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1 di 37 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 37 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 37 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 37 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 37 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 37 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 37 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 37 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 37 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 37 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 37 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 37 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 37 Domande

In quale dei seguenti tipi di leucemia l'uso di imatinib è l’ elemento terapeutico chiave per il controllo della malattia a lungo termine?














La risposta corretta è la B
La terapia con imatinib, antineoplastico biologico appartenente alla classe degli inibitori delle tirosin chinasi, rappresenta l’ elemento terapeutico chiave per il controllo della leucemia mieloide cronica e viene utilizzato anche nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta.

14 di 37 Domande

Paziente di 63 anni con una storia familiare di cancro del colon-retto, in un parente di primo grado, a 56 anni di età . Nella sua storia personale si rileva un episodio di rettorragia secondaria alla sindrome emorroidaria 15 anni fa, per la quale è stata eseguita una colonscopia con esito normale dopodiché non ha più presentato episodi di sanguinamento rettale. Si presenta al pronto soccorso per un episodio di ematochezia. FC 120 bpm e PA 70/40 mmHg. L'esame del sangue mostra un'emoglobina di 8 g/dl. Indicare la risposta SBAGLIATA per quanto riguarda la gestione di questo paziente:














La risposta corretta è la A
Riguardo la condizione del paziente del caso clinico, nel caso in cui la stabilità emodinamica non venga raggiunta, in corso di un’ imponente emorragia (FC>100 bpm e PAS<100 mmHg), poiché non è possibile effettuare un’ adeguata preparazione del colon per la colonscopia, sarà preferibile optare per un’ arteriografia selettiva ed un’ enteroscopia intraoperatoria o a doppio pallone.
Al contrario, è vero che se la colonscopia è normale, una gastroscopia può dare la diagnosi nel 10-15% dei casi, che corrispondono alla percentuale di emorragie digestive ritenute ad origine bassa ma che in realtà hanno una sede alta (risposta B errata).  All’ opposto, è vero che la colonscopia è l'esplorazione con il miglior rapporto costo/efficacia per sicurezza, sensibilità e potenziale terapeutico, seppur non sia l’ unica opzione diagnostica per l’ emorragie digestive basse (risposta C errata). Infine, corrisponde al vero che la scintigrafia con Tc99m è davvero utile nel caso si sospetti un diverticolo di Meckel, in quanto potendo presentare mucosa gastrica ectopica che può andare incontro a ulcerazioni, può essere la causa di emorragia bassa recidivante con conseguente anemia cronica (risposta D errata).

15 di 37 Domande

Giunge in ambulatorio un uomo di 63 anni con una storia di cirrosi epatica alcolica compensata, che non segue trattamento ne riceve cure dopo aver vissuto all'estero. Non presenta elementi di encefalopatia, presenta ascite moderata all'esame obiettivo e nelle analisi presenta bilirubina 1,8 mg/dl, albumina 3,4 g/dl e un'attività protrombinica del 50% (Child-Pugh B-8). Riferisce test complementari effettuati due anni fa: un'ecografia addominale senza ascite, vena porta di 15 mm di diametro e splenomegalia, cosiccome un'endoscopia con presenza di varici esofagee di grado IV, anche se non ha avuto fino ad oggi emorragia gastrointestinale superiore. Quale delle seguenti affermazioni pensa sia la MENO appropriata per questo paziente?














La risposta corretta è la D
Riguardo la condizione del paziente del caso clinico, che presenta cirrosi epatica alcolica compensata con Child-Pugh B-8, è meno appropriato affermare che la terapia diuretica va iniziata in un arco di tempo breve di ospedalizzazione per garantire che non vi sia insufficienza renale o iponatriemia grave associata. In particolare, nei pazienti ascitici possiamo verificare l’ efficacia del trattamento tramite tre parametri: il volume urinario, la quantità di Na e urine emesse nelle 24h, il peso corporeo (che da solo può essere già sufficiente nei pazienti non ospedalizzati per valutare l’ efficacia della terapia). Al contrario, anche se la cirrosi del paziente è stabile e senza febbre ne dolore, dovrebbe essere eseguita una paracentesi diagnostica, poiché è il primo episodio noto di ascite, affinchè si possa caratterizzare il liquido per distinguere l’ essudato dal trasudato (risposta A errata). All’ opposto, nello studio di un paziente cirrotico con ascite, accanto agli esami di laboratorio per valutare la funzione epatica e all’ endoscopia per verificare la presenza di varici esofagee e gastropatia congestizia, è indicato eseguire una nuova ecografia per escludere cause che possono causare ascite de novo, come ad esempio, trombosi della vena porta, epatocarcinoma (risposta B errata). Infine, è indicato l'inizio del trattamento con beta-bloccanti non cardioselettivi (propranololo, nadololo, carvedilolo) perché presenta grandi vene varicose, sebbene non vi sia mai stata emorragia, poiché è stato dimostrato che prevengono la rottura delle varici esofagee prolungando la sopravvivenza dei pazienti (risposta C errata).

16 di 37 Domande

Nella diagnosi di carcinoma epatocellulare, indicare la risposta corretta:














La risposta corretta è la B
Nella diagnosi di carcinoma epatocellulare nei pazienti cirrotici, se il nodulo è più grande di 10 mm, la diagnosi può essere fatta usando tecniche di imaging dinamico, come la RMN o la TC con mezzo di contrasto per evidenziare il pattern di ipervascolarizzazione. Al contrario, risulta quindi non corretto affermare che lo studio istologico è obbligatorio in tutti i casi (risposta A errata). All’ opposto, la diagnosi non può essere fatta quando c'è solo un sospetto clinico e livelli elevati di alfa fetoproteina, in quanto quest’ ultima ha una scarsa sensibilità e specificità non ottimale, quindi non può essere utilizzata né come test diagnostico né come test di screening (risposta C errata). Infine, l'arteriografia non è l'unica tecnica che dimostra in modo affidabile la caratteristica fondamentale di questo tumore, che è l'ipervascolarizzazione arteriosa, in quanto è possibile evidenziarla anche con l’ esame ecografico con contrasto (risposta D errata).

17 di 37 Domande

Un uomo di 57 anni con cirrosi epatica alcolica, astinente da più di 6 anni, in classe Child-Pug A, presenta varici esofagee di II grado e buona situazione clinica (ECOG 1). Gli viene diagnosticato un carcinoma epatocellulare nel lobo epatico destro, di 8 cm di diametro con trombosi del ramo portale adiacente. Il trattamento più indicato è :














La risposta corretta è la D
Il paziente del caso clinico presenta un carcinoma epatocellulare nello stadio C della classificazione di BCLC (Barcelona Clinic Liver Cancer), cioè nodulo > 5 cm, Child-Pugh A o B, ECOG 1 o 2, invasione vascolare e/o metastasi extraepatiche della vena porta, per cui è indicato il trattamento con sorafenib.
Al contrario, in caso di tumore singolo < 5 cm, Child-Pugh A, senza ipertensione portale e con bilirubina totale < 1mg/dl sarebbe stata indicata la resezione chirurgica (risposta B errata). All’ opposto, in caso di tumore singolo < 5 cm, Child-Pugh A o B, però con ipertensione portale e/o bilirubina totale > 1mg/dl, o in caso di presenza di 3 noduli ma con diametro inferiore ai 3 cm sarebbe stato indicato il trapianto di fegato (risposta A errata).
Invece, nel caso in cui l’ epatocarcinoma sia nello stadio B, cioè sia maggiore di 5 cm di diametro, ma non invada la vena porta né presenti metastasi extraepatiche, il trattamento adeguato sarebbe stata la chemioembolizzazione transarteriosa con microsfere che rilasciano farmaco (risposta C errata). Infine, la radioterapia stereotassica risulta un’ opzione di trattamento in quei pazienti che non sono candidabili all’ intervento di resezione chirurgica (risposta E errata)

18 di 37 Domande

Nella diagnosi differenziale di un paziente con ascite, il gradiente siero-ascite di albumina (SAAG) è molto importante. Quale delle seguenti condizioni cliniche NON è associata a un gradiente superiore a 1,1 g/dl?














La risposta corretta è la B
La condizione clinica non associata ad un gradiente siero-ascite di albumina (SAAG) superiore a 1,1 g/dl, utile per la caratterizzazione del liquido ascitico distinguendolo tra essudato e trasudato, è la carcinomatosi peritoneale. In particolare, altre condizioni associate ad un SAAG <1,1 g/dl sono:
- tubercolosi peritoneale;
- ascite pancreatica;
- ipotiroidismo;
- mesotelioma;
- sindrome nefrosica;
Al contrario, la cirrosi epatica, la sindrome di Budd-Chiari, l’ insufficienza epatica acuta, l’ insufficienza cardiaca sono condizioni cliniche associate ad un SAAG >1,1 g/dl (risposte A, C, D, ed E errate)

19 di 37 Domande

Dato il sospetto clinico di sindrome da sovracrescita batterica dell’ intestino tenue, tutte le seguenti affermazioni sono vere TRANNE:














La risposta corretta è la A
Dato il sospetto clinico di sindrome da sovracrescita batterica dell’ intestino tenue, non corrisponde al vero che la biopsia sia il test diagnostico.
Al contrario, il breath test al 14C-xilosio rappresenta il test diagnostico meno invasivo e più facile da eseguire e si è dimostrato migliore rispetto al breath test con lattulosio e glucosio (risposta E errata). Il test diagnostico standard resta l’ esame colturale quantitativo delle secrezioni intestinali, che richiede però l’ ausilio di una sonda endoscopica e risulta positivo quando la conta batterica > 105/mL. Invece, una pregressa chirurgia intestinale è un fattore predisponente lo sviluppo di questa condizione, in quanto determina alterazioni nell’ anatomia e motilità intestinale che possono favorire la stasi del contenuto intestinale, con conseguente proliferazione batterica (risposta C errata). Altre condizioni predisponenti sono la diverticolosi, stenosi e fistole che mettano in comunicazione l’ intestino tenue con il colon ricco di batteri. All’ opposto, la sindrome da sovracrescita batterica dell’ intestino tenue si può manifestare con diarrea e steatorrea (risposta D errata), anemia (risposta B errata), calo ponderale e carenze nutritive, dolore addominale, gonfiore e flatulenza.

20 di 37 Domande

Per quanto riguarda la celiachia, quale delle seguenti affermazioni è FALSA?














La risposta corretta è la D
Per quanto riguarda la celiachia, è falso affermare che l'indagine su HLA-DQ2/DQ8 dovrebbe essere usata di routine per escludere l'esistenza della celiachia. Al contrario, per far diagnosi di celiachia è necessario realizzare un’ esame istologico su campione bioptico della seconda porzione duodenale in cui troveremo atrofia dei villi, aumento dei linfociti T intraepiteliali e iperplasia delle cripte (risposta E errata). All’ opposto, poichè la biopsia non è specifica, la diagnosi può essere supportata da test sierologici di ricerca degli anticorpi anti-transglutaminasi e anti-endomisio, che devono essere eseguiti mentre il paziente segue una dieta che includa il glutine (risposta A errata). Inoltre, il test sierologico iniziale per lo screening della celiachia è l'anti-transglutaminasi IgA effettuato in popolazioni in cui la celiachia ha un’ alta prevalenza (risposta C errata). Infine, è vero che la causa più comune di persistenza di alti titoli anticorpali, e quindi della sintomatologia, è l'assenza di aderenza alla dieta alimentare o l’ assunzione accidentale di glutine (risposta B errata).

21 di 37 Domande

La pseudo-ostruzione intestinale cronica è una malattia caratterizzata da:














La risposta corretta è la C
La pseudo-ostruzione intestinale cronica (CIPO) è una malattia, più frequente nei bambini, caratterizzata da propulsione inefficace del contenuto dell'intestino tenue in assenza di disturbi organici, sistemici o metabolici e di ostruzioni fisiche rilevate dalle radiografie o da un intervento chirurgico. In particolare, le manifestazioni cliniche comprendono dolore, distensione addominale, nausea e vomito, diarrea e/o costipazione intrattabile, malassorbimento, che provoca perdita di peso e/o ritardo della crescita

22 di 37 Domande

Il marcatore sierologico più utile per la diagnosi della pancreatite autoimmune di tipo I è :














La risposta corretta è la D
Il marcatore sierologico più utile per la diagnosi della pancreatite autoimmune (AIP) di tipo I è il titolo di Ig G4, che risulta elevato in più della metà dei casi. In particolare, l’ AIP di tipo I colpisce preferenzialmente gli anziani di sesso maschile, si manifesta con dolore addominale, ittero e steatorrea, può colpire anche altri organi ma risponde bene alla terapia con corticosteroidi. L’ AIP di tipo II, compare ad un’ età più giovane, senza preferenze di sesso, non coinvolge gli altri organi e non presenta elevati livelli di Ig G4.

23 di 37 Domande

Donna obesa di 64 anni, con intenso dolore epigastrico irradiato “ a cintura” , febbricola, marcata iperamilasemia, ematocrito al 48% e creatinina sierica discretamente elevata. La TC addominale ha rivelato un pancreas con ingrandimento diffuso, contorno irregolare, infiammazione attorno alla ghiandola e un accumulo di liquido intrapancreatico. Quale di queste opzioni è VERA in relazione alla gestione del paziente?​​​​​​​














La risposta corretta è la A
La paziente del caso clinico ha sviluppato una pancreatite acuta moderata-grave con sequestro di liquidi a causa dell’ insorgenza della SIRS, ileo paralitico, vomito, per cui la rianimazione precoce mediante fluidoterapia è fondamentale per contrastare l’ evoluzione verso l’ insufficienza multiorgano e lo shock. In particolare, questa condizione determina un’ ipovolemia che si manifesta con aumento dell’ ematocrito, ipotensione, tachicardia, oligoanuria, aumento di urea e creatinina che richiede una precoce fluidoterapia, somministrazione di antidolorifici, con il paziente a digiuno per mantenere il pancreas inattivo.
Al contrario, in caso di pancreatite acuta grave è indicata la nutrizione parenterale, dopo 48-72 ore, che preserva la funzione della barriera intestinale, previene l’ atrofia intestinale, è più economica ed è associata ad un minor rischio di sviluppare complicazioni rispetto alla nutrizione parenterale totale (risposta C errata). All’ opposto, non è indicata la somministrazione di terapia antibiotica a scopo profilattico per evitare la necrosi infetta (risposta B errata). Infine, l'uso di inibitori della proteasi (aprotinina) non ha mostrato alcun effetto benefico in caso di pancreatite acuta (risposta D errata).

24 di 37 Domande

Donna di 61 anni con storia di ipertensione arteriosa e fibrillazione atriale in studio nel reparto di endocrinologia per gozzo multinodulare con noduli multipli in entrambi i lobi tra 2,5 e 3 cm, nessun elemento di malignità nei test di imaging. Nell'ultima visita, ha riferito disfagia per i solidi da 6 mesi. Alle analisi di laboratorio presenta un TSH di 0,001 uU/mL (0,47-4,68) e T4 libero 1,62 ng/mL (0,78-2,19). All’ ecografia si descrive un grande gozzo multinodulare con componente intratoracica e noduli multipli, uno dei quali presenta un aumento di dimensione da 3 a 4,4 cm rispetto al controllo precedente di un anno prima. Viene richiesto l’ agoaspirato del nodulo e il risultato della citologia risulta compatibile con un gozzo colloide (citologia benigna). Qual è il comportamento più corretto da seguire?














La risposta corretta è la D
La paziente del caso clinico presenta un gozzo multinodulare con valori di TSH e T4 libero compatibili con un ipertiroidismo subclinico, anche se in realtà la paziente riferisce disfagia e l’ ecografia evidenzia una componente intratoracica ed un aumento di volume significativo di uno dei noduli, per cui considerando anche i precedenti di FA, il trattamento più opportuno è la tiroidectomia totale.
Al contrario, il trattamento con iodio radioattivo (I-131) non è indicato in caso di grandi gozzi retrosternali, a prescindere dai precedenti di ipertensione arteriosa e FA della paziente (risposta B errata). All’ opposto, il trattamento con antitiroidei sintetici sarebbe stata l’ opzione terapeutica adeguata nel caso in cui la paziente fosse stata più giovane e non avesse riferito disfagia, segno dell’ azione compressiva del gozzo sulle strutture circostanti (risposta C errata). Inoltre, la radioterapia esterna o transcutanea della tiroide è consigliata solo per i carcinomi midollari e anaplastici, che sono poco o per niente sensibili al trattamento con lo iodio radioattivo (risposta E errata). Infine, il controllo annuale con ecografia tiroidea e analisi della funzionalità tiroidea sarebbe bastato nel caso in cui la paziente non avesse riferito disfagia e uno dei noduli non fosse andato incontro ad un aumento significativo delle dimensioni (risposta A errata).

25 di 37 Domande

Il diabete mellito di tipo 1:














La risposta corretta è la B
Il diabete mellito di tipo 1 è una patologia endocrina autoimmune che può associarsi ad altre malattie endocrine autoimmuni come il morbo di Graves, la tiroidite di Hashimoto e il morbo di Addison. Al contrario, il diabete mellito di tipo 1 si manifesta prevalentemente nel periodo dell’infanzia e nell’adolescenza, per questo fino a poco tempo fa veniva denominato diabete infantile (risposta E errata). All’opposto, non si associa ad obesità come fa invece il diabete mellito di tipo 2 (risposta A errata). Inoltre, il tipo 1 è meno frequente del tipo 2, i cui fattori predisponenti sono:
- obesità (BMI maggiore o uguale a 30 kg/m2);
- inattività fisica;
- ipertensione;
- colesterolo HDL ? 35 mg/dl;
- trigliceridi ? 250 mg/dl.
Infine, il trattamento del diabete di tipo 1 prevede la somministrazione di insulina per tutta la vita, mentre per il diabete di tipo 2 inizialmente possono risultare efficaci norme igienico-alimentari, che prevedano un cambiamento dello stile di vita, e antidiabetici orali (risposta D errata).

26 di 37 Domande

Il coma iperglicemico iperosmolare non chetoacidosico:














La risposta corretta è la A
Il coma iperglicemico iperosmolare non chetoacidosico, colpisce soprattutto gli anziani affetti da diabete mellito di tipo 2 con grave stato di disidratazione, alterazione dello stato mentale e coma, ed è caratterizzato da una osmolarità plasmatica > 320 mOsm/Kg e da livelli di glucosio plasmatico superiori a 1000 mg/dl.
Al contrario, non è prevista la somministrazione di bicarbonato nel trattamento, il quale comprende fluidoterapia per reidratare, potassio (risposta E errata) e insulina, ma nel caso di diabete mellito di tipo 2, dopo la guarigione si riprende con la terapia precedentemente utilizzata che può anche non prevedere insulina (risposte B e C errate).  All’ opposto, il diabete giovanile può manifestarsi all’ esordio con una grave chetoacidosi diabetica, che può evolvere con sviluppo di edema cerebrale fino al decesso (risposta D errata).

27 di 37 Domande

Un uomo di 60 anni, che ha sofferto di infarto miocardico 1 anno, fa giunge in studio per valutare il suo trattamento. Sta assumendo gemfibrozil 900 mg, lisinopril 20 mg, aspirina 100 mg e carvedilolo 25 mg. Alle analisi presenta LDL-C 162 mg/dL, HDL-C 46 mg/dL, trigliceridi 132 mg/dL, colesterolo totale 220 mg/dL. Quale indirizzo terapeutico sembra più ragionevole?














La risposta corretta è la C
Il paziente del caso clinico presenta un alto rischio cardiovascolare, considerato l’IMA pregresso, perciò è necessario agire sui fattori di rischio modificabili come il livello ematico di LDL-C cambiando gemfibrozil in atorvastatina, per ottenere una riduzione ? 50% di LDL-C e un livello di LDL-C < 55 mg/dL.
Al contrario, sarebbe errato insistere soltanto sui cambiamenti nello stile di vita ma mantenere lo stesso trattamento (risposta A errata). All’opposto, la terapia cronica con beta-bloccanti potrebbe alterare il profilo lipidico ma non alle dosi assunte dal paziente (risposta D errata). Inoltre, il paziente non necessita di terapia con acido nicotinico per aumentare l’HDL o di una terapia per abbassare la trigliceridemia, in quanto l’obiettivo < 150 mg/dl, associato ad un minor rischio di sviluppare eventi cardiovascolari, risulta già raggiunto (risposte B ed E errate).



28 di 37 Domande

In un paziente con diagnosi di acromegalia dovuta ad un tumore pituitario, operato e con malattia residua, in trattamento cronico con analoghi della somatostatina, è necessario controllare sistematicamente l’ insorgenza di altri tumori poiché possono associarsi in quasi un terzo dei pazienti affetti da questa malattia. Di quale delle seguenti patologie è essenziale escludere l’ insorgenza periodicamente?














La risposta corretta è la D
La formazione di polipi (con eventuale evoluzione in carcinoma del colon) si associa a più di un terzo dei pazienti affetti da acromegalia, patologia dovuta alla produzione in eccesso di GH da parte di un tumore pituitario che determina conseguenze soprattutto a livello cardiovascolare con cardiopatia ischemica, aritmie e scompenso diastolico se non viene intrapreso un efficace trattamento.
Al contrario, non è stato riscontrato un aumentato rischio di sviluppare meningiomi, carcinoma midollare della tiroide, carcinoma polmonare a piccole cellule ed epatocarcinoma (risposte A, B, C ed E errate).

29 di 37 Domande

Un uomo di 33 anni arriva dal reparto di gastroenterologia con diagnosi di ipergastrinemia secondaria ad un tumore delle cellule delle isole pancreatiche e gli è stato rilevata una calcemia di 12,3 mg/dL (normale 8,5-10,5). Qual è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la A
Nel paziente del caso clinico, che presenta un tumore delle cellule endocrine del pancreas ed ipercalcemia, la diagnosi più probabile è quella di neoplasia endocrina multipla di tipo I (MEN 1), chiamata anche sindrome di Wermer, che comprende tumori alle paratiroidi, pancreas endocrino e adenoipofisi. In particolare, nella quasi totalità dei pazienti rileviamo iperparatiroidismo primario con ipercalcemia, solitamente asintomatica. I tumori del pancreas endocrino che compaiono nella MEN1 sono generalmente glucagonoma, vipoma, insulinoma e gastrinoma che può manifestarsi con diarrea e steatorrea. Al contrario, la neoplasia endocrina multipla di tipo 2 comprende carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma e, in una variante, iperparatiroidismo primitivo (risposta E errata). All’ opposto, il complesso di Carney comprende pigmentazione cutanea a chiazze, iperattività endocrina e mixomi (risposta C errata). Inoltre, la sindrome poliglandolare autoimmune di tipo I o sindrome APECED è una patologia genetica che esordisce nell'infanzia o nella prima adolescenza in combinazione con una candidiasi muco-cutanea cronica, con ipoparatiroidismo e insufficienza autoimmune delle ghiandole surrenali (risposta D errata). Infine, la sindrome di McCune-Albright comprende displasia fibrosa delle ossa, macchie “ caffè -latte” e pubertà precoce (risposta B errata).

30 di 37 Domande

Quale dei seguenti e' considerata una malattia causata da un deposito lisosomiale?














La risposta corretta è la D
Una malattia da deposito lisosomiale multisistemica, progressiva, ereditaria è la malattia di Fabry, caratterizzata da specifici segni neurologici, cutanei (come gli angiocheratomi), renali, cardiovascolari, cocleo-vestibolari e cerebrovasculariIn particolare, le patologie ereditarie da deposito lisosomiale si distinguono in mucopolisaccaridosi, lipidosi, glicoproteinosi. Nella malattia di Fabry è presente un deficit dell’ alfa-galattosidasi con accumulo di sfingolipidi nei lisosomi. Al contrario, nella porfiria intermittente acuta è presente un deficit enzimatico congenito nel metabolismo delle porfirine (risposta B errata). All’ opposto, la sindrome di Lesh-Nyhan è causata da un deficit del metabolismo delle basi azotate, purine e pirimidine (risposta C errata). Inoltre, l’ emocromatosi ereditaria è causata da difetti nei meccanismi di regolazione del metabolismo del ferro che conducono al progressivo accumulo di ferro nell'organismo. In base al gene coinvolto è possibile distinguere 5 tipi di emocromatosi ereditaria: HFE (tipo 1), HFE2 (tipo 2a), HAMP (tipo 2b), TFR2 (tipo 3) e SLC40A1 (tipo 4 o ferroportinopatia). Infine, la sindrome di Alport è una malattia ereditaria a trasmissione diaginica che coinvolge il collagene tipo IV delle membrane basali con progressiva insufficienza renale entro i 20 anni, con o senza anomalie oculari, e sviluppo di sordità neurosensoriale progressiva (risposta E errata).

31 di 37 Domande

Una donna di 43 anni ha subito un intervento chirurgico sei anni fa perché affetta da obesità patologica, ed è stata utilizzata una tecnica di derivazione biliopancreatica. Ha perso il 75% del peso in eccesso e segue una dieta orale di 1500 Kcal senza alcun problema di tolleranza. Indicare quale integrazione NON sarebbe necessaria in questo paziente:














La risposta corretta è la D
L’ integrazione che non sarebbe necessaria in una paziente operata con derivazione biliopancreatica per obesità patologica è l’ integrazione proteica, in quanto con questo tipo d’ intervento non ne viene alterato l’ assorbimento. In particolare, gli interventi chirurgici per i pazienti con obesità patologica puntano ad ottenere restrizione gastrica e malassorbimento selettivo, e comprendono la derivazione biliopancreatica con o senza esclusione duodenale e il bypass gastrico Roux-en-Y. Questo tipo di chirurgia restrittiva e/o malassorbitiva può determinare carenze nutrizionali di micronutrienti come Fe, Ca, vitamina D, acido folico e la vitamina B12 i cui livelli nel sangue vanno monitorati per l’ eventuale integrazione (risposte A, B, C ed E errate).

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Indica quale delle seguenti affermazioni in riferimento al fattore V di Leiden è vera?














La risposta corretta è la D
Il fattore V di Leiden consiste nella resistenza del fattore V all'azione della proteina C e insieme alla mutazione G20210A della protrombina, determina la predisposizione trombotica su base genetica più diffusa negli euroasiatici. Al contrario, non si tratta di un aumento della resistenza del fattore V alla proteina S (risposta A errata). All’ opposto, la sua presenza non causa un prolungamento del tempo di tromboplastina parziale che invece si ha in caso aumentato rischio emorragico (risposta C errata). Inoltre, il disturbo associato alla presenza di anticorpi anticardiolipina è la sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (risposta B errata). Infine, è una mutazione puntiforme, in particolare la sostituzione missenso dell’ arginina con la glutammina, che determina questo stato di ipercoagulabilità ematica (risposta E errata)

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Un paziente di 73 anni, anticoagulato con acenocumarolo poiché affetto da fibrillazione atriale, giunge al pronto soccorso per un mal di testa di rapida insorgenza che perdura da un'ora. Si osserva al neuroimaging una emorragia cerebrale emisferica intraparenchimale di 1 cm di diametro. Nei test di laboratorio si osserva un INR pari a 4. Qual è il trattamento più corretto tra quelli indicati?














La risposta corretta è la C
Il trattamemnto più corretto nel paziente del caso clinico che assume acenocumarolo e presenta una importante emorragia cerebrale con INR uguale a 4 è la somministrazione di vitamina K (come antidoto dell’ acenocumarolo) per via endovenosa (per avere effetto nel minor tempo possibile) con plasma fresco congelato (contenente i fattori della coagulazione vitamina K dipendenti) e sospensione di acenocumarolo che veniva assunto in eccesso dato il valore INR > 3. Al contrario, la somministrazione del concentrato del complesso di protrombina o fattore VII attivato ricombinante (rFVIIa) viene utilizzato in caso di emorragie importanti, per regolarizzare l’ INR in breve tempo quando i pazienti devono andare incontro a chirurgia e nei pazienti non candidabili al trattamento con plasma fresco congelato (risposta D errata).

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Quale dei seguenti parametri NON fa parte dell'International Prognostic Scoring System (IPSS) per le sindromi mielodisplastiche?














La risposta corretta è la C
Il parametro che non fa parte dell'International Prognostic Scoring System (IPSS), che valuta la severità della sindrome mielodisplastica del paziente ed indirizza il medico verso l’ opzione terapeutica più opportuna, è la dipendenza dalla trasfusione di concentrati eritrocitari. In particolare i parametri che definiscono l’ IPSS sono:
- percentuale di blasti nel midollo osseo (risposta A errata);
- entità della citopenia e quindi la conta piastrinica nel sangue periferico (risposta D errata);
- presenza di alterazioni cromosomiche nelle cellule patologiche evidenzialbili al cariotipo (risposta B errata).

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Quale di queste complicazioni NON è tipica della leucemia linfatica cronica?














La risposta corretta è la A
La leucemia linfatica cronica, proliferazione maligna di linfociti B maturi, non comprende tra le sue complicazioni la trombosi venosa.
In particolare, nella fase iniziale i linfociti si accumulano nel midollo osseo, successivamente però si diffondono ai linfonodi e agli altri tessuti linfoidi, con comparsa di splenomegalia ed epatomegalia. Inoltre, con il progredire della malattia l’ alterata emopoiesi condurrà ad anemia, neutropenia, trombocitopenia. Al contrario, sarà ridotta la produzione di immunoglobuline e l’ ipogammaglobulinemia aumentando la suscettibilità alle complicanze infettive (risposta B errata). All’ opposto, questi pazienti sono maggiormente predisposti allo sviluppo di anemia emolitica autoimmune e trombocitopenia autoiummune (risposta D ed E errate). Infine, nel 10% dei pazienti si riscontra la comparsa di seconde neoplasie, tra cui le più frequenti sono i carcinomi del polmone, della cute e dell’ apparato gastroenterico (risposta C errata).

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Donna afro-caraibica di 47 anni senza antecedenti di interesse giunge al pronto soccorso con febbre, astenia, malessere, visione offuscata e disestesie nella parte sinistra del corpo. L'esame obiettivo è normale. In laboratorio si rileva anemia (Hb 9 g/dl), trombocitopenia grave (piastrine 16.000/μl) e marcata elevazione di LDH. Per quanto riguarda questo caso, la risposta corretta è :














La risposta corretta è la B
La presenza di anemia e di un aumento dell’ LDH insieme alla presenza di trombocitopenia con febbre e alterazioni neurologiche pongono il sospetto di una microangiopatia di tipo porpora trombotica citopenica che richiede l’ esecuzione di uno striscio di sangue periferico per verificare la presenza di schistociti. Al contrario, pur essendo indicato il saggio dei livelli di ADAMTS 13, il trattamento con plasmaferesi non può essere posticipato ma deve essere intrapreso il prima possibile (risposta C errata). All’ opposto, non avendo rilevato un test di Coombs positivo è possibile escludere sia l’ ipotesi di porpora trombocitopenica autoimmune che quella di un’ anemia emolitica autoimmune (risposte A e D errate).

37 di 37 Domande

Uomo di mezza eta', in buona salute fino alla diagnosi di linfoma non Hodgkin, è stato trattato con chemioterapia (CHOP) e anticorpi anti-CD20 (Rituximab). Ha ottenuto la remissione completa, ma dopo aver terminato il trattamento ha presentato infezioni respiratorie di lunga durata e due ricoveri per polmonite. Indicare lo studio complementare meno utile per riconoscere e trattare una possibile immunodeficienza secondaria:














La risposta corretta è la B
Nel paziente del caso clinico la presenza di infezioni respiratorie ricorrenti e la pregressa terapia con Rituximab, anti CD-20 che lisa i linfociti B e che quindi può indurre ipogammaglobulinemia, pongono il sospetto di una immunodeficienza umorale per cui il test meno opportuno da eseguire in questo caso è quello che valuta l’ attività battericida dei fagociti.
Al contrario, i test che è necessario realizzare sono:
- quantitativi, come la concentrazione di immunoglobuline (IgG, IgA, IgM) nel sangue periferico ed il conteggio delle popolazioni di linfociti T e B circolanti (risposte A e C corrette);
- qualitativi, come la titolazione di anticorpi anti-pneumococco specifici prima e dopo la vaccinazione (risposta D errata).

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