Simulazione

Cliccando in alto a destra sul pulsante 2 è possibile "Consegnare", "Salvare e Interrompere", "Salvare e Continuare" il compito.

1 di 17 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 17 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 17 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

product image













La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 17 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 17 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

product image













La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 17 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

product image













La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 17 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

product image













La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 17 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

product image













La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 17 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

product image













La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 17 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

product image













La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 17 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

product image













La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 17 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

product image













La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 17 Domande

Mario, 60 anni, senza tetto del quartiere Tiburtino, in una notte molto fredda e nevosa d’ inverno, viene portato da alcuni passanti presso il pronto soccorso del Policlinico Umberto I di Roma, perché in stato confusionale ed in forte stato di debolezza e soporoso. Il Dott. Mieli, medico d’ urgenza di guardia, lo visita e riscontra che la sua T.C. è di 33.0 ºC, la PA è di 80/45 mmHg, la F.C. è di 49 bpm/min e la frequenza respiratoria è di 11 atti/min. Facendo un elettrocardiogramma quale delle seguenti alterazioni molto probabilmente verrebbe riscontrata?














La risposta corretta è la B.

Questo paziente si trova in uno stato di ipotermia. Si definisce ipotermia una temperatura corporea inferiore ai 35 °C, i cui primi segni e sintomi comprendono: brividi, tachicardia, ipertensione, iperglicemia, sonnolenza, aumento della diuresi indotta dal freddo, coma.

Inoltre, i segni e sintomi di uno stato di ipotermia più avanzata e grave comprendono: difficoltà a parlare, amnesia, diminuzione della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e della frequenza respiratoria, decesso.

L’ ECG di un paziente in una situazione di ipotermia rileva la presenza di un’ onda tipica, detta onda J (o onda delta inversa o onda J di Osborn): si tratta di una deflessione positiva, che avviene nel punto di giunzione tra la branca discendente del complesso QRS ed il segmento ST, dove il punto S (conosciuto anche come punto J), presenta un picco ascendente simile ad una condizione infartuale. il reperto ECG del caso clinico è patognomonico dell’ ipotermia.

Le risposte A ed E non sono corrette.

L’ allargamento diffuso delle onde T e la presenza di onde U prominenti sono entrambi reperti tipici dell’ ipokaliemia.

L’ ipokaliemia è un disordine elettrolitico, caratterizzato da una concentrazione sierica di potassio, che si pone al di sotto dei 3,5 mEq/L.

La clinica si caratterizza per debolezza e poliuria, mentre nelle forme severe può comparire ipereccitabilità cardiaca.

La risposta C non è corretta.

Le onde delta sono deflessioni positive che portano al complesso QRS, ovvero delle aree di pre-eccitazione del ventricolo, osservate nella sindrome di Wolff-Parkinson-White, in cui si verifica una conduzione anterograda attraverso la via accessoria.

La risposta D non è corretta.

Sottoslivellamenti del tratto ST sono osservati in pazienti con ischemia, mentre i sopralivellamenti di tale tratto sono osservati in pazienti con infarto e sono proprio questi ultimi che, a volte, possono essere confusi con le onde di Osborn.


14 di 17 Domande

Un uomo di 45 anni si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, lamentando recenti episodi febbrili, che raggiungono i 38,5 ºC, una tosse produttiva con espettorato di colore giallastro-verdastro e dispnea crescente a riposo. L’ esame obiettivo rivela l’ egofonia sul lato destro all’ auscultazione polmonare ed un’ ottusità alle percussioni alla base destra. Una radiografia del torace mostra una polmonite lobare in campo polmonare medio di destra ed un importante versamento pleurico saccato. Viene eseguita una toracentesi diagnostica, che rivela la presenza di una cospicua falda di liquido pleurico di colore giallo paglierino non purulento. I risultati della coltura sono in attesa, ma alla colorazione di Gram si riscontra una positività ai gram-positivi. Il paziente viene ricoverato in ospedale e viene sottoposto ad una terapia antibiotica per via endovenosa. Qual è il passo successivo più appropriato nella gestione terapeutica per questo paziente?














La risposta corretta è la B.

Per il paziente del caso clinico, il passo successivo più appropriato per la gestione terapeutica è rappresentato dal drenaggio del versamento pleurico con terapia antibiotica: infatti, il paziente presenta verosimilmente una polmonite lobare pneumococcica comunitaria, ipotesi avvalorata sia dalla positività alla colorazione di Gram, sia dal reperto RX di consolidazione lobare. L’ agente eziologico prevalente delle CAP è lo Streptococcus Pneumoniae, che determina solitamente polmoniti di tipo lobare. La diagnosi si basa sulla clinica e sulla RX del torace, che tipicamente mostra un’ area di ipodiafania lobare da addensamento parenchimale, associata ad una quota di versamento pleurico (saccato, in questo caso clinico). Al contrario, una TC del torace può fornire un migliore quadro del processo patologico in atto, ma non è utile per il trattamento, soprattutto in presenza di una clinica così chiara, avvalorata da una colorazione di Gram positiva e da un RX del torace tipico di polmonite (risposta C errata). Ugualmente, un angio-TC del torace non trova un razionale nel caso clinico (risposta D errata). Invece, un lavaggio bronchiale delle vie aeree, è utile al fine di ottenere colture per la determinazione dell’ agente patogeno, se l’ espettorato o le colture di liquido pleurico sono negative o non possono essere ottenute (risposta E errata).


15 di 17 Domande

Sara, una ragazza di circa 30 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Mazzi, per una visita di controllo. Riferisce di aver avuto episodi ricorrenti di polmonite, bronchite ed e otite negli ultimi anni e, sebbene abbia effettuato tutte le vaccinazioni, ha sviluppato l’ anno precedente il tetano dopo una ferita al piede. Il Dott. Mazzi procede all’ esame obiettivo, riscontrando un ingrossamento sia dei linfonodi che delle tonsille. Le analisi di laboratorio rivelano bassi livelli di IgG, IgA, e di IgM. Pertanto, su consiglio del Dott. Mazzi, Mara si reca dal Dott. Verdi, specialista in ematologia, che esclude cause genetiche della sua ipogammaglobulinemia, ma le diagnostica immunodeficienza comune variabile. Quale delle seguenti condizioni sarà a maggior rischio di sviluppare Mara?














La risposta corretta è la E.

L’ immunodeficienza comune variabile (CVID) è una condizione, in cui vi sono basse concentrazioni di immunoglobuline, associata alla presenza di linfociti B fenotipicamente regolari, che possono proliferare, ma non maturano in cellule in grado di produrre immunoglobuline; in alcuni pazienti anche l’ immunità dei linfociti T può essere compromessa. La malattia si presenta improvvisamente, soprattutto intorno alla terza o quarta decade, dopo infezioni ricorrenti ed una mancata risposta ai vaccini.

I pazienti hanno ricorrenti infezioni delle vie respiratorie, soprattutto polmonari. Si ha un’ aumentata insorgenza di neoplasie, tra cui carcinoma gastrico e linfomi, di patologie autoimmuni, così come altre alterazioni che vanno dal malassorbimento, a patologie respiratorie e di natura linfoide del tratto gastrointestinale.

La risposta A non è corretta.

Non c’ è associazione tra CVID e malattia renale.

La risposta B non è corretta.

Circa il 25-30% dei pazienti con CVID presenta splenomegalia: tuttavia non ci sono prove che i pazienti con CVID presentino maggiori probabilità di infarto splenico (una rara causa di addome acuto, caratterizzato da un quadro clinico di dolore localizzato in ipocondrio sinistro, che si può associare o meno a febbre, anemia, aumento dei globuli bianchi e trombocitosi).

La risposta C non è corretta.

Il rischio di aborto spontaneo non è aumentato nei pazienti con CVID.

La risposta D non è corretta.

I pazienti con CVID non presentano un aumentato rischio di malattie cardiovascolari, anche se sono a maggior rischio di sviluppare malattie polmonari croniche, più comunemente bronchiectasie, con cui si intende una dilatazione e distruzione dei bronchi maggiori, causata da uno stato infettivo e infiammatorio cronico. Cause frequenti di tale condizione sono: la fibrosi cistica, le infezioni ricorrenti e le condizioni di immunodeficienza, sebbene alcuni casi sembrino essere idiopatici. Il quadro clinico si caratterizza per la tosse cronica con emissione di espettorato purulento, talvolta febbre e dispnea. La diagnosi viene fatta generalmente con un esame TC del torace ad alta risoluzione, pur se l’ RX torace standard in alcuni casi può essere diagnostico.


16 di 17 Domande

Si reca presso il PS del Policlinico Niguarda di Milano la Sig.a Curci, lamentando disturbi gastrointestinali. Riferisce un dolore epigastrico intermittente, intenso, che dura da alcune ore ed a volte accompagnato da nausea e vomito. La peristalsi intestinale è normale, la sua T.C. è di 38,2 ° C, la F.C. è di 95bpm/min, la P.A. è di 145/75 mm Hg e la F.R. è di 22 atti/min. Il medico di turno, Il Dott. Pini, effettua l’ esame obiettivo, che mostra un quadro di moderata obesità e delle sclere lievemente itteriche, un addome con un normale timpanismo alla percussione, ma con una brusca interruzione in fase di ispirazione alla palpazione dell’ ipocondrio di destra. Gli esami di laboratorio rivelano i seguenti parametri: G.B. di 13.000 / mm ³, bilirubina totale di 3,3 mg / dl, transaminasi e fosfatasi alcalina normali. Quale di seguenti esami dovrebbe essere eseguito in prima istanza?














La risposta corretta è la D.

La paziente sta presentando i segni e sintomi tipici di una patologia del sistema epato-biliare e più specificamente della colecisti, in particolare ascrivibile ad una condizione di colelitiasi e quindi di colica biliare. Per colelitiasi si intende la presenza di uno o più calcoli nella colecisti. Il sintomo più frequente è la colica biliare. Nei paesi sviluppati, circa il 10% degli adulti e il 20% delle persone con età superiore ai 65 anni presentano calcoli biliari e molto spesso tali pazienti sono asintomatici.

La colelitiasi si verifica più frequentemente nel sesso femminile e in soggetti con familiarità per questo disturbo ed il rischio aumenta con l’ età ; tra i fattori favorenti vi sono obesità , dieta ipercalorica, uso di farmaci estrogenici e fibrosi cistica.

All’ esame obiettivo i pazienti mostrano lieve ittero, febbre e segno di Murphy positivo, suggestivi per un quadro di colecistite acuta.

La metodica di imaging che dovrebbe essere utilizzata in prima istanza nella valutazione iniziale di un quadro suggestivo per colecistite acuta è un’ ecografia dell’ addome, che si è dimostrata essere sensibile per il 95% dei casi di litiasi biliare nella colecisti ed in grado di rilevare la presenza anche di piccole formazioni litiasiche (anche di 3 mm di diametro). Inoltre, essa è eccellente nel rilevare la dilatazione delle vie biliari intra ed extra-epatiche.

Fra le complicanze più gravi sono incluse la colecistite, l’ ostruzione della via biliare a causa della migrazione di calcoli nelle vie biliari (coledocolitiasi) a volte con sovrainfezione batterica (colangite) e pancreatite acuta biliare. La colecistectomia rappresenta la terapia per una colelitiasi sintomatica o complicata.

La risposta A non è corretta.

La scintigrafia epatobiliare sequenziale con acido imino-diacetico è sensibile e specifica nel rilevare un quadro di colecistite acuta e un’ eventuale perdita di bile dopo un intervento chirurgico. Tuttavia, è un esame costoso, richiede molto tempo e viene quindi utilizzato in caso di ecografia inconcludente. I traccianti radioattivi, che si comportano analogamente alla bilirubina, vengono captati dagli epatociti e secreti nei canalicoli biliari; successivamente sono eliminati attraverso l’ albero biliare e la colecisti, raggiungendo l’ intestino. Attraverso l’ analisi della distribuzione del tracciante nel tempo è possibile dare una stima della funzione epatocitica, della pervietà delle vie biliari maggiori e della contrattilità colecistica. Il tracciante adottato è l’ acido iminodiacetico (HIDA), marcato con Tc-99m pertecnetato.

La risposta B non è corretta.

La radiografia diretta dell’ addome raramente è diagnostica per i calcoli, perché solo il 10% -15% di essi è radiopaco. Questa tecnica è utile nella valutazione di una colecistite acuta enfisematosa, pneumobilia secondaria a una fistola bilio-digestiva o nel sospetto di occlusione intestinale. Tuttavia, in questo caso, questi sospetti diagnostici non sono compatibili con il caso presentato.

La risposta C non è corretta.

La scansione TC non è la metodica di imaging di prima scelta nel sospetto di colecistite, a causa del suo costo più alto e dell’ esposizione ad alte dosi di radiazioni ionizzanti, mentre si mostra utile nella valutazione delle neoplasie nel pancreas e del sistema epatobiliare.

La risposta E non è corretta.

La colangio-RM è una metodica non invasiva per la valutazione della via biliare e del dotto pancreatico principale e può essere fatta sia con che senza iniezione di mdc, però , essa non è di norma utilizzata nella valutazione di colecistite acuta, a causa del suo alto costo e della presenza di altre metodiche di imaging più efficaci per questo quesito clinico.


17 di 17 Domande

Una donna di circa 30 anni con un’ anamnesi patologica remota positiva per ipertensione, emicrania ed una storia di uso di eroina per via endovenosa viene portata d’ urgenza al PS, presentando dispnea, tosse ed astenia da circa 2 mesi. Assume abitualmente agonisti del recettore della serotonina (5-HT1) per l’ emicrania ed atenololo. I segni vitali sono: T.C. di 37,9 ºC, F.C. di 98 bpm/min, PA di 135/85 mmHg, F.R. di 14 atti/min, saturazione polmonare nella norma in aria ambiente. L’ esame obiettivo rivela un soffio sistolico III/VI, precedentemente non documentato, in corrispondenza del bordo sternale sinistro e noduli periungueali ed emorragia subungueale “ a scheggia” . L’ esame obiettivo polmonare è negativo all’ auscultazione. Gli esami di laboratorio sono in attesa di risultato. Un elettrocardiogramma, svolto qualche ora prima, mostra una tachicardia sinusale con una F.C. di 115 bpm/min. Quale delle seguenti è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la C.

La paziente è affetta da endocardite, un processo infiammatorio che coinvolge l’ endocardio parietale o, più frequentemente, l’ endocardio valvolare. L’ endocardite ad eziologia infettiva è causata nell’ 80-90% dei casi da streptococchi e stafilococchi (Streptococcus viridans, Streptococcus bovis, Staphylococcus Aureus) e nei restanti casi da enterococchi o microrganismi HACEK (Haemophilus sp, Actinobacillus actinomycetemcomitans, Cardiobacterium hominis, Eikenella corrodens, e Kingella kingae).

I fattori di rischio per lo sviluppo di questa patologia comprendono: patologie cardiache congenite, malattia valvolare reumatica, valvole aortiche bicuspidi o calcifiche, prolasso valvolare mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite. Altri fattori predisponenti sono le protesi valvolari cardiache, la tossicodipendenza, il diabete, l’ uso di anticoagulanti e steroidi, l’ età avanzata. Nell’ endocardite acuta il paziente presenta febbre, brividi, sudorazione, dispnea, dolore alle articolazioni e ai muscoli, astenia, cefalea. All’ esame obiettivo si possono osservare petecchie sulla cute, periorali o orbitali, macule cutanee emorragiche non dolenti, localizzate alle estremità , noduli di Osler (noduli sottocutanei periungueali, di piccole dimensioni, rilevati, molli, dolenti e localizzati alle estremità delle dita, dovuti a un processo vasculitico a carico dei piccoli vasi, una delle manifestazioni tipiche dell’ endocardite infettiva acuta e subacuta).

Inoltre, si possono riscontrare: petecchie congiuntivali, “ macchie di Roth” (emorragie retiniche con un centro più pallido, composto da coaguli di fibrina), “ lesioni di Janeway” (piccole macule, dure, emorragiche o eritematose, sui palmi delle mani o sulla pianta dei piedi), emorragia subungueale “ a scheggia” .

Alla palpazione potrà evidenziarsi splenomegalia, mentre all’ auscultazione si potranno notare soffi cardiaci o disturbi del ritmo di nuova insorgenza: un soffio cardiaco di nuova insorgenza associato a febbre e noduli di Osler è fortemente suggestivo per endocardite infettiva. La diagnosi è data dalla clinica, supportata da esami ematochimici (per dimostrare la batteriemia devono essere ottenute più emocolture) e indagini strumentali, in primis l’ ecocardiografia, che permette di visualizzare le strutture valvolari. Questa paziente ha probabilmente una vegetazione della valvola mitrale, che sta causando il soffio sistolico e la sintomatologia descritta.


Consegna il compito!


Tempo Rimasto 5 minuti!

Dottore, non aggiorni questa pagina prima del completamento della correzione.
Clicchi su "Consegna il Compito" per ottenere la correzione del compito.

consegna v3 il compito