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1 di 10 Domande

Un paziente di 25 anni si presenta in Pronto Soccorso con modesta dispnea riferendo dolore acuto trafittivo all'emitorace di destra. Viene eseguito il radiogramma del torace. Quale reperto NON è presente?

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La risposta corretta è la B.

Questo è un caso di massivo pneumotorace destro, probabilmente iperteso.

Lo pneumotorace, cioè la presenza di aria nella cavità nella cavità pleurica, si evidenzia sotto forma di una falda iperdiafana, nettamente separata dal parenchima polmonare da una linea netta, con evidenza della marginale pleurica e scomparsa del disegno polmonare.

Lo Pneumotorace Iperteso è definito come l’accumulo di aria nello spazio pleurico; si verifica quando si crea un meccanismo a valvola unidirezionale, che collega i polmoni allo spazio pleurico tale da consentire all’aria di passare nello spazio pleurico ma non in senso opposto. Di conseguenza, l’aria si accumula determinando una compressione del polmone. Successivamente, si ha una compressione del mediastino, deviazione della trachea e compressione del polmone controlaterale e ipossiemia; si ha anche aumento della pressione intratoracica che determina una diminuzione del ritorno venoso al cuore con ipotensione e distensione delle vene del collo.

L’emitorace interessato è ipertimpanico alla percussione.

Da un punto di vista radiografico, come mostrato nell’immagine del caso presentato, un PNX (in questo caso destro) si evidenzia con ampia falda di iperdiafania a carico dell’ambito polmonare interessato con associato collasso del parenchima polmonare limitrofo e sbandieramento controlaterale delle strutture cardiomediastiniche.

Il trattamento è con decompressione immediata.

Il versamento pleurico (risposta B corretta, reperto non presente nel caso) invece si evidenzia con la presenza di una obliterazione del seno costofrenico, che risulta essere ipodiafano rispetto al parenchima polmonare, che tende a mascherare il profilo emi-diaframmatico omolaterale, obliterare il seno costo-frenico laterale complementare e sfumare la marginale cardiaca di pari livello (segno della silhouette).

Quando viene eseguita la radiografia in ortostatismo, la forza di  gravità e la pressione negativa intrapleurica costringono il liquido a disporsi nelle zone più declivi. Generalmente la presenza di versamento viene rilevata all’Rx tradizionale quando raggiunge la quantità di circa 250 ml. Inizialmente si dispone lungo il seno costofrenico obliterandolo, poi, con l’aumentare della quantità, tende a raccogliersi in posizione più declive e disporsi formando quello che è il cosiddetto menisco pleurico, una distribuzione del liquido con concavità superiore e margine laterale più alto rispetto al mediale; quando è particolarmente abbondante il versamento, tende a determinare un opacamento completo dell’intero ambito polmonare.


2 di 10 Domande

Un paziente di 67 anni, in apparente stato di benessere, lamenta dispnea ingravescente. Esegue una radiografia del torace.
Quale indagine radiologica verrà successivamente proposta?

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La risposta corretta è la B.

La radiografia tradizionale utilizza una procedura di formazione dell’immagine in cui, un fascio di raggi X attraversa alcuni tessuti subendo una diversa attenuazione a seconde della densità dei tessuti stessi, e questo fascio così modificato va a colpire un sistema di rilevazione costituito dalla pellicola radiografica. Questa ha il compito di tradurre le variazioni nella trasmissione dei raggi X in differenze di densità ottica, cioè in diversi livelli di grigio. I raggi X, generati dal tubo radiogeno, interagiscono con la materia verso cui vengono rivolti e in base alle caratteristiche di questa (densità, spessore, numero atomico) riusciranno ad attraversala in misura minore o maggiore.

La radiodensità della materia è il parametro alla base della formazione del radiogramma: l’aria viene completamente attraversata ed apparirà iperdiafana (nera) mentre l’osso non si lascerà attraversare ed apparirà fortemente radiopaco (bianco).

L’esame radiografico del torace, nella sua semplicità di esecuzione, rapidità e bassa dose di radiazioni assorbite dal paziente, mantiene un ruolo fondamentale nella diagnostica delle patologie toraco-polmonari. Nella maggior parte dei casi, rappresenta l’esame di prima scelta.

Le due proiezioni più frequentemente utilizzate sono quella postero-anteriore (frontale) e, a meno che non vi siano delle condizioni che ne limitino l’esecuzione (es. decubito obbligato) , la latero-laterale. Il radiogramma da noi esaminato è stato eseguito in proiezione P-A.

L’analisi delle caratteristiche del parenchima polmonare e dei profili pleurici sono fondamentali nella fase di valutazione dell’esame radiografico.

Potremmo quindi porre la diagnosi di versamento pleurico destro, in relazione anche alla sintomatologia del paziente: ciò che si evidenzia in questo radiogramma è la presenza di una obliterazione del seno costofrenico di destra, che risulta essere ipodiafano rispetto al parenchima polmonare, che tende a mascherare il profilo emi-diaframmatico omolaterale, obliterare il seno costo-frenico laterale complementare e sfumare la marginale cardiaca di pari livello (segno della silhouette).

Essendo stata eseguita la radiografia, verosimilmente, in ortostatismo, la forza di  gravità e la pressione negativa intrapleurica costringono il liquido a disporsi nelle zone più declivi. Generalmente la presenza di versamento viene rilevata all’Rx tradizionale quando raggiunge la quantità di circa 250 ml. Inizialmente si dispone lungo il seno costofrenico obliterandolo, poi, con l’aumentare della quantità, tende a raccogliersi in posizione più declive e disporsi formando quello che è il cosiddetto menisco pleurico, una distribuzione del liquido con concavità superiore e margine laterale più alto rispetto al mediale; quando è particolarmente abbondante il versamento, tende a determinare un opacamento completo dell’intero ambito polmonare.

Se si vuole indagare ancora più in fondo alla situazione patologica presentata dal paziente, visto che il versamento pleurico può essere consensuale ad un processo flogistico o ad una eteroplasia polmonare, è necessario sottoporre il paziente ad una TAC con e senza mdc.

La Tc (tomografia computerizzata) è tipo di esame radiodiagnostico, che utilizza i raggi X, grazie al quale è possibile riprodurre immagini di sezioni o strati corporei, ultrasottili e dettagliati, in un tempo estremamente breve. Normalmente viene considerato un esame di secondo livello, utile a dirimere dubbi diagnostici di particolare rilevanza clinica.

Le immagini basali elaborate dallo studio Tc, vengono riprodotte su una scala di grigi, la cui intensità varia in base alla radiodensità (scala di Hounsfield) degli organi esplorati. Nella parte più bassa della scala troviamo la materia con maggiore trasparenza (l’aria, -1000 Unita Hounsfield, colore nero), mentre nella parte più alta della scala troviamo la radiopacità più assoluta (osso, +1000 HU, colore nero). A 0 HU corrisponde la densità dell’acqua.

Il mezzo di contrasto che si usa in TC è un mezzo di contrasto idrosolubile a concentrazione elevata (370 mgI/ml), preferibilmente non iodato ed è usato per una migliore definizione delle strutture parenchimali e caratterizzazione dei processi patologici, necessaria per un’adeguata diagnosi differenziale.


3 di 10 Domande

La signora Sarri, paziente di 75 anni, viene portata dal marito presso il P.S. del policlinico Umberto I di Roma, a causa di un dolore addominale molto intenso. Quale è la diagnosi ?

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La risposta corretta è la D.

L’ischemia è una condizione di ipoperfusione reversibile coinvolgente un tessuto, dovuta all’instaurarsi di uno squilibrio tra l’apporto ematico in tale sede, e la richiesta di ossigeno da parte del tessuto stesso, che diventa quindi ipossico.

Nel caso di una ischemia intestinale lo possiamo definire come un disturbo circolatorio acuto che evolve in necrosi di una parte più o meno estesa di intestino per ostruzione arteriosa o venosa della rete vascolare mesenterica.

La RX diretta dell’addome è utile principalmente per la diagnosi differenziale e quindi escludere altre cause di dolore come ostruzioni o perforazioni intestinali ad esempio, mentre nelle fasi più avanzate della malattia ci sono dei segni più indicativi quali la presenza di bolle gassose nella vena porta o pneumatosi intestinale.

In un Rx diretta addome, all’inizio vi è assenza di gas nel lume intestinale coinvolto (come nel nostro caso) e dopo qualche ora  compaiono i livelli idro-aerei.


4 di 10 Domande

Il Sig. Dalini, un uomo di 40 anni, si reca dal proprio medico curante, la Dott.ssa Petriglieri, lamentando dolore e tumefazione  del viso, in seguito ad un incidente. Quale è la diagnosi?

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La risposta corretta è la A.

Data la natura dell’evento traumatico, l’insorgenza della tumefazione e del dolore, il sospetto di frattura è consistente.

L’esame radiografico è l’esame di scelta per la rapidità, la facilità di esecuzione e i costi. All’esame radiografico standard, la frattura può essere visualizzata come una alterazione del profilo osseo.

Nel nostro paziente possiamo notare una frattura finemente scomposta del pavimento dell’orbita sinistra, con lieve disallineamento dei monconi ossei coinvolti.

In caso di dubbio o se si vuole procedere a valutazioni più dettagliate sarà necessario sottoporre il paziente ad una TC o RM.


5 di 10 Domande

La signora Furla, una donna di 60 anni, si reca dal medico curante, il Dott. Ponzi, lamentando gonfiore a livello della gola e difficoltà nella deglutizione. In seguito alla visita effettuata dal Dott. Ponzi, viene richiesto alla paziente di sottoporsi ad una TC del collo-torace (mostrata in foto). Quale tra le seguenti è la diagnosi corretta?

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La risposta corretta è la C.

Il gozzo è l’aumento di volume della tiroide. Può essere:

– diffuso, se aumenta tutta la tiroide;

– uninodulare, se è prevalente un solo nodulo;

– multonodulare, quando sono presenti più noduli alla palpazione.

È una patologia di tutto l’organo tiroide che si esprime in maniera eterogenea proprio perché partiamo da un tessuto che è eterogeneo.

Quando parliamo di gozzo intendiamo il gozzo eutiroideo non tossico, ovvero un gozzo che  non altera la funzione tiroidea (e questo accade nel 90% dei casi di gozzo), che si palesa come meccanismo compensatorio a scapito di un aumento di volume; è una tumefazione tiroidea non riferibile a processi flogistici o neoplastici e non è accompagnato né da ipotiroidismo né da ipertiroidismo. Si può classificare come:

– gozzo endemico, generato da fattori ambientali come la carenza di iodio;

– gozzo familiare, causato da fattori genetici;

– gozzo sporadico, che si pone a metà, riguardo i fattori che lo determinano, rispetto ai due precedenti.

Il primo esame da effettuare sarebbe un’ecografia, che permette di esplorare bene la tiroide che in caso di gozzo si presenta ingrossata, e solo in un secondo tempo o per un’adeguata diagnosi differenziale o al fine di stabilire l’estensione del gozzo ed il rapporto con le strutture limitrofe, sarebbe utile necessario praticare una TC.

Nella TC del caso presentato si apprezza una tiroide di volume marcatamente aumentata,  a densità disomogenea per la presenza anche di calcificazioni contestuali, che si estende nel mediastino e determina compressione della vena cava superiore, dislocazione della trachea e lieve compressione del lume esofageo.

 


6 di 10 Domande

La signora Sammi, una donna di 35 anni, viene trasportata in ambulanza in condizioni d’urgenza presso il P.S. del policlinico Umberto I di Roma, per un intenso dolore in sede retrosternale ed addominale superiore. Anamnesi patologica prossima: ad un’anamnesi più dettagliata, emerge che tale sintomatologia persiste da 18 mesi ed è andata progressivamente ad aggravarsi. Inoltre, in aggiunta al dolore, si è manifestata una progressiva disfagia ed una perdita di peso di 13 Kg. Esami strumentali: viene effettuata un’endoscopia che mostra un esofago dilatato e contenente una quantità elevata di residui di cibo, ma non viene evidenziata alcuna patologia. Viene in seguito effettuato un esame con mezzo di contrasto per os. Quale è la diagnosi ?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente mostra una acalasia. L’RX delle prime vie digerenti dopo somministrazione per os di mdc radiopaco mostra una dilatazione abnorme dell’esofago e il tipico “restringimento a becco di uccello”.

L’acalasia esofagea è la più comune patologia tra le alterazioni primarie specifiche della motilità esofagea.

L’acalasia esofagea è una patologia caratterizzata da un mancato rilasciamento del LES (sfintere esofageo inferiore) durante la deglutizione: il bolo si arresta a livello della giunzione cardiale che rimane chiusa; il cibo giunge nello stomaco, quando la pressione del bolo riesce a superare l’ostruzione funzionale a livello del LES.

Con il progredire della malattia, l’esofago tende a dilatarsi assumendo vari aspetti (negli stadi avanzati della malattia): esofago sigmoideo, esofago a fisco e esofago fusiforme.

Per quanto riguarda i sintomi abbiamo: disfagia lentamente progressiva, (solitamente sia per i liquidi che per i solidi), rigurgito di cibo non digerito, calo ponderale, dolore toracico.

Per quanto riguarda la diagnosi:

– Radiografia del Torace: essa può mostrare una dilatazione dell’ombra mediastinica; eventuali livelli idroaerei creati dalla presenza di residui alimentari e liquidi.

– Radiografia del primo tratto del tubo digerente con mezzo di contrasto, che mostra una dilatazione abnorme dell’esofago con ristagno del mdc e il tipico “restringimento a becco di uccello”.

– Esofago-Gastroscopia: questa indagine può essere associata a biopsia. L’indagine molto spesso accerta la presenza di un’esofagite con lesioni erosive, si può anche riscontrare una esofagite da candida, una leucoplachia. Inoltre, questo esame è molto utile per poter documentare la presenza di una stenosi peptica o un carcinoma esofageo distale; queste patologie possono simulare un acalasia, dunque sarebbe opportuno eseguire anche una biopsia per escludere queste patologie.

– Manometria, eseguita per effettuare una DD con altre forme di patologia funzionale.

Per quanto riguarda il trattamento: si può eseguire una miotomia extramucosa con plastica anti-reflusso.


7 di 10 Domande

Il Sig. Breme, si reca presso l’ambulatorio del Dott. Coppi, specialista in gastroenterologia, riferendo di avere senso di debolezza, lieve rettorragia ed un alvo alterato, già insorti da qualche tempo. Il Dott. Cioppi gli consiglia di non perdere tempo e sottoporsi ad una TC dell’addome. Quale è la diagnosi?

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La risposta corretta è la D.

Il cancro del colon-retto (CCR) è una neoplasia maligna molto diffusa.

Dal punto di vista epidemiologico, rappresenta il terzo tumore per incidenza nella donna e il secondo tumore per incidenza negli uomini.

Il carcinoma del colon-retto nei paesi occidentali ha il terzo più alto tasso di incidenza e mortalità per cancro tra uomini e donne. L’incidenza comincia ad aumentare all’età di 40 anni e raggiunge il picco all’età di 60–75 anni. ll carcinoma colorettale è estremamente comune. I fattori di rischio per tale neoplasia includono sindromi ereditarie del cancro del colon (poliposi adenomatosa familiare, HNPCC), storia familiare di cancro del colon-retto, malattia infiammatoria intestinale, diabete mellito e resistenza all’insulina, colecistectomia, uso di alcol e obesità.

L’incidenza di questo tumore è in aumento, ma la mortalità globale è in diminuzione grazie ad una maggiore prevenzione.

I sintomi comprendono la presenza di sangue nelle feci e la modificazione delle abitudini dell’evacuazione. Per prevenire questo tumore è molto importante una prevenzione primaria (dieta corretta; abolizione dell’abitudine al fumo di sigaretta e del alcol; evitare una vita sedentaria; non essere in sovrappeso). La prevenzione secondaria è essenziale, essa si basa sulla ricerca del sangue occulto nelle feci ed una colonscopia effettuata dopo i 50 anni di età (ogni dieci anni a partire da questa età).

La maggior parte dei CCR origina da un polipo adenomatoso (non da un polipo iperplastico o da un amartoma).

Lo screening si fa con il test del sangue occulto nelle feci. La diagnosi viene posta con la colonscopia. La colonscopia è una metodica endoscopica che viene condotta in day surgery. Questa metodica consente anche l’identificazione e l’asportazione endoscopica dei polipi adenomatosi (interrompendo la sequenza polipo-cancro colon-rettale); eliminando i polipi adenomatosi si ha ovviamente anche una riduzione significativa dell’incidenza attesa del cancro colon-rettale.

Per quanto riguarda le linee guida, esse affermano che bisogna effettuare la colonscopia a partire dai 50 anni ogni 10 anni (quando non vi è familiarità).

Invece, quando vi è familiarità, bisogna effettuare: la colonscopia a partire dai 40 anni o ad una età inferiore di 10 anni rispetto all’età, al momento della diagnosi nel familiare di primo grado affetto di cancro del colon retto o del polipo adenomatoso (nel nostro caso clinico il paziente ha 50 anni, quindi il figlio dovrebbe eseguire la colonscopia intorno a 40 anni).

Nel nostro caso è stata effettuata una TC che mostra un ispessimento concentrico parietale con enhancement post-contrastografico da tessuto eteroplasico.

Il trattamento consiste nella resezione chirurgica e nel trattamento chemioterapico in caso di coinvolgimento linfonodale.


8 di 10 Domande

Il Sig. Fonti, un uomo di 60 anni, viene ricoverato presso il reparto di medicina interna del policlinico Umberto I di Roma, per ittero ostruttivo. Vengono effettuate le seguenti indagini strumentali. Quale è la diagnosi?

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La risposta corretta è la A.

Il carcinoma della colecisti presenta come picco di incidenza i 60 anni di età ed ha una sopravvivenza a 5 anni del 5-12%. Come unico fattore di rischio noto si riconosce la colelitiasi e la colecistite cronica.

Può presentare due diversi pattern di crescita:

– Infiltrante: appare come un indurimento localizzato o diffuso della parete potenzialmente associato ad ulcerazione e perforazione o formazione di fistole.

– Esofitica: con crescita intraluminale polipoide, spesso necrotica ed emorragica e allo stesso tempo invasione subepiteliale.

Quelli meglio differenziati hanno spesso aspetto papillare ed hanno prognosi migliore; circa il 5% sono carcinomi a cellule squamose; altre varianti sono: a cellule fusate (carcino-sarcoma), a cellule giganti simil-osteoclastiche, a piccole cellule.

È un tumore altamente angioinvasivo (va valutato con il CD34 l’interessamento dei vasi). La maggior parte al momento della diagnosi ha già invaso il fegato.

Clinicamente i sintomi sono del tutto simili alla colecistite cronica (dolore addominale, dimagrimento, nausea, vomito, ittero).

La diagnosi si può porre in prima battuta con l’ecografia e poi confermata con la TC o meglio con la RM con sequenze colangiografiche, come mostrato in questo caso, che sono sequenze T2, ove possiamo osservare una interruzione del segnale iper-intenso biliare in corrispondenza della porzione infundibolare della colecisti e della porzione del dotto epatico comune con infiltrazione dello stesso e del dotto cistico, segnale filiforme biliare in prossimità della formazione eteroplasica espansiva e dilatazione dell’albero biliare a monte di essa come da stenosi serrata.

L’unica terapia veramente efficace al momento è la resezione chirurgica.


9 di 10 Domande

In un paziente con sospetto di embolia polmonare la risonanza magnetica nucleare:














La risposta corretta e' la 'puo' essere utile se eseguita previa somministrazione di mezzo di contrasto (angio-RM)'.


10 di 10 Domande

In un paziente con trauma acuto distrattivo della coscia e' utile eseguire :














La risposta corretta e' la 'Ecografia'.


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