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1 di 5 Domande

Uomo 54 anni si reca in PS ed effettua un ECG. Cosa mostra l’ECG?

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La risposta corretta è la B.
Il paziente del caso clinico, in base ai reperti clinico-anamnestici e all’ECG, presenta blocco atrioventricolare di III grado. Infatti, il referto mostra blocco atrioventricolare completo con dissociazione AV. F.C. atriale di 55 bpm, ritmo di scappamento ventricolare a F.C. 8 bpm a doppia morfologia e anomalie secondarie del recupero.

2 di 5 Domande

Il Sig. Masi, un uomo di 78 anni, si reca accompagnato dai figli, presso l’ambulatorio del proprio medico curante, lamentando difficoltà di movimento e disturbi mnesici. Durante l’esame obiettivo il dottore si accorge che il paziente si mostra irrequieto, si muove continuamente e che non ricorda quello fatto e detto pochi minuti prima. I figli raccontano che poche settimane prima lo hanno trovato “vagabondare” fuori casa da solo in maniera afinalistica. Quale è il sospetto diagnostico più probabile?














La risposta corretta è la A.

Il sospetto diagnostico più probabile è quello di morbo di Alzheimer, che rappresenta il 50-60% del totale delle forme di demenza e con una prevalenza che aumenta con l’età (molto frequente dopo i 65 anni). Risultando più diffuso nelle donne rispetto agli uomini, presenta 2 forme:

  • 95% sporadica,
  • 5% familiare a trasmissione autosomica dominante con penetranza completa.

Dal punto di vista anatomopatologico tale malattia si caratterizza per la presenza di:

  • abnormi placche di sostanza ß amiloide associate ad un’infiammazione,
  • alterazione della proteina TAU (che aiuta a stabilizzare i microtubuli).

Dal punto di vista clinico all’inizio abbiamo il cervello colpito solo in aree ristrette, quindi un’iniziale atrofia dell’ippocampo, aumenta la quota di liquor e si riduce la quota di tessuto cerebrale, la corteccia entorinale e orbito-frontale. Questi cambiamenti possono iniziare 10-20 anni prima che compaiano i sintomi veri e propri. Con il progredire della malattia, si ha una atrofia dell’ippocampo più evidente, aumentano gli spazi subaracnoidei peri-cerebrali, i ventricoli laterali cominciano ad allargarsi, suggerendo una perdita di volume e un’atrofia a livello del mantello corticale. Pertanto il danno neuronale si estende e cominciano ad esserci i segni di un Alzheimer moderato, che includono: deficit della memoria anterograda, stato di confusione, disorientamento soprattutto temporo-spaziale, aprassia ideomotoria (es. quali sono le posate e come si usano) e ideativa (come ci si veste), problematicità a gestire il denaro, capacità critica alterata, cambiamenti dell’umore e dell’emotività con un’ansietà maggiore, disinibizione, uno stato di agitazione continua (acatisia: il paziente si muove in continuazione senza alcuna finalità concreta, tende a vagabondare in giro). Nel quadro severo, quando l’atrofia è diventata conclamata ed interessa tutto il cervello, compaiono nuovi sintomi molto seri: difficoltà del linguaggio e dei pensieri, prosopoagnosia e anosognosia, convulsioni, perdita di peso nonostante il paziente assuma cibo, perdita della capacità di controllare il sonno e perdita della capacità di controllare gli sfinteri.

La risposta B non è corretta.

Il morbo di Parkinson è la seconda più comune forma di patologia neurodegenerativa, dopo la malattia di Alzheimer. Dal punto di vista neuropatologico alterazioni tipiche della malattia sono: la degenerazione neuronale della pars compacta della substantia nigra e la presenza di depositi proteici nel citoplasma dei neuroni (corpi di Lewy). Fisiopatologicamente la perdita progressiva delle proiezioni neuronali dopaminergiche della substantia nigra determina una riduzione del contenuto di dopamina; ne conseguono un incremento dell’attività eccitatoria glutamatergica nel nucleo subtalamico, una eccessiva inibizione del talamo da parte dei gangli della base ed infine una riduzione dell’attività eccitatoria a livello delle regioni corticali. La malattia è clinicamente caratterizzata da tremore a riposo, bradicinesia, rigidità, e, nelle fasi più avanzate, instabilità posturale e blocchi motori (freezing del passo). Come sintomi meno frequenti possono essere presenti: demenza (che può svilupparsi in circa un terzo dei pazienti e generalmente nelle fasi avanzate), disturbi del sonno e sintomi neurologici non correlati al parkinsonismo, come l’anosmia, la dismotilità esofagea, intestinale ed esitazione e/o urgenza minzionale.

La risposta C non è corretta.

L’atrofia multisistemica (MSA) è una malattia a carattere neurodegenerativo, ad andamento progressivo, responsabile di disturbi piramidali, cerebellari e autonomici. È una forma multisistemica, perché si tratta di un parkinsonismo che si associa ad un coinvolgimento di altri sistemi e racchiude una serie di sindromi, caratterizzate da associazione di: parkinsonismo scarsamente responsivo alla L-DOPA, disfunzione cerebellare e disfunzione autonomica. Comprende tre patologie (che un tempo si pensava fossero separate) ovvero: la degenerazione nigro-striatale, l’atrofia olivo-ponto-cerebellare e la sindrome di Shy-Drager.

L’eziologia non è nota e dal punto di vista anatomopatologico si riscontra internamente alle cellule oligodendrogliali la presenza di corpi inclusi citoplasmatici, contenenti α-sinucleina. La clinica si caratterizza per atassia, instabilità posturale, rigidità, ritenzione urinaria, stipsi e ipotensione.

La risposta D non è corretta.

Le malattie prioniche hanno origine da una alterazione nel processo di ripiegamento di una proteina, detta proteina prionica, fisiologicamente espressa a carico della superficie di numerose cellule cerebrali. Possiamo riconoscere diversi tipi di malattia prionica: morbo di Creutzfeldt-Jakob, Kuru, malattia di Gerstmann-Straussler-Scheinker, insonnia fatale familiare, variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob. Possono essere in forma sporadica, familiare o infettiva.

La risposta E non è corretta.

Per tabe dorsale si intende un danno delle vie sensoriali a livello delle corna posteriori, associato a perdita della propriocezione e conseguente atassia locomotrice, perdita della nocicezione (artropatia di Charcot) e dolori fulminanti.


3 di 5 Domande

Un uomo di 80 anni viene ricoverato in ospedale, dopo che ha iniziato ad avere disturbi a carico dell’arto inferiore di destra infatti cammina trascinando la gamba ed inoltre si presenta un pò soporoso e non è loquace come al solito, mostrando anche un eloquio non proprio fluido. La sua temperatura è di 37.1ºC. La nipote riferisce che circa un giorno prima il nonno era caduto, ma senza riportare apparentemente traumi degni di nota. Sul lato destro, la flessione dell’anca, la flessione del ginocchio, la dorsi-flessione della gamba sono più deboli di altri muscoli dell’estremità inferiore. Tutti gli esami di laboratorio, compreso quelli della coagulazione, sono normali. Una TC dell’encefalo mostra un ematoma subdurale sinistro di 1,5 cm con dislocazione della linea mediana. Qual è il passo successivo più appropriato da intraprendere nel caso presentato fra quelli proposti?














La risposta corretta è la B.

Per ematoma subdurale si intende una raccolta ematica tra la dura madre e la pia madre/aracnoide (a differenza di un ematoma epidurale dove il sanguinamento si va a localizzare tra la teca cranica e la dura madre).

Dal punto di vista eziologico questa raccolta può derivare:

  • dalla lacerazione delle vene corticali,
  • dalla rottura delle vene a ponte tra la corteccia e dei seni durali.

Solitamente riscontriamo un ematoma subdurale dopo un trauma cranico, incidente stradale o una caduta. I maggiori fattori di rischio per l’insorgenza sono: l’età avanzata, l’atrofia cerebrale, l’uso di anticoagulanti e antiaggreganti. I sintomi, legati all’ematoma subdurale acuto, si sviluppano entro 24-48 ore e sono correlabili con la compressione del cervello da parte dell’ematoma (e anche al rigonfiamento del cervello a causa dell’edema o dell’iperemia), che causano un aumento della pressione intracranica (con conseguente confusione, alterazioni dello stato di coscienza, nausea, vomito, cefalea). La TC del cranio senza mezzo di contrasto mostra un’iperdensità a forma di mezza luna, che attraversa le linee di sutura. Dal punto di vista del trattamento:

  • gli ematomi di piccole dimensioni vengono gestiti in maniera conservativa;
  • gli ematomi di grandi dimensioni richiedono l’evacuazione urgente.

Nel trattamento di un ematoma subdurale alcuni dei fattori prognostici più importanti da considerare sono l’età e lo stato neurologico. La scala Glasgow valuta la gravità del coma in base a tre categorie di reattività: migliore risposta motoria, migliore risposta verbale e migliore apertura oculare.

In base a questa scala possiamo distinguere:

  • coma lieve: Glasgow 14 – 15, il paziente è sostanzialmente sveglio;
  • coma moderato: Glasgow 9 – 13;
  • coma grave: Glasgow 3 – 8, prognosi severa, soprattutto se permane nell’arco di diverse ore o giorni. A 3 siamo nel caso di morte cerebrale.

Pertanto, un punteggio più alto è indicativo di uno stato di funzionamento migliore ed è correlato con una prognosi migliore, mentre un punteggio più basso sarà correlato con una prognosi severa. Al fine di prevenire lesioni cerebrali irreversibili o anche la morte, gli ematomi subdurali devono essere trattati come un’emergenza neurologica. La gestione chirurgica è indicata in tutti i pazienti, che presentano segni vitali instabili, un’elevata pressione intracranica e/o segni clinici o evidenza radiologica (TC o RM) di erniazione cerebrale, come un dislocamento della linea mediana. La decompressione chirurgica può essere ottenuta mediante craniectomia decompressiva, craniotomia o trapanazione del cranio. La stabilizzazione dei segni vitali e la vigile attesa (che comprendono una stretta osservazione con monitoraggio della pressione intracranica e l’imaging cerebrale seriale mediante TC ripetute) fanno parte della gestione non operativa: tale atteggiamento può essere considerato nei pazienti con piccoli ematomi e senza segni clinici o radiologici di erniazione cerebrale.

Le risposte A e D non sono corrette.

L’angio-TC o l’angio-RM vengono eseguiti quando c’è il sospetto di una lesione vascolare sottostante (un aneurisma o una malformazione vascolare ad esempio) in assenza di trauma, ma questa non rappresenta una causa abituale di un ematoma subdurale. La RM dell’encefalo in tal caso non fornirebbe ulteriori informazioni diagnostiche utili e viene generalmente utilizzata, quando il sospetto clinico rimane elevato per un’emorragia intracranica, nonostante una TC dell’encefalo negativa, essendo più sensibile della TC ed in grado di mostrare la presenza anche di una minima falda di emorragia.

La risposta C non è corretta.

Poiché gli esami di laboratorio e di coagulazione del paziente sono normali, non c’è motivo di somministrare plasma fresco congelato.

La risposta E non è corretta.

Non c’è età che rappresenta una controindicazione assoluta per l’intervento chirurgico e sarebbe sbagliato affermare che quest’uomo è troppo vecchio per qualsiasi intervento.


4 di 5 Domande

Un uomo di mezza età esegue TC presso il pronto soccorso del Policlinico, cosa si apprezza nella TC?

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La risposta corretta è la E.

La TC encefalo del paziente del caso clinico mostra a carico della regione fronto-parietale destra un esteso ematoma sub-durale, a forma di falce o mezza luna, che attraversa le linee di sutura, prevalentemente cronico con piccola componente tenuamente e spontaneamente iper-densa a sede frontale destra di verosimile origine acuta/subacuta. Inoltre, mostra spianamento dei solchi e degli spazi sub-aracnoidei omolaterali e non evidenzia lesioni ischemiche a carattere acuto in atto. Linea mediana in asse (risposte A, B, C e D errate).


5 di 5 Domande

Margherita, 25 anni, si reca dal suo medico curante, la Dott.ssa Grassi. Presenta un lieve ittero, febbricola, artralgia, malessere e amenorrea, che durano da circa 2 mesi. Negativa per patologie rilevanti, assume contraccettivi orali, non beve alcolici, né fuma. Le analisi di laboratorio mostrano: HAV negativo, HBV negativo, Ab anti-HCV positivo mediante saggio immunoenzimatico per gli anticorpi HCV, HCV negativo mediante saggio immunoblot ricombinante (RIBA) per HCV.
Il dosaggio degli autoanticorpi antinucleari ed anti-muscolo liscio sono però fortemente positivi. Un campione bioptico del fegato mostra un’infiammazione portale di tipo linfocitaria con necrosi precoce. Quale delle seguenti è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la B.

La sintomatologia clinica e i risultati laboratoristici di questo caso clinico sono indicativi di un quadro di epatite cronica autoimmune. L’epatite autoimmune è una patologia, scatenata dall’attacco del sistema immunitario nei confronti del fegato, erroneamente riconosciuto come non self. L’azione degli autoanticorpi causa uno stato flogistico cronico, che progressivamente evolve verso l’insufficienza epatica. Si registra maggior frequenza di epatite autoimmune nelle donne di età compresa tra la quarta e la settima decade. Sulla base degli anticorpi responsabili si distingue l’epatite autoimmune di Tipo 1, nella quale si riscontra positività agli anticorpi antinucleo (ANA) o anti-muscolo liscio (ASMA), e di Tipo 2 con positività per anticorpi microsomiali fegato-rene (LKM1).

Quando si manifesta in età giovanile, i suoi sintomi sono più aggressivi e la progressione è più rapida. La gravità della malattia, infatti, è legata all’età più che alla forma. Nel caso presentato i risultati della biopsia supportano questa diagnosi: dimostrano l’infiammazione portale con danno lobulare e conseguente necrosi. La giovane età della paziente e la presenza di iper-gammaglobulinemia sono, come detto, comuni in questa condizione. 

La risposta A non è corretta.

L’epatite C cronica si sviluppa nell’80% dei casi di infezione da virus dell’epatite C. Può manifestarsi anni dopo un’infezione acuta spesso asintomatica, con segni e sintomi di epatite cronica o insufficienza epatica. La diagnosi è confermata dal test immunoenzimatico positivo per gli anticorpi anti-HCV, che può essere falsamente positivo in situazioni con ipergammaglobulinemia. In questi casi la positività dovrebbe essere confermata da un RIBA più specifico. Nel caso clinico presentato, il RIBA è negativo, escludendo l’epatite C.

La risposta C non è corretta.

L’adenoma epatico è una neoplasia benigna, che colpisce più frequentemente donne in età fertile, particolarmente quelle che assumono contraccettivi orali con componente estrogenica o ormoni androgeni anabolizzanti. Di solito è clinicamente silente; può causare dolore all’ipocondrio destro, se l’adenoma raggiunge dimensioni considerevoli; per dimensioni >5cm è indicata l’asportazione chirurgica. Se correlato all’assunzione di contraccettivi, generalmente regredisce con la sospensione della terapia. Una rara complicanza grave è la rottura dell’adenoma con emorragia peritoneale e l’evoluzione verso una forma maligna. La diagnosi si basa sui reperti ottenuti a mezzo di TC e confermata da esami bioptici della lesione.

La risposta D non è corretta.

La cirrosi biliare primitiva è una patologia di tipo autoimmune, con danno dei dotti biliari intraepatici, con conseguente colestasi ed insufficienza epatica. Colpisce soprattutto donne di mezza età e i sintomi compaiono progressivamente, variando dall’astenia al prurito da colestasi, fino all’ipertensione portale e al versamento ascitico nelle fasi più avanzate. La diagnosi si basa sulla individuazione di anticorpi antimitocondrio sierici e sull’esame bioptico per stabilire la stadiazione. Il trattamento prevede la prescrizione di colestiramina per alleviare la sintomatologia pruriginosa da colestasi, acido ursodesossicolico ed integrazione di vitamine liposolubili.

La risposta E non è corretta.

La steatoepatite non alcolica mima sia clinicamente che istopatologicamente l’epatite alcolica. È caratterizzata da alterazioni del fegato, che si mostra più grasso, con segni di laboratorio associati a danno epatocellulare. Obesità e diabete sono le condizioni predisponenti più comuni.


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