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1 di 22 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 22 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 22 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 22 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 22 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 22 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 22 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 22 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 22 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 22 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 22 Domande

Un uomo di 45 anni, fumatore, con un’ anamnesi positiva per ipercolesterolemia e diabete, si reca presso il Pronto Soccorso, lamentando da circa 48 ore episodi di intenso dolore retrosternale, a riposo, con irradiazione alla spalla sinistra della durata di cinque-dieci minuti. All'ECG, eseguito durante uno degli attacchi, si osserva un sotto-slivellamento del tratto ST di 1,5 mm in V2-V5. Le analisi di laboratorio non mostrano alterazioni degli enzimi cardiaci. Quali tra le seguenti è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la C.

La descrizione del dolore retrosternale che si verifica a riposo e si irradia alla spalla sinistra, associata al sotto-slivellamento del tratto ST di 1,5 mm in V2-V5 durante uno degli attacchi, in assenza di elevazione degli enzimi di miocardiocitonecrosi, indica un quadro di angina instabile. L'angina instabile è una variante di angina pectoris che si manifesta con dolore toracico più intenso, prolungato e frequente del solito, oppure con comparsa a riposo o con minore attività fisica rispetto alle solite attività che scatenano l'angina stabile. Le analisi di laboratorio che non mostrano alterazioni degli enzimi cardiaci possono escludere un danno miocardico acuto, e quindi una diagnosi di infarto miocardico acuto è meno probabile (la risposta B non è corretta). Lo scompenso cardiaco, una condizione dove il cuore non riesce a pompare il sangue adeguatamente, può avere diverse cause, ma generalmente non include dolore toracico retrosternale intenso come quello descritto per questo paziente (la risposta D non è corretta).
La cardiomiopatia tako-tsubo, una condizione di temporanea disfunzione cardiaca spesso scatenata da stress emotivi o fisici, presenta sintomi simili all'infarto miocardico acuto. Tuttavia, l'ECG di solito mostra sopraslivellamento del tratto ST e frequentemente si verifica un aumento della troponina (la risposta E non è corretta).


14 di 22 Domande

Il farmaco di prima linea, in assenza di controindicazioni, in una paziente di 54 anni con diagnosi di angina stabile riscontrata durante
una visita presso l’ ambulatorio di cardiologia è :














La risposta corretta è ala A.

I beta-bloccanti rappresentano il trattamento di prima scelta per l'angina stabile. Questi farmaci riducono la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, diminuendo così il fabbisogno di ossigeno del cuore. Questo può aiutare a prevenire o ridurre gli episodi di angina, specialmente durante l'esercizio fisico o situazioni stressanti. Le altre opzioni non sono farmaci di prima linea per l'angina stabile:

- I nitrati a lunga durata d'azione sono spesso utilizzati nel trattamento dell'angina, ma non sono la prima scelta (la risposta B è errata);
- La digossina è impiegata soprattutto per trattare altre condizioni cardiache, come l'insufficienza cardiaca, ma non è la prima scelta per l'angina stabile (la risposta C è errata);
- La ranolazina è un antianginoso utilizzato quando i beta-bloccanti o i nitrati non sono ben tollerati o non riescono a controllare adeguatamente i sintomi, ma non è di solito un farmaco di prima linea (la risposta D è errata);
- L'ivabradina è un altro antianginoso che riduce la frequenza cardiaca, utilizzato nei pazienti che non tollerano i beta-bloccanti, ma non è la prima scelta per l'angina stabile (la risposta E è errata).


15 di 22 Domande

Lo spostamento verso l’ atrio sinistro in sistole dei lembi della valvola mitrale, senza ispessimento, è segno ecocardiografico suggestivo di quale lesione valvolare?














La risposta corretta è la C.

Il prolasso della valvola mitrale è una condizione caratterizzata dallo spostamento anormale dei lembi della valvola mitrale verso l'atrio sinistro durante la sistole. Questo fenomeno può essere rilevato tramite ecocardiografia, una tecnica di imaging che permette di visualizzare il cuore e le sue valvole. Durante il prolasso, i lembi della valvola possono apparire sottili e non ispessiti, rendendoli suscettibili a muoversi indietro verso l'atrio durante la contrazione ventricolare. Le altre condizioni menzionate non sono associate a questo specifico movimento dei lembi valvolari:

- L'endocardite reumatica è una condizione causata da un'infezione batterica che generalmente porta a ispessimento dei lembi delle valvole cardiache (la risposta A non è corretta);
- La stenosi mitralica è una condizione in cui si verifica una riduzione dell'apertura della valvola mitrale (la risposta B non è corretta);
- L'insufficienza valvolare grave (o rigurgito) è una condizione in cui la valvola mitrale non si chiude completamente, permettendo il ritorno di sangue all'atrio sinistro durante la sistole ventricolare, a seguito di varie anomalie valvolari (la risposta D non è corretta);
- L'endocardite infettiva è un'infezione delle valvole cardiache, spesso caratterizzata dalla formazione di vegetazioni o dal danneggiamento delle strutture valvolari (la risposta E non è corretta).


16 di 22 Domande

Ad un uomo di 50 anni è stata diagnosticata cardiomiopatia dilatativa idiopatica. È stata prescritta una terapia a base di ACE-inibitori e betabloccanti. In questo caso sarebbe necessario prescrivere anche una terapia a base di:














La risposta corretta è la C. 

La cardiomiopatia dilatativa è una condizione caratterizzata dall'ingrandimento e dall'indebolimento del cuore, che ne riduce la capacità di pompare il sangue in modo efficace. La terapia standard spesso include ACE-inibitori (o sartani o sacubitril/valsartan) e beta-bloccanti, farmaci che migliorano la funzione cardiaca e riducono il carico sul cuore. Inoltre, gli antialdosteronici e gli inibitori SGLT2 hanno dimostrato di migliorare la prognosi dei pazienti. La digossina è ora raramente utilizzata in questi pazienti (la risposta A è errata), mentre i diuretici sono principalmente sintomatici (la risposta B è errata). Infine, i corticosteroidi e i calcio-antagonisti non sono indicati per questa condizione (le risposte D ed E sono errate).


17 di 22 Domande

Una donna di 77 anni viene valutata per un possibile impianto di pacemaker. Indicazione certa all'impianto di pacemaker in caso di blocco Atrio-Ventricolare (A-V) viene data:














La risposta corretta è la E.

Il blocco atrioventricolare (A-V) è una condizione medica che implica una compromissione nella trasmissione degli impulsi elettrici dal atrio ai ventricoli nel cuore. I tipi di blocco A-V variano, e la necessità di impiantare un pacemaker dipende dalla specificità e dalla severità del blocco. Il blocco A-V di terzo grado, noto anche come blocco completo, impedisce completamente il passaggio degli impulsi dagli atri ai ventricoli, provocando una dissociazione elettrica completa con conseguenze cliniche rilevanti come astenia e sincope. Anche il blocco A-V di secondo grado avanzato sintomatico, dove alcuni impulsi atriali non raggiungono i ventricoli, può causare sintomi quali svenimenti o vertigini dovuti a un rallentamento o arresto temporaneo del ritmo cardiaco. In questi casi, l'impianto di un pacemaker è raccomandato per mantenere una corretta conduzione elettrica e prevenire sintomi gravi. In contrasto, altre situazioni non rappresentano un'indicazione diretta per l'impianto di pacemaker:
- Il blocco A-V di primo grado, che è una lieve ritardata conduzione tra atri e ventricoli, generalmente non richiede l'impianto di un pacemaker, a meno di complicazioni associate o altre patologie;
- Il blocco A-V di secondo grado con QRS stretti può richiedere un pacemaker solo se accompagnato da sintomi significativi o se progredisce verso un blocco di secondo grado avanzato sintomatico;
- Il blocco A-V di secondo grado tipo 1 asintomatico, noto anche come blocco di Luciani-Wenckebach, di solito non necessita di un pacemaker a meno che non diventi sintomatico o ci siano altre indicazioni cliniche per l'impianto del dispositivo;
- Le malattie neuromuscolari con blocco A-V di primo grado richiederebbero una valutazione più approfondita, ma un blocco A-V di primo grado da solo non è una indicazione sicura per l'impianto di un pacemaker. La decisione dipende dalla gravità del blocco e dai sintomi presentati dal paziente (le risposte A, B, C e D non sono corrette).


18 di 22 Domande

Una paziente di 45 anni senza precedenti cardiovascolari salvo la presenza di ipertensione arteriosa in terapia con ramipril a basso dosaggio, si reca in Pronto Soccorso per un dolore toracico anteriore che non si modifica con lo sforzo ma con gli atti del respiro. Viene dosata la troponina ad alta sensibilità che risulta elevata, mentre l’ ECG mostra un quadro compatibile con ripolarizzazione precoce e una frequenza cardiaca di 70 bpm. Qual è la diagnosi più probabile tra le seguenti?














La risposta corretta è la D.

La paziente di 45 anni, presentando dolore toracico anteriore che non varia con lo sforzo ma con gli atti respiratori e avendo una troponina ad alta sensibilità elevata, suggerisce una possibile miopericardite acuta. La miopericardite coinvolge un'infiammazione contemporanea del miocardio (muscolo cardiaco) e del pericardio (la membrana esterna del cuore), potendo essere scatenata da varie cause come infezioni virali, batteriche, malattie autoimmuni, tra le altre. La presenza di un quadro elettrocardiografico con sopraslivellamento concavo diffuso del tratto ST suggerisce un'infiammazione pericardica. Questa condizione è comunemente diagnosticata in giovani adulti con dolore toracico atipico, richiedendo l'esclusione di altre cause prima di confermare definitivamente la diagnosi. Di conseguenza, sono necessari ulteriori esami e valutazioni per confermare la diagnosi e organizzare un trattamento appropriato. Per quanto riguarda le altre opzioni:
- L'insufficienza mitralica causata dalla rottura di un muscolo papillare è una condizione seria che porta a una marcata insufficienza della valvola mitrale, di solito accompagnata da sintomi quali dispnea, ortopnea e edema, ma non spiega il dolore toracico o l'ECG atipico come descritto (la risposta A non è corretta);
- La sindrome di Wolff-Parkinson-White, che include una via accessoria nel cuore potenzialmente causa di aritmie, non giustifica il dolore toracico né i livelli elevati di troponina (la risposta B non è corretta);
- L'ulcera peptica, una lesione del tratto digestivo, non correla con i sintomi cardiaci della paziente (la risposta C non è corretta);
- Il reflusso gastroesofageo, caratterizzato dal ritorno dei contenuti gastrici nell'esofago causando bruciore e disagio, non corrisponde ai sintomi cardiaci osservati nella paziente (la risposta E non è corretta).


19 di 22 Domande

Un uomo di 70 anni si reca in Pronto Soccorso per un quadro di scompenso cardiaco congestizio secondario ad una pericardite costrittiva con funzione cardiaca altrimenti conservata. Quale di queste opzioni terapeutiche rappresenta il trattamento più adeguato?














La risposta corretta è la A.

La pericardite costrittiva è una condizione in cui il pericardio, la membrana esterna del cuore, diventa rigido e ispessito, impedendo al cuore di espandersi e riempirsi adeguatamente durante il ciclo cardiaco. Questo può causare scompenso cardiaco congestizio, con conseguente ritenzione di liquidi nel corpo che provoca edema e accumulo di liquidi nei polmoni e negli arti. Il trattamento principale della pericardite costrittiva consiste nell'uso di diuretici per ridurre il sovraccarico di liquidi nel corpo e alleviare i sintomi congestizi. I diuretici facilitano l'eliminazione dell'acqua in eccesso attraverso l'urina, alleviando così l'edema e il dolore addominale legati alla ritenzione di liquidi. La chirurgia rappresenta il trattamento definitivo per la pericardite costrittiva e può essere indicata in casi selezionati in cui i sintomi non migliorano con il trattamento farmacologico o in presenza di complicanze significative. La pericardiectomia, che consiste nella rimozione chirurgica del pericardio ispessito, può migliorare significativamente i sintomi e la funzione cardiaca nei pazienti con pericardite costrittiva. Altre opzioni terapeutiche elencate non rappresentano il trattamento di scelta per la pericardite costrittiva:
- La pericardiocentesi precoce, ovvero il drenaggio del liquido dal pericardio, può essere utile in caso di pericardite effusiva, ma nella pericardite costrittiva, l'accumulo di liquido non è la causa principale del problema (la risposta B non è corretta);
- Gli inotropi per via endovenosa migliorano la contrattilità cardiaca, ma non sono il trattamento di scelta per la pericardite costrittiva (la risposta C non è corretta);
- I beta-bloccanti e gli ACE-inibitori sono comunemente utilizzati per alcune forme di scompenso cardiaco, ma non sono trattamenti specifici per la pericardite costrittiva (la risposta D non è corretta);
- I FANS e i cortisonici possono ridurre l'infiammazione associata alla pericardite, ma il trattamento principale per la pericardite costrittiva è rappresentato dai diuretici e, quando necessario, dalla chirurgia. La pericardiocentesi può essere presa in considerazione solo in caso di pericardite effusiva con un accumulo significativo di liquido nel pericardio che provoca sintomi gravi, ma non è il trattamento principale per la pericardite costrittiva (la risposta E non è corretta).


20 di 22 Domande

Un paziente di 85 anni giunge all’ ambulatorio di Endoscopia Digestiva per eseguire una esofagogastroduodenoscopia (EGDS) in seguito a riferita emissione di feci scure con riscontro agli esami ematochimici di anemia (Hb: 9.8 g/dL) ipocromica microcitica. L’ EGDS mostra in sede antrale il quadro riportato. Qual è la diagnosi endoscopica di quanto osservato?

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La risposta corretta è la B.

Escludiamo immediatamente le ultime due opzioni poiché , nell'immagine endoscopica esaminata, non si osservano né formazioni polipoidi né estroflessioni diverticolari dello stomaco, una localizzazione rara per la diverticolosi. Piuttosto, si nota una lesione depressa rispetto alla mucosa circostante, di colore biancastro, con macchie più scure sulla superficie, indicate dalla freccia più piccola. Questo è il quadro tipico di un'ulcera, che in questo caso è localizzata nell'antrum gastrico. La classificazione di Forrest è utilizzata per categorizzare le ulcere basandosi sulle loro caratteristiche endoscopiche e per prevedere il rischio di risanguinamento dell'ulcera stessa. Le ulcere Forrest Ia e Ib sono quelle che sanguinano attivamente, rispettivamente con un sanguinamento a getto e a nappo (la risposta A non è corretta), le ulcere IIa sono quelle con un vaso visibile sottostante, le IIb con coagulo adeso, e le IIc con macchie di ematina sulla superficie. Infine, le ulcere Forrest III hanno una base fibrinosa completamente detersa (la risposta C non è corretta).


21 di 22 Domande

Un paziente di 63 anni affetto da cirrosi epatica dismetabolica ed alcool relata è stato recentemente dimesso dal reparto di gastroenterologia dove era stato ricoverato per stato confusionale secondario ad encefalopatia epatica. Quale fra le terapie sottoelencate è più appropriata per la prevenzione della recidiva di encefalopatia epatica?














La risposta corretta è la D.

La domanda richiede di ricordare le due classi di farmaci impiegate per prevenire o trattare gli episodi di encefalopatia epatica nella cirrosi scompensata: i lassativi osmotici (lattulosio/lattitolo) e la rifaximina. Entrambe le tipologie di farmaci riducono l'accumulo e l'assorbimento delle sostanze azotate nell'intestino del paziente, diminuendo così la quantità che entra nel circolo portale e raggiunge il sistema nervoso centrale.


22 di 22 Domande

Ad un paziente di 80 anni con storia di pregressa ulcera gastrica viene prescritto acido acetilsalicilico a basse dosi. Quale ulteriore farmaco è bene che venga prescritto?














La risposta corretta è la A.

Tra i farmaci elencati, gli inibitori della pompa protonica (PPI) sono gli unici che hanno dimostrato di prevenire la formazione di ulcere peptiche nei pazienti che assumono cardioaspirina o FANS. Sebbene non sia sempre necessario associare la cardioaspirina con un PPI, questo è consigliato per i pazienti a rischio elevato di sanguinamento gastrointestinale, come quelli con precedenti episodi di ulcera peptica o in età avanzata, che devono iniziare una terapia antiaggregante.


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