Simulazione

Cliccando in alto a destra sul pulsante 2 è possibile "Consegnare", "Salvare e Interrompere", "Salvare e Continuare" il compito.

1 di 10 Domande

Quale tra le seguenti modificazioni del funzionamento dell’apparato cardiovascolare NON fa parte dell’adattamento materno fisiologico alla gravidanza?














La risposta corretta è la E.

Durante la gravidanza, si verifica un aumento della gittata cardiaca per sostenere la vascolarizzazione del feto. Inoltre, si osserva un incremento del volume cardiaco per raggiungere tale obiettivo. L'aumento del volume dell'utero comporta una sollevazione del diaframma con una lieve modifica della sua posizione. La frequenza cardiaca aumenta parallelamente alla gittata cardiaca. Infine, è comune riscontrare una riduzione della pressione arteriosa dovuta all'aumento del letto vascolare.

 


2 di 10 Domande

Quale dei seguenti reperti clinico-strumentali NON è tipico della mola vescicolare completa?














La risposta corretta è la E.

Uno dei segni iniziali che suggerisce la possibile presenza di una mola vescicolare è l'elevazione significativa dei livelli di beta-hCG. Solitamente, la valutazione di tali livelli è richiesta quando non viene visualizzato l'embrione nella cavità uterina. Le perdite ematiche nel primo trimestre di gravidanza rappresentano il sintomo più comune. In passato, altri sintomi associati includevano anemia sideropenica, aumento delle dimensioni dell'utero rispetto alla settimana gestazionale, pre-eclampsia, iperemesi, ipertiroidismo (caratterizzato da un aumento dei livelli di ormoni tiroidei, in particolare di tiroxina, causato dall'effetto simile a quello della tireotropina delle beta-hCG), e distress respiratorio (attribuibile sia all'aumento dei livelli di beta-hCG sia alle embolie di tessuto trofoblastico), sintomi che attualmente sono più rari grazie alla diagnosi precoce ottenuta tramite lo screening ecografico nel primo trimestre. Le caratteristiche ecografiche includono:
- Una massa eterogenea con piccole cisti multiple, comunemente descritta come il segno ecografico caratteristico "a tempesta di neve".
- Assenza di sviluppo fetale.
- Presenza di cisti ovariche tecoluteiniche dovute all'eccessiva produzione di beta-hCG, le cui dimensioni possono variare da 3 a 20 cm e che tendono a ridursi con la diminuzione dei livelli di beta-hCG.

 


3 di 10 Domande

Quale tra le seguenti è una frequente complicazione delle fratture della parete posteriore dell'acetabolo con lussazione della testa femorale?














La risposta corretta è la E.

Una frattura della parete posteriore dell'acetabolo con lussazione della testa femorale, verosimilmente di natura posteriore con risalita della testa femorale, aumenta il rischio di lesione del nervo sciatico. Il nervo sciatico, anche conosciuto come nervo ischiatico, è un nervo misto con componenti motorie e sensitive ed è il più lungo e voluminoso del corpo umano. Percorre una traiettoria posteriore all'acetabolo, emergendo dal forame sotto-piriforme e assumendo una forma di larga lamina biancastra. Successivamente, attraversa lo spazio adiposo gluteo e si interseca con i muscoli extra-rotatori dell'anca, inclusi il gemello superiore, il muscolo otturatore interno, il gemello inferiore e il quadrato del femore. Questa parte del suo percorso è quella coinvolta nella situazione discussa. È importante notare che nei comuni approcci chirurgici all'anca, il muscolo piriforme viene spostato per proteggere il nervo sciatico. La posizione dell'arto inferiore durante il tracciamento del nervo ischiatico, adottata anche nella preparazione pre-operatoria per fratture acetabolari con accesso posteriore, è caratterizzata da un'anca estesa e un ginocchio flesso a 90°. Rispetto ad altre opzioni, queste non comportano un rischio di lesione nervosa con il tipo di frattura descritto.


4 di 10 Domande

Una donna di 53 anni, che espleta il lavoro di segretaria, riferisce al proprio medico curante disturbi alla mano destra iniziati da alcuni mesi. Nello specifico lamenta dolore e parestesie in corrispondenza delle prime tre dita della mano che peggiorano durante la notte. Il dolore e le parestesie peggiorano nella iperflessione del polso ed il segno di Tinel è positivo. Ispettivamente si apprezza ipotrofia dell’eminenza tenar dal lato interessato. Qual è la diagnosi più probabile tra le seguenti?














La risposta corretta è la C.

Il quadro clinico indicato nel caso suggerisce la sindrome del tunnel carpale. Questa condizione è più frequente nel sesso femminile, con un rapporto di 3 a 1 rispetto al sesso maschile, e si manifesta spesso nella sesta decade di vita. Sebbene nella maggior parte dei casi la causa sia idiopatica, possono essere coinvolte anche cause anatomiche, traumatiche, micro-traumatiche, tumorali, infiammatorie e metaboliche. Nel contesto descritto, oltre alla possibilità di una causa idiopatica, potrebbe essere presa in considerazione un'origine micro-traumatica legata al lavoro. Il quadro clinico presenta tutte le caratteristiche della sindrome, con esordio tipicamente irritativo caratterizzato da torpore, parestesie e dolore alle prime tre dita della mano, territorio tipico di innervazione del nervo mediano, soprattutto nelle prime ore del mattino quando la mano assume una posizione flessa durante il sonno, comprimendo il canale carpale. All'ispezione, spesso si osserva una ipotrofia dell'eminenza tenar, valutata mediante confronto con l'altra mano, causata dal danno alle fibre che innervano l'abduttore breve del pollice. È inoltre tipicamente positivo il test di Phalen, che consiste nella flessione del polso con il dorso delle mani appoggiato uno contro l'altro e le dita rivolte verso il basso, con sintomi che compaiono entro un minuto. Il test di Tinel positivo si esegue percuotendo il nervo mediano prossimalmente al canale carpale, con positività indicata dalla percezione di una scossa lungo il territorio di innervazione. Esiste anche il test di Durkan, che consiste nella compressione manuale del tunnel carpale, in grado di riprodurre i sintomi entro un minuto. La sindrome del tunnel cubitale e la sindrome del canale di Guyon coinvolgono tipicamente il quarto e il quinto dito e sono meno compatibili con gli esiti post-traumatici rispetto alla sindrome del tunnel carpale, non essendo riportato un trauma nell'anamnesi (le risposte A e B sono errate). La sindrome di Pancoast, invece, è associata all'irritazione delle strutture vicino all'apice polmonare a causa di processi espansivi e comporta una sintomatologia molto diversa, inclusa una debolezza muscolare in tutto l'arto superiore (la risposta E non è corretta).

 


5 di 10 Domande

Un ragazzo di undici anni frequenta una scuola di calcetto. Gli allenamenti si svolgono da alcuni mesi su un campo in cemento. Il ragazzo lamenta da quattro settimane dolore al tallone che migliora a riposo e peggiora dopo gli allenamenti. All’esame obiettivo si apprezza dolore alla pressione in corrispondenza della porzione posteriore del calcagno. Quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la B. 

La diagnosi più probabile è la Malattia di Sever, la quale presenta un quadro clinico tipico di osteocondrosi, patologie dell'età evolutiva caratterizzate da una necrosi avascolare dei nuclei di ossificazione di origine ancora sconosciuta. Si presume che tali condizioni abbiano una base vascolare, con ipotesi di una possibile insufficienza vascolare dei nuclei di ossificazione, particolarmente suscettibile a carichi di lavoro superiori rispetto alle attività di base, come nel caso dell'attività sportiva. Solitamente, la sospensione dell'attività fisica per un periodo variabile, a seconda della sede interessata, comporta un beneficio nella gestione di queste patologie. Il quadro radiografico caratteristico evidenzia addensamenti, frammentazione, trasparenza e formazione di nuovo nucleo di accrescimento. Ogni sede interessata presenta un nome specifico. La sindrome descritta coinvolge il calcagno, in particolare la tuberosità posteriore. Al contrario, il morbo di Köhler I coinvolge lo scafoide tarsale, il morbo di Freiberg (noto anche come Köhler II) coinvolge la testa del II metatarso, il morbo di Panner coinvolge il condilo omerale laterale, mentre la malattia di Sinding-Larsen-Johansson coinvolge il polo inferiore della rotula (le risposte A, C, D ed E sono errate).

 


6 di 10 Domande

Quale delle seguenti è la più frequente lesione neoplastica dello scheletro?














La risposta corretta è la C.

Le lesioni neoplastiche più comuni a livello scheletrico sono rappresentate principalmente dalle metastasi ossee, con una predominanza di tumori derivanti dalla mammella (caratterizzati da osteolisi) e dalla prostata (con un pattern osteoaddensante). Tra i tumori primari, invece, quelli più frequenti includono il plasmocitoma, l'osteosarcoma e il sarcoma di Ewing.


7 di 10 Domande

Un paziente di 65 anni viene sottoposto ad intervento di artroprotesi del ginocchio destro per presenza di una grave artrosi sintomatica. A distanza di due anni dall’intervento, durante i quali la sintomatologia dolorosa è completamente regredita, il paziente inizia a lamentare rigidità, dolore e tumefazione del ginocchio operato. Esegue un’artrocentesi del ginocchio che da esito ad un liquido torbido di colorito giallastro, concentrazione proteica di 3,7 g/dL, glucosio 10 mg/dL, LDH 4.800 U/L. L’ipotesi diagnostica più verosimile tra le seguenti è:














La risposta corretta è la C.

Il quadro clinico suggerisce una possibile infezione periprotesica. Nei casi di infezione periprotesica, si osserva un consumo di glucosio nel liquido sinoviale, che normalmente presenta livelli simili a quelli plasmatici. Queste infezioni, di natura batterica, sono accompagnate da un aumento dei leucociti, indicato anche indirettamente dall'LDH, e da un aspetto chimico-fisico del campione di artrocentesi descritto come giallo torbido. Un incremento del contenuto proteico, di solito inferiore a 2,5 g/dL, evidenzia un'infiammazione della sinovia con compromissione della sua selettività e semipermeabilità.
Per quanto riguarda l'emartro, il campione non suggerisce questa eventualità; la diagnosi di frattura periprotesica richiede valutazione radiografica, mentre un posizionamento errato delle componenti protesiche non è una complicanza tipica a comparsa tardiva.
Le infezioni periprotesiche si distinguono in diverse categorie: infezione acuta (insorta durante l'intervento, causata da patogeni altamente virulenti, entro il primo mese), infezione acuta ritardata (di origine ematogena entro un mese), infezione tardiva (insorta da due mesi a due anni dall'intervento, causata da patogeni a bassa virulenza) e infezione cronica (generalmente causata da batteriemia a più di due anni dall'intervento).


8 di 10 Domande

In un paziente a cui in esito ad una TURV è stata diagnosticata una neoplasia vescicale pT1 G3, associata a Cis, dopo quanto tempo è necessario ripetere la TURV?














La risposta corretta è la B.

La TURV, o resezione transuretrale del tumore della vescica, rappresenta l'esame endoscopico appropriato e il metodo di resezione standard nel trattamento del cancro della vescica. In casi ad alto rischio come questo, è consigliabile programmare un'altra TURV entro un periodo compreso tra 2 e 6 settimane. Le altre opzioni fornite non sono appropriate: una settimana è troppo presto, mentre 8 settimane e 3 mesi sono tempi prolungati e la cistectomia radicale è riservata a casi specifici. Inoltre, considerando l'elevato rischio del paziente, è probabile che venga avviata una terapia con BCG (Bacillus Calmette-Guérin) per un periodo minimo di 12 mesi (le risposte A, C, D ed E sono errate).


9 di 10 Domande

Un uomo di 70 anni giunge all’osservazione dell’Urologo per un valore di PSA totale di 20,6 ng/mL. All’esame obiettivo l’esplorazione rettale è dubbia per neoplasia prostatica. L’iter diagnostico considerato attualmente più appropriato tra i seguenti è:














La risposta corretta è la D.

Nella diagnosi di neoplasia prostatica, è cruciale valutare inizialmente il valore del PSA (considerando anche il rapporto tra PSA libero e totale) e condurre un'esplorazione rettale, la quale, se sospettata, può rivelare una prostata duro-lignea con noduli palpabili e aumentata consistenza. Se il PSA è aumentato e vi è sospetto di neoplasia, risulta utile per un'indagine di approfondimento la RM multi-parametrica della prostata, la quale fornisce informazioni sulle eventuali aree sospette, classificate secondo la nomenclatura PIRADS (fino a PIRADS 5 in caso di forte sospetto). Diversamente, la RM è l'esame di elezione nel sospetto di carcinoma prostatico. "Multiparametrica" si riferisce ai protocolli di RM che includono sequenze morfologiche (T1-pesate e T2-pesate), una sequenza pesata in diffusione (DWI) e una sequenza dinamica durante e dopo contrasto (T1-pesata, nota anche come DCE). La RM serve a identificare lesioni che possono configurare una malattia oncologica "clinicamente significativa" tramite lo score PI-RADS. Questo concetto si applica alla neoplasia prostatica poiché alcuni carcinomi prostatici hanno un andamento indolente in pazienti anziani e non influenzano significativamente la prognosi. Di conseguenza, la RM ha il compito di individuare lesioni aggressive da biopsiare e trattare. La biopsia prostatica completa l'iter diagnostico, insieme alla scintigrafia ossea che esclude localizzazioni secondarie. La biopsia prostatica dovrebbe essere mirata alla lesione sospetta identificata dalla RM e non dovrebbe essere eseguita in assenza di reperti RM (la risposta E è errata). L'ecografia transrettale ha un ruolo nell'valutazione preliminare da parte dell'urologo specializzato (la risposta C è errata). L'ecografia sovrapubica non è sensibile alle lesioni focali neoplastiche e non è indicata per la valutazione della prostata (la risposta B è errata). La FDG-PET non è pertinente nel contesto diagnostico (la risposta A è errata).


10 di 10 Domande

Un paziente di 65 anni, operato da 3 mesi di prostatectomia radicale per una neoplasia con un Gleason 3+3, riferisce incontinenza diurna e notturna. La diagnosi più probabile tra le seguenti è:














La risposta corretta è la B.

Le principali complicanze della prostatectomia radicale includono il deficit erettile e l'incontinenza urinaria, con una prevalenza di quest'ultima che varia dal 2 al 60%. I fattori di rischio comprendono l'età del paziente, lo stadio della malattia, la tecnica chirurgica impiegata, lo stato di continenza preoperatoria e l'eventuale terapia radiante. Nella maggior parte dei casi (90%), l'incontinenza è causata da disfunzione sfinteriale, mentre nel restante 10% da disfunzione vescicale, che può essere attribuibile all'iperattività detrusoriale o a una ridotta compliance vescicale; talvolta le cause sono miste. La riabilitazione pelvica può rappresentare uno strumento efficace per migliorare o risolvere completamente questa complicanza, coinvolgendo la chinesiterapia pelvi-perineale, l'elettrostimolazione e la terapia comportamentale.


Consegna il compito!


Tempo Rimasto 10 minuti!

Dottore, non aggiorni questa pagina prima del completamento della correzione.
Clicchi su "Consegna il Compito" per ottenere la correzione del compito.

consegna v3 il compito