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1 di 3 Domande

Un ragazzo di circa 30 anni viene portato dal suo coinquilino presso il PS del Policlinico, per alterazione dello stato di coscienza. Si presenta in stato di semi coscienza e scarsamente reattivo agli stimoli. Dopo esser stato rianimato, il ragazzo lamenta un forte mal di testa, fotofobia, vertigini, nausea, vomito e dolore al collo. All’esame obiettivo, risulta positivo per i segni di Kernig e Brudzinski e vengono evidenziate delle lesioni petecchiali sul tronco ed emorragie a carico delle mucose. Gli esami laboratoristici mostrano: WBC 18.000/mm³, emoglobina 12 g/dL, piastrine 60.000/mm³, tempo di sanguinamento 9 min, tempo di protrombina 18 sec, tempo di tromboplastina parziale attivata 48 sec, tempo trombina 18 sec. Nell’immagine sottostante viene mostrato uno striscio di sangue periferico effettuato. Quale delle seguenti diagnosi è la più probabile?

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La risposta corretta è la B.
In base ai reperti clinico-anamnestici e laboratoristici, la diagnosi più probabile per il paziente è rappresentata dalla coagulazione intravascolare disseminata (CID), una sindrome acquisita, caratterizzata dall’attivazione generalizzata del sistema emostatico, che può causare la formazione di trombi in vari organi e/o sanguinamento grave a causa del consumo dei fattori della coagulazione e delle piastrine. Si sviluppa come una complicanza di una vasta gamma di condizioni tra cui infezioni sistemiche, tumori maligni solidi ed ematologici, malattie ostetriche, traumi, aneurismi e malattie del fegato. L'incidenza e la prevalenza variano, ma sono più elevate tra i pazienti in terapia intensiva (circa il 35% dei pazienti con sepsi grave), con complicanze ostetriche (come l'abruptio placentae o l'embolia amniotica) e con determinate neoplasie maligne. Secondo la presentazione, la CID può essere classificata in:
1)CID acuta, uno stato di coagulopatia da consumo in genere innescata da grandi quantità di fattore tissutale rilasciato nello spazio intravascolare, che porta ad:
- una formazione eccessiva di trombina e deposizione generalizzata di  fibrina nella micro-vascolarizzazione con disfunzione multiorgano;
- un rapido consumo di piastrine e fattori della coagulazione.
2) CID cronica, caratterizzata da una minore formazione di trombina per periodi prolungati, con consumo più lento di piastrine e fattori della coagulazione rispetto alla CID acuta. Tale consumo può essere parzialmente compensato dall'aumentata produzione di fattori della coagulazione, piastrine, antitrombina e anti-plasmina. In tale quadro, la trombosi di solito prevale sul sanguinamento. Potrebbero anche non essere presenti sintomi, tuttavia, laboratoristicamente si riscontra un tempo di protrombina (PT) e un tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT) normali o leggermente prolungati e la conta piastrinica è di solito solo lievemente ridotta; i prodotti di degradazione della fibrina vengono ancora eliminati efficacemente dal fegato. Tale quadro è riscontrato soprattutto in caso di: tumori maligni, metastasi, morte fetale intrauterina, vasculiti, aneurismi, emangiomi.
Tale patologia può essere anche classificata secondo il tipo fenotipico predominante:
- fenotipo trombotico;
- fenotipo fibrinolitico;
- fenotipo subclinico.
Dal punto di vista diagnostico, nessun singolo test di laboratorio è specifico per la CID. Nei test ematici le anomalie iniziali includono:
- riduzione della conta piastrinica o rapida diminuzione nei successivi tests;
- elevati prodotti di degradazione della fibrina o D-dimeri;
- elevato tempo di protrombina (PT) e tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT);
- fibrinogeno ridotto (anche se raro).
All’opposto, il Fattor V Leiden è la causa più comune di trombofilia genetica. È chiamato Fattor V Leiden perché è stato descritto per la prima volta dal gruppo di studio della città di Leiden in Olanda. L’attivazione della coagulazione non è influenzata dalla presenza di questo fattore, infatti, l’inattivazione della coagulazione è alterata e la normale inattivazione ridotta. Questa riduzione può comportare la trombosi. Col 5% nella popolazione, il Fattor V Leiden è il fattore genetico più frequente per la
trombosi. Il rischio di trombosi aumenta da 5 a 10 volte per gli individui eterozigoti (la
mutazione genica è ereditata da un solo genitore) e da 50 a 100 volte negli individui omozigoti (mutazione ereditata da entrambi i genitori) (risposte A errata).
Al contrario, in base ai reperti clinico-anamnestici, laboratoristici e al vetrino, il paziente del caso clinico non presenta reperti compatibili con la carenza di proteina C e la porpora trombotica trombocitopenica (risposte C, D ed E errate).

2 di 3 Domande

Il Sig. Riva, un uomo di 45 anni, viene trasportato in ambulanza presso il P.S. del policlinico Umberto I di Roma, dove viene affidato alle cure del medico di guardia di turno, il Dott. Rento. Anamnesi patologica prossima: l’uomo lamenta un intenso dolore addominale di tipo colico e la presenza di una “massa” dolorante alla palpazione all’inguine. Inoltre presenta anche vomito. Esame obiettivo: presenta una F.C.di 110 bpm ed una temperatura corporea di 37.8 C. Il Dott. Rento rileva all’ispezione una marcata distensione addominale, all’auscultazione rumori intestinali accentuati ed alla palpazione una massa dolente nell’inguine sinistro, al di sopra e medialmente rispetto al tubercolo pubico. Esami strumentali-laboratoristici: conta dei leucociti 14.7 x 109/L (4-11 x 109).  Viene effettuata un’Rx dell’addome. Quale è lo step successivo dell’iter diagnostico?

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Questo paziente presenta verosimilmente un quadro di occlusione intestinale, che si manifesta clinicamente con dolore addominale, distensione e vomito. In tutti i pazienti con sospetta occlusione intestinale, il primo test diagnostico di scelta rapidamente ottenibile  è una radiografia dell’addome che dovrebbe essere eseguita sia in ortostatismo che in posizione supina, al fine di valutare: – la morfologia e lo stato delle anse ed il grado di dilatazione, – segni di coprostasi, – presenza di livelli idro-aerei, – aria libera sottodiaframmatica. In tal caso sembra esserci un’occlusione intestinale di verosimile pertinenza tenuale, con conseguente ileo meccanico e pertanto bisogna procedere all’intervento chirurgico d’urgenza.


3 di 3 Domande

Il Sig. Galluzzi, un uomo di 60 anni, viene ricoverato presso il reparto di medicina interna dell’ospedale San Raffaele di Milano. Anamesi patologica prossima: da 2 giorni presenta dolore localizzato in regione addominale inferiore e vomito di grado severo. Esame obiettivo: il Dott. Carelli, responsabile del reparto, riscontra all’ispezione gonfiore addominale e reazione di difesa addominale ed all’auscultazione un’accentuazione dei rumori peristaltici intestinali. Esami strumentali: viene eseguita una RX diretta dell'addome. Quale è la diagnosi?

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Il volvolo intestinale è una torsione assiale di un segmento del tenue o del colon su sé stesso o sul proprio mesentere che produce un’ostruzione sia prossimale che distale del lume;

La torsione determina anche una compressione vascolare (prima venosa e in un secondo tempo anche arteriosa), che a sua volta determina alterazione dei meccanismi di assorbimento, ischemia e nei casi gravi anche necrosi e gangrena dell’ansa in torsione.

Si ha ovviamente alvo chiuso a feci e gas, dolori addominali, nausea, vomito, addome disteso.

Si ha peritonite se vi è necrosi- gangrena-perforazione.

Radiologicamente il primo esame da eseguire, a meno che non ci siano condizioni di estrema urgenza, anche per la velocità di esecuzione, è un RX diretta dell’addome, che mostra una sovradistensione abnorme delle anse coinvolte con il tipico aspetto a “coffee sign”, ovvero a chicco di caffè (come mostrato in figura).

In casi selezionati, può essere tentata una derotazione dell’ansa per via endoscopica.

Tuttavia, solitamente la terapia è chirurgica:

– Se non sono presenti segni di sofferenza ischemica, si effettua una semplice derotazione,

– Se sono presenti segni di sofferenza ischemica, si una resezione segmentaria.

Il volvolo del sigma può presentarsi con distensione addominale associata a dolore intenso, vomito e costipazione.

La colectomia sigmoidea rappresenta l’intervento di resezione del sigma e può essere eseguito sia per via laparotomica che laparoscopica, ma rappresenta il trattamento di seconda linea per il volvolo sigmoideo dopo la sigmoidoscopia, che invece è quello di prima linea.


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