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1 di 22 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 22 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 22 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 22 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 22 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 22 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 22 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 22 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 22 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 22 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 22 Domande

Anna, una donna di 44 anni, baby sitter, si presenta nella clinica dermatologica dell’ Ospedale“ SS. Annunziata” di Taranto in data 8 Aprile 2017 per la presenza di un nevo sulla natica destra, che ha sanguinato in seguito ad un trauma di lieve entità . La donna ha avuto in passato due nevi non maligni, rimossi rispettivamente 4 e 9 anni fa. Il dermatologo raccoglie l’ anamnesi familiare, da cui risulta che sua madre è affetta da diabete mellito di tipo 2 e suo padre, invece, è iperteso e iperlipidemico. Il nevo è mostrato in figura:
Si osserva una piccola regione ulcerata al centro della lesione. Il dermatologo, orientato verso un certo sospetto clinico, richiede degli esami di laboratorio, tra cui l’ immunoistochimica, che risulta positiva per S-100. Quale tra questi è il fattore prognostico più importante?

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La risposta corretta è la D

Come suggerito dalla foto, la signora Anna presenta un melanoma, un tumore cutaneo, la cui incidenza è in aumento nella popolazione generale. I melanomi si presentano più comunemente sulla schiena negli uomini e sulle natiche e sulle gambe nelle donne.

Tra i diversi fattori di rischio ricordiamo:

  • storia familiare e personale di melanoma

  • fototipi chiari con occhi e capelli chiari

  • storia di esposizione al sole intermittente con scottature

  • abbronzatura secondaria all’esposizione ai raggi ultravioletti A (UVA) o a trattamenti con psoraleni più UVA (PUVA)

  • presenza di numerosi nevi melanocitici (>100)

  • presenza di nevi melanocitici clinicamente atipici

  • tumore cutaneo diverso da melanoma

  • immunosoppressione

  • presenza di un nevo melanocitico congenito gigante

  • sindrome del nevo displastico

  • Circa il 30% dei melanomi si sviluppa su nevi pigmentati (circa la metà dei quali da nevi tipici e atipici); quasi tutti gli altri hanno origine dai melanociti presenti nella cute sana.

    I segni di trasformazione maligna includono:

    • Variazioni di dimensione

    • Cambiamenti di forma, bordi irregolari o indistinti

    • Variazioni di colore, soprattutto pigmentazione rossa, bianca e blu a livello della cute sana che circonda la lesione

      • Segni di flogosi nella cute circostante, con eventuale sanguinamento, ulcerazione, prurito o dolenzia

      • Variazione delle caratteristiche di superficie o della consistenza

      La diagnosi è eseguita mediante biopsia escissionale per la maggior parte delle lesioni.

      I marker tumorali non vanno usati come metodica primaria per la diagnosi, ma come conferma diagnostica, oppure per monitorare una possibile recidiva tumorale e verificare la risposta alla terapia. Il dermatologo ha richiesto l’ immunoistochimica per S-100: si tratta di un marker tumorale, usato nella diagnosi dei melanomi, tumori neuronali e astrocitomi.

      Una volta stabilita la severità del comportamento biologico di un melanoma, verranno presi in considerazione tutti i fattori presenti nella lista di risposte; tuttavia, il fattore prognostico più importante rimane lo “ spessore di Breslow” , che misura la profondità dell’ invasione melanocitica a partire dalla zona più superficiale dello strato granuloso. I melanomi in situ o i melanomi con una profondità di invasione inferiore ad 1 mm, infatti, hanno una prognosi eccellente in seguito a rimozione chirurgica, con un rischio di metastasi linfonodali e a distanza che aumenta all’ aumentare della profondità di invasione.

      La risposta A non è corretta

      La presenza o meno di ulcerazione è un parametro usato per cambiare la classificazione di un melanoma di una data profondità . Nonostante questo cambiamento incida sulla prognosi, non è così importante come la profondità dell’ invasione.

      Le risposta B ed E non sono corrette.

      Il grado di atipia melanocitica e la presenza di infiltrato infiammatorio intorno ad un melanoma non vengono comunemente usati nella stadiazione di un melanoma. Si tratta sicuramente di caratteristiche negative (es. rispettivamente molte mitosi e regressione severa) e, se presenti allo stadio I di malattia, possono essere usati per giustificare procedure avanzate ai fini della stadiazione, come la biopsia dei linfonodi sentinella o l’ uso di PET-TC.

      La risposta C non corretta.

      La biopsia del linfonodo sentinella è tipicamente usata per melanomi con una profondità di invasione >1mm. Questa procedura non ha nessun effetto sulla mortalità , ma può dare alcune informazioni prognostiche aggiuntive, quando usata insieme alla profondità di invasione.

      Obiettivo formativo:

      Il melanoma è un tumore cutaneo aggressivo con una prognosi determinata principalmente dalla profondità di invasione.

      Ricorda l’ ABCD per un sospetto di melanoma: asimmetria, irregolarità dei bordi, varietà di colorazione, diametro maggiore di 6 mm.


14 di 22 Domande

Il Sig. Manfredini, un uomo di 43 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Diana, per sottoporsi ad una visita.
Anamnesi patologica prossima: riferisce la presenza di un sospetto morso di ragno (ragno Brown) all’ altezza dell’ inguine sinistro. Tuttavia il paziente, in seguito alla domanda del Dott. Diana, afferma che nessuno in casa ha visto tale ragno. Inoltre riferisce la comparsa occcasionale di foruncoli sotto le braccia e nella zona inguinale. Il paziente non ha febbre. Nessun membro della famiglia presenta dei sintomi e segni simili.
Al termine della visita, il paziente viene mandato a casa e il giorno dopo inizia ad accusare brividi, febbre, e riferisce che la lesione si sta diffondendo.
Quale tra i seguenti rappresenta il trattamento maggiormente appropriato?

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La risposta A è corretta.

Il paziente mostra una pustola con un centro necrotico.

Con il paziente avente un’ anamnesi patologica prossima positiva per la presenza di eruzione a livello delle braccia e dell’ inguine, si deve sospettare un’infezione da S. aureus.

L’infezione da S. aureus resistente alla meticillina (MRSA), acquisita in comunità , è stata descritta come un aspetto simile a quello di un morso di ragno (le punture di ragno Brown hanno centri necrotici, ma di solito non formano pustole).

Gli stafilococchi sono microrganismi Gram-positivi aerobi. Lo Staphylococcus aureus è il germe più patogeno; causa tipicamente infezioni cutanee e talvolta polmoniti, endocarditi e osteomieliti.

I ceppi di S. aureus resistente alla meticillina (MRSA) sono diventati frequenti, specialmente negli ospedali e stanno diventano anche molto frequenti in ambiente non ospedaliero nella maggior parte delle regioni geografiche.

La terapia antimicrobica per MRSA comunitario prevede il ricovero in ospedale per la valutazione adeguata della condizione e l’utilizzo di vancomicina o linezolid fino al momento in cui non si ottengono risultati colturali con antibiogramma. La clindamicina può essere utilizzata come alternativa alla vancomicina o al linezolid se il germe isolato è sensibile a ceftarolina (unica cefalosporina efficace contro MRSA).


15 di 22 Domande

Maschio di 30 anni. Da alcune settimane lamenta bruciore in sede inguinale bilaterale con comparsa di lesioni eritemato-desquamative ad estensione centrifuga. Qual è la diagnosi più probabile?

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La risposta B è corretta.

L’epidermofizia inguinale o tinea cruris o tigna inguinale è una infezione micotica localizzata a livello della regione inguinale e del terzo superiore della coscia.

Viene definita in maniera più precisa come una infezione dermatofitica inguinale. Generalmente si estende a livello del perineo e meno frequentemente a livello del pube. I miceti all’origine di questa patologia possono essere l’Epidermophyton floccosum, il Trichophyton rubrum e il Trichopyton mentagrophytes.

La Tinea si manifesta con la comparsa sulla cute di chiazze lenticolari rilevate, di colore rosso vivo, squamose, e con disposizione centrifuga ma confluenti fra loro. L’insieme di queste lesioni, e la loro confluenza, tende a dare origine ad un’unica chiazza dai contorni irregolari e con estensione mono o bilaterale.

Talora possono evidenziarsi vescicole puntiformi, abrasioni o crosticine. Nella maggior parte dei casi, la zona centrale della lesione appare liscia e con una pigmentazione caratteristica bruno-giallastra. Sintomo classico è il prurito, associato eventualmente anche a dolore o bruciore conseguenti alle lesioni da grattamento o alle sovrainfezioni.

L’epidermofizia inguinale è una infezione micotica il cui contagio può avvenire in maniera diretta (contatto interumano) o indiretta (attraverso indumenti o accessori), ed è favorita dalla presenza di lesioni cutanee, irritazione, sudore o macerazione, variazioni del pH. E’ particolarmente frequente in età puberale, sebbene il contagio possa avvenire in qualsiasi momento della vita. Gli uomini sono più colpiti rispetto alle donne, e questo è dovuto alla diversa conformazione anatomica dei genitali esterni che crea un microambiente caldo-umido maggiormente predisponente alla crescita fungina.

La diagnosi viene fatta mediante esame obiettivo; la terapia è solitamente empirica ma, nei casi dubbi o non responsivi, è necessaria l’esecuzione di esami specifici come quello micologico diretto e l’analisi colturale.

La diagnosi differenziale va fatta con l’eritrasma, la psoriasi invertita, le intertrigini batteriche e l’intertrigine candidosica.

La terapia classica prevede l’applicazione topica di una pomata antimicotica (azoli, allilamine, morfoline, polienici) e ha una durata di 14-21 giorni; nel caso in cui le lesioni siano particolarmente estese, è consigliata la somministrazione di una terapia sistemica con triazolici o terbinafina. Non sono rare le recidive, soprattutto nei soggetti predisposti per condizioni anatomiche come nel caso di pazienti obesi, per condizioni patologiche come diabete o stati di immunodeficienza, oppure per la presenza di dermatofitosi concomitanti.

 

La risposta A non è corretta.

La candida è una infezione provocata da un fungo, generalmente dalla Candida albicans. Quando localizzata nella regione inguinale è maggiormente frequente nel sesso femminile, tuttavia, anche il caldo, l’umidità e il sudore presenti nei pressi dei genitali maschili possono rappresentare un terreno fertile per la sua crescita.

Si manifesta con arrossamento della regione pelvica e degli organi genitali, dolore per il coinvolgimento di regioni particolarmente sensibili, e la presenza di piccoli rigonfiamenti o pustole bianco-giallastre e pruriginose. Le caratteristiche delle lesioni, soprattutto la presenza di pustole , vescicole, ragadi e fessurazioni distinguono l’infezione da candida da quella del nostro paziente.

 

La risposta C non è corretta.

La dermatite da contatto è una reazione infiammatoria della cute dovuta al contatto con sostanze, chimiche o naturali, capaci di provocare una reazione irritativa.

La zona di cute interessata diventa inizialmente rossa ed intensamente pruriginosa, dopodichè si assiste alla formazione di vescicole a contenuto limpido, sieroso. In caso di rottura delle  vescicole, queste possono sovrainfettarsi o andare incontro a cicatrizzazione, con la formazione di croste.

La terapia della dermatite da contatto prevede l’allontanamento della fonte di irritazione ed eventualmente l’applicazione topica di creme lenitive o cortisoniche. La natura e il tipo di lesione cutanea sono differenti da quelle presentate dal nostro paziente.

 

La risposta D non è corretta.

La psoriasi è una patologia infiammatoria della cute, generalmente cronica e il cui decorso è caratterizzato dall’alternarsi di periodi di attività e periodi di remissione.

Sebbene le cause non siano propriamente conosciute, sono stati identificati alcuni fattori di rischio quali la predisposizione genetica, lo stile di vita, i processi infettivi e la presenza di comorbilità .

Sono state distinte varie forme di psoriasi: a placche (o volgare), guttata, pustolosa, invertita, eritrodermica.

La diagnosi di psoriasi viene fatta sulla base dell’aspetto caratteristico delle chiazze; queste sono tipicamente di colore rosso, eritematose, e ricoperte di squame biancastre e secche. Le lesioni sono spesso pruriginose.

Il tipo di lesioni associate alla patologia psoriasica presentano notevoli differenze per caratteristiche e per localizzazione rispetto a quelle presentate dal nostro paziente.


16 di 22 Domande

Giorgia e' una giovane ragazza di 18 anni, che in seguito alla ripresentazione di un rash cutaneo, si reca presso il proprio medico curante, la Dott.ssa Garnucci. Anamnesi patologica prossima: rash localizzato a livello dei gomiti, del tronco e del cuoio capelluto. La ragazza afferma che ha usato una crema antimicotica, senza alcun successo; con l’ applicazione di una crema a base di cortisone ha invece notato un lieve miglioramento, ma le lesioni cutanee non sono mai del tutto scomparse. Inoltre dice di aver assistito ad un netto peggioramento della sua condizione, quando per un periodo ha usato la crema a base di cortisone in modo discontinuo. Anamnesi familiare: la ragazza dice che un parente di primo grado presenta manifestazioni cutanee simili alle sue. Quale reperto diagnostico potrebbe aiutare nella diagnosi della patologia in questione?

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La risposta D è corretta.

La psoriasi è una patologia infiammatoria che nella maggior parte dei casi si manifesta con papule e placche di color salmone ben circoscritte, eritematose e ricoperte da squame argentee.

Colpisce circa l’1-5% della popolazione mondiale. Inoltre, colpisce di più le persone con una carnagione chiara, le persone con una carnagione più scura o i neri sono meno a rischio.

L’eziologia è multifattoriale e include la predisposizione genetica. È una patologia infiammatoria che insorge in seguito a traumi, uso di farmaci, infezioni in soggetti predisposti.

Per quanto riguarda la psoriasi, vi sono 5 maggiori varianti cliniche:

– Psoriasi a placche: più del 80% dei casi

– Psoriasi guttata: circa il 10% dei casi

– Psoriasi inversa: si manifesta in concomitanza alla psoriasi a placche, o in maniera isolata

– Psoriasi eritrodermica: meno del 3% dei casi

– Psoriasi pustolosa: meno del 3% dei casi

Solitamente, per quanto riguarda i sintomi essi sono minimi: si presenta con placche e papule che tendono alla desquamazione in aree eritematose circoscritte pruriginose.

Una manifestazione particolare della psoriasi è l’ artrite psoriasica.

La diagnosi si basa sull’aspetto e sulla distribuzione delle lesioni: le lesioni di solito si manifestano sulle superfici estensorie (gomiti e ginocchia), come in questo caso ai gomiti.

La diagnosi è prevalentemente clinica e si basa sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. Non esistono analisi di laboratorio per la diagnosi della psoriasi.

La biopsia cutanea, anche se non patognomonica, presenta caratteristiche coerenti con la psoriasi e aiuta a escludere altre condizioni simili.

Il trattamento può comprendere l’utilizzo di emollienti, farmaci topici, fototerapia e, nelle forme gravi, di farmaci sistemici.

I trattamenti iniziali, specialmente per le forme limitate, consistono nell’applicazione di steroidi topici, retinoidi topici e/o analoghi della vitamina D topica, mentre se il coinvolgimento è più grave, possono essere utilizzate altre opzioni, come la terapia alla luce ultravioletta e gli immunosoppressori sistemici. L’ uso di steroidi sistemici non è raccomandato, in quanto la sospensione da essi può portare ad un riattivarsi o aggravarsi della condizione. Tuttavia, alcuni specialisti possono scegliere questa opzione, con un attento follow-up, se altre strade hanno fallito.


17 di 22 Domande

Giovanni, un ragazzo di 25 anni, si reca presso il P.S. del policlinico Umberto I di Roma dove viene affidato alle cure del Dott. Tianzi, medico di guardia di turno, per malessere generalizzato associtao ad un problema dermatologico. Anamnesi patologica prossima: Il giovane afferma che da 3 giorni presenta febbre, malessere generale, rash e piaghe alla bocca. Riferisce inoltre di non essere in grado di mangiare a causa del dolore alla bocca. Non riferisce artralgie nè secrezioni dal pene. Anamnesi patologica remota: nega di avere già avuto episodi simili in passato. Anamnesi farmacologica: non assume farmaci in cronico. Anamnesi fisiologica: nega allergie a farmaci. Esame obiettivo: presenta una P.A. di 100/55 mmHg, F.C. di 105 bpm, F.R. di 22 atti/min e temperatura corporea di 38.9 °F. Il paziente appare vigile ma agitato e sofferente. Presenta lesioni vescicolo-bollose multiple a livello delle congiuntive e della bocca, come osservabile nell’ immagine sottostante. Vengono riscontrate altre lesioni a livello palmo-plantare. Alla valutazione dell’ acuità visiva ottiene uno score di 20/20. Quale delle seguenti rappresenta l’ opzione terapeutica maggiormente indicata ?

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La risposta corretta è la B.

L’ eritema polimorfo o multiforme è una patologia dermatologica caratterizzata da una o più lesioni a coccarda sulla cute con aspetto simili a un bersaglio e si tratta di una reazione infiammatoria autolimitante, caratterizzata dalla presenza di tali lesioni cutanee.

L’ eritema polimorfo si verifica a causa di un’ iper-reattività della cute o delle mucose, nei confronti di svariati agenti scatenanti, come ad un’ infezione da herpes simplex (probabilmente, questa patologia è causata da una reazione citotossica da cellule T, contro i frammenti di DNA presenti nei cheratinociti). Si ipotizza una predisposizione genetica (HLA). Altre cause meno frequenti, potrebbero essere farmaci, vaccini e malattie virali.

Si chiama polimorfo o multiforme, perché l’ area centrale delle singole lesioni a coccarda, può avere caratteristiche diverse (es. papula, erosione, vescicola, bolla, etc) in base allo stato evolutivo.

Tali manifestano si sviluppano soprattutto a livello delle estremità distali (ed interessano gli arti a livello distale). Queste lesioni si caratterizzano per essere simmetriche e per una distribuzione centripeta: la diffusione al tronco è frequente.

Possiamo distinguere a seconda del tipo di gravità , manifestazione ed estensione una forma di eritema multiforme minore caratterizzato da un’eruzione cutanea localizzata ad una forma maggiore multisistemica, che si manifesta con estese lesioni vesciculo-bollose associate ad erosione delle mucose, nota come sindrome di Stevens-Johnson (SJS).

La sindrome di Stevens-Johnson è una grave reazione cutanea da ipersensibilità .

La sindrome di Stevens-Johnson, colpisce meno del <10% della superficie corporea; la necrosi epidermica tossica colpisce più del 30% della superficie corporea.

Dal punto di vista eziologico, più del 50% dei casi di sindrome di Stevens-Johnson sono scatenate da farmaci: sulfamidici (sulfasalazina, cotrimossazolo), antiepilettici (fenitoina, fenobarbitale ed altri), antibiotici (aminopenicilline, fluorochinoloni), altri farmaci.

Oltre cause scatenanti (oltre ai farmaci) possono essere infezioni (ad esempio Mycoplasma pneumoniae ed Herpes), vaccinazione, GVHD e tumori maligni. Alcune volte non è possibile riscontrare la causa scatenante.

Dal punto di vista clinico entro 4-28 giorni dall’ inizio dell’ assunzione del farmaco incriminato, i pazienti affetti manifestano solitamente malessere generale, cefalea, tosse, febbre.

I sintomi sistemici sono frequenti, possono includere ipotensione, tachicardia, alterazioni della coscienza, convulsioni e coma.

Questa patologia si caratterizza per la presenza di macule, bolle, desquamazioni cutanee (vi può essere anche la perdita di sopraccigli e unghie) e mucosite.

Avvolte, è possibile ritrovare: erosioni del cavo orale, cheratocongiuntivite e disturbi genitali.

Per quanto riguarda la diagnosi, è molto importante la valutazione clinica (ad esempio valutando le tipiche lesioni muco-cutanee), l’ anamnesi (che rivela l’ esposizione ad un farmaco verosimilmente scatenante), valutando i segni sistemici e avvolte la biopsia cutanea.

La terapia consiste nella somministrazione di fluidi per via endovenosa, prednisone orale, analgesici, antistaminici, collutori e medicazioni della cute. A causa dell’elevata morbilità e mortalità , i pazienti con SJS con malattia estesa, tossicità sistemica o coinvolgimento delle mucose richiedono un ricovero ospedaliero, spesso in un’unità di terapia intensiva.

Nei casi di eritema multiforme minore e pertanto localizzati la terapia non richiede il ricovero e si basa sulla somministrazione di steroidi topici.


18 di 22 Domande

Maschio di 27 anni con chiazza eritemato-desquamativa al gomito che, da qualche settimana, presenta lesioni simili di dimensioni più piccole asintomatiche in sede lombare. Quale terapia topica, tra quelle elencate, è la più indicata per questo paziente?

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La risposta corretta è la C.

Il nostro paziente presenta una lesione eritemato-desquamativa a livello del gomito e altre lesioni di minori dimensioni a livello lombare.

Esaminate le caratteristiche della lesione, si tratta di psoriasi.

La psoriasi è una patologia infiammatoria che nella maggior parte dei casi si manifesta con papule e placche di color salmone ben circoscritte, eritematose e ricoperte da squame argentee.

Colpisce circa l’1-5% della popolazione mondiale, colpendo di più le persone con una carnagione chiara, mentre le persone con una carnagione più scura neri sono meno a rischio.

L’eziologia è multifattoriale e include la predisposizione genetica. È una patologia infiammatoria che insorge in seguito a traumi, uso di farmaci, infezioni in soggetti predisposti.

La malattia alterna fasi di attività a fasi di remissione; ha un andamento ciclico, cronico e recidivante, con momenti di esacerbazione della sintomatologia a cui si succedono periodi asintomatici o paucisintomatici.

Vi sono 5 maggiori varianti cliniche:

– Psoriasi a placche: più del 80% dei casi (quella mostrata nel nostro caso),

– Psoriasi guttata: circa il 10% dei casi,

– Psoriasi inversa: si manifesta in concomitanza alla psoriasi a placche, o in maniera isolata,

– Psoriasi eritrodermica: meno del 3% dei casi,

– Psoriasi pustolosa: meno del 3% dei casi.

La psoriasi a placche (Psoriasi Vulgaris) è la forma più frequente ed è caratterizzata dalla presenza di aree eritematose a margini netti, talora confluenti a formare appunto delle placche, sovrapposte ad aree desquamanti di colore bianco madreperlaceo, causate da un ispessimento anomalo dello strato più superficiale dell’epidermide, lo strato corneo. Queste chiazze vengono definite come “ eritrosquamose” . Le lesioni si distribuiscono elettivamente sulla superficie estensoria degli arti (soprattutto gomiti e ginocchia) ma di norma si localizzano anche sul cuoio capelluto e sulla parte dorso-lombare della schiena.

La Psoriasi guttata è caratterizzata dalla comparsa improvvisa di piccole macchie rosse “ lesioni guttate” collocate in varie parti del corpo.

Nella Psoriasi inversa le lesioni sono di colore rosso brillante, lisce e lucide e si collocano prevalentemente a livello delle pieghe cutanee come ascelle, inguine, seni e glutei.

La Psoriasi Eritrodermica colpisce la maggior parte della superficie cutanea del corpo; le lesioni si estendono ampiamente, la cute è arrossata e molto spesso si desquama.

Infine, la Psoriasi Pustolosa è caratterizzata da piccole vescicole purulente spesso circondate da una zona infiammata; questa forma si presenta soprattutto negli adulti.

La psoriasi si presenta con placche e papule che tendono alla desquamazione in aree eritematose circoscritte pruriginose. Può evolvere in una forma grave che coinvolge le articolazioni, detta artrite psoriasica.

Le lesioni di solito si manifestano sulle superfici estensorie (gomiti e ginocchia), come in questo caso, ma l’età di esordio è tipicamente molto più tardi, durante l’infanzia.

Solitamente, per quanto riguarda i sintomi essi sono minimi. Tuttavia, in casi gravi vi può essere prurito. Ma le implicazioni estetiche possono essere importanti. Una manifestazione particolare della psoriasi è l’ artrite psoriasica.

La terapia dipende dall’estensione e dalla gravità delle lesioni: nelle forme lievi, è sufficiente applicare delle lezioni emollienti e farmaci cheratolitici nella sede delle lesioni e assumere retinoidi, analoghi della vitamina D, cortisonici, inibitori della calcineurina e ditranolo; nelle forme moderate si esegue di solito la fototerapia UVB e PUVA, mentre, nelle forme più gravi la terapia è sistemica con ciclosporina, methotrexate, aciretina e farmaci biologici.

Le risposte A, B, D ed E sono errate.


19 di 22 Domande

Maschio di 27 anni con chiazza eritemato-desquamativa al gomito che, da qualche settimana, presenta lesioni simili di dimensioni più piccole asintomatiche in sede lombare. Quale delle seguenti affermazioni relative alla patologia da cui è affetto il paziente NON è corretta?

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La risposta corretta è la D.

La psoriasi è una patologia infiammatoria che nella maggior parte dei casi si manifesta con papule e placche di color salmone ben circoscritte, eritematose e ricoperte da squame argentee.

Colpisce circa l’1-5% della popolazione mondiale, colpendo di più le persone con una carnagione chiara, mentre le persone con una carnagione più scura neri sono meno a rischio.

L’eziologia è multifattoriale e include la predisposizione genetica. È una patologia infiammatoria che insorge in seguito a traumi, uso di farmaci, infezioni in soggetti predisposti.

Vi sono 5 maggiori varianti cliniche:

– Psoriasi a placche: più del 80% dei casi (quella mostrata nel nostro caso),

– Psoriasi guttata: circa il 10% dei casi,

– Psoriasi inversa: si manifesta in concomitanza alla psoriasi a placche, o in maniera isolata,

– Psoriasi eritrodermica: meno del 3% dei casi,

– Psoriasi pustolosa: meno del 3% dei casi.

La psoriasi si presenta con placche e papule che tendono alla desquamazione in aree eritematose circoscritte pruriginose. Può evolvere in una forma grave che coinvolge le articolazioni, detta artrite psoriasica.

Solitamente, per quanto riguarda i sintomi essi sono minimi. Tuttavia, in casi gravi vi può essere prurito e le implicazioni estetiche possono essere importanti. Le lesioni di solito si manifestano sulle superfici estensorie (gomiti e ginocchia), come in questo caso, ma l’età di esordio è tipicamente molto più tardi, durante l’infanzia.  Le forme tipiche dell’età pediatrica sono:
– “napkin psoriasis”: caratteristica del bambino piccolo in cui le manifestazioni cutanee si verificano in corrispondenza del pannolino con lesioni rosso intenso e lucido interessanti anche le pieghe cutanee: solitamente tale forma non presenza le caratteristiche placche squamose;

– “psoriasi guttata”: in cui si verifica la comparsa di piccole chiazze, di circa 1-2 cm di diametro, a volte molto numerose, distribuite su tutta la superficie corporea, in prevalenza al tronco;

– “psoriasi inversa”: in cui sono interessate le pieghe cutanee, che si può verificare in concomitanza alla psoriasi a placche o in maniera isolata e dove  le lesioni di solito si manifestano di colore rosso vivo senza la presenza di squame.

Il trattamento può comprendere l’utilizzo di emollienti, farmaci topici, fototerapia e, nelle forme gravi, di farmaci sistemici.


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Il Sig. Marzullo, un uomo di 42 anni, si reca presso l’ ambulatorio del suo medico curante, il Dott. Ainaldi, per disturbi delle alte vie respiratorie. Anamnesi patologica prossima: disturbi delle alte vie respiratorie trattato con amoxicillina-acido clavulanico per una sospetta sinusite batterica. Una settimana dopo, il paziente presenta un’ eruzione cutanea pruriginosa e diffusa, in assenza di anomalie a carico delle mucose. Quale tra le seguenti è la diagnosi più corretta?

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La risposta corretta è la A.

Le eruzioni di tipo morbilliforme da farmaci rappresentano le reazioni farmacologiche più comuni: solitamente tendono a manifestarsi inizialmente sul tronco e sono delle alterazioni maculo-papulari a distribuzione simmetrica, con tendenza anche alla confluenza.

Dal punto di vista della sintomatologia si manifestano con un prurito di grado moderato-severo.

L’eruzione cutanea si sviluppa solitamente entro 1 settimana dall’inizio della terapia farmacologica e si risolve entro 2 settimane dell’ interruzione del farmaco responsabile (i farmaci maggiormente coinvolti responsabili di tali eruzioni morbilliformi sono: i derivati della penicillina, allopurinolo, sulfamidici e FANS).

A differenza della sindrome di Stevens-Johnson e della sindrome da shock tossico, il coinvolgimento delle mucose è raro.

La diagnosi differenziale principale è con l’esantema virale del morbillo, in particolare nei bambini.

Il morbillo è un’ infezione vitale molto contagiosa e molto diffusa (infatti infetta circa 20 milioni di persone e provoca circa 200.000 decessi ogni anno prevalentemente fra i bambini)

Il morbillo è causato dal virus del morbillo; questo virus è un paramyxovirus ed è una malattia umana che si caratterizza per l’ assenza di un serbatoio animale.

Per quanto riguarda la trasmissione, solitamente il morbillo si trasmette da una persona ad un’altra attraverso goccioline di grandi dimensioni che vengono emesse con la tosse oppure attraverso piccole goccioline di aerosol.

Una volta iniziata la desquamazione, questa patologia non è più contagiosa.

Dal punto di vista clinico questa malattia si caratterizza per un’ eruzione cutanea maculo-papulare (che ha la caratteristica di estendersi in senso cranio-caudale), tosse, congiuntivite, tosse, rinite, macchie di Koplik.

Per questa patologia, esiste il vaccino e la diagnosi è solitamente clinica.

Le complicanze rare di questa patologia sono: polmonite, superinfezione batterica, encefalite, epatite transitoria, porpora trombocitopenica acuta e panencefalite subacuta sclerosante (è una patologia progressiva e fatale, che si manifesta mesi o anni dopo un episodio di morbillo. Il virus del morbillo è presente a livello cerebrale. Questa patologia provoca: deterioramento cognitivo (da lievi cambiamenti del comportamento fino alla demenza franca), disturbi della memoria, convulsioni, cecità corticale, allucinazioni, spasmi mioclonici, insonnia, morte.

Il trattamento del morbillo è solitamente di supporto.


21 di 22 Domande

La signora Melfi porta il figlio Giovanni di 5 anni, presso l’ ambulatorio del Dott. Grassia, pediatra di famiglia.
Anamnesi patologica prossima: la donna riferisce che il bambino lamenta da circa 6 mesi prurito nella zona dei gomiti, dove la pelle si presenta piuttosto desquamata. L’ area interessata a volte diventa rossa e le manifestazioni cutanee tendono a migliorare con l’ utilizzo di steroidi topici. Il bambino non presenta febbre, brividi, sudorazioni notturne, o striature rosse lungo il braccio. Anamnesi fisiologica-personale: la famiglia vive in un appartamento pulito e possiede un gatto. Tutte le seguenti affermazioni riguardo questo bambino sono vere, TRANNE:

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La risposta corretta è la A.

La dermatite atopica è una patologia infiammatoria autoimmune ad eziologia attribuita a componenti genetiche (immunologiche e di proprietà barriera della cute e di solito entrambi i genitori sono affetti o sono stati affetti da dermatite atopica) ed esposizione ambientale, diagnosticabile sulla base delle informazioni anamnestiche e sull’ esame obiettivo.

Essa si associa a livelli elevati di IgE e molti bambini svilupperanno successivamente rinite allergica e/o asma. La malattia atopica viene frequentemente osservata fra gli altri membri della stessa famiglia. Una piccola percentuale di pazienti ha una forma non-atopica (senza sensibilizzazione IgE).

Si manifesta di solito prima dei 7 anni. Il prurito è il sintomo primario e si palesa con prurito desquamazione, placche eritematose, cute secca ed escoriazioni; le lesioni cutanee vanno dall’eritema lieve alla lichenificazione grave. Nei bambini più grandi e negli adulti le zone flessorie (ma non l’inguine) sono più frequentemente coinvolte, mentre nei neonati e nei bambini più piccoli, le superfici estensorie, la regione posteriore del cuoio capelluto e la faccia sono tipicamente coinvolte, mentre la regione del pannolino è risparmiata.

La dermatite atopica cronica si manifesta con pelle ispessita ed escoriata e con la presenza di papule diffuse. Quando compare in età pediatrica spesso tende a regredire parzialmente in età adulta: I bambini con dermatite atopica possono andare incontro ad una risoluzione spontanea, ma circa il 40% dei bambini sintomatici continueranno a presentare tale disturbo da adulti.

La terapia si basa sulla prevenzione all’ esposizione nei confronti di fattori allergogenici, cortisonici applicati localmente, immunomodulanti (è  probabile che le lesioni risponderanno positivamente al tacrolimus topico) e con il mantenimento dell’ idratazione.


22 di 22 Domande

Giorgia e' una giovane ragazza di 18 anni, che in seguito alla ripresentazione di un rash cutaneo, si reca presso il proprio medico curante, la Dott.ssa Garnucci. Anamnesi patologica prossima: rash localizzato a livello dei gomiti, del tronco e del cuoio capelluto. La ragazza afferma che ha usato una crema antimicotica, senza alcun successo; con l’ applicazione di una crema a base di cortisone ha invece notato un lieve miglioramento, ma le lesioni cutanee non sono mai del tutto scomparse. Inoltre dice di aver assistito ad un netto peggioramento della sua condizione, quando per un periodo ha usato la crema a base di cortisone in modo discontinuo. Anamnesi familiare: la ragazza dice che un parente di primo grado presenta manifestazioni cutanee simili alle sue. Quale dei seguenti test è maggiormente indicato per confermare il sospetto clinico?

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La risposta corretta è la A.

La nostra paziente presenta una lesione eritemato-desquamativa a livello del gomito (mostrata nella foto) e altre lesioni a livello del tronco e cuoio capelluto come riferito in anamnesi. Esaminate le caratteristiche della lesione, si tratta di psoriasi.

La psoriasi è una patologia infiammatoria che nella maggior parte dei casi si manifesta con papule e placche di color salmone ben circoscritte, eritematose e ricoperte da squame argentee.

Colpisce circa l’1-5% della popolazione mondiale, colpendo di più le persone con una carnagione chiara, mentre le persone con una carnagione più scura neri sono meno a rischio.

L’eziologia è multifattoriale e include la predisposizione genetica. È una patologia infiammatoria che insorge in seguito a traumi, uso di farmaci, infezioni in soggetti predisposti.

La malattia alterna fasi di attività a fasi di remissione; ha un andamento ciclico, cronico e recidivante, con momenti di esacerbazione della sintomatologia a cui si succedono periodi asintomatici o paucisintomatici.

Vi sono 5 maggiori varianti cliniche:

– Psoriasi a placche: più del 80% dei casi (quella mostrata nel nostro caso),

– Psoriasi guttata: circa il 10% dei casi,

– Psoriasi inversa: si manifesta in concomitanza alla psoriasi a placche, o in maniera isolata,

– Psoriasi eritrodermica: meno del 3% dei casi,

– Psoriasi pustolosa: meno del 3% dei casi.

La psoriasi a placche (Psoriasi Vulgaris) è la forma più frequente ed è caratterizzata dalla presenza di aree eritematose a margini netti, talora confluenti a formare appunto delle placche, sovrapposte ad aree desquamanti di colore bianco madreperlaceo, causate da un ispessimento anomalo dello strato più superficiale dell’epidermide, lo strato corneo. Queste chiazze vengono definite come “ eritrosquamose” . Le lesioni si distribuiscono elettivamente sulla superficie estensoria degli arti (soprattutto gomiti e ginocchia) ma di norma si localizzano anche sul cuoio capelluto e sulla parte dorso-lombare della schiena.

La Psoriasi guttata è caratterizzata dalla comparsa improvvisa di piccole macchie rosse “ lesioni guttate” collocate in varie parti del corpo.

Nella Psoriasi inversa le lesioni sono di colore rosso brillante, lisce e lucide e si collocano prevalentemente a livello delle pieghe cutanee come ascelle, inguine, seni e glutei.

La Psoriasi Eritrodermica colpisce la maggior parte della superficie cutanea del corpo; le lesioni si estendono ampiamente, la cute è arrossata e molto spesso si desquama.

Infine, la Psoriasi Pustolosa è caratterizzata da piccole vescicole purulente spesso circondate da una zona infiammata; questa forma si presenta soprattutto negli adulti.

La psoriasi si presenta con placche e papule che tendono alla desquamazione in aree eritematose circoscritte pruriginose. Può evolvere in una forma grave che coinvolge le articolazioni, detta artrite psoriasica.

Le lesioni di solito si manifestano sulle superfici estensorie (gomiti e ginocchia), come in questo caso, ma l’età di esordio è tipicamente molto più tardi, durante l’infanzia.

Solitamente, per quanto riguarda i sintomi essi sono minimi. Tuttavia, in casi gravi vi può essere prurito. Ma le implicazioni estetiche possono essere importanti. Una manifestazione particolare della psoriasi è l’ artrite psoriasica.

La diagnosi si basa sull’aspetto e sulla distribuzione delle lesioni, pertanto è prevalentemente clinica e si basa sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. Non esistono analisi di laboratorio per la diagnosi e la biopsia cutanea, anche se non patognomonica, serve per determinare l’ esatto tipo di psoriasi e per escludere altre patologie.


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