La risposta B è corretta.
Quando ci troviamo davanti ad un nevo, soprattutto davanti ad un nevo displastico, dobbiamo valutarne alcune caratteristiche. Le principali caratteristiche di sospetto sono riassunte nell’acronimo ABCDE: (A) Asimmetria: dividendo idealmente a metà la lesione, le due metà appaiono tra loro differenti; (B) Bordi irregolari: il contorno può presentare frastagliature, introflessioni ed estroflessioni; (C ) Colore irregolare: le diverse zone della lesione possono avere colori diversi (marrone, nero, rosso, rosa); (D) Diametro superiore a 6 mm: i melanomi tendono ad avere dimensioni maggiori dei semplici nevi; (E) Evoluzione: la tendenza della lesione a modificarsi in tempi brevi, con comparsa di prurito, alone eritematoso, desquamazione o sanguinamento spontaneo. I nevi non si trasformano in melanomi, ma i melanomi nascono come tali e possono sembrare nevi.
Il melanoma maligno ha origine da melanociti presenti in una zona pigmentata: possiamo ritrovarlo, dunque a livello della pelle, delle mucose, degli occhi o del SNC.
Il melanoma rappresenta il 4-5% di tutti i tumori maligni, ha una incidenza di 13:100.000, in evidente aumento, soprattutto nella razza caucasica. Ha un picco di incidenza compreso tra i 35 ed i 50 anni, ma è relativamente frequente anche in età giovanile (non rari sono i pazienti con età inferiore a 20 anni). La genesi del melanoma è multifattoriale e sono stati identificati una serie di fattori di rischio. Il principale risulta essere senza dubbio l’esposizione solare, cioè l’esposizione ai raggi ultravioletti di media intensità (UVB), con lunghezze d’onda subito inferiori a 320 nm. Poi vi è la suscettibilità genetica. Esistono condizioni genetiche predisponenti che comportano un maggiore rischio di sviluppare melanomi, quali lo xeroderma pigmentoso e la sindrome del nevo displastico. Esistono anche condizioni in cui si realizza una vera e propria ereditarietà del melanoma come nel caso dei melanomi familiari e della cosiddetta sindrome del melanoma multiplo. Altri fattori sono la scarsa pigmentazione cutanea, il fenotipo con pelle chiara, occhi chiari e capelli rossi o biondi, le scottature in età infantile, la presenza di nevi numerosi e/o displastici, l’assunzione di ormoni steroidei.
Esistono 4 tipi principali di melanoma: melanoma a diffusione superficiale (rappresenta circa il 70% dei melanomi, essendo il più comune), melanoma nodulare (il più aggressivo, rappresenta il 10-15% dei melanomi), lentigo maligna, melanoma acrale-lentigginoso.
La storia naturale del melanoma parte dal melanocita normale, che acquisisce poi mutazioni tali da determinare la formazione di una lesione simile a un nevo.
Questa tende ad estendersi progressivamente, dapprima mediante una crescita radiale (o tangenziale) sul piano della superficie cutanea e successivamente mediante una crescita verticale (correlata all’invasività del nevo). Successivamente, è possibile che si verifichi una diffusione delle cellule tumorali per via linfatica, con eventuale coinvolgimento dei linfonodi locoregionali, oppure tramite la formazione di microsatelliti e/o metastasi in transito (per via intraepiteliale).
La diagnosi di natura si esegue con l’esame clinico e la valutazione dell’aspetto macroscopico e con l’esame ad epiluminescenza. Per la diagnosi di estensione e, quindi, per la stadiazione del tumore si ricorre invece ad esami di primo livello, comprendenti innanzitutto la valutazione dell’estensione del melanoma e la valutazione dello stato linfonodale e in particolare del linfonodo sentinella; la radiografia del torace; l’ecografia epatica; la TAC dell’encefalo e completa; la scintigrafia ossea. Per la stadiazione della lesione primitiva i due sistemi su cui si fa tradizionalmente affidamento sono il sistema di Breslow e quello di Clark.
Lo spessore tumorale (o spessore di Breslow) è correlato alla prognosi della malattia; è il fattore prognostico più significativo e solitamente viene misurato dallo strato granuloso (tuttavia, se la lesione fosse ulcerata, dal fondo dell’ulcerazione fino al punto di infiltrazione massima).
Anche il livello di Clark esprime l’entità della crescita verticale del melanoma, ma lo fa in funzione delle strutture anatomiche interessate (epidermide, derma papillare, interfaccia tra derma papillare e derma reticolare, derma reticolare, sottocute).
La terapia chirurgica è l’approccio terapeutico principale e consiste nella escissione della lesione. E’ fondamentale che venga stabilito un margine di escissione adeguatamente ampio. Per evitare complicanze è necessario poi eseguire una revisione della cicatrice dopo l’esame istologico.
Oltre all’intervento sul tumore primario, bisogna eseguire anche l’asportazione delle metastasi, qualora ve ne siano e siano asportabili chirurgicamente.
La radioterapia è di scarse utilità ed efficacia e vi si ricorre praticamente solo per il trattamento delle metastasi e come terapia adiuvante.
I principali fattori prognostici dipendono da spessore della lesione (la profondità di infiltrazione del melanoma è il parametro più importante e può essere espresso facendo riferimento all’indice di Breslow o al livello di Clark), ulcerazione (la presenza di ulcerazione comporta sempre un peggioramento della prognosi, a qualunque stadio sia il melanoma), interessamento dei linfonodi regionali (altro fattore negativo di grande importanza); infiltrazione linfocitaria peritumorale, invasione angiolinfatica; indice mitotico, localizzazione, microsatellitosi e metastasi in transito, neoangiogenesi.
La risposta A è errata.
Il nevo displastico del nostro paziente presenta alcune caratteristiche di malignità; non impostare il corretto percorso diagnostico-terapeutico potrebbe portare ad un grave ritardo nel trattamento che influenzerebbe in maniera importante la prognosi e di conseguenza anche la sopravvivenza del paziente stesso.
La risposta C è errata.
La radioterapia è di scarse utilità ed efficacia e vi si ricorre praticamente in due sole occasioni: la prima è il trattamento ad alte dosi delle metastasi, soprattutto quelle ossee e talvolta quelle cerebrali; la seconda è la terapia adiuvante nei soggetti con melanomi di stadio T4 in cui, nonostante l’asportazione radicale del tumore, esiste comunque un elevato rischio di recidiva.
La risposta D è errata.
La somministrazione di antistaminici potrebbe risolvere il problema del prurito e ma sarebbe solo una terapia sintomatica. Il melanoma va diagnosticato precocemente e trattato in maniera adeguata e radicale. La somministrazione di antistaminici non è assolutamente la terapia più adatta.
La risposta E è errata.
Per i motivi sopra spiegati.