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1 di 64 Domande

Per ospedalizzazione domiciliare s'intende:














La risposta corretta è la E
L'ospedalizzazione domiciliare s'intende come l'assistenza domiciliare "Intensiva" fornita a pazienti affetti da qualsiasi patologia, permettendo di ricevere tutte le prestazioni normalmente erogate in ospedale direttamente a casa. Questo modello di cure consiste in un approccio che mira a offrire un'alternativa alla degenza ospedaliera garantendo un livello di assistenza elevato, adatto a diverse condizioni cliniche, e supportando il paziente nell'ambiente domestico. Rispetto a un tradizionale ricovero ospedaliero, l'assistenza domiciliare intensiva può migliorare la qualità della vita del paziente, facilitando il coinvolgimento dei familiari nella gestione della cura e offrendo un contesto meno stressante. Grazie a un team multidisciplinare di professionisti sanitari che collaborano con gli operatori locali, si attua un piano di cura personalizzato, che può comprendere servizi medico-infermieristici, riabilitativi, addirittura supporto psicologico e sociale, conformemente alle necessità del paziente. Questo tipo di intervento si dimostra particolarmente utile non solo per migliorare l'esperienza dei pazienti con patologie acute o croniche, ma anche per ottimizzare la gestione delle risorse nel sistema sanitario, riducendo i costi associati alla degenza ospedaliera prolungata.

2 di 64 Domande

Come si deve comportare un infermiere nei confronti di un paziente in cui si sospetti una crisi ipoglicemica?














La risposta corretta è la C
Nel caso di sospetto di una crisi ipoglicemica, l'infermiere deve controllare la glicemia, somministrare glucosio se necessario e chiamare un medico. Questa procedura è la corretta pratica clinica poiché una crisi ipoglicemica, situazione dove la concentrazione di glucosio nel sangue scende sotto il livello normale, richiede un'intervento rapido e accurato per prevenire danni seri all'organismo del paziente. L'ipoglicemia si manifesta con vari sintomi quali tremori, sudorazione, fame intensa, confusione mentale, fino a convulsioni o perdita di coscienza nelle situazioni più gravi. È fondamentale un immediato riconoscimento e trattamento, che prevede l'innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue. Nei casi lievi, può essere sufficiente l'assunzione orale di glucosio, mentre in quelli più severi, soprattutto se il paziente non è cosciente, può essere necessaria la somministrazione endovenosa. È essenziale, quindi, un primo controllo della glicemia per valutare il livello effettivo di glucosio e intervenire in maniera appropriata. Segue la somministrazione di glucosio basata sulle necessità e, data la potenziale gravità della situazione, è indispensabile informare immediatamente un medico, che valuterà gli ulteriori passi da seguire. Questa pratica riflette l'approccio standard per garantire la sicurezza e l'efficacia del trattamento dell'ipoglicemia, evitando le complicazioni a breve e lungo termine legate a questa condizione.

3 di 64 Domande

In uno studio sperimentale (RCT) cosa si definisce "gruppo di controllo"?














La risposta corretta è la E
Nello studio sperimentale (RCT), il "gruppo di controllo" è definito come il gruppo di pazienti che non riceve il trattamento oggetto di sperimentazione. Questa definizione è precisa perché il gruppo di controllo serve come riferimento nelle ricerche controllate randomizzate per analizzare gli effetti reali del trattamento in esame, consentendo un confronto direttimo con un gruppo che non lo riceve. Infatti, la presenza di un gruppo di controllo serve a eliminare qualsiasi influenza esterna o interna che potrebbe alterare i risultati, assicurando quindi l'oggettività e la veridicità dei risultati ottenuti dal gruppo sottoposto al trattamento. Questo sistema contribuisce a garantire la scientificità e l'affidabilità dello studio sperimentale, offrendo una misurazione più precisa dell'efficacia o degli effetti collaterali del trattamento sperimentale. In assenza di un gruppo di controllo, sarebbe significativamente più difficile determinare se i cambiamenti osservati nei soggetti sperimentali sono effettivamente attribuibili al trattamento in questione o a fattori esterni.

4 di 64 Domande

Cosa significa PDTA?














La risposta corretta è la D
PDTA significa Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale. Questa definizione riflette l'approccio multiprofessionale e multidisciplinare per la gestione ottimale del paziente, con l'obiettivo di garantire uniformità e qualità delle cure su tutto il territorio nazionale. I PDTA rappresentano quindi un modello organizzativo che guida clinici e pazienti attraverso tutte le fasi della diagnosi, trattamento, e assistenza, basandosi sulle migliori evidenze disponibili e sull'esperienza clinica. Essi sono progettati per rispondere in modo specifico alle necessità dei pazienti con particolari condizioni cliniche, offrendo percorsi personalizzati che tengono conto delle esigenze individuali, al fine di migliorare gli esiti clinici e la qualità della vita dei pazienti. Questo approccio all'assistenza sanitaria si focalizza sull'efficienza, riducendo tempi di attesa e duplicazione di servizi, e mira alla collaborazione tra differenti servizi e specialità mediche, assicurando che ogni paziente riceva la cura più appropriata in ogni fase della malattia.

5 di 64 Domande

Cos'e' la disfagia?














La risposta corretta è la D
La disfagia è una difficoltà nella deglutizione. Questa condizione si verifica quando una persona ha problemi nel muovere il cibo dalla bocca allo stomaco. La disfagia può essere suddivisa in due tipi principali: orofaringea, che riguarda le prime fasi della deglutizione e include problemi nel masticare o nel muovere il cibo o il liquido dalla bocca all'esofago; e esofagea, che si verifica nell'esofago stesso, causando difficoltà nel trasporto del cibo nello stomaco. Il disturbo può derivare da vari fattori, tra cui alterazioni neurologiche, malattie muscolari, ostruzioni o irritazioni fisiche dell'esofago. Infatti, alcune delle cause comprendono ictus, malattie neurodegenerative (come il morbo di Parkinson), anomalie strutturali dell'esofago (come l'acalasia o i tumori), malattie del connettivo e disturbi muscolari. I sintomi possono variare da lieve difficoltà a inghiottire fino alla completa incapacità di deglutire, portando a malnutrizione o disidratazione in casi severi. Il trattamento è altamente dipendente dalla causa sottostante e può includere terapie riabilitative, modifiche dietetiche, dilatazioni esofagee o, in alcuni casi, interventi chirurgici. Risulta fondamentale un approccio multidisciplinare per gestire efficacemente la disfagia, migliorando così la qualità di vita dell'individuo.

6 di 64 Domande

Cos'e' "l'ematemesi"?














La risposta corretta è la C
L'ematemesi consiste nell'emissione di sangue con il vomito ed è segno di sanguinamento dall'esofago, dallo stomaco o dal duodeno. Questa condizione è indice di un sanguinamento interno significativo che necessita di valutazione immediata per identificarne la causa e iniziare il trattamento adeguato. Il sangue può presentarsi sotto diverse forme nel vomito, come sangue fresco, coaguli, o avere un aspetto simile al caffè macinato a causa dell'interazione con l'acido dello stomaco. Questa situazione può essere causata da diverse condizioni patologiche, tra cui varici esofagee, gastrite, ulcere peptiche o una lacerazione di Mallory-Weiss, solo per citarne alcune. La ricerca e la stabilizzazione del paziente sono primarie, considerando il rischio di shock ipovolemico dovuto alla perdita di sangue. Il trattamento può variare da misure conservative, come la terapia con fluidi e trasfusioni, a interventi endoscopici per controllare il sanguinamento, fino a soluzioni chirurgiche nei casi più gravi. Identificare tempestivamente la fonte del sanguinamento è essenziale per prevenire ulteriori complicanze e migliorare l'esito del paziente.

7 di 64 Domande

Le neoplasie possono essere causate dall'esposizione a radiazioni ionizzanti. Questa affermazione e':














La risposta corretta è la E
Le neoplasie possono essere causate dall'esposizione a radiazioni ionizzanti, e questa affermazione è veramente corretta. Le radiazioni ionizzanti rappresentano una fonte comprovata di induzione al cancro. Le cellule esposte a questo tipo di radiazioni possono subire danni al DNA, che, se non adeguatamente riparati, possono portare alla formazione di neoplasie. Infatti, la patologia causata dall'esposizione a radiazioni ionizzanti è ben documentata. Le radiazioni possono danneggiare direttamente il DNA delle cellule o produrre radicali liberi che a loro volta danneggiano il DNA. Questo danno può portare a mutazioni che se accumulate, possono causare la trasformazione neoplastica della cellula. Gli effetti delle radiazioni sul DNA sono molteplici e comprendono rotture a singolo e doppio filamento, danni alle basi e formazione di link tra DNA e proteine. Sebbene il corpo disponga di meccanismi di riparazione del DNA, questi non sono sempre efficaci e possono fallire nel ripristinare l’ integrità genetica della cellula. L'accumulo di danni al DNA può portare alla disattivazione di geni critici per il controllo della proliferazione e della morte cellulare, contribuendo alla formazione di tumori. L'esposizione cronica a bassi livelli di radiazioni, così come esposizioni acute a livelli elevati, sono riconosciute come fattori di rischio per diverse tipologie di cancro, includendo leucemie, tumori della tiroide, del seno, dello stomaco, del polmone e molti altri. La gravità e la probabilità dello sviluppo del cancro dipendono da numerosi fattori, tra cui il livello e la durata dell'esposizione, il tipo di radiazioni e la suscettibilità individuale.

8 di 64 Domande

Quali tra i seguenti sintomi ci si aspetta in caso di un paziente con una carenza di eritrociti nel sangue?














La risposta corretta è la A
Un paziente con una carenza di eritrociti nel sangue, comunemente nota come anemia, si aspetterebbe di manifestare sintomi quali respiro corto, astenia, facile affaticabilità , e pallore. Questi sintomi sono direttamente correlati alle funzioni primarie degli eritrociti, ovvero il trasporto di ossigeno nel corpo. La diminuzione nel numero di eritrociti porta a una riduzione della capacità del sangue di fornire ossigeno ai tessuti, causando affaticamento, una sensazione di mancanza di respiro, e pallore dovuto alla ridotta perfusione sanguigna. L'anemia può avere molteplici cause, comprese la perdita di sangue, la produzione ridotta di eritrociti o la loro distruzione accelerata. I sintomi dell'anemia sono una diretta conseguenza della ridotta disponibilità di ossigeno per le cellule del corpo, che impatta l'energia e la capacità di svolgere attività quotidiane, riflettendo in astenia e affaticabilità . Il pallore, altro sintomo tipico, è visibile sulla pelle e sulle mucose, specialmente quelle oculari, ed è dovuto alla carenza di emoglobina, il componente degli eritrociti che conferisce al sangue il suo colore rosso. Questa condizione richiede un'accurata diagnosi per identificare la causa sottostante e definire il trattamento più adeguato per il paziente.

9 di 64 Domande

Tra le complicanze tardive di una frattura esposta la piu' frequente e':














La risposta corretta è la A
Tra le complicanze tardive di una frattura esposta, la più frequente è l'infezione. Questo accade perché l'esposizione diretta dell'osso e dei tessuti molli circostanti all'ambiente esterno fornisce un facile ingresso ai batteri, aumentando il rischio di contaminazione e infezione. Un'infezione che insorge in seguito a una frattura esposta può variare da superficiale a profonda, influenzando tessuti molli, osso (osteomielite) o entrambi. Le infezioni associate alle fratture rappresentano una sfida significativa, a volte necessitando di un trattamento prolungato con antibiotici, drenaggio chirurgico, e in casi severi, possono portare a ulteriori interventi chirurgici. L'osteomielite, in particolare, è un'infezione dell'osso che può diventare cronica, perturbando il processo di guarigione, causando dolore persistente, perdita di funzione e in casi estremi, la necessità di amputazione del membro interessato. La prevenzione precoce mediante la corretta gestione e pulizia della ferita, l'uso di antibiotici mirati e, se necessario, la stabilizzazione chirurgica della frattura, giocano un ruolo chiave nella riduzione del rischio di infezioni post-frattura.

10 di 64 Domande

La Conferenza Stato Regioni del 2 febbraio 2001 sancisce:














La risposta corretta è la C
La Conferenza Stato Regioni del 2 febbraio 2001 ha sancito l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'Operatore Socio Sanitario. Questa decisione riconosce il ruolo cruciale degli Operatori Socio Sanitari (OSS) nel sistema sanitario e sociale, definendone le competenze e le responsabilità . Gli OSS rivestono un ruolo fondamentale nell'assistenza diretta ai pazienti, supportando le attività quotidiane e contribuendo al benessere fisico e psicologico degli assistiti. La scelta di formalizzare il profilo professionale degli OSS nasce dalla crescente consapevolezza del loro importante contributo all'interno delle squadre multidisciplinari di cura. Essi sono addestrati per offrire assistenza basilare in un'ampia varietà di setting, inclusi ospedali, residenze per anziani, strutture di lungodegenza e assistenza domiciliare. Le loro mansioni spaziano dall'aiuto nelle attività quotidiane, come l'alimentazione e l'igiene personale, al supporto nell'esecuzione degli esercizi fisici, fino alla misurazione dei parametri vitali e alla sorveglianza delle condizioni generali di salute. Con la formalizzazione del loro profilo professionale, gli OSS hanno ottenuto un riconoscimento ufficiale che garantisce non solo una descrizione chiara delle loro competenze, ma anche una maggiore visibilità e valorizzazione del loro ruolo essenziale dentro le strutture sanitarie e socioassistenziali. Questo riconoscimento offre inoltre una base solida per il loro percorso formativo e professionale, stabilendo standard di qualità e competenza che beneficiano sia gli operatori stessi sia gli utenti dei servizi.

11 di 64 Domande

La Conferenza Stato Regioni del 2 febbraio 2001 sancisce:














La risposta corretta è la C
La Conferenza Stato Regioni del 2 febbraio 2001 ha sancito l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'Operatore Socio Sanitario. Questa decisione riflette l'importanza di delineare chiaramente compiti, competenze e formazione necessaria per chi opera in questo ambito, contribuendo alla qualità e all'efficienza dei servizi sociosanitari. L'Operatore Socio Sanitario (OSS) svolge un ruolo cruciale nell'assistenza diretta alla persona, partecipando all'esecuzione di piani di cura specifici e sostenendo le attività quotidiane dei pazienti. Occupandosi sia di aspetti sociali sia sanitari, l'OSS rappresenta un punto di congiunzione essenziale tra le esigenze della persona assistita e le figure professionali specializzate. La loro formazione è orientata sia verso l'acquisizione di competenze tecniche nell'ambito dei servizi sanitari sia verso le capacità relazionali e di supporto alla persona, inclusa la valorizzazione dell'autonomia e del benessere psicofisico dei soggetti assistiti. Il loro lavoro, quindi, non si limita al solo supporto materiale o alla cura igienico-sanitaria, ma abbraccia una visione comprensiva del benessere della persona, lavorando in team con altri professionisti del settore per realizzare un percorso assistenziale integrato e personalizzato. La specificazione del profilo dell'OSS attraverso atti formali come la Conferenza Stato Regioni riconosce l'importanza di questi professionisti nel sistema sanitario e assistenziale, stabilendo una base solida per la loro formazione e integrazione negli ambienti di lavoro.

12 di 64 Domande

Secondo le piu' recenti Linee Guida per la prevenzione del rischio infettivo sulla gestione della ferita chirurgica:














La risposta corretta è la B
Nelle più recenti Linee Guida per la prevenzione del rischio infettivo nella gestione della ferita chirurgica, la risposta corretta è che tutte le risposte elencate sono corrette. Questo approccio multifacettato si basa sulle migliori pratiche per ridurre le infezioni del sito chirurgico. La gestione appropriata delle ferite riduce significativamente il rischio infettivo mediante la cura sterile immediatamente dopo l'intervento, valutazioni per possibili riaperture e, quando viene indicato, l'uso adeguato di metodi sterilizzati o non, in base alla fase di guarigione della ferita. Una corretta cura delle ferite chirurgiche è cruciale per la prevenzione delle infezioni. Nei primi giorni dopo l'intervento, le infezioni possono essere evitate mantenendo la ferita pulita e protetta. La chiusura della ferita e la possibilità di fare la doccia dopo 48 ore, così come la modalità di medicazione, mirano a mantenere un ambiente favorevole alla guarigione e a ridurre il rischio di contaminazione. Utilizzare acqua del rubinetto per la pulizia delle ferite aperte o riaperte dopo 48 ore può essere adeguato, sempre tenendo in considerazione la situazione specifica e le indicazioni professionali per ogni paziente. Queste linee guida riflettono un equilibrio tra mantenere la sterilità necessaria e favorire un ambiente che incoraggia una guarigione efficace, prendendo in considerazione vari aspetti della cura della ferita chirurgica e le pratiche migliori evidenziate dagli studi più recenti in materia di prevenzione delle infezioni.

13 di 64 Domande

Cos'e' "l'ematemesi"?














La risposta corretta è la E
L'ematemesi è l'emissione di sangue con il vomito, indicativa di un sanguinamento significativo dall'esofago, dallo stomaco o dal duodeno. Questa condizione è spesso un segno di preoccupazione medica poiché indica la presenza di un'alterazione patologica all'interno del tratto gastrointestinale. L'esofago, lo stomaco e il duodeno possono sanguinare a causa di varie malattie, tra cui ulcere peptiche, erosioni della mucosa gastrica, varici esofagee, o neoplasie. Queste sorgenti di sanguinamento possono provocare l'emissione di sangue mischiato al contenuto gastrico durante il vomito. Il sangue può presentarsi in diverse tonalità , da rosso vivo a bruno scuro, a seconda del tempo trascorso dal sangue nell'apparato digerente e della sua esposizione agli acidi gastrici. L'entità e le cause del sanguinamento devono essere determinate attraverso approfondimenti clinici e diagnostici mirati, volte a identificarne la sorgente esatta e a predisporre il trattamento adeguato. L'approccio immediato prevede la stabilizzazione del paziente e la gestione delle eventuali complicazioni emodinamiche, mentre la valutazione eziologica richiede indagini endoscopiche per l'identificazione specifica della fonte di sanguinamento e l'attuazione delle misure terapeutiche appropriate.

14 di 64 Domande

Per ospedalizzazione domiciliare s'intende:














La risposta corretta è la E
Per ospedalizzazione domiciliare s'intende l'assistenza domiciliare "Intensiva" prestata a pazienti affetti da qualsiasi patologia, che mira a erogare tutte le prestazioni comunemente fornite in ambiente ospedaliero. Questa modalità di assistenza permette al paziente di rimanere nel proprio contesto abitativo, ricevendo le cure necessarie. La scelta dell'ospedalizzazione domiciliare si fonda su esigenze cliniche, psicologiche e sociali, consentendo una degenza in un ambiente familiare e confortevole per il paziente. L'ospedalizzazione domiciliare risulta essere una soluzione particolarmente adeguata per pazienti affetti da patologie croniche, gravi, o in fase terminale, per i quali il trasferimento in ospedale non apporterebbe benefici significativi in termini di risultati clinici e potrebbe invece esporli a rischi come infezioni nosocomiali. Organizzandosi adeguatamente, è possibile fornire al paziente una gamma completa di servizi, inclusi monitoraggio clinico, somministrazione di farmaci, assistenza infermieristica, supporto alla nutrizione, fisioterapia e, quando necessario, supporto psicologico, sia per il paziente sia per la famiglia. L'ospedalizzazione a domicilio sottolinea l'importanza di un approccio olistico alla malattia, che considera il benessere fisico, emotivo e sociale del paziente e dei suoi familiari, garantendo allo stesso tempo un'assistenza di qualità equivalente a quella ospedaliera. Questa forma di assistenza si colloca all'interno di un modello di cura che privilegia il contesto più idoneo alla persona, in linea con le moderne concezioni di human-centered care e di continuità assistenziale.

15 di 64 Domande

Cosa significa PDTA?














La risposta corretta è la B
Il PDTA significa Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale. Questo termine si riferisce a un modello organizzativo che mira a standardizzare le procedure diagnostiche, terapeutiche e assistenziali per i pazienti affetti da specifiche patologie, potenziando l'integrazione tra le diverse specialità mediche e tra i vari livelli assistenziali. Il PDTA garantisce così un percorso personalizzato ma standardizzato, basato sulle migliori pratiche attuali, che coordina tutti gli interventi necessari - dalla prevenzione alla diagnosi, dal trattamento alla riabilitazione - assicurando continuità assistenziale e miglioramento della qualità dei servizi sanitari. Essendo un approccio olistico alla cura del paziente, si pone l'obiettivo di ottimizzare i risultati sanitari e di aumentare l'efficienza del sistema sanitario tramite la riduzione dei tempi di attesa, la minimizzazione delle duplicazioni di servizi e la promozione dell'utilizzo appropriato delle risorse.

16 di 64 Domande

Il paziente puo' avere accesso alla propria documentazione clinica?














La risposta corretta è la A
Il paziente può sempre avere accesso alla propria documentazione clinica, conformemente alla risposta corretta A. Questo diritto è fondamentale per garantire la trasparenza nel rapporto medico-paziente e consentire al paziente di essere pienamente informato sul suo stato di salute e sulle cure ricevute. La normativa in materia di diritti dei pazienti stabilisce chiaramente il diritto di accesso alle proprie informazioni sanitarie. Questo accesso supporta la partecipazione attiva del paziente alle decisioni terapeutiche e promuove una maggiore aderenza alle terapie prescritte, contribuendo così a migliorare l'esito delle cure. Infatti, l'approccio alla cura del paziente si sta sempre più orientando verso un modello di medicina partecipativa, dove il paziente, pienamente informato sulla sua condizione di salute, gioca un ruolo centrale nel percorso terapeutico. Questo shift paradigma mira a rafforzare il rapporto di fiducia tra medico e paziente, migliorando la qualità dell'assistenza e la soddisfazione del paziente stesso.

17 di 64 Domande

Tra le seguenti quale scala valuta il rischio di caduta?














La risposta corretta è la E
La scala di Conley è lo strumento corretto per valutare il rischio di caduta. Questa valutazione è cruciale, in particolare negli ambienti sanitari, per identificare i pazienti che necessitano di maggiori precauzioni per prevenire incidenti. La scala di Conley, attraverso una serie di domande mirate, misura il rischio individuale di caduta, considerando vari fattori come la storia di cadute precedenti, l'uso di farmaci, la capacità di deambulazione e l'orientamento cognitivo. Le cadute in ambito sanitario rappresentano un problema significativo, sia per le conseguenze fisiche che possono avere sui pazienti sia per gli oneri che comportano per il sistema sanitario. Identificare i pazienti a rischio è il primo passo per implementare strategie preventive mirate, che possono includere l'uso di ausili per la mobilità , la modifica dell'ambiente, la formazione del personale e il monitoraggio costante. La scala di Conley, grazie alla sua approccio sistematico e alla sua validità clinica, fornisce uno strumento prezioso per la valutazione e la gestione del rischio di cadute, contribuendo così a migliorare la sicurezza dei pazienti e l'efficacia delle cure.

18 di 64 Domande

In uno studio sperimentale (RCT) cosa si definisce "gruppo di controllo"?














La risposta corretta è la B
Nello studio sperimentale (RCT), il "gruppo di controllo" si riferisce al gruppo di pazienti che non riceve il trattamento oggetto di sperimentazione. Questa disposizione è essenziale per valutare l'efficacia e la sicurezza del trattamento in esame, mettendolo a confronto con un gruppo che non lo riceve, o che riceve un trattamento standard o un placebo. Il criterio di avere un gruppo di controllo permette di stabilire un riferimento chiaro per l'interpretazione degli effetti del trattamento sperimentale. Questo design dello studio è cruciale per filtrare l'effetto vero del trattamento dalle variazioni naturali della malattia o effetti psicologici come l'effetto placebo. Lo scopo è assicurare che qualsiasi differenza osservata tra i gruppi di trattamento e di controllo possa essere attribuita unicamente all'intervento sperimentale, escludendo altri fattori esterni o variabili confondenti. Questa metodologia è il gold standard per la ricerca clinica poiché mira a produrre risultati verificabili e riproducibili, limitando al massimo il rischio di bias.

19 di 64 Domande

Tra le complicanze tardive di una frattura esposta la piu' frequente e':














La risposta corretta è la B
La più frequente complicanza tardiva di una frattura esposta è l'infezione. Le fratture esposte hanno maggiori probabilità di infezione perché l'osso e i tessuti profondi sono esposti a contaminanti esterni al momento dell'infortunio. Le infezioni correlate a fratture possono variare da superficiali a profonde e possono coinvolgere l'osso stesso, una condizione nota come osteomielite. Le infezioni ostetriche si developpano quando i batteri conttaminano il sito della frattura, spesso in seguito a interventi chirurgici per trattare la frattura o a causa dell'esposizione diretta della frattura all'ambiente esterno. La gestione adeguata includerebbe una rapida e accurata pulizia della ferita, copertura antibiotica mirata e, se necessario, ulteriori interventi chirurgici per ridurre il rischio di infezioni. Pertanto, le misure preventive e un'attenta gestione post-operatoria sono cruciali per diminuire il rischio di infezioni dopo una frattura esposta.

20 di 64 Domande

Secondo le piu' recenti Linee Guida per la prevenzione del rischio infettivo la sostituzione delle linee (deflussori) dedicate all'infusione di Nutrizione Parenterale Totale (contenente lipidi) deve essere effettuata:














La risposta corretta è la D
La sostituzione delle linee dedicate all'infusione di Nutrizione Parenterale Totale (NPT) contenente lipidi deve avvenire ogni giorno insieme alla sacca nutrizionale. Questa pratica è raccomandata per ridurre il rischio di complicanze infettive associate all'uso della nutrizione parenterale. La presenza di lipidi nelle soluzioni per la NPT crea un ambiente fertile per la crescita microbica, aumentando il rischio di contaminazione e infezione. La nutrizione parenterale totale è un metodo di alimentazione che fornisce nutrienti direttamente nel flusso sanguigno attraverso un catetere venoso centrale. È utilizzata per pazienti che non possono o non devono ricevere cibo attraverso il tratto gastrointestinale. Essa contiene carboidrati, proteine, grassi, vitamine, minerali e tracce di elementi, essendo così una soluzione complessa che soddisfa le necessità nutrizionali complete di un paziente. Il rischio infettivo associato alla NPT è notevolmente influenzato dalla manipolazione delle soluzioni e dell'attrezzatura ad essa connessa, in particolare i deflussori e i filtri. La raccomandazione di sostituire giornalmente le linee insieme alla sacca nutrizionale mira a minimizzare questo rischio. Infatti, lasciare inalterati per più di un giorno i dispositivi attraverso i quali passa la soluzione nutrizionale può consentire agli agenti patogeni di moltiplicarsi nei residui di soluzione presenti all'interno delle linee o nelle connessioni, aumentando così il rischio di sepsi e altre complicanze infettive gravi. In sintesi, la corretta gestione della nutrizione parenterale, inclusa la sostituzione giornaliera dei dispositivi di infusione come le linee, è cruciale per evitare infezioni e garantire l'efficacia del trattamento nutrizionale in sicurezza.

21 di 64 Domande

Le Ulcere da Pressione si possono classificare in stadi , secondo l'European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP) quanti sono questi stadi?














La risposta corretta è la C
Le Ulcere da Pressione, secondo l'European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP), si possono classificare in 4 stadi. Questa classificazione è accurata perché tiene conto della profondità e delle caratteristiche della lesione. Le ulcere da pressione, anche note come piaghe da decubito, si sviluppano a causa di una pressione prolungata su una parte del corpo. Possono variare da arrossamenti superficiali della pelle a danni profondi del tessuto che influenzano muscoli e ossa. Lo stadio 1 è il meno grave, con la pelle intatta ma arrossata. Lo stadio 2 vede la pelle danneggiata o vesciche aperte. Nello stadio 3, l'ulcera diventa più profonda, raggiungendo il tessuto adiposo sotto la pelle. Infine, lo stadio 4 è il più grave, con grande perdita di tessuto che può esporre muscoli, ossa o entrambi. La corretta classificazione degli stadi permette ai professionisti sanitari di scegliere il trattamento più adeguato, mirando a prompte cure e migliore gestione del paziente al fine di prevenire ulteriori danni ai tessuti.

22 di 64 Domande

Il ricorso alla contenzione del paziente ospedalizzato e' normato:














La risposta corretta è la B
La contenzione del paziente ospedalizzato non è regolamentata da una Legge specifica in Italia. Questa affermazione è corretta poiché la pratica della contenzione, nonostante sia largamente dibattuta sotto l'aspetto etico e clinico, non è disciplinata all'interno del sistema legislativo italiano da normative dedicate esclusivamente a questo argomento. La contenzione fisica, utilizzata principalmente per prevenire danni in pazienti che presentano un rischio per sé stessi o per gli altri, rientra in una zona grigia a livello normativo. Le pratiche attuali si basano quindi su linee guida e raccomandazioni generali che mirano a garantire la sicurezza e il rispetto della dignità del paziente, ponendo l'accento sull'utilizzo della contenzione solo quando strettamente necessario e come ultima risorsa, dopo aver esplorato tutte le altre alternative meno restrittive. Si sottolinea l'importanza di valutazioni caso per caso e l'implementazione di strategie mirate alla riduzione del suo uso, promuovendo un'assistenza centrata sulla persona, il rispetto dei diritti umani e il coinvolgimento attivo dei pazienti e delle loro famiglie nella pianificazione delle cure. La questione rimane complessa e richiede una continua riflessione etica, oltre che lo sviluppo di pratiche basate sull'evidenza e l'aggiornamento delle politiche sanitarie in questa direzione.

23 di 64 Domande

Quali tra i seguenti sintomi ci si aspetta in caso di un paziente con una carenza di eritrociti nel sangue?














La risposta corretta è la B
La domanda chiede quali sintomi sono tipici in un paziente con carenza di eritrociti nel sangue, e la risposta corretta è : respiro corto, astenia, facile affaticabilità e pallore. Questi sintomi sono diretta manifestazione di anemia, una condizione in cui il sangue non ha abbastanza globuli rossi sani (eritrociti) per trasportare adeguatamente ossigeno ai tessuti del corpo, risultando in affaticamento, debolezza e altri sintomi elencati. L'anemia può avere molteplici cause, tra cui la carenza di ferro, la perdita acuta o cronica di sangue, le patologie croniche, le malattie del midollo osseo e altre. Il meccanismo di base dietro i sintomi dell'anemia comprende l'insufficiente apporto di ossigeno ai tessuti (ipossia tessutale), che si manifesta in particolare attraverso respiro corto durante esercizio fisico e pallore a causa della ridotta emoglobina (e di conseguenza ossigeno) nel sangue. L'astenia (debolezza generalized) e la facile affaticabilità sono conseguenze dell'inefficiente utilizzo dell'ossigeno da parte dei muscoli e altri organi. Questa panoramica conferma l'accuratezza della risposta data, collegando i sintomi elencati alla fisiopatologia generale dell'anemia e all'impatto che la carenza di eritrociti ha sulla funzione corporea.

24 di 64 Domande

Quale delle seguenti affermazioni rispetto alle precauzioni standard e' corretta?














La risposta corretta è la E
Le precauzioni standard, destinate all'assistenza di tutti i pazienti in ospedale indipendentemente dalla loro diagnosi o condizione di presunta infezione, sono misure di controllo delle infezioni volte a minimizzare il rischio di trasmissione di patogeni. Queste precauzioni si basano sul principio che ogni paziente potrebbe essere potenzialmente infetto o colonizzato da un patogeno che potrebbe essere trasmesso ad altri. Perciò , le precauzioni standard includono un insieme di pratiche come l’ igiene delle mani, l'uso di guanti, maschere, occhiali protettivi e camici nelle situazioni in cui si prevede un contatto con sangue, fluidi corporei, secrezioni, escrezioni e superfici contaminate. Questo approccio è essenziale per proteggere sia i pazienti sia il personale sanitario da malattie trasmissibili. Le precauzioni standard rappresentano la prima linea di difesa contro la trasmissione di infezioni e si applicano a tutti i pazienti ricoverati in ospedale, evidenziando la necessità di un atteggiamento sempre prudente e protettivo nei confronti delle infezioni nosocomiali.

25 di 64 Domande

La pratica del lavaggio delle mani effettuata correttamente consente:














La risposta corretta è la D
La corretta esecuzione del lavaggio delle mani riduce il rischio di trasmissione di patogeni tra operatore e paziente, da paziente a paziente e attraverso l'ambiente. Il lavaggio delle mani è riconosciuto come una delle pratiche più efficaci per prevenire la diffusione di infezioni. Efficace contro un'ampia gamma di microorganismi, questa pratica previene infezioni trasmissibili in ambienti sanitari e comunitari. Pulire le mani rimuove microbi patogeni che possono essere acquisiti toccando superfici contaminate o attraverso il contatto diretto tra persone. La corretta igiene delle mani interrompe questo ciclo di trasmissione. Non elimina completamente il rischio ma lo riduce significativamente, proteggendo sia i pazienti che il personale sanitario da infezioni potenzialmente gravi. Mani pulite sono una barriera vitale contro la diffusione delle malattie, sottolineando l'importanza di questa pratica semplice ma fondamentale per la sicurezza sanitaria globale.

26 di 64 Domande

Per diagnosi infermieristica s'intende:














La risposta corretta è la A
La diagnosi infermieristica si riferisce all'enunciazione di un problema del paziente e alle sue motivazioni. Questo approccio consente ai professionisti del settore sanitario di identificare e analizzare le condizioni del paziente per pianificare adeguatamente gli interventi necessari. La diagnosi infermieristica è fondamentale perché offre una struttura concettuale che aiuta nell'identificazione delle esigenze del paziente, facilitando così un piano di cura personalizzato e targetizzato. La diagnosi infermieristica, per definizione, si concentra sulla valutazione delle condizioni del paziente per identificare non solo i problemi presenti ma anche quelli potenziali, tenendo conto sia degli aspetti fisici che emotivi. L'obbiettivo è di stabilire un piano di assistenza che miri alla promozione della salute, prevenzione delle malattie, trattamento delle condizioni esistenti e mitigazione delle sofferenze. Si tratta di un processo dinamico e continuo, che richiede la costante valutazione e ri-valutazione del paziente, considerando i cambiamenti del suo stato di salute e l’ efficacia degli interventi apportati. La diagnosi infermieristica si distingue dalle diagnosi mediche poiché queste ultime puntano alla determinazione di una specifica malattia o condizione patologica, mentre la diagnosi infermieristica si focalizza su come la condizione del paziente influisce sul suo benessere generale e sulla sua capacità di rispondere alla malattia o altre condizioni di salute. Questa definizione supporta l'importanza di un approccio olistico alla cura, riconoscendo l'individuo nella sua interezza.

27 di 64 Domande

Cos'e' la disfagia?














La risposta corretta è la C
La disfagia è una difficoltà nella deglutizione. Questo disturbo può derivare da problemi nei meccanismi che controllano l'atto di deglutire, interessando sia le fasi orale sia quelle esofagee del processo. Infatti, secondo una sintesi delle informazioni sulla disfagia, questa condizione può manifestarsi con varie cause e sintomi. Gli individui affetti da disfagia possono incontrare ostacoli nello spingere il cibo dalla bocca all'esofago o nel trasporto dello stesso attraverso l'esofago fino allo stomaco. Queste difficoltà possono derivare da cause neurologiche, come ictus o malattie neurodegenerative, da disordini muscolari, blocchi fisici o irritazioni e infiammazioni dell'esofago. Tipici sintomi comprendono dolore o scomodità durante la deglutizione, la sensazione che il cibo rimanga bloccato in gola o nel petto, tosse o soffocamento durante il pasto e perdita di peso involontaria. La disfagia non solo compromette la qualità della vita riducendo il piacere di mangiare, ma può anche comportare rischi significativi per la salute, come malnutrizione e polmonite da aspirazione. È dunque cruciale affrontare tempestivamente questo disturbo attraverso una corretta diagnosi e un adeguato trattamento basato sulle cause sottostanti.

28 di 64 Domande

Le neoplasie possono essere causate dall'esposizione a radiazioni ionizzanti Questa affermazione e':














La risposta corretta è la A
Le neoplasie possono essere causate dall'esposizione a radiazioni ionizzanti, un'affermazione che è vera. Le radiazioni ionizzanti hanno la capacità di danneggiare il DNA nelle cellule, portando a mutazioni che possono causare la formazione di neoplasie (tumori). Le radiazioni ionizzanti, come i raggi X, i raggi gamma e le particelle alfa, possono penetrare nei tessuti e alterare la struttura molecolare del DNA. Questo può inserirsi nel normale ciclo cellulare, causando danni al DNA che possono rimanere riparati impropriamente o non riparati affatto, portando alla sovraproduzione di cellule che può evolvere in cancro. Le radiazioni sono riconosciute come un carcinogeno, ovvero una sostanza in grado di causare il cancro, con un meccanismo ben documentato di azione. Infatti, l'esposizione a dosi sufficientemente elevate di radiazioni ionizzanti può incrementare significativamente il rischio di sviluppare differenti tipi di tumori, inclusi, ma non limitati a, leucemie, tumori della tiroide, del seno, e del cervello, oltre a molte altre forme. Il rischio può variare a seconda del tipo di radiazione, della dose, della durata dell'esposizione e della vulnerabilità specifica dell'individuo. Pertanto, questa capacità delle radiazioni ionizzanti di indurre cancerogenesi non si limita a un particolare tipo di neoplasia o a un specifico tessuto organico, ma è un'azione più generale che può colpire diversi tessuti e organi in tutto il corpo.

29 di 64 Domande

Come si deve comportare un infermiere nei confronti di un paziente in cui si sospetti una crisi ipoglicemica?














La risposta corretta è la E
La condotta corretta di un infermiere di fronte a un sospetto di crisi ipoglicemica include controllare la glicemia, somministrare glucosio se necessario e chiamare un medico. Ciò è essenziale per un'intervento tempestivo e appropriato. L'ipoglicemia, caratterizzata da un anormale calo della concentrazione di glucosio nel sangue, può manifestarsi con sintomi come tremori, sudorazione, palpitazioni, fame, disturbi visivi, e, nei casi più gravi, convulsioni o coma. Trattare tempestivamente l'ipoglicemia è vitale per prevenire danni neurologici a lungo termine o altri esiti potenzialmente fatali. Il primo passo, la misurazione della glicemia, è cruciale per confermare la condizione di ipoglicemia e permette di valutare la gravità della situazione. Successivamente, la somministrazione di glucosio aiuta a ristabilire rapidamente i livelli normali di glucosio nel sangue, evitando complicazioni. È importante l'intervento di un professionista sanitario per una valutazione approfondita e determinare la necessità di ulteriori trattamenti o aggiustamenti nella gestione della patologia di base che ha condotto all'ipoglicemia. In sintesi, questo approccio combina interventi immediati e di sostegno vitali per affrontare efficacemente la crisi ipoglicemica, sottolineando l'importanza di un'azione rapida e informata in situazioni mediche critiche.

30 di 64 Domande

Cosa significa "responsabilita' professionale" nella sua accezione positiva?














La risposta corretta è la E
La "responsabilità professionale" nella sua accezione positiva significa tutte le risposte elencate, ovvero: il rispetto dei presupposti scientifici delle attività e delle funzioni proprie della professione, il rispetto dei valori etici condivisi e delle indicazioni che derivano dalla coscienza professionale, e il rispetto delle norme di riferimento. Questa definizione enfatizza l'importanza di un approccio olistico nella pratica professionale, che integri aspetti scientifici, etici e normativi. La responsabilità professionale si riflette nell'agire dell'individuo secondo principi e standard che regolano la sua professione, assicurando che ogni azione o decisione sia informata, eticamente convalidata e conforme agli standard professionali vigenti. Tale approccio garantisce non solo l'efficacia e l'efficienza professionale ma anche la protezione e il rispetto dei diritti e delle esigenze dei destinatari dei servizi offerti, rappresentando di conseguenza un'impressionante testimonianza dell'impegno etico-professionale dell'individuo nel suo campo di lavoro.

31 di 64 Domande

Cosa significa PDTA?














La risposta corretta è la B
PDTA sta per Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale. Questo significa che si riferisce a un modello organizzativo integrato che coordina le varie fasi di prevenzione, diagnosi, trattamento e assistenzaall'utente. Serve per garantire la migliore gestione possibile del paziente, offrendo un percorso personalizzato basato sulle sue specifiche necessità sanitarie. Questo sistema è progettato per ottimizzare l'uso delle risorse, migliorare gli esiti per i pazienti e aumentare l'efficienza dei servizi sanitari. Esso si concentra su un approccio coordinato che coinvolge diverse specialità mediche e figure professionali, assicurando così un'assistenza continua e integrata al paziente. La sua importanza deriva dalla capacità di offrire un percorso chiaro e definito per la cura del paziente, che facilita una migliore comunicazione tra i diversi professionisti coinvolti e migliora l'esperienza complessiva del paziente.

32 di 64 Domande

Come si deve comportare un infermiere nei confronti di un paziente in cui si sospetti una crisi ipoglicemica?














La risposta corretta è la B
In caso di sospetta crisi ipoglicemica, l'infermiere deve controllare la glicemia, somministrare glucosio se necessario e chiamare un medico. Questo approccio è corretto perché fornisce un'intervento immediato e mirato basato sulla valutazione iniziale del paziente. La crisi ipoglicemica è una condizione in cui il livello di glucosio nel sangue scende al di sotto del normale. È importante agire rapidamente per prevenire danni potenzialmente gravi. Inizialmente, la misurazione della glicemia permette di confermare l'ipoglicemia e determina l'urgenza e la modalità di intervento. Successivamente, la somministrazione di glucosio aiuta a correggere rapidamente l'ipoglicemia, riducendo il rischio di complicanze come la perdita di coscienza o convulsioni. Infine, chiamare un medico è essenziale per valutare la necessità di ulteriori cure e per identificare la causa della crisi ipoglicemica, al fine di prevenire future ricorrenze. La gestione dell'ipoglicemia richiede quindi un approccio rapido e basato su prove, puntando a ristabilire i livelli sicuri di glucosio nel sangue e a prevenire danni.

33 di 64 Domande

Tra le complicanze tardive di una frattura esposta la piu' frequente e':














La risposta corretta è la A
La complicanza tardiva più frequente di una frattura esposta è l'infezione. Questo si deve alla natura della lesione, dove l'osso che rompe la pelle può facilmente esporre la ferita a batteri esterni, aumentando sostanzialmente il rischio di infezioni. Le fratture esposte richiedono una gestione tempestiva e approfondita per ridurre il rischio di complicazioni infettive. Infatti, una frattura esposta si verifica quando uno o più ossa rompono la superficie della pelle, creando un'apertura diretta tra l'ambiente esterno e il sito della frattura. Questo tipo di lesione facilita l'ingresso di batteri nel corpo, aumentando significativamente il rischio di infezione. Le infezioni possono variare da lievi a severe, potendo richiedere trattamenti prolungati con antibiotici, più procedure chirurgiche per pulire la zona infectata. In certi casi, se non trattata adeguatamente, un'infezione può portare a condizioni di maggior gravità , come l'osteomielite (un'infezione ossea che può diventare cronica), o può estendersi a tessuti circostanti, complicando ulteriormente il quadro clinico. La gestione immediata e accurata delle fratture esposte, inclusa la pulizia e la copertura della ferita, così come la somministrazione precoce di antibiotici, è cruciale per ridurre il rischio di infezione e promuovere una guarigione ottimale.

34 di 64 Domande

Tra le seguenti quale scala valuta il rischio di caduta?














La risposta corretta è la C
La scala corretta per valutare il rischio di caduta è la scala di Conley. Questa scelta si basa sulla sua specifica formulazione e utilizzo clinico per identificare i pazienti che hanno maggiori probabilità di cadere, in particolare in ambienti ospedalieri. La scala di Conley è stata sviluppata per offrire al personale sanitario uno strumento efficace per valutare sistematicamente i fattori di rischio associati alle cadute, consentendo l'implementazione di misure preventive appropriate. I fattori che vengono considerati in questa scala includono, ma non sono limitati a, la mobilità del paziente, l'uso di farmaci che possono influenzare l'equilibrio o la cognizione, la presenza di dispositivi ausiliari (come stampelle o deambulatori), la storia di cadute precedenti e specifiche condizioni cliniche che possono aumentare il rischio di cadute. Questa attentiva valutazione dei fattori di rischio permette di identificare i pazienti a maggior rischio e di adottare le strategie preventive necessarie, come l'adattamento dell'ambiente, la formazione del paziente e l'uso di attrezzature di sicurezza, per ridurre il rischio di cadute e migliorare l'esito clinico. La scala di Conley, quindi, rappresenta uno strumento critico nella gestione dei rischi per i pazienti in ambienti assistenziali, mirando effettivamente a ridurre le cadute e i loro potenziali danni associati.

35 di 64 Domande

Quale delle seguenti affermazioni rispetto alle precauzioni standard e' corretta?














La risposta corretta è la B
Le precauzioni standard sono destinate all'assistenza di tutti i pazienti in ospedale, indipendentemente dalla diagnosi o dalla condizione di presunta infezione. Questa affermazione è corretta perché le precauzioni standard sono una serie di linee guida per la prevenzione e il controllo delle infezioni, volte a minimizzare il rischio di trasmissione di agenti infettivi. Si applicano ai pazienti in ospedale, indipendentemente dal sospetto o dalla conferma di infezione. Le precauzioni standard comprendono la corretta igiene delle mani, l'uso di guanti, maschere, occhiali protettivi, e camici per proteggersi da esposizioni a sangue e altri fluidi corporei che potrebbero contenere patogeni. La loro finalità è quella di proteggere sia i lavoratori sanitari sia i pazienti da possibili infezioni crociate. La necessità di tali precauzioni emerge dalla possibilità che i pazienti possano essere infettivi prima che l'infezione sia diagnosticata. Le precauzioni standard sono quindi il fondamento sulla quale si costruisce una buona pratica di controllo delle infezioni all'interno delle strutture sanitarie, riconoscendo che ogni paziente potrebbe rappresentare una fonte potenziale di infezione.

36 di 64 Domande

Il ricorso alla contenzione del paziente ospedalizzato e' normato:














La risposta corretta è la A
Il ricorso alla contenzione del paziente ospedalizzato non è normato da una Legge specifica in Italia. La prassi della contenzione si attua senza una normativa che la regoli in modo dettagliato. La contenzione è un intervento che limita la libertà di movimento del paziente, generalmente utilizzata per prevenire danni a sé stessi o agli altri. Nonostante sia una pratica a volte necessaria per garantire la sicurezza, la sua applicazione senza specifiche linee guida legislative solleva questioni etiche e di rispetto dei diritti del paziente. Il mancato riferimento a una legge specifica in Italia indica la necessità di operare secondo principi di buon senso, proporzionalità , necessità e rispetto della dignità della persona, applicando la contenzione solo quando strettamente necessario e per il minor tempo possibile. L'assenza di una normativa esplicita richiama l'importanza della formazione del personale sulla gestione delle situazioni che possono richiedere la contenzione, focalizzando l'attenzione sulla ricerca di alternative meno invasive e sul coinvolgimento di un team multidisciplinare per valutare il caso specifico.

37 di 64 Domande

Cos'e' "l'ematemesi"?














La risposta corretta è la E
L'ematemesi è l'emissione di sangue con il vomito, indicativa di un sanguinamento significativo dall'esofago, dallo stomaco o dal duodeno. Questo tipo di sanguinamento è spesso conseguenza di diverse patologie, quali ulcere peptiche, varici esofagee, lesioni di Mallory-Weiss o tumori del tratto gastrointestinale. Il sangue, una volta mescolato con l'acido gastrico, assume un aspetto simile al caffè macinato, a causa dell'ossidazione del ferro. Si distingue in ematemesi vera, quando il sangue vomitato è riconoscibile come tale, e in pseudoematemesi, causata da sanguinamento di origine nasale o orale deglutito. Il trattamento varia a seconda della causa sottostante, ma richiede sempre un'accurata valutazione medica per prevenirne le complicanze, come l'ulteriore perdita di sangue o la shock. La gestione iniziale mira a stabilizzare il paziente, interrompere il sanguinamento e trattare la causa di fondo, spesso attraverso endoscopia, farmaci antisecretori o, in casi selezionati, interventi chirurgici. Identificare prontamente la sorgente del sanguinamento è cruciale per determinare il trattamento più appropriato e migliorare l'esito per il paziente.

38 di 64 Domande

Cos'e' la disfagia?














La risposta corretta è la C
La disfagia è una difficoltà nella deglutizione. Questo disturbo si caratterizza per un'alterazione del processo attraverso il quale il cibo passa dalla bocca allo stomaco. Comprende difficoltà nell'iniziare la deglutizione e una sensazione di ostruzione durante il passaggio degli alimenti attraverso l'esofago. Infatti, la disfagia può essere causata da problemi muscolari che impediscono una corretta iniziazione della deglutizione, o da ostacoli che interferiscono con il passaggio del bolo alimentare attraverso l'esofago verso lo stomaco. Le cause possono variare da disfunzioni muscolari, come quelle osservate nella sclerosi multipla o nella malattia di Parkinson, a ostacoli fisici, come le stenosi o i tumori. Anche le infezioni o le infiammazioni dell'esofago, come l'esofagite, possono produrre sintomi di disfagia. La difficoltà di deglutizione non solo rende l'atto di mangiare difficile e a volte doloroso, ma può anche portare a complicazioni, come malnutrizione, perdita di peso e aspirazione polmonare, in cui il cibo viene inalato nelle vie respiratorie, potenzialmente causando polmoniti. Identificare la causa esatta della disfagia è cruciale per un trattamento efficace, il quale può variare notevolmente a seconda dell'origine del problema, da interventi dietetici e riabilitazione a procedure chirurgiche per rimuovere ostacoli fisici o rilassare i muscoli esofagei.

39 di 64 Domande

Il paziente puo' avere accesso alla propria documentazione clinica?














La risposta corretta è la A
Il paziente può sempre avere accesso alla propria documentazione clinica. Questo è perché la legge riconosce il diritto del paziente di essere informato sul proprio stato di salute, le diagnosi, le terapie proposte e il loro potenziale impatto. La trasparenza e la comunicazione tra medico e paziente sono ritenute essenziali per assicurare una partecipazione attiva del paziente alle decisioni riguardanti la sua salute. Infatti, riflettendo l'importanza di questo diritto, molte guide e manuali di pratica clinica enfatizzano l'obbligo dei professionisti della salute di rendere accessibili le informazioni sanitarie ai pazienti. Ciò include non solo informazioni relative agli interventi sanitari effettuati e ai risultati degli esami, ma anche note e opinioni espresse durante il processo di cura. In questo modo, si facilita un rapporto basato sulla fiducia, sull'autonomia del paziente e sul rispetto dei suoi diritti, consentendogli di prendere decisioni informate che riguardano le terapie e i trattamenti da seguire.

40 di 64 Domande

Per diagnosi infermieristica s'intende:














La risposta corretta è la A
Per diagnosi infermieristica s'intende l'enunciazione di un problema del paziente e le sue motivazioni. Questa definizione coincide con il processo di valutazione e identificazione dei problemi assistenziali basati sulla valutazione clinica e le necessità specifiche del paziente. La diagnosi infermieristica è un elemento cruciale nella pratica infermieristica poiché orienta gli interventi necessari a rispondere ai bisogni del paziente. Tale concetto si appoggia sull'analisi metodica delle condizioni del paziente, sulla capacità di riconoscere e interpretare i sintomi, identificare le eventuali minacce alla salute, le complicazioni potenziali e sulla formulazione di obiettivi di cura mirati. La correttezza di questa definizione deriva dall'importanza di un approccio sistematico nell'assistenza sanitaria, dove non solo si identifica il problema, ma si esplorano anche le sue cause, facilitando così un piano di cura personalizzato ed efficace. Questo processo supporta l'idea di un'assistenza centrata sul paziente, basata sulla valutazione completa delle sue condizioni fisiche, psicologiche e sociali, permettendo un trattamento più mirato e specifico.

41 di 64 Domande

La Conferenza Stato Regioni del 2 febbraio 2001 sancisce:














La risposta corretta è la A
La Conferenza Stato Regioni del 2 febbraio 2001 ha sancito l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'Operatore Socio Sanitario. Questa risposta è corretta perché la Conferenza ha istituito formalmente il profilo professionale dell'OSS, delineando competenze, ambiti di intervento e percorsi formativi. L'Operatore Socio Sanitario svolge un ruolo cruciale nel sistema sanitario, offrendo assistenza diretta ai pazienti e supportando quest'ultimi nelle attività quotidiane, nonché partecipando attivamente al loro benessere psicofisico. L'OSS opera in diversi contesti assistenziali, come ospedali, strutture residenziali, e a domicilio, seguendo le specifiche indicazioni dei professionisti sanitari e agendo in base all'etica professionale e ai principi di solidarietà umana, con competenze che vanno dall'assistenza di base fino al coinvolgimento nelle attività riabilitative e di supporto psicosociale. La specificazione del profilo in termini di competenze, ambiti di operatività e formazione mira a garantire la qualità dell'assistenza e a riconoscere ufficialmente il ruolo essenziale degli OSS nel sistema salute, elevandone lo standard formativo e professionale.

42 di 64 Domande

Secondo le piu' recenti Linee Guida per la prevenzione del rischio infettivo la sostituzione delle linee (deflussori) dedicate all'infusione di Nutrizione Parenterale Totale (contenente lipidi) deve essere effettuata:














La risposta corretta è la E
La sostituzione delle linee dedicate all'infusione di Nutrizione Parenterale Totale (NPT), contenente lipidi, deve essere effettuata ogni giorno insieme alla sacca nutrizionale. Questa pratica è adottata per prevenire il rischio infettivo legato all'infusione. La nutrizione parenterale, soprattutto quando contiene lipidi, può essere un ambiente favorevole per la crescita batterica e fungina. La frequente sostituzione delle linee e delle sacche riduce il rischio di contaminazione e infezione. La Nutrizione Parenterale Totale è un metodo di alimentazione che fornisce nutrienti direttamente nel flusso sanguigno, bypassando il sistema digestivo. È utilizzata in pazienti che non possono o non devono alimentarsi attraverso il tratto gastrointestinale. La NPT consiste in una soluzione complessa di glucosio, aminoacidi, lipidi, vitamine e minerali. Il mantenimento delle linee di infusione in condizioni ottimali è essenziale per minimizzare il rischio infettivo. Infatti, le soluzioni per NPT, soprattutto quelle contenenti lipidi, possono costituire un terreno fertile per la proliferazione di microrganismi se non gestite correttamente. Perciò , al fine di prevenire infezioni correlate all'infusione, è importante seguire protocolli rigorosi per la gestione delle attrezzature, tra cui la sostituzione quotidiana delle linee di infusione e delle sacche di nutrizione. Questo approccio aiuta a mantenere l'asepsi e a ridurre significativamente il rischio di complicanze infettive in pazienti vulnerabili e soggetti a trattamenti prolungati.

43 di 64 Domande

Secondo le piu' recenti Linee Guida per la prevenzione del rischio infettivo sulla gestione della ferita chirurgica:














La risposta corretta è la E
Secondo le più recenti Linee Guida per la prevenzione del rischio infettivo nella gestione della ferita chirurgica, tutte le risposte elencate sono corrette. Questo perché tali linee guida enfatizzano diverse misure per gestire in modo sicuro le ferite chirurgiche, riducendo il rischio di infezioni. Una gestione accurata della ferita chirurgica è cruciale per prevenire le infezioni, che possono ritardare la guarigione, causare ulteriori complicazioni e, in alcuni casi, essere minacciose per la vita. Secondo le raccomandazioni, nei primi due giorni dopo l'intervento, la ferita deve essere trattata in condizioni sterili per ridurre il rischio di contaminazione da agenti patogeni. L'uso di soluzione salina sterile per la pulizia durante questo periodo iniziale aiuta a mantenere l'area pulita riducendo ulteriormente il rischio di infezione. Dopo le prime 48 ore, la cura della ferita può essere leggermente allentata; ad esempio, se la ferita è stata riaperta per drenaggio o rimane aperta, può essere lavata con acqua del rubinetto, dato che la pelle circostante inizia a guarire e fornire una barriera naturale contro l'infezione. Questa serie di misure combina approcci sterili nell'immediato post-operatorio con tecniche più flessibili man mano che la guarigione procede, bilanciando la prevenzione dell'infezione con la promozione di una guarigione efficace ed efficiente della ferita. Questi principi si basano sulla comprensione della dinamica della guarigione delle ferite e sull'importanza di proteggere la ferita da contaminazioni esterne durante le prime e cruciali fasi della guarigione. La loro corretta applicazione aiuta a ridurre significativamente il rischio di infezioni del sito chirurgico, contribuendo a risultati operatori migliori per i pazienti.

44 di 64 Domande

Le neoplasie possono essere causate dall'esposizione a radiazioni ionizzanti. Questa affermazione e':














La risposta corretta è la C
L'affermazione che le neoplasie possono essere causate dall'esposizione a radiazioni ionizzanti è vera. Le radiazioni ionizzanti rappresentano un noto fattore di rischio per lo sviluppo di neoplasie. Il motivo è che le radiazioni possono danneggiare il DNA nelle cellule, portando a mutazioni che possono aiutare e promuovere lo sviluppo del cancro. I tessuti hanno sensibilità diverse alle radiazioni, e la probabilità di sviluppare un cancro dipende dall'importo di radiazione assorbita. I più comuni tipi di cancro associati all'esposizione a radiazioni ionizzanti includono le leucemie e i tumori della tiroide, del seno, del polmone e della pelle. L'esposizione può accadere in vari contesti, tanto in situazioni di esposizione ambientale, ad esempio a seguito di incidenti nucleari, quanto in ambito professionale o medico, come con la radioterapia. Queste informazioni sottolineano l'importanza di maneggiare con cura le sorgenti di radiazioni ionizzanti e di limitare l'esposizione a questi potenziali agenti cancerogeni, tenendo in considerazione le conseguenze a lungo termine sulla salute.

45 di 64 Domande

Per ospedalizzazione domiciliare s'intende:














La risposta corretta è la B
L'ospedalizzazione domiciliare si riferisce all'assistenza domiciliare "Intensiva" data a pazienti con qualsiasi patologia, assicurando tutte le prestazioni di un normale ospedale. Questo tipo di assistenza è essenziale per garantire che i pazienti ricevano le necessarie cure mediche nel comfort e nella sicurezza della propria casa, evitando il rischio di infezioni nosocomiali e facilitando il supporto dei familiari. Infatti, la definizione genuina di ospedalizzazione domiciliare punta sull'offrire una gamma completa di servizi sanitari, che variano dalla somministrazione di farmaci all'assistenza infermieristica, fino a interventi più complessi equiparabili a quelli ospedalieri, ma con il grande beneficio emotivo e psicologico derivante dal soggiornare nel proprio ambiente domestico. La rilevanza di questa pratica è sempre più riconosciuta nel panorama sanitario moderno per il suo contributo alla deospedalizzazione, riduzione dei costi sanitari e miglioramento della qualità della vita dei pazienti cronici o in fase post-operatoria, che possono così evitare il disagio e lo stress legati al ricovero ospedaliero. Contribuisce altresì a ottimizzare le risorse ospedaliere, rendendo disponibili più letti per i casi più critici che necessitano di cura nell'ambiente ospedaliero.

46 di 64 Domande

Cosa significa responsabilita' professionale" nella sua accezione positiva?














La risposta corretta è la E
La "responsabilità professionale" nella sua accezione positiva comprende il rispetto dei presupposti scientifici delle attività e delle funzioni, dei valori etici condivisi, delle indicazioni che derivano dalla coscienza professionale, e delle norme di riferimento, quindi la risposta corretta è "Tutte le risposte elencate". Questo concetto abbraccia la necessità per i professionisti di fondare la loro pratica su basi scientifiche solide, di aderire a codici etici consolidati che influenzano il comportamento e le decisioni, di essere consapevoli delle proprie azioni e del loro impatto professionale e sociale, e di rispettare le leggi e regolamenti vigenti nel loro campo di attività . La responsabilità professionale sottolinea l'importanza di un approccio olistico alla condotta professionale, in cui conoscenza, etica, coscienza e conformità legale si intrecciano per guidare l'individuo verso l'eccellenza nel suo campo. Questo approccio non soltanto migliora l'integrità e la qualità del servizio o dei prodotti forniti, ma rafforza anche la fiducia della società nei professionisti e nelle loro professioni.

47 di 64 Domande

Le Ulcere da Pressione si possono classificare in stadi, secondo l'European Pressure Ulcer Advisory.Panel (EPUAP) quanti sono questi stadi?














La risposta corretta è la A
Le Ulcere da Pressione, secondo l'European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP), si possono classificare in 4 stadi. Questa classificazione è importante per indirizzare adeguatamente le cure e l'intervento terapeutico. Le ulcere da pressione, comunemente chiamate piaghe da decubito, sono lesioni della pelle e dei tessuti sottostanti causa di una prolungata pressione su un'area del corpo. Esse possono insorgere quando una pressione costante interrompe la circolazione sanguigna in determinate parti del corpo, specialmente in punti con poco tessuto adiposo sopra un osso. Senza un adeguato apporto di sangue, i tessuti danneggiati iniziano a morire, portando alla formazione di un'ulcera. I principali fattori di rischio comprendono la mobilità limitata, l'età avanzata, la malnutrizione, nonché l'uso di dispositivi medici che esercitano pressione sulla pelle. Lo stadio 1 è il più superficiale, caratterizzato da arrossamento della pelle integra non pallida alla pressione. Allo stadio 2, l’ ulcera diventa più profonda, causando perdita di cute parziale che può apparire come una vescica o un’ abrasione. Lo stadio 3 va oltre la cute, danneggiando o distruggendo il tessuto sottocutaneo, potendo estendersi fino al tessuto muscolare, senza però coinvolgerlo. Lo stadio 4 è il più grave, con vasta distruzione tissutale che può includere muscoli, ossa e altre strutture. La corretta identificazione dello stadio dell'ulcera da pressione è cruciale per il trattamento efficace e la prevenzione dell'ulteriore deterioramento del tessuto.

48 di 64 Domande

La pratica del lavaggio delle mani effettuata correttamente consente:














La risposta corretta è la D
La pratica del lavaggio delle mani, effettuata correttamente, consente la riduzione del rischio di trasmissione di patogeni dall'operatore al paziente, dal paziente all'operatore e da paziente a paziente, anche attraverso l'ambiente. Questo approccio è essenziale per la prevenzione delle infezioni in ambito sanitario e al di fuori. Il lavaggio delle mani rimuove i microrganismi potenzialmente dannosi, riducendo significativamente la possibilità di infezioni. Questa pratica è sostenuta da ampie evidenze che dimostrano il suo ruolo critico nella prevenzione della diffusione di infezioni, sia in ambienti sanitari che comunitari. Il lavarsi le mani elimina i germi non solo dalle mani degli operatori sanitari ma anche dalle superfici e dagli oggetti che vengono toccati frequentemente, come le attrezzature ospedaliere o gli oggetti personali, riducendo così la catena di trasmissione dei patogeni. E' una misura primaria e molto efficace, facile da applicare ma di fondamentale importanza per la sicurezza sanitaria globale.

49 di 64 Domande

Quali tra i seguenti sintomi ci si aspetta in caso di un paziente con una carenza di eritrociti nel sangue?














La risposta corretta è la E
In caso di un paziente con una carenza di eritrociti nel sangue, ci si aspetta sintomi quali respiro corto, astenia, facile affaticabilità e pallore. Questa condizione tipicamente indica anemia, caratterizzata appunto da una diminuzione dei globuli rossi o della quantità di emoglobina. L'anemia porta a una ridotta capacità del sangue di trasportare ossigeno ai vari tessuti del corpo, causando affaticamento, debolezza (astenia), perché i muscoli e i tessuti non ricevono abbastanza ossigeno per svolgere le normali attività , pallore a causa della minore quantità di emoglobina che conferisce ai globuli rossi il loro colore rosso caratteristico, e respiro corto, sintomo che si manifesta quando l'organismo tenta di aumentare l'apporto di ossigeno in risposta alla carenza. Questi sintomi sono quindi direttamente collegati alla funzione principale dell'emoglobina e dei globuli rossi, che è quella di trasportare l'ossigeno dagli alveoli polmonari ai tessuti e di riportare anidride carbonica ai polmoni per l'espulsione.

50 di 64 Domande

In uno studio sperimentale (RCT) cosa si definisce "gruppo di controllo"?














La risposta corretta è la D
Nello studio sperimentale (RCT), il "gruppo di controllo" è rappresentato dai pazienti che non ricevono il trattamento sottoposto a sperimentazione. Questo principio è fondamentale nella ricerca clinica per stabilire l'efficacia e la sicurezza di un nuovo trattamento confrontandolo con un placebo o con una terapia standard. Il gruppo di controllo serve quindi come benchmark per valutare gli effetti del trattamento studiato. Questa metodologia si basa sulla necessità di avere un termine di paragone per determinare se le variazioni osservate nei pazienti trattati sono effettivamente attribuibili al trattamento stesso e non a fattori esterni o al caso. Tale approccio consente anche di mitigare l'effetto placebo, cioè le modificazioni dello stato di salute percepito dai pazienti non direttamente riconducibili all'azione farmacologica del trattamento, ma piuttosto all'aspettativa di guarigione. La mancata inclusione di un gruppo di controllo adeguato in uno studio clinico potrebbe dunque portare a conclusioni errate sulla verità scientifica che si intende dimostrare, sottolineando l'importanza di questa componente nelle sperimentazioni cliniche.

51 di 64 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (≥90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


52 di 64 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ≥1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

53 di 64 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di β-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


54 di 64 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu → Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


55 di 64 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-α, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-α sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-α, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine β2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


56 di 64 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un β-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


57 di 64 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ≤1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


58 di 64 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ≥2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


59 di 64 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


60 di 64 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ≥126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


61 di 64 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ≤200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ≤200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ≤100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ≤100 mmHg.


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Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ≥126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


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Viene riscontrato il seguente quadro radiologico in una donna di 30 anni, che è stata sottoposta ad una TC total body in seguito ad un incidente stradale. Cosa mostra la TC?

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La risposta corretta è la B

Nell'immagine (a) la TC ha evidenziato enfisema sottocutaneo delle palpebre destre (freccia). Nell'immagine (b) è stato osservato enfisema nell’orbita destra (cerchio). È stato inoltre riscontrato enfisema sottocutaneo nell’area della guancia (freccia). Non vi era presenza evidente di aria nello spazio intracranico né fratture della parete o del pavimento orbitario.


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La signora Boggi, una donna di 70 anni, si reca dal medico curante, il Dott. Candi, lamentando dolore al braccio, insorto dopo essere scivolata sul ghiaccio, cadendo in avanti sulle sue mani. Quale è la diagnosi radiologica?

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La risposta corretta è la D.

Dalla radiografia mostrata si può apprezzare una frattura a tutto spessore carico della porzione meta-epifisaria distale del radio, evidenziabile come una stria di radiotrasparenza che interrompe la corticale ossea, probabilmente provocata da un arto iper-esteso verso l’ esterno che cerca di parare una caduta: si tratta di una frattura completa, spostata e angolata dorsalmente a livello del radio distale. Quando tale tipo di frattura si associa alla frattura anche dello stiloide ulnare si parla di frattura di Colles. Le altre strutture ossee in esame indicate nelle opzioni non appaiono interessate da eventi fratturativi-traumatici (le risposte A, B, C ed E non sono corrette)


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