Simulazione

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1 di 22 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 22 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 22 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 22 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 22 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 22 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 22 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 22 Domande

Maschio di 27 anni con chiazza eritemato-desquamativa al gomito che, da qualche settimana, presenta lesioni simili di dimensioni più piccole asintomatiche in sede lombare.
Qual è la diagnosi più probabile?

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La psoriasi è una patologia infiammatoria che nella maggior parte dei casi si manifesta con papule e placche di color salmone ben circoscritte, eritematose e ricoperte da squame argentee.

Colpisce circa l’1-5% della popolazione mondiale, colpendo di più le persone con una carnagione chiara, mentre le persone con una carnagione più scura neri sono meno a rischio.

L’eziologia è multifattoriale e include la predisposizione genetica. È una patologia infiammatoria che insorge in seguito a traumi, uso di farmaci, infezioni in soggetti predisposti.

Vi sono 5 maggiori varianti cliniche:

– Psoriasi a placche: più del 80% dei casi (quella mostrata nel nostro caso),

– Psoriasi guttata: circa il 10% dei casi,

– Psoriasi inversa: si manifesta in concomitanza alla psoriasi a placche, o in maniera isolata,

– Psoriasi eritrodermica: meno del 3% dei casi,

– Psoriasi pustolosa: meno del 3% dei casi.

La psoriasi si presenta con placche e papule che tendono alla desquamazione in aree eritematose circoscritte pruriginose. Può evolvere in una forma grave che coinvolge le articolazioni, detta artrite psoriasica.

Le lesioni di solito si manifestano sulle superfici estensorie (gomiti e ginocchia), come in questo caso, ma l’età di esordio è tipicamente molto più tardi, durante l’infanzia.

Solitamente, per quanto riguarda i sintomi essi sono minimi. Tuttavia, in casi gravi vi può essere prurito. Ma le implicazioni estetiche possono essere importanti. Una manifestazione particolare della psoriasi è l’ artrite psoriasica.

La diagnosi si basa sull’aspetto e sulla distribuzione delle lesioni: in questo paziente non abbiamo elementi per sospettare una psoriasi.

Il trattamento può comprendere l’utilizzo di emollienti, farmaci topici, fototerapia e, nelle forme gravi, di farmaci sistemici.


9 di 22 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


10 di 22 Domande

Il signor Ponti, un commerciante di mezz’ età , si rivolge presso il servizio di dermatologia del Policlinico “ San Matteo” di Pavia per via di un disturbo dermatologico. Anamnesi patologica prossima: lamenta un’ eruzione cutanea pruriginosa estesa della caviglia sinistra. Il disturbo è insorto da circa 40 giorni: ha applicato preparazioni per uso topico a base di ossido di zinco ed antistaminici senza trarne beneficio. Anamnesi patologica remota: positiva per ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2, BPCO. Anamnesi farmacologica: assume metformina, lisinopril, atorvastatina, paracetamolo al bisogno per lombalgia ricorrente. Esame obiettivo: I parametri vitali sono nella norma. L'eruzione che si evidenzia all'esame visivo è riportata nell'immagine qui sotto. Quale diagnosi tra quelle riportate di seguito è corretta?

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La risposta corretta è la B.

Le eruzioni di tinea corporis sono generalmente di forma tondeggiante od ovoidale: questo soggetto presenta un’ eruzione coerente con la diagnosi di Tinea corporis.

Le dermatofitosi sono infezioni fungine che interessano la porzione cheratinizzata di cute e annessi. La sintomatologia è varia.

Le infezioni umane sono causate da Epidermophyton, Microsporum, e Trichophyton spp.

La trasmissione avviene da persona a persona, da animale a persona.

La maggior parte delle persone non sviluppa clinicamente l’ infezione, la quale si può avere più frequentemente nei pazienti che hanno una immunosopressione.

Possiamo ritrovare: Tinea barbae, Tinea capitis, Tinea corporis, Tinea cruris, Tinea pedis.

La tinea corporis è una dermatofitosi caratterizzata da chiazze anulari di colore dal rosa al rosso con bordi desquamati rilevati; le chiazze possono confluire così da formare chiazze estese di forma irregolare.

Nei pazienti, immunocompromessi la tinea corporis può estendersi, dando origine ad eruzioni di dimensioni considerevoli.

L’agente patogeno che più frequentemente scatena questa condizione patologica è Trichophyton Rubrum, ma sono frequenti anche le tigne provocate da qualunque altro dermatofito.

La diagnosi si basa sull’aspetto clinico e sull’esame delle scarificazioni cutanee in un preparato a fresco con idrossido di potassio: con l’ osservazione al microscopio ottico si distinguono così le caratteristiche ife segmentate e le artrospore.

Casi di tigna di gravità lieve-moderata sono trattati con antimicotici topici (terbinafina o clotrimazolo, ma quando la terapia topica non è risolutiva o le dimensioni della lesione sono particolarmente estese è necessaria la terapia sistemica), mentre i casi con eruzioni più estese e gravi possono richiedere una terapia sistemica (in questi casi, la terapia più efficace è l’itraconazolo orale di terminafina, fluconazolo, itraconazolo; in seconda scelta si può optare per griseofulvina, più efficace ma con effetti collaterali più gravi).

 

La risposta A non è corretta.

La pitiriasi rosea è una patologia infiammatoria auto-limitante di incerta eziologia, caratterizzata dall’eruzione di papule o placche di tipo eritematoso-desquamativo.

Insorge solitamente tra 10-35 anni e colpisce di più le donne.

La causa può essere un’infezione virale (forse dovute a herpes virus umani 6, 7, e 8). Alcuni farmaci possono causare eruzioni cutanee simil-pitiriasi rosea.

Le lesioni hanno una caratteristica desquamazione centrale con bordo leggermente rialzato (collaretto) e possono somigliare a una tigna (tinea corporis).

La maggior parte dei pazienti avverte prurito, soltanto occasionalmente di grado grave.

Un prodromo di malessere, cefalea, e qualche volta artralgia precede le lesioni in una minoranza di pazienti.

 

La risposta C non è corretta.

L’ eritema polimorfo o multiforme è una patologia dermatologica caratterizzata da una o più lesioni a coccarda sulla cute con aspetto simili a un bersaglio. Si chiama polimorfo o multiforme, perché l’ area centrale delle singole coccarde, può avere caratteristiche diverse (es. papula, erosione, vescicola, bolla, etc) in base allo stato evolutivo.

L’ eritema polimorfo si verifica a causa di un’ iperreattività della cute o delle mucose, nei confronti di svariati agenti scatenanti: molti pazienti sviluppano un eritema polimorfo, subito prima, durante o dopo un’ infezione da herpes virus.

Questo paziente non manifesta queste caratteristiche.

 

La risposta D non è corretta.

La psoriasi è una patologia infiammatoria che nella maggior parte dei casi si manifesta con papule e placche di color salmone ben circoscritte, eritematose e ricoperte da squame argentee.

Colpisce circa l’1-5% della popolazione mondiale. Inoltre colpisce di più le persone con una carnagione chiara, mentre le persone con una carnagione più scura sono meno a rischio.

L’eziologia è multifattoriale e include la predisposizione genetica.

Solitamente, per quanto riguarda i sintomi essi sono minimi. Tuttavia, in casi gravi vi può essere prurito. Ma le implicazioni estetiche possono essere importanti.

Una manifestazione particolare della psoriasi è l’ artrite psoriasica.

La diagnosi si basa sull’aspetto e sulla distribuzione delle lesioni: in questo paziente non abbiamo elementi per sospettare una psoriasi.

Il trattamento può comprendere l’utilizzo di emollienti, farmaci topici, fototerapia e, nelle forme gravi, di farmaci sistemici.

 

La risposta E non è corretta.

La sifilide è causata dalla spirocheta Treponema pallidum ed è caratterizzata da 3 fasi cliniche e sintomatiche sequenziali ma distinte. Il T. pallidum, una spirocheta che non può sopravvivere a lungo all’esterno del corpo umano.

Il T. pallidum penetra nel corpo attraverso le mucose o la cute, raggiunge i linfonodi periferici nel giro di poche ore, e rapidamente diffonde a tutto l’organismo.

La sifilide secondaria è caratterizzata da una eruzione cutanea maculopapulare diffusa (soprattutto le regioni palmari e plantari e la mucosa orale).

In questo paziente nulla ci suggerisce una tale eziologia.

La penicillina è il farmaco di scelta.


11 di 22 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


12 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


13 di 22 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


14 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


15 di 22 Domande

Il Dott. Rossino, pediatra dell’ Ospedale Gemelli, trovando il caso di Angelo, interessante effettua una fotografia della lesione presentata dal bambino, per chiedere una consulenza ad un collega dermatologo. Quale diagnosi tra le seguenti descrive il problema presentato?

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La risposta corretta è la D.

Questo soggetto ha un emangioma superficiale infantile, il tumore vascolare benigno più comune in età pediatrica.

Gli emangiomi infantili (EI) sono i tumori infantili più diffusi, che colpiscono il 10-12% dei neonati entro il primo anno di vita.

Gli EI sono dei tumori vascolari benigni dell’ infanzia; sono lesioni vascolari rilevate, di colore rosso o purpureo, iperplastiche con bordi ben delineati che compaiono nel primo anno di vita e inizialmente crescono rapidamente.

La maggior parte dei tumori regrediscono spontaneamente entro il secondo anno di vita; quelli che ostacolano la vista, le vie aeree o altre strutture necessitano di trattamento.

Possono essere riscontrati anche in tessuti profondi e nei visceri come ad esempio nel fegato.

Una minoranza può avere delle conseguenze estetiche, ulcerarsi o provocare forme invalidanti come strabismo da emangioma palpebrale e talvolta provocare lesioni delle vie respiratorie come quelle tracheali.

 

La risposta A non è corretta.

L’emangioma capillare (nevo a fragola) è uno dei tumori infantili più comuni; è tre volte più comune nei maschi rispetto alla popolazione femminile.

Solitamente, svanisce spontaneamente entro i due anni di vita (avvolte delle lesioni a livello del collo possono persistere senza complicanze).

Dal punto di vista clinico, si presenta poco dopo la nascita sotto forma di lesione unilaterale, in rilievo, di colore rosso chiaro (solitamente a livello della palpebra, sulla glabella o sulla linea mediana della nuca).

Oppure se si presenta come una lesione più profonda appare di colore violaceo.

 

La risposta B non  è corretta.

L’igroma cistico del collo (o linfangioma cistico) è un tumore congenito del collo caratterizzato da cavità pluriconcamerate a contenuto liquido di tipo linfatico (una massa di consistenza soffice, indolore e comprimibile, solitamente traslucida alla transilluminazione). Generalmente, si risconta alla nascita, è asintomatico e caratterizzato da una massa a consistenza elastica; necessità di asportazione chirurgica. Nei casi più gravi può causare un grave distress respiratorio per le importanti dimensioni che raggiunge e la conseguente dislocazione delle strutture del collo.

 

La risposta C non è corretta.

L’ emangioma cavernoso, o semplicemente cavernoma, in campo medico, è una forma di angioma (lesione vascolare a carattere benigno, cioè una massa di vasi sanguigni di forma sinusoidale dilatati e irregolari)  localizzata a livello cerebrale o midollo spinale.

 

La scelta E non è corretta.

Un angioma rubino è un tumore benigno, a localizzazione cutanea, che trae origine da una cellula endoteliale di un vaso sanguigno.

Dal punto di vista clinico si presenta, come una chiazza o una papula di colore rosso-purpureo con dimensioni che oscillano tra i 3 e i 5 millimetri; raramente raggiunge il centimetro.


16 di 22 Domande

Il signor Mieli, un anziano signore ex postino in pensione, si rivolge presso l’ ambulatorio dermatologico dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa per la valutazione di una lesione cutanea della guancia sinistra.
Anamnesi patologica prossima: presenza di una lesione della guancia sinistra divenuta sanguinolenta da circa 20 giorni, ma già presente da almeno 1 anno. Anamnesi fisiologica: Il paziente attualmente è in pensione ed in passato ha fatto il postino per circa 40 anni, trascorrendo quindi diverse ore al giorno all'aperto. Per 20 anni ha fumato 15-20 sigarette al giorno. Anamnesi patologica remota: negativa per patologie rilevanti. Esame obiettivo: è possibile apprezzare un’ ulcera cutanea di circa 1,5 cm di diametro. Esami di laboratorio-strumentali: viene eseguito un esame bioptico a tutto spessore, che rivela la presenza di cellule maligne dell'epidermide che si estendono al derma in nuclei isolati, compatibile con le caratteristiche del carcinoma basocellulare. Qual è il trattamento più idoneo da intraprendere per la gestione del caso?

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La risposta corretta è la B.

Per questo paziente sarebbe indicata l’escissione chirurgica micrografica di Mohs.

Il carcinoma basocellulare (BCC) è la più diffusa neoplasia maligna cutanea. I carcinomi basocellulari derivano da cheratinociti vicini allo strato basale che possono essere definiti come cheratinociti basaloidi.

Circa il 95% delle diagnosi di BCC vengono effettuate in individui di età compresa tra i 40 e i 79 anni di età . L’incidenza è circa del 30% più elevata negli uomini rispetto alle donne. Quasi il 90% dei BCC si sviluppa a livello della testa o del collo. Il tasso di incidenza per 100.000 abitanti varia da paese a paese (115 BCC in Gran Bretagna, 70-80 BCC in Germania, Svizzera e Italia, 170 BCC in USA e più di 800 BCC in Australia).

La metastasi è rara, ma la crescita locale può essere molto distruttiva: generalmente rimane circoscritto al distretto anatomico, in cui ha avuto origine senza generare metastasi, ma può invadere le strutture circostanti interessando nervi e ossa.

La diagnosi viene formulata mediante biopsia.

Da un punto di visto istopatologico esistono 4 tipi di CB:

Il tipo superficiale

– l’ istotipo nodulare

– l’ istotipo infiltrante

– l’ istotipo piano-cicatriziale o sclerodermiforme.

Il trattamento del carcinoma basocellulare varia in base alle dimensioni, agli strati cutanei interessati e alla localizzazione.

Per questo paziente sarebbe opportuna la chirurgia micrografica di Mohs. Essa è una tecnica chirurgica escissionale con controllo completo (100%) dei margini e ricostruzione grafica tridimensionale della massa tumorale. La Chirurgia di Mohs (CM) rappresenta una tecnica chirurgica di indiscussa efficacia terapeutica, utile per ottenere la radicalità nell’asportazione delle neoplasie cutanee. La CM nasce da una brillante intuizione di un chirurgo americano del Wisconsin, che quasi alle soglie della laurea, ancora studente, la concepì nel lontano 1930.

Per quanto riguarda questa tecnica: si procede a progressiva rimozione sequenziale di sottili strati istologici con ispezione microscopica per verificare che i margini rimossi siano scevri da cellule tumorali (attraverso il controllo microscopico dei margini in estemporanea).

Altre tecniche di rimozione della neoplasia comprendono: l’elettrodissecazione e il curettage (non sono raccomandate però per le lesioni del viso a causa dell’ esito cicatriziale conseguente o per quelle ad alto rischio).

 

La risposta A non è corretta.

Il basalioma superficiale (a basso rischio può essere trattato con terapia topica, basata su 5-fluorouracile e imiquimod) è caratterizzato da isole di cellule simil-germinative follicolari che si dipartono dallo strato basale dell’ epidermide. Tali isole germinative rimangono sempre localizzate nel derma papillare.

Questo paziente ha un basalioma nodulare, non è efficace la terapia topica.

 

La risposta C non  è corretta.

Il basalioma presenta un basso potenziale metastatico ma deve essere rimosso con elettrodissecazione e curettage oppure con escissione chirurgica;

In questo paziente è indicata: La Chirurgia di Mohs (CM) vista la localizzazione al viso.

L’escissione chirurgica è indicata per basaliomi, localizzati su tronco e arti e prevede l’asportazione con margine di tessuto sano di 3-5 mm per istotipi non aggressivi.

 

La risposta D non  è corretta.

La chemioterapia, viene utilizzata in caso di metastasi. In questo paziente non ci sono metastasi. Inoltre, il carcinoma basocellulare matastatizza raramente.

 

La risposta E non è corretta.

La radioterapia non è comunque un trattamento di prima scelta per questo paziente, come descritto in precedenza nel commento della risposta B.


17 di 22 Domande

Federica, insegnante di scuola media, si rivolge presso l'ambulatorio di dermatologia dell’ Arcispedale “ Sant’ Anna” di Ferrara per sottoporsi ad una visita a causa di una lesione al piede destro. Anamnesi patologica prossima: lesione al piede destro insorta da circa un anno che gradualmente è aumentata di dimensioni. È asintomatica e non ha né dolore o prurito. Anamnesi patologica remota: negativa per patologie rilevanti. Anamnesi fisiologica: Non ha storia di abitudini voluttuarie quali tabagismo o consumo di alcol. Esame obiettivo: L'esame della cute evidenzia un nodulo iperpigmentato di 7mm con bordi scuri e una depressione centrale che si sviluppa quando la lesione viene compressa ai bordi. Non si evidenziano altre alterazioni. Tra le seguenti qual è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è D.

La lesione cutanea di questa paziente è coerente con un dermatofibroma.

I dermatofibromi sono delle piccole papule o noduli duri di colorito rosso-bruno, composti da tessuto fibroso.

Dal punto di vista istologico ritroviamo una proliferazione di fibroblasti.

L’eziologia è sconosciuta ma è stato osservato che in alcuni casi possono svilupparsi a seguito di traumi o punture di insetti.

Generalmente insorgono sulle cosce o sulle gambe ma possono presentarsi ovunque.

Di solito, le lesioni misurano 0,5-1 cm di diametro, dure e appaiono come formazioni nodulari iperpigmentate non dolenti. Premendo i margini della lesione si può notare la formazione di un’ area di depressione centrale, fenomeno dovuto alla componente fibrosa di cui è costituito il dermatofibroma. La diagnosi di dermatofibroma spesso può essere fatta clinicamente. Le lesioni vengono talvolta sottoposte a biopsia per escludere una proliferazione melanocitica o altri tumori. L’asportazione non è necessaria a meno che la lesione non diventi sintomatica, sanguinante, o muta nella forma e nel colore e se la paziente la richiede per motivi estetici.

 

La risposta A non è corretta.

ll carcinoma squamocellulare è un tumore maligno che origina dai cheratinociti e invade il derma; questo tipo di tumore solitamente si sviluppa in zone foto-esposte. Il carcinoma spinocellulare è il secondo tumore della pelle per diffusione.

Localmente, può avere un comportamento molto aggressivo, e negli stadi avanzati si sviluppano metastasi. Può svilupparsi su tessuto sano, su una cheratosi attinica preesistente oppure su una placca di leucoplachia orale, o su una cicatrice da ustione. Le lesioni sono a forma di papula, placche squamose o noduli di consistenza dura che non generano un’ area di avvallamento centrale quando vengono compressi i margini.

 

La risposta B non è corretta.

ll sarcoma di Kaposi è un tumore causato dall’herpesvirus tipo 8. Ci sono varie forme: forma classica (associata all’AIDS), forma endemica (in Africa), o iatrogena (p.es., dopo il trapianto di organi). Questa paziente non rientra in nessuna di queste 3 forme.

La diagnosi viene formulata mediante biopsia.

Le lesioni si presentano come placche, noduli o macule multicentriche di colore rosso violaceo o marrone, su tronco, arti o viso.

Le caratteristiche della lesione della paziente, ricordano quelle di un dermatofibroma.

 

La risposta C non  è corretta.

Il granuloma piogenico è un tumore vascolare benigno nodulare carnoso, essudante o crostoso, solitamente di colore scarlatto, costituito da capillari proliferanti in uno stroma edematoso. Aumenta di dimensione nel giro di pochi mesi fino a raggiungere la forma di una massa peduncolata o sessile. Questo tipo di lesione interessa generalmente labbra o mucosa orale e può dare origine a sanguinamenti in seguito a un trauma di piccola entità .

 

La risposta E non è corretta.

Il carcinoma basocellulare è la più diffusa neoplasia maligna cutanea, può essere pigmentato ma quando si comprimono i bordi non genera la depressione centrale tipica invece del dermatofibroma e colpisce raramente in individui di giovane età .

I carcinomi basocellulari derivano da cheratinociti vicini allo strato basale che possono essere definiti come cheratinociti basaloidi.

Circa il 95% delle diagnosi di BCC vengono effettuate in individui di età compresa tra i 40 e i 79 anni di età .


18 di 22 Domande

Il signor Scheato, di mestiere programmatore informatico, si presenta presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Giosa, per una visita di controllo. Anamnesi patologica prossima: Non lamenta alcun disturbo particolare, ma riferisce solamente di aver notato da circa un anno una piccola protuberanza sulla cute del volto, che sanguina alle sollecitazioni meccaniche e non regredisce. Anamnesi patologica remota: positiva per ipertensione controllata attraverso dieta e farmaci antipertensivi. Anamnesi farmacologica: assume farmaci antipertensivi (non meglio precisati).
Anamnesi fisiologica: trascorre la sua vita lavorativa al chiuso al computer e non svolge attività fisica. Esame obiettivo: il Dott. Giosa rileva tale lesione come una papula di 7 mm normo pigmentata, con teleangectasie e che centralmente presenta una crosta. Quale tra le seguenti è l'evoluzione che ci si potrebbe aspettare da questa lesione?














La risposta corretta è la B.

È una classica presentazione del carcinoma basocellulare di tipo nodulare. Si tratta di una neoplasia che assume la forma di lesione nodulare perlacea con superficie teleangectasica e bordi lievemente rilevati rispetto al piano cutaneo. La crescita della massa comporta successivamente la formazione di croste ed ulcere a causa dell’aumentato fabbisogno delle cellule neoplastiche che vanno in sofferenza anossica. È la più comune neoplasia maligna cutanea caratterizzata da un basso potenziale metastatico; evolve lentamente ma progredendo può comportare la distruzione di tessuti viciniori fino ad estendersi al sistema nervoso centrale se non viene asportata per tempo. Tra i fattori di rischio per lo sviluppo di carcinoma basocellulare si annoverano l’esposizione alla radiazione solare senza adeguati filtri, pelle di colore chiaro, dermatite cronica, xeroderma pigmentoso. Si conosce una forma genetica di carcinoma basocellulare che da origine a quel disordine ereditario chiamato “ sindrome del carcinoma basocellulare nevoide” , associato a una mutazione del gene PTCH.

La risposta A è errata.

Questa opzione identifica la cheratosi seborroica che entra in diagnosi differenziale con melanoma maligno, carcinoma spinocellulare e basalioma, ma si tratta di una lesione benigna, caratterizzata istologicamente dalla presenza di piccole cisti infarcite di cheratina nell’area superficiale. L’improvvisa comparsa di numerose lesioni da cheratosi seborroica pruriginose può essere considerata una sindrome paraneoplastica detta segno di Leser-Trelat associato ad adenocarcinomi gastrointestinali; si tratta tuttavia di una teoria controversa non accettata unanimemente.

 

La risposta C è errata.

La descrizione fornita da questa opzione descrive il melanoma maligno. Sebbene anche il basalioma sia pigmentato, la lesione qui descritta è tipicamente riferibile a quest’ ultimo.

 

La risposta D è errata.

Quanto riportato in questa opzione descrive l’evoluzione del cheratoacantoma che può simulare per caratteristiche l’evoluzione del carcinoma spinocellulare ma che insorge improvvisamente con rapida crescita, fino a raggiungere le dimensioni di 1-2 cm di diametro in 15 giorni. La lesione assume la forma di una papula cupoliforme che può presentare una crosta sulla superficie e si stabilizza per mesi o anni prima di regredire.

 

La risposta E è errata.

Quanto riportato da questa opzione è riferibile al carcinoma spinocellulare, una lesione squamosa eritematosa che può andare incontro ad ulcerazione e nel 3% dei casi può metastatizzare colpendo i linfonodi. I fattori di rischio per lesioni con potenziale metastatico comprendono una localizzazione nel tessuto cicatriziale, immunodeficienza, esposizione a raggi X e radiazioni ultraviolette, localizzazione sul capo o sul collo. La prognosi è buona se viene completamente asportato, ma la sopravvivenza si riduce al 50% se trattato chirurgicamente in una fase metastatica.


19 di 22 Domande

Scenario clinico AA33:
Rita, una ragazza di 26 anni, si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Struttura, proprio medico curante, riferendo la presenza di un rash asintomatico a livello delle gambe. La paziente afferma che il suddetto rash è comparso 3 mesi prima ed ha fatto seguito alla comparsa di un altro rash, sviluppatosi invece circa un anno prima, anch’ esso asintomatico e localizzato nella parte superiore della schiena. La giovane riferisce inoltre che ha avvertito per diversi mesi episodi di dispnea in seguito a sforzi, ma per il resto si presenta in ottimo stato di salute. L’ anamnesi è negativa per patologie severe o allergie; la paziente inoltre non si sottopone ad alcuna terapia medica. La ragazza riferisce anche che circa 3 anni prima, per diversi mesi, ha sofferto di un’ eruzione cutanea ricorrente e dolente, che si presentava a livello delle gambe.
Quale tra le seguenti affermazioni riguardanti la diagnosi non è vera?














La risposta corretta è la C.

Esistono forme papulari di eczema, ma la distribuzione e la mancanza di prurito non sono tipiche. L’eczema ha anche una componente epidermica prominente che nelle immagini presentate non si apprezza.


20 di 22 Domande

Scenario clinico AA33:
Rita, una ragazza di 26 anni, si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Struttura, proprio medico curante, riferendo la presenza di un rash asintomatico a livello delle gambe. La paziente afferma che il suddetto rash è comparso 3 mesi prima ed ha fatto seguito alla comparsa di un altro rash, sviluppatosi invece circa un anno prima, anch’ esso asintomatico e localizzato nella parte superiore della schiena. La giovane riferisce inoltre che ha avvertito per diversi mesi episodi di dispnea in seguito a sforzi, ma per il resto si presenta in ottimo stato di salute. L’ anamnesi è negativa per patologie severe o allergie; la paziente inoltre non si sottopone ad alcuna terapia medica. La ragazza riferisce anche che circa 3 anni prima, per diversi mesi, ha sofferto di un’ eruzione cutanea ricorrente e dolente, che si presentava a livello delle gambe.
Quale è la diagnosi?














La risposta corretta è la B.

Le lesioni da sarcoidosi cutanea possono variare nella morfologia. Il paziente presenta lesioni micro-papulari sulla schiena: queste piccole papule sono emisferiche e possono essere arancio-marroni o rosso-marroni. La lesione lineare è un esempio di “cicatrice da sarcoidosi”: si tratta di una forma del fenomeno Kö bner, dove varie patologie cutanee, tra cui sarcoidi, psoriasi, verruche, molluschi e lichen planus, si sviluppano in corrispondenza della pelle traumatizzata da tagli o graffi (Il fenomeno di Koebner o isomorfismo reattivo di Koebner è una reazione isomorfa della cute che riproduce la comparsa, in sede di traumi e di processi flogistici, delle tipiche lesioni cutanee della dermatosi in atto. Tale fenomeno lo si può riscontrare in diverse patologie, come nella psoriasi, vitiligine, nel lichen e nelle verruche piane). Cicatrici di vecchia data, spesso sopra le ginocchia, possono rendersi ipertrofiche e sollevarsi. Le lesioni sopra lo stinco sono di solito di tipo a placca: possono essere di forma irregolare, a volte serpigine nel profilo e possono assomigliare ad una necrobiosi lipoidica.

La parte superiore della schiena può essere interessata da eruzioni fotosensibili, ma in genere sono coinvolte anche le braccia, le gambe e/o il viso e il collo, spesso con una chiara demarcazione tra i siti fotoesposti e quelli non fotoesposti.

L’eruzione che la paziente dichiara di aver avuto di tre anni prima, probabilmente era dovuta alle stesse condizioni, mentre l’eruzione precedente alle gambe probabilmente era un eritema nodoso e sia questo che i sintomi respiratori sono correlati all’eruzione attuale sa sarcoidosi.


21 di 22 Domande

Scenario clinico AA33:
Rita, una ragazza di 26 anni, si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Struttura, proprio medico curante, riferendo la presenza di un rash asintomatico a livello delle gambe. La paziente afferma che il suddetto rash è comparso 3 mesi prima ed ha fatto seguito alla comparsa di un altro rash, sviluppatosi invece circa un anno prima, anch’ esso asintomatico e localizzato nella parte superiore della schiena. La giovane riferisce inoltre che ha avvertito per diversi mesi episodi di dispnea in seguito a sforzi, ma per il resto si presenta in ottimo stato di salute. L’ anamnesi è negativa per patologie severe o allergie; la paziente inoltre non si sottopone ad alcuna terapia medica. La ragazza riferisce anche che circa 3 anni prima, per diversi mesi, ha sofferto di un’ eruzione cutanea ricorrente e dolente, che si presentava a livello delle gambe.
Quale tra le seguenti opzioni non rientra in un adeguato piano terapeutico per questa paziente?














La risposta corretta è la E.

Le biopsie cutanee sono essenziale per stabilire la diagnosi (in tal caso di sarcoidosi) così come le indagini successive per confermare il coinvolgimento polmonare che in tal caso viene trattato con steroidi orali.

Si noti che l’estensione dell’interessamento cutaneo non è correlato all’estensione della malattia sistemica: l’eruzione precedente alle gambe era probabilmente era un eritema nodoso che può essere dovuto a sarcoidosi.

Le lesioni cutanee possono essere trattate con potenti steroidi topici, ma la risposta è spesso solo parziale. Gli steroidi intralesionali possono essere considerati per lesioni più spesse, mentre gli steroidi orali somministrati per un coinvolgimento sistemico agirebbero certamente anche a livello cutaneo, ma quando si usano steroidi orali solo per lesioni cutanee, il rischio di effetti collaterali deve essere commisurato con il beneficio.


22 di 22 Domande

Scenario clinico AA33:
Rita, una ragazza di 26 anni, si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Struttura, proprio medico curante, riferendo la presenza di un rash asintomatico a livello delle gambe. La paziente afferma che il suddetto rash è comparso 3 mesi prima ed ha fatto seguito alla comparsa di un altro rash, sviluppatosi invece circa un anno prima, anch’ esso asintomatico e localizzato nella parte superiore della schiena. La giovane riferisce inoltre che ha avvertito per diversi mesi episodi di dispnea in seguito a sforzi, ma per il resto si presenta in ottimo stato di salute. L’ anamnesi è negativa per patologie severe o allergie; la paziente inoltre non si sottopone ad alcuna terapia medica. La ragazza riferisce anche che circa 3 anni prima, per diversi mesi, ha sofferto di un’ eruzione cutanea ricorrente e dolente, che si presentava a livello delle gambe. Quale tra le seguenti non è una caratteristica della sarcoidosi?














La risposta corretta è la B.

La sarcoidosi è una malattia granulomatosa cronica ad evoluzione sistemica che può colpire qualsiasi organo, la cui eziologia è tuttora sconosciuta. È più frequente nel sesso femminile e l’esordio è di solito nel terzo o quarto decennio. Gli organi più colpiti sono i linfonodi (in particolare quelli intratoracici),i polmoni, il cuore, il fegato e la milza, la cute (in un quarto dei casi) e l’ occhio. I sintomi comuni includono lesioni cutanee, oculari (uveite anteriore) o articolari: circa il 25% dei pazienti con sarcoidosi hanno un coinvolgimento cutaneo, che può essere il primo ed unico reperto mostrato; poi vi può esserci tosse, febbre, malessere generale, artralgia, eritema nodoso, dunque la diagnosi iniziale è molto difficoltosa. La sarcoidosi ad un RX del torace si manifesta solitamente con un’ adenopatia ilare bilaterale, con tipico aspetto “ a farfalla” , e nei casi più avanzati un interessamento interstiziale. Inoltre la sarcoidosi può essere responsabile di cardiomiopatia sia pericardica che restrittiva, ma la presenza di calcificazioni è un reperto insolito .La mortalità complessiva si aggira intorno al 2-5%.


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