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1 di 3 Domande

Una paziente porta in visione al Medico Curante la scintigrafia ossea presente in figura, eseguita per lievi dolori ossei diffusi. Quale patologia potrebbe presentare un quadro scintigrafico simile a quello rappresentato nell'immagine?

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Il paziente descritto ha il morbo di Paget, detta anche osteite deformante, che è una patologia a carattere cronico con interessamento delle ossa e si caratterizza per un aumentato turnover osseo e nello specifico l’aumentata attività osteoclastica si associa ad un aumento compensatorio della attività osteoblastica, essendo responsabile di una struttura ossea pesantemente disorganizzata.

I pazienti, che presentano una malattia di Paget potrebbero presentarsi anche dal medico dopo aver notato un aumento delle dimensioni della testa: spesso, colpisce il cranio, producendo un ispessimento anormale e irregolare dell’osso. Può essere colpito qualsiasi segmento osseo, anche se quelli maggiormente coinvolti dal processo patologico sono: il cranio, l’omero, le ossa del distretto pelvico, il femore e la tibia.

Il sospetto di malattia di Paget si evince dalla storia di dolore osseo diffuso (anche se può decorrere in maniera del tutto asintomatica), dalla eventuale presenza di deformità scheletriche, dall’incremento della circonferenza cranica e dai reperti osservati all’esame obiettivo  (come eminenze frontali e tibie ricurve). La diagnosi è effettuata con la RX che mostra una curvatura della tibia e del femore, ossa allargata con irregolarità del profilo, slargamento del cranio con aree radiotrasparenti (l’Rx del cranio mostra il classico aspetto a “fiocchi di cotone”).

La scintigrafia ossea è un’indagine medico-nucleare che permette di differenziare le aree osteoporotiche con  ridotta attività osteoblastica e quindi ridotta captazione dalle aree osteomalaciche dove l’abbondante produzione di matrice osteoide induce un’ipercaptazione diffusa. La sensibilità delle tecniche medico-nucleari in questo caso è talmente alta che consente di identificare precocissimamente anche il solo rimaneggiamento osseo che produrrà una decalcificazione e quando evidente consentirà all’imaging radiologico di evidenziarla. In questo tipo di esame vengono utilizzate delle gamma-camere e la somministrazione di un tracciante radioattivo che è costituito da un radioisotopo o da una molecola marcata con un radioisotopo. Nel caso della scintigrafia ossea vengono utilizzati i bifosfonati marcati con Tecnezio-99m (99mTc-HDP, 99mTc-MDP) depositandosi in prossimità della matrice ossea e questo genera il segnale di captazione che consente di definire quali segmenti scheletrici sono interessati dalla malattia.

La scintigrafia ossea permette pertanto di fare una valutazione del metabolismo dell’osso e di eventuali alterazioni distrettuali del turnover metabolico ed una esplorazione contemporanea di tutti i distretti scheletrici, in breve tempo, con bassa irradiazione. E’ un esame dotato di elevata sensibilità diagnostica ed una bassa specificità, quindi è utile correlazione con esami radiologici (TC, RM)  per definire la causa di ipercaptazione.

Dal punto di vista laboratoristico si apprezza un aumento della fosfatasi alcalina sierica e idrossiprolina urinaria, indicative di un aumento della degradazione del collagene nell’osso, mentre i livelli di calcio e fosfato sono nella norma. La maggior parte dei pazienti sono asintomatici e non richiedono trattamento, ma qualora fosse presenta una sintomatologia, essa solitamente comprende: dolore osseo, deformità scheletrica, fratture patologiche, deficit dei nervi cranici, ipoacusia secondaria all’espansione della volta cranica, insufficienza cardiaca severa ed una maggiore incidenza di aterosclerosi valvolare. La terapia può essere indicata al fine di trattare i sintomi e di prevenire le complicanze. Essa include in genere bisfosfonati, come alendronato, risendronato e pamidronato, che agiscono inibendo l’attività osteoclastica e rappresentano la terapia di prima linea per la malattia di Paget dell’osso.


2 di 3 Domande

Un uomo di 45 anni in buone condizioni generali si rivolge al centro oncologico per la comparsa di una lesione cutanea a carico del dorso (si veda la foto). La superficie è di poco rilevata dal piano cutaneo, margini irregolari per la presenza di indentature (aspetto a "carta geografica") di colore marrone pallido con delle aree di iperpigmentazione.
Quale potrebbe essere il procedimento diagnostico-terapeutico più opportuno da realizzare in questo caso?

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Benchè la diagnosi di certezza delle lesioni cutanee necessita di responso anatomo-patologico dopo esecuzione di esame bioptico, dalle caratteristiche cliniche, possiamo avere un buon grado di confidenza nel sospettare che la lesione illustrata nella foto sia un melanoma maligno.

Il melanoma maligno ha origine da melanociti presenti in una zona pigmentata.

Possiamo ritrovarlo, dunque a livello della pelle, delle mucose, degli occhi o del SNC.

Se il melanoma, invade il derma può dare metastasi e in questo caso la prognosi è infausta (la prognosi dipende dalla profondità dell’invasione dermica).

Esistono 4 tipi principali di melanoma: melanoma a diffusione superficiale (rappresenta circa il 70% dei melanomi, essendo il più comune), melanoma nodulare (il più aggressivo, rappresenta il 10-15% dei melanomi), lentigo maligna, melanoma acrale-lentigginoso.

Il melanoma cutaneo si manifesta soprattutto attorno ai 45-50 anni.

In Italia, si hanno circa 13 casi ogni 100.000 persone.

Per il riconoscimento del melanoma possiamo utilizzare il criterio ABCDE (questo sistema non è utile però per determinare la prognosi):

– Asimmetria nella forma,

– Bordi irregolari e indistinti,

– Colore variabile (ovvero con sfumature diverse all’interno del neo stesso),

– Dimensioni (in passato venivano considerati a rischio i nevi sopra i 6 mm di diametro),

– Evoluzione (quando, nell’arco di poche settimane o mesi si verificano modificazioni nella forma, nel colore, nelle dimensioni del nevo, quando la lesione cutanea diviene rilevata e palpabile).

Lo spessore tumorale (o spessore di Breslow) è correlato alla prognosi della malattia; è il fattore prognostico più significativo e solitamente viene misurato dallo strato granuloso (tuttavia, se la lesione fosse ulcerata, dal fondo dell’ulcerazione fino al punto di infiltrazione massima).

Quindi come detto, benchè le caratteristiche facciano pensare ad un probabile melanoma, per diagnosi di certezza delle lesioni cutanee si necessita di responso anatomo-patologico (risposta C corretta).

Visto pertanto il sospetto clinico tutte le altre opzioni non trovano giustificazione.


3 di 3 Domande

Il Sig. Grilli, un uomo di mezz’età di professione carpentiere, si reca presso l’ambulatorio del Dott. Vanni, suo medico curante, per una visita medica di controllo periodico. Anamnesi patologica prossima: negativa. Il paziente riferisce di essere in buono stato di salute. Anamnesi patologica remota: positiva per ipertensione, diabete mellito di tipo 2, insufficienza cardiaca sistolica ed attacchi di panico ricorrenti. All’età di 25 anni si è sottoposto ad un intervento di chirurgia per correggere un’ernia inguinale sinistra. L’uomo ha avuto un infarto miocardico 4 anni prima.
Anamnesi familiare: Il padre è deceduto a causa di cancro alla prostata all’età di 75 anni. Anamnesi fisiologica: ha fumato un pacco di sigarette al giorno per circa 30 anni, ma ha smesso in seguito all’infarto che ha avuto. Ha l’abitudine di bere una o due birre nel weekend. Non ha mai fatto uso di droghe. Anamnesi farmacologica: assume diversi farmaci tra cui cardioaspirina, atorvastatina, lisinopril, metoprololo, fluoxetina, metformina e un multivitaminico.
Esame obiettivo: la sua temperatura corporea è di 36.6°C, una frequenza cardiaca di 72 bpm con una pressione arteriosa di 130/80 mm Hg. All’auscultazione i polmoni si presentano puliti. L’esame obiettivo del cuore rivela all’auscultazione la presenza di un soffio meso-telesitolico ad elevata frequenza, meglio apprezzabile all’apice. Alla palpazione l’addome si presenta di consistenza molle e non dolente. Il resto dell’esame obiettivo non rivela altre anomalie. Quale tra queste è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la E.
Questo paziente ha un rigurgito della valvola mitrale, come indicato dal soffio pansistolico, che è apprezzabile all’ apice cardiaco e si irradia all’ ascella omolaterale. Il prolasso della valvola mitralica, è la valvulopatia maggiormente diffusa e generalmente è asintomatica, come nel caso di questo paziente. Generalmente il prolasso della valvola mitrale si verifica quando i foglietti della valvola si direzionano indietro nell’atrio sinistro durante la sistole, provocando un caratteristico un click meso-sistolico ad elevata frequenza in associazione con un soffio meso-tele sistolico ad elevata frequenza, meglio apprezzabile all’apice. Tale prolasso è causato da un’ anomalia strutturale di fondo della valvola mitrale e sembra essere più comune nelle ragazze adolescenti.
Il prolasso della valvola mitralica provoca un’ insufficienza cardiaca sistolica: il rigurgito attraverso la valvola mitralica prolassata determina un aumento del volume del sangue nel ventricolo con conseguente incapacità dello stesso di espellere questo aumento di volume (con conseguente ridotta frazione di eiezione).
La malattia valvolare è probabilmente secondaria all’insufficienza cardiaca sistolica e come tale il trattamento è mirato all’insufficienza cardiaca sottostante, che può ridurre la gravità del rigurgito mitralico, migliorare la funzione cardiaca e ridurre la morbilità.

 

La risposta A non è corretta.
La stenosi della valvola mitrale viene definita come il restringimento della valvola atrio-ventricolare di sinistra, i cui valori di superficie, anziché essere compresi fra i 4 a 20 mm2, divengono inferiori ai 2 cm2. La stenosi della valvola mitrale si manifesta con un rumore meso-diastolico a bassa frequenza e un S1 ad elevata tonalità meglio apprezzabile all’apice (il paziente presenta nel caso presentato invece presenta un soffio sistolico, il che rende improbabile questa diagnosi).
La stenosi mitralica ha una storia naturale che è molto lenta nel tempo. La mortalità a 5 anni è dell’85% nei pazienti in classe IV NYHA, del 38% in pazienti di classe III NYHA, e a 10 anni sale al 62% per pazienti in classe III NYHA.
La NYHA è una classificazione usata in cardiologia che distingue 4 classi (la classe 5° sarebbe il paziente in acidosi metabolica):
– la classe I NYHA il paziente asintomatico;
– la classe II NYHA il paziente si dice oligosintomatico, riesce a svolgere normalmente tutte le sue funzioni quotidiane.
– La classe III NYHA il paziente è fortemente limitato, non è autonomo nelle normali attività quotidiane, lo stesso vestirsi gli dà fastidio.
– La classe IV NYHA è un paziente sintomatico a riposo.
La stenosi mitralica asintomatica trova indicazione chirurgica quando l’area mitralica, valutabile attraverso l’ecocardiogramma, ha un’area inferiore a 1 cm2 o comunque ci sono segni di ipertensione polmonare. Quindi si opera una stenosi mitralica nei seguenti casi:
-sintomatico, classe III e IV NYHA;
-II classe, con trattamento conservativo;
C’è indicazione assoluta, quando l’area mitralica scende sotto 1 cm2.

 

La risposta B non è corretta.

E’ una condizione caratterizzata da un restringimento della valvola tricuspide con ostacolato passaggio del sangue dall’atrio destro al ventricolo destro. La causa principale di tale valvulopatia è attribuibile alla febbre reumatica. Il quadro clinico è sfumato ed i sintomi comprendono una sensazione di fastidio a livello cervicale, astenia e cute fredda. La stenosi della tricuspide si manifesta con e un soffio presistolico è spesso udibile a livello del manubrio sternale sinistro, presentando la caratteristica di intensificarsi durante l’atto inspiratorio. La diagnosi è eseguita mediante ecocardiografia. Generalmente si tratta di una condizione benigna e non richiede uno trattamento.

 

La risposta C non è corretta.
E’ una condizione caratterizzata da una insufficienza della valvola bicuspide che si presenta incontinente e che determina un flusso di sangue retrogrado dal ventricolo sinistro all’atrio sinistro durante la sistole ventricolare. Il quadro clinico si manifesta con palpitazioni e dispnea e si manifesta dal unto di vista semeiologico con un soffio olosistolico apicale ad elevata frequenza, che può irradiarsi all’ascella. Sebbene, che in questo paziente il soffio si manifesti durante la fase sistolica e quindi possa suggerire la presenza di un rigurgito della mitrale, la sua collocazione temporale rende anche questa diagnosi improbabile.

 

La risposta D non è corretta.

E’ una condizione caratterizzata da un restringimento della valvola aortica con ostacolato passaggio del sangue dal ventricolo sinistro all’aorta ascendente durante la fase di sistole. Dal punto di vista clinico spesso è asintomatico negli adulti, ma se non trattato, si manifesta con  uno o più reperti della classica triade sintomatologica caratterizzata da: sincope, angina e dispnea da sforzo; inoltre nelle fasi avanzate si può esitare nell’insufficienza cardiaca e nelle aritmie.

La stenosi della valvola aortica si manifesta con un soffio meso-sistolico, aspro, con caratteristica in andamento crescente-decrescente, che risulta meglio apprezzabile a livello del margine sternale superiore destro, non all’apice.


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