza di variabili che possono influenzarne il risultato (risposta D errata).


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Un paziente di 75 anni esegue un radiogramma del torace per l'insorgenza di una modesta dispnea.
Quale esame diagnostico è corretto fare per approfondire il quadro?

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La risposta corretta è la B.

La radiografia tradizionale utilizza una procedura di formazione dell’ immagine in cui, un fascio di raggi X attraversa alcuni tessuti subendo una diversa attenuazione a seconde della densità dei tessuti stessi, e questo fascio così modificato va a colpire un sistema di rilevazione costituito dalla pellicola radiografica. Questa ha il compito di tradurre le variazioni nella trasmissione dei raggi X in differenze di densità ottica, cioè in diversi livelli di grigio. I raggi X, generati dal tubo radiogeno, interagiscono con la materia verso cui vengono rivolti e in base alle caratteristiche di questa (densità , spessore, numero atomico) riusciranno ad attraversala in misura minore o maggiore.

La radiodensità della materia è il parametro alla base della formazione del radiogramma: l’ aria viene completamente attraversata ed apparirà iperdiafana (nera) mentre l’ osso non si lascerà attraversare ed apparirà fortemente radiopaco (bianco).

L’ esame radiografico del torace, nella sua semplicità di esecuzione, rapidità e bassa dose di radiazioni assorbite dal paziente, mantiene un ruolo fondamentale nella diagnostica delle patologie toraco-polmonari. Nella maggior parte dei casi, rappresenta l’ esame di prima scelta.

Le due proiezioni più frequentemente utilizzate sono quella postero-anteriore (frontale) e, a meno che non vi siano delle condizioni che ne limitino l’ esecuzione (es. decubito obbligato) , la latero-laterale. Il radiogramma da noi esaminato è stato eseguito in proiezione P-A.

L’ analisi delle caratteristiche del parenchima polmonare e dei profili pleurici sono fondamentali nella fase di valutazione dell’ esame radiografico.

Ciò che si evidenzia in questo radiogramma è la presenza di un versamento pleurico, in relazione anche alla sintomatologia del paziente, che determina una obliterazione del seno costofrenico omolaterale, che risulta essere ipodiafano rispetto al parenchima polmonare, che tende a mascherare il profilo emi-diaframmatico complementare e sfumare la marginale cardiaca di pari livello (segno della silhouette).

Essendo stata eseguita la radiografia, verosimilmente, in ortostatismo, la forza di gravità e la pressione negativa intrapleurica costringono il liquido a disporsi nelle zone più declivi. Generalmente la presenza di versamento viene rilevata all’ Rx tradizionale quando raggiunge la quantità di circa 250 ml. Inizialmente si dispone lungo il seno costofrenico obliterandolo, poi, con l’ aumentare della quantità , tende a raccogliersi in posizione più declive e disporsi formando quello che è il cosiddetto menisco pleurico, una distribuzione del liquido con concavità superiore e margine laterale più alto rispetto al mediale; quando è particolarmente abbondante il versamento, tende a determinare un opacamento completo dell’ intero ambito polmonare.

Come accennato, l’esame radiografico, nella sua semplicità di esecuzione, rapidità e bassa dose di radiazioni assorbite dal paziente, mantiene un ruolo fondamentale nella diagnostica delle patologie toraco-polmonari e nella maggior parte dei casi, rappresenta l’ esame di prima scelta. Tuttavia, in base al sospetto clinico, molto spesso è necessario integrare ed approfondire le informazioni ottenute dagli esami di primo livello. In questo caso, l’esame più adatto è la Tomografia Computerizzata che, grazie all’elevata risoluzione spaziale e all’ottima risoluzione di contrasto, in un breve lasso di tempo ci permette di ottenere informazioni molto più precise sul tipo di versamento e su eventuali cause concomitanti riguardanti patologie del parenchima polmonare, cardiologiche o vascolari (risposta B corretta).

La scintigrafia ventilatoria è una procedura diagnostica nucleare che, mediante l’utilizzo di composti radioattivi (generalmente l’albumina marcata con tecnezio 99 metastabile), viene impiegata nello studio delle anomalie del rapporto ventilazione perfusione. La RM ha una risoluzione spaziale inferiore a quella della TC quindi non riesce a studiare in maniera estremamente dettagliata l’architettura polmonare. La SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) è una tecnica tomografica di imaging che utilizza traccianti radioattivi (che emettono radiazioni gamma) per ottenere informazioni su processi metabolico-funzionali dell’organismo. Per questi motivi, la scintigrafia ventilatoria, la RM e la SPECT non sono gli esami adatti per approfondire questo quadro clinico (risposta A,C,D errata).


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Un paziente di 67 anni, in apparente stato di benessere, lamenta dispnea ingravescente. Esegue una radiografia del torace. Quale è il rilievo più evidente?

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La radiografia tradizionale utilizza una procedura di formazione dell’ immagine in cui, un fascio di raggi X attraversa alcuni tessuti subendo una diversa attenuazione a seconde della densità dei tessuti stessi, e questo fascio così modificato va a colpire un sistema di rilevazione costituito dalla pellicola radiografica. Questa ha il compito di tradurre le variazioni nella trasmissione dei raggi X in differenze di densità ottica, cioè in diversi livelli di grigio. I raggi X, generati dal tubo radiogeno, interagiscono con la materia verso cui vengono rivolti e in base alle caratteristiche di questa (densità , spessore, numero atomico) riusciranno ad attraversala in misura minore o maggiore.

La radiodensità della materia è il parametro alla base della formazione del radiogramma: l’ aria viene completamente attraversata ed apparirà iperdiafana (nera) mentre l’ osso non si lascerà attraversare ed apparirà fortemente radiopaco (bianco).

L’ esame radiografico del torace, nella sua semplicità di esecuzione, rapidità e bassa dose di radiazioni assorbite dal paziente, mantiene un ruolo fondamentale nella diagnostica delle patologie toraco-polmonari. Nella maggior parte dei casi, rappresenta l’ esame di prima scelta.

Le due proiezioni più frequentemente utilizzate sono quella postero-anteriore (frontale) e, a meno che non vi siano delle condizioni che ne limitino l’ esecuzione (es. decubito obbligato) , la latero-laterale. Il radiogramma da noi esaminato è stato eseguito in proiezione P-A.

L’ analisi delle caratteristiche del parenchima polmonare e dei profili pleurici sono fondamentali nella fase di valutazione dell’ esame radiografico.

Potremmo quindi porre la diagnosi di versamento pleurico destro (risposta esatta C), in relazione anche alla sintomatologia del paziente: ciò che si evidenzia in questo radiogramma è la presenza di una obliterazione del seno costofrenico di destra, che risulta essere ipodiafano rispetto al parenchima polmonare, che tende a mascherare il profilo emi-diaframmatico omolaterale, obliterare il seno costo-frenico laterale complementare e sfumare la marginale cardiaca di pari livello (segno della silhouette).

Essendo stata eseguita la radiografia, verosimilmente, in ortostatismo, la forza di  gravità e la pressione negativa intrapleurica costringono il liquido a disporsi nelle zone più declivi. Generalmente la presenza di versamento viene rilevata all’ Rx tradizionale quando raggiunge la quantità di circa 250 ml. Inizialmente si dispone lungo il seno costofrenico obliterandolo, poi, con l’ aumentare della quantità , tende a raccogliersi in posizione più declive e disporsi formando quello che è il cosiddetto menisco pleurico, una distribuzione del liquido con concavità superiore e margine laterale più alto rispetto al mediale; quando è particolarmente abbondante il versamento, tende a determinare un opacamento completo dell’ intero ambito polmonare.

L’ enfisema polmonare si presenta con una iperdiafania degli ambiti polmonari, un aumento degli spazi intercostali ed una orizzontalizzazione delle coste; inoltre in L-L vedremmo un aumento dello spazio chiaro retro-sternale (risposta A errata).

Lo pneumotorace, cioè la presenza di aria nella cavità nella cavità pleurica, si evidenzia sotto forma di una falda iperdiafana, nettamente separata dal parenchima polmonare da una linea netta, con evidenza della marginale pleurica e scomparsa del disegno polmonare (risposta B errata).

Un nodulo polmonare si presenterebbe come una formazione radiopaca nodulare, a margini sfumati e finemente irregolari (risposta D errata).


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