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1 di 24 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 24 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 24 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 24 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 24 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 24 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 24 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 24 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 24 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 24 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 24 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 24 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 24 Domande

Viene riscontrato il seguente quadro radiologico in una donna di 30 anni, che è stata sottoposta ad una TC total body in seguito ad un incidente stradale. Cosa mostra la TC?

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La risposta corretta è la B

Nell'immagine (a) la TC ha evidenziato enfisema sottocutaneo delle palpebre destre (freccia). Nell'immagine (b) è stato osservato enfisema nell’orbita destra (cerchio). È stato inoltre riscontrato enfisema sottocutaneo nell’area della guancia (freccia). Non vi era presenza evidente di aria nello spazio intracranico né fratture della parete o del pavimento orbitario.


14 di 24 Domande

La signora Boggi, una donna di 70 anni, si reca dal medico curante, il Dott. Candi, lamentando dolore al braccio, insorto dopo essere scivolata sul ghiaccio, cadendo in avanti sulle sue mani. Quale è la diagnosi radiologica?

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La risposta corretta è la D.

Dalla radiografia mostrata si può apprezzare una frattura a tutto spessore carico della porzione meta-epifisaria distale del radio, evidenziabile come una stria di radiotrasparenza che interrompe la corticale ossea, probabilmente provocata da un arto iper-esteso verso l’ esterno che cerca di parare una caduta: si tratta di una frattura completa, spostata e angolata dorsalmente a livello del radio distale. Quando tale tipo di frattura si associa alla frattura anche dello stiloide ulnare si parla di frattura di Colles. Le altre strutture ossee in esame indicate nelle opzioni non appaiono interessate da eventi fratturativi-traumatici (le risposte A, B, C ed E non sono corrette)


15 di 24 Domande

Il IV tono, quando presente, in quale fase del ciclo cardiaco si inscrive?














La risposta corretta è la C
Il IV tono, quando presente, si inscrive nella fase del ciclo cardiaco definita come presistole. La presistole corrisponde al momento in cui il ventricolo si sta riempiendo passivamente di sangue e subisce una contrazione atriale finale per completare il suo riempimento prima della sistole ventricolare. Questo tono è più comunemente associato a situazioni in cui c'è un aumento della rigidità ventricolare, rendendo la fase di riempimento finale più difficile e quindi più evidente sotto forma di un tono udibile. Per capire meglio perché la risposta è corretta, esaminiamo dettagliatamente le caratteristiche di questa fase del ciclo cardiaco e le condizioni associate alla sua rilevanza clinica. Il IV tono cardiaco, noto anche come "tono di galoppo atriale" o "S4", è un suono di bassa frequenza che si verifica subito prima del tono S1, marcando l'inizio della sistole. La sua presenza indica che il ventricolo sta incontrando resistenza durante la fase di riempimento presistolico a causa della sua ridotta compliance. Questo può accadere in varie condizioni patologiche, come ipertensione, cardiopatia ipertrofica o qualunque patologia che porti a una rigidità ventricolare. Il suono è prodotto dall'accelerata iniezione di sangue nell'atrio nel ventricolo non completamente rilassato a seguito della contrazione atriale. Ciò accade perché il ventricolo ha perso una parte della sua elasticità a causa di modifiche strutturale come l'ispessimento delle pareti (ipertrofia) o a causa di fibrosi. Nella sua essenza, il IV tono è una manifestazione acustica dell'aumentato lavoro che l'atrio deve compiere per superare la maggiore resistenza offerta da un ventricolo meno compiacente. Diversamente, un ventricolo sano ha sufficiente compliance per accogliere il sangue proveniente dall'atrio senza generare un suono udibile. Pertanto, la presenza del IV tono nel ciclo cardiaco può servire come importante indicatore clinico di sottostante disfunzione cardiaca, sebbene la sua assenza non escluda necessariamente la presenza di patologie. In sintesi, il IV

16 di 24 Domande

Quale dei seguenti segni/sintomi non è caratteristico dello shock ipovolemico?














La risposta corretta è la D
La bradicardia non è caratteristica dello shock ipovolemico. Lo shock ipovolemico si verifica quando il volume di sangue circolante nel corpo è significativamente ridotto, ciò può essere dovuto a vari fattori come perdita di sangue acuta, gravi disidratazioni o ustioni. Questa condizione porta ad una diminuta perfusione degli organi che può risultare fatale se non trattata tempestivamente. Lo shock ipovolemico è caratterizzato principalmente da un aumento del battito cardiaco (tachicardia), non da bradicardia. Quando si verifica una perdita significativa di volume ematico, il corpo risponde tentando di mantenere adeguata la perfusione agli organi vitali aumentando la frequenza cardiaca. Questa risposta compensatoria si manifesta con la tachicardia piuttosto che con la bradicardia. Inoltre, sintomi comuni dello shock ipovolemico includono una marcata ipotensione dovuta alla riduzione del volume ematico, sudorazione fredda a causa del tentativo del corpo di preservare calore, una diminuzione della temperatura cutanea per lo stesso motivo, e una contrazione della diuresi come meccanismo di conservazione dell'acqua a seguito dell'ipoperfusione renale. In questa condizione, il corpo umano attiva vari meccanismi compensatori in risposta alla diminuzione del volume circolante. Tra questi, vi è l'attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, che porta alla ritenzione di sodio e acqua nei reni per aumentare il volume ematico. Il sistema nervoso simpatico è stimolato, causando vasocostrizione periferica per mantenere la pressione sanguigna e indirizzare il flusso di sangue agli organi vitali. Tuttavia, se la causa dello shock ipovolemico non viene rapidamente identificata e trattata, questi meccanismi compensatori non saranno sufficienti a mantenere la perfusione organica, portando a danno organico e, potenzialmente, alla morte. Per questo, è fondamentale identificare tempestivamente i segnali e i sintomi dello shock ipovolemico per intraprendere le misure di rianimazione appropriate, che includono la somministrazione di liquidi endovenosi per aumentare il volume ematico e, se necessario, trasfusioni di sangue. La comprensione precisa dei sintomi e delle risposte fisiologiche associate allo shock ipovolemico è cruciale per la gestione clinica di questi pazienti, dove la bradicardia, in questo contesto, segnala generalmente una fase molto avanzata dello shock o può indicare una differente etiologia dello stato di shock rispetto a quella ipovolemica.

17 di 24 Domande

La forma di ipertensione arteriosa che tipicamente si osserva nell'ultrasettantacinquenne è:














La risposta corretta è la C
La forma di ipertensione arteriosa che tipicamente si osserva nell'ultrasettantacinquenne è l'ipertensione sistolica isolata. Questo tipo di ipertensione si caratterizza per valori elevati della pressione sanguigna sistolica (la pressione massima) a fronte di valori normali o quasi della pressione diastolica (la pressione minima). L'ipertensione sistolica isolata è particolarmente comune negli anziani ed è un importante fattore di rischio cardiovascolare in questa fascia d'età . La ragione principale del suo sviluppo è legata alle modifiche strutturali e funzionali dei vasi sanguigni che si verificano con l'invecchiamento. Man mano che l'individuo invecchia, le pareti delle arterie tendono a diventare più rigide a causa dell'accumulo di calcio e della perdita di elasticità del tessuto elastico. Questo processo, noto come arteriosclerosi, comporta un aumento della resistenza periferica e consequenzialmente un aumento della pressione sistolica. Un'altra considerazione importante è che, con l'avanzare dell'età , la capacità del cuore di riempirsi durante la diastole può diminuire, influenzando la relazione tra pressione diastolica e sistolica. Ciò può portare ad un allargamento dell'intervallo tra la pressione sistolica e diastolica, enfatizzando ulteriormente il fenomeno dell'ipertensione sistolica isolata. Inoltre, l'impennata della pressione sistolica in assenza di un significativo aumento della pressione diastolica mette particolarmente a rischio gli anziani di sviluppare complicanze cardiache, come l'ipertrofia ventricolare sinistra, e cerebrovascolari, inclusi ictus ed episodi di ischemia transitoria. La gestione dell'ipertensione sistolica isolata negli anziani richiede un approccio delicato, finalizzato a ridurre i rischi cardiovascolari senza compromettere la perfusione degli organi vitali, considerando che una riduzione eccessiva della pressione diastolica può essere dannosa, specialmente nei pazienti con patologie coronariche preesistenti. In conclusione, l'ipertensione sistolica isolata rappresenta un segnale di allarme nel contesto dell'invecchiamento vascolare e richiede una valutazione attenta e una gestione mirata per ridurre i rischi associati senza introdurre nuovi fattori di rischio derivanti da un trattamento inappropriato. La comprensione delle basi fisiologiche e patogenetiche di questa condizione è fondamentale per ottimizzare l'intervento terapeutico e migliorare l'outcome nei pazienti anziani.

18 di 24 Domande

Qual è la misura terapeutica d'urgenza indicata nel tamponamento cardiaco?














La risposta corretta è la C
La misura terapeutica d'urgenza indicata nel tamponamento cardiaco è la pericardiocentesi. Questa procedura consente di drenare il liquido accumulato nel pericardio, l'involucro che circonda il cuore, alleviando la pressione sul cuore stesso. La pericardiocentesi è un intervento cruciale nel trattamento del tamponamento cardiaco, una condizione potenzialmente letale. Il tamponamento cardiaco si verifica quando il liquido si accumula rapidamente nello spazio pericardico, esercitando una pressione tale da impedire al cuore di riempirsi e contrarsi in modo adeguato. Questa situazione può portare a una diminuzione critica della gittata cardiaca e, se non trattata tempestivamente, al collasso circolatorio e alla morte. Il meccanismo alla base del tamponamento cardiaco involve diverse cause, tra cui traumi, procedimenti medici, infezioni e patologie come il cancro o l'insufficienza renale, che possono portare all'accumulo di liquido nel pericardio. I sintomi possono variare da dolore toracico, dispnea (difficoltà respiratorie), tachicardia (battito cardiaco accelerato), fino ad arrivare a segni di shock cardiogeno. Il trattamento immediato tramite pericardiocentesi intende rimuovere fisicamente il liquido per ridurre la pressione intrapericardica, migliorando così la funzione cardiaca e stabilizzando il paziente. A seconda della causa sottostante del tamponamento cardiaco, possono essere necessari ulteriori trattamenti per prevenire la ricomparsa del liquido e per trattare la patologia di base. Viene effettuata inserendo un ago attraverso la parete toracica nel pericardio sotto guida ecografica per assicurare precisione e minimizzare il rischio di danneggiare il cuore o altri organi. Una volta raggiunto lo spazio pericardico, l'ago viene utilizzato per drenare il liquido, alleviando così la pressione sul cuore. La riuscita di questo intervento cambia significativamente la prognosi del paziente con tamponamento cardiaco, trasformando una condizione potenzialmente fatale in una gestibile. Oltre alla pericardiocentesi, è fondamentale trattare la causa sottostante del tamponamento per evitare recidive e garantire una ripresa completa.

19 di 24 Domande

In quale delle seguenti patologie si riscontra tipicamente l'associazione di iposideremia ed ipotransferrinemia con ferritina normale o aumentata?














La risposta corretta è la E
L'anemia associata ad infiammazione cronica è tipicamente caratterizzata dalla presenza di iposideremia e ipotransferrinemia con livelli di ferritina normali o aumentati. Questo quadro è dovuto alla risposta del corpo ai processi infiammatori. Infatti, l'anemia di malattia cronica, ora più comunemente chiamata anemia associata ad infiammazione, è una condizione comune in individui con infiammazioni, infezioni o neoplasie prolungate. Questo tipo di anemia è secondario ad un disturbo sottostante e non a una carenza di ferro, vitamina B12, o folati. Le caratteristiche distintive di questo tipo di anemia includono la riduzione del ferro circolante a causa dell'attivazione del sistema immunitario che invia segnali per trattenere il ferro all'interno delle cellule, evitando così che sia utilizzato dagli agenti patogeni. Di conseguenza, si verificano iposideremia e ipotransferrinemia. Al contempo, i livelli di ferritina, che è un indicatore delle riserve di ferro nell'organismo, rimangono normali o aumentati. Questo contraddistingue l'anemia di malattia cronica dalle altre forme di anemia, come quella dovuta a carenza marziale, dove i livelli di ferritina sono tipicamente bassi a causa dell'esaurimento delle riserve di ferro. Il meccanismo alla base di questa condizione involve vari attori del sistema immunitario e della risposta infiammatoria, inclusi citochine e cellule del sistema immunitario che modificano il metabolismo del ferro e l'eritropoiesi, cioè la formazione dei globuli rossi nel midollo osseo. Questo è particolarmente evidente in condizioni di infiammazione cronica, dove l'organismo tenta di limitare la disponibilità di ferro a patogeni e cellule neoplastiche aumentando l'assorbimento di ferro da parte del sistema reticoloendoteliale e diminuendo la sua liberazione nel siero. Inoltre, l'anemia associata a infiammazione cronica può comportare una risposta insufficiente all'eritropoietina, l'ormone che regola la produzione di globuli rossi, nonché un impatto diretto delle citochine sulla proliferazione dei precursori eritroidi nel midollo osseo. Questi fattori contribuiscono alla complessa patofisiologia di questa condizione, la quale risulta dalla combinazione di ridotto apporto di ferro per l'eritropoiesi e disfunzione del processo stesso. La comprensione di questa tipologia di anemia è cruciale per il corretto trattamento dei pazienti affetti, impiegando strategie mirate non solo a correggere l'anemia, ma anche a trattare l'infiammazione o la malattia sottostante che la causa.

20 di 24 Domande

Qual è il decubito abituale nel versamento pleurico massivo?














La risposta corretta è la A
Il decubito abituale nel versamento pleurico massivo è laterale sul lato interessato. Ciò significa che, in presenza di un abbondante versamento pleurico, il paziente tende spontaneamente a sdraiarsi sul lato del corpo dove vi è l'accumulo di liquido nella cavità pleurica. Questa posizione può aiutare a ridurre il disagio e migliorare la respirazione. Per comprendere perché ciò avviene, è essenziale conoscere le basi patologiche del versamento pleurico massivo. Il versamento pleurico si riferisce all'accumulo anormale di fluido nello spazio pleurico, che è lo spazio sottile tra i due foglietti pleurici che rivestono i polmoni e la parete toracica. Tale aduno di liquido, quando raggiunge volumi considerevoli, può causare una significativa difficoltà respiratoria per il paziente, poiché il liquido in eccesso esercita una pressione sul polmone, limitandone l'espansione durante la respirazione. Questa condizione può originare per varie ragioni, tra cui infezioni, malattie inflammatorie, insufficienza cardiaca congestizia e condizioni maligne. Il sintomo principale di un versamento pleurico è la difficoltà respiratoria, che può essere accompagnata da dolore toracico, tosse e febbre, a seconda della causa sottostante. Il decubito laterale sul lato interessato viene adottato istintivamente da molti pazienti con versamento pleurico massivo per cercare sollievo. Questa posizione può leggermente ridurre la pressione esercitata dal liquido sul polmone interessato, permettendo una maggiore espansione del polmone contro laterale e potenzialmente migliorando la capacità respiratoria del paziente. Inoltre, sdraiarsi sul lato interessato può anche diminuire la sensazione di oppressione toracica e migliorare il benessere complessivo del paziente. In conclusione, la tendenza a sdraiarsi sul lato affetto da un versamento pleurico massivo rappresenta un tentativo del corpo di adattarsi alla presenza dell'accumulo di liquido per minimizzare il disagio e ottimizzare, per quanto possibile, la funzione respiratoria. È una manifestazione pratica della ricerca, da parte del paziente, di una posizione che gli permetta di alleviare la pressione sul polmone affetto e facilitare il processo di respirazione.

21 di 24 Domande

La diagnosi di Iperlipidemia Familiare Combinata si basa sulla presenza di:














La risposta corretta è la A
La diagnosi di Iperlipidemia Familiare Combinata si basa sulla presenza di ipercolesterolemia e/o ipertrigliceridemia nel paziente e nei familiari di 1 ° grado. Questa patologia è correttamente identificata attraverso il riscontro di livelli elevati di colesterolo e/o trigliceridi non solo nel paziente stesso ma anche nei suoi parenti più prossimi, attestando così la natura genetica e familiare della condizione. La correttezza di questa risposta è profondamente radicata nella natura dell'Iperlipidemia Familiare Combinata, una delle dislipidemie genetiche più comuni, la quale colpisce circa il 1% della popolazione generale. In questa condizione, individui all'interno della stessa famiglia possono manifestare diverse forme di dislipidemia, il che significa che alcuni possono avere ipercolesterolemia (alto livello di colesterolo nel sangue), altri ipertrigliceridemia (alto livello di trigliceridi nel sangue), o una combinazione di entrambi. Queste variazioni nei profili lipidici rispecchiano la diversità genetica all'interno di una stessa famiglia che condivide una predisposizione comune alla dislipidemia. L'ipercolesterolemia, in particolare, è caratterizzata da livelli elevati di colesterolo nel sangue, una condizione che può aumentare significativamente il rischio di malattie cardiovascolari. La componente genetica dell'ipercolesterolemia in famiglie affette da Iperlipidemia Familiare Combinata suggerisce una trasmissione ereditaria del rischio elevato di colesterolo alto. L'ipertrigliceridemia, d'altra parte, implica una quantità eccessiva di trigliceridi nel sangue. Analogamente all'ipercolesterolemia, l'ipertrigliceridemia può predisporre a una serie di complicazioni, tra cui aumentato rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. La presentazione familiare di questa condizione indica che anche l'ipertrigliceridemia può essere trasmessa geneticamente all'interno delle famiglie. La combinazione di queste caratteristiche rende l'Iperlipidemia Familiare Combinata una condizione eterogenea, con manifestazioni cliniche che possono variare ampiamente tra i membri della stessa famiglia. Il fattore unificante è l'alta incidenza sia di ipercolesterolemia che di ipertrigliceridemia tra i parenti di primo grado, il che sottolinea l'importanza di una valutazione familiare nella diagnosi di questa dislipidemia. Questa convinzione si basa sulla comprensione che la condivisione del background genetico e ambientale può influenzare in modo significativo il profilo lipidico di un individuo, rendendo cruciale considerare la storia familiare di dislipidemie per una corretta diagnosi e gestione della condizione.

22 di 24 Domande

Quale disordine elettrolitico caratterizza il morbo di Addison?














La risposta corretta è la C
Il morbo di Addison è caratterizzato da iperpotassiemia e iposodiemia. Questo significa che nelle persone affette da questa condizione si verifica una concentrazione elevata di potassio nel sangue (iperpotassiemia) e una bassa concentrazione di sodio (iposodiemia). La malattia di Addison, nota anche come insufficienza surrenalica primaria, è una condizione che si verifica quando le ghiandole surrenali non sono in grado di produrre quantità sufficienti di alcuni ormoni, in particolare il cortisolo e, in misura minore, l'aldosterone. L'aldosterone gioca un ruolo chiave nella regolazione dell'equilibrio di sodio e potassio nel corpo. Quando la produzione di aldosterone è insufficiente, si verifica una perdita di sodio e acqua attraverso le urine, il che porta a bassi livelli di sodio nel sangue (iposodiemia). Al contempo, l'insufficienza di aldosterone previene l'escrezione adeguata di potassio, risultando in alti livelli di potassio nel sangue (iperpotassiemia). Le persone affette dal morbo di Addison possono manifestare sintomi quali debolezza muscolare, affaticamento, perdita di peso, pressione bassa, e desiderio di consumare cibi salati. La gestione di questa condizione richiede un attento monitoraggio e spesso la sostituzione a lungo termine degli ormoni mancanti. L'alterazione del bilancio elettrolitico, con iperpotassiemia e iposodiemia, riflette direttamente gli effetti della ridotta produzione di aldosterone sul regolamento dei livelli di sodio e potassio. Questa alterazione è un segno distintivo del morbo di Addison e può portare a serie complicanze se non trattata adeguatamente. L'importanza di riconoscere queste anomalie sta nella loro rilevanza diagnosica e nel bisogno di trattamento per prevenire potenziali conseguenze pericolose per la vita, come l'arresto cardiaco dovuto all'iperpotassiemia. La comprensione accurata di questi squilibri elettrolitici e la loro gestione è fondamentale nella cura dei pazienti affetti dal morbo di Addison.

23 di 24 Domande

Le strie rubre cutanee sono tipiche di una delle seguenti malattie:














La risposta corretta è la D
Le strie rubre cutanee sono tipiche della Malattia di Cushing. Questo specifico segno cutaneo è associato a varie manifestazioni della sindrome di Cushing, una patologia caratterizzata dall'eccessiva presenza di cortisolo nel corpo, spesso dovuta a una produzione eccessiva da parte delle ghiandole surrenali oppure dall'uso a lungo termine di farmaci corticosteroidi. La Malattia di Cushing, o sindrome di Cushing quando non causata direttamente da alterazioni adiuvanti della ghiandola pituitaria, si palesa attraverso una vasta gamma di sintomi e complicazioni a causa dell'iperproduzione cronica di cortisolo. Questo ormone, prodotto dalle ghiandole surrenali situati sopra i reni, ha un ruolo cruciale nella regolazione di vari processi corporei inclusa la risposta allo stress, il metabolismo dei glucidi, la modulazione del sistema immunitario e l'insonnia. Tuttavia, un suo eccesso porta a manifestazioni multisistemiche. Tra le caratteristiche più evidenti della Malattia di Cushing vi sono le alterazioni cutanee, dove le strie rubre rappresentano una di queste manifestazioni. Diversamente dalle comuni strie distensae che possono apparire in seguito a veloci cambiamenti di peso, le strie associate alla Malattia di Cushing tendono ad essere più larghe, lunghe e di un colore che va dal rosa al violaceo. Ciò è dovuto all'effetto catabolico del cortisolo sulla pelle, che porta a una perdita dell'elasticità , a un assottigliamento e a una riduzione della capacità di autorigenerazione della pelle stessa. In aggiunta alle strie, la Malattia di Cushing può manifestarsi con obesità centripeta, faccia a luna piena, ipertensione, debolezza muscolare, alterazioni del metabolismo glucidico che possono sfociare in diabete mellito, alterazioni dell'umore e della libido, osteoporosi, e ritardo della crescita nei bambini. Questi sintomi derivano dall'impatto sistemico dell'iperproduzione di cortisolo sul bilancio energetico, sulla ripartizione dei grassi, sui tessuti connettivi, sui sistemi cardiovascolare, muscolare e osseo, nonché sui sistemi neuroendocrino e immunitario. Essenzialmente, la Malattia di Cushing si configura come una condizione complessa che richiede un approccio multi-disciplinare per la sua diagnosi e trattamento, includendo correzioni farmacologiche per limitare la produzione di cortisolo o interventi chirurgici nelle situazioni in cui la causa è un tumore endocrino. La gestione mira non solo a normalizzare i livelli di cortisolo ma anche a trattare e minimizzare le numerose complicazioni derivate dall'esposizione cronica a livelli elevati di questo ormone.

24 di 24 Domande

Quale tra le seguenti condizioni non rientra tra quelle considerate nella valutazione del rischio embolico nel paziente con fibrillazione atriale mediante lo score CHA(2)DS(2)-VASc?














La risposta corretta è la E
La condizione che non rientra tra quelle considerate nella valutazione del rischio embolico nel paziente con fibrillazione atriale mediante lo score CHA(2)DS(2)-VASc è la menopausa. Questo specifico score è uno strumento utilizzato per valutare il rischio di embolia in pazienti affetti da fibrillazione atriale. Include vari fattori di rischio ma non prende in considerazione la menopausa come uno di questi. La validità di questa risposta può essere meglio compresa esaminando il significato e l'obiettivo dello score CHA(2)DS(2)-VASc. Questo score è progettato per predire il rischio di ictus in persone con fibrillazione atriale e include vari fattori di rischio: congestione cardiaca/ disfunzione ventricolare sinistra (C), ipertensione (H), età ? 75 anni (A2), diabete mellito (D), ictus/TIA/tromboembolismo precedente (S2), malattia vascolare (V), età tra 65 e 74 anni (A), e sesso femminile (Sc). Ogni lettera rappresenta un fattore di rischio specifico e il punteggio totale viene utilizzato per determinare la necessità di terapia anticoagulante per prevenire l'ictus. Per quanto riguarda la patologia di fondo, la fibrillazione atriale (FA) è un tipo di aritmia cardiaca caratterizzata da battito cardiaco rapido e irregolare. Questa condizione può portare a una serie di complicanze, tra cui l'ictus. Gli ictus causati dalla FA sono spesso il risultato di emboli che si formano a causa del flusso sanguigno turbolento negli atri, in particolare nell'atrio sinistro. Quando parti di questi coaguli si staccano, possono viaggiare verso il cervello, bloccando i vasi sanguigni e causando un ictus. Rispetto ai fattori di rischio inclusi nello score CHA(2)DS(2)-VASc, la menopausa non è stata identificata come un fattore di rischio diretto per lo sviluppo di eventi tromboembolici in pazienti con fibrillazione atriale. Questo score mira a individuare i pazienti a più alto rischio di ictus per poterli trattare in modo proattivo con terapie anticoagulanti per prevenire tali eventi. Pertanto, la menopausa non è considerata un elemento di questo strumento di valutazione del rischio. In sintesi, il CHA(2)DS(2)-VASc score è fondamentale nella gestione del rischio embolico in pazienti con fibrillazione atriale, incorporando vari fattori di rischio ben documentati, tranne la menopausa, che non è stata dimostrata essere direttamente correlata al rischio di embolia in questo contesto.

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