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1 di 5 Domande

Scenario AAX001: Una donna di 35 anni si reca presso il PS per un forte attacco di dolore, causato dalla sua patologia di base ovvero l’anemia falciforme: riferisce di avere tali episodi di crisi dolorose circa un paio di volte all’anno, anche se non sempre viene ricoverata in ospedale. Ultimamente si sente più astenica del solito ed ha dolori alla schiena, al petto e alle cosce. Prende l’acido folico ogni giorno. Non ha febbre, la sua F.C. è di 102 bpm. Il medico di guardia del PS le somministra l’ossigeno, liquidi per via endovenosa ed un antidolorifico. Dagli esami di laboratorio emerge che ha un ematocrito del 18% ed una conta leucocitaria di 6.500/mcL. Il suo ematocrito abituale è del 32% con una conta leucocitaria normale. La conta dei reticolociti della paziente è dell’2%. Viene trasfusa con 2 unità di emazie e il livello di ematocrito passa dal 18% al 20%. Con altre 2 unità sale al 21%. La paziente nel frattempo continua la sua terapia abituale di acido folico. Viene eseguito anche il test PCR per rilevare il DNA del parvovirus B19 e si è in attesa dei risultati. Quale dei seguenti rappresenta il prossimo passo nella gestione di tale paziente?














Domanda 2 Scenario AAX001.

La risposta corretta è la A.

Le immunoglobuline per via endovenosa rappresentano l’unica terapia per l’infezione da parvovirus B19 in pazienti con anemia associata. Non esiste alcun antivirale conosciuto contro questo microrganismo. Gli altri farmaci elencati, antivirali e steroidi, non hanno alcuna efficacia contro il parvovirus B19. Se la trasfusione di emazie concentrate non corregge rapidamente il livello di ematocrito, è perché alla base c’è una continua emolisi, determinata dall’anemia falciforme e allo stesso tempo la produzione di nuove cellule viene bloccata dall’infezione.

Le risposte B, C, D ed E non sono corrette.

Gli altri farmaci elencati, antivirali e steroidi, non hanno alcuna efficacia contro il parvovirus B19.


2 di 5 Domande

Quale delle seguenti è una caratteristica della cistinuria?














La risposta corretta è la B.

La cistinuria è un difetto ereditario dei tubuli renali, in cui è impedito il riassorbimento dell’aminoacido cistina (risposta B corretta, in quanto si ha un “disturbo del trasporto degli aminoacidi dei tubuli renali”), l’escrezione urinaria è aumentata, e si formano calcoli di cistina nel tratto urinario. La diagnosi è data dalla misurazione dell’escrezione della cistina nelle urine. La terapia consiste in un maggiore apporto idrico e nell’alcalinizzazione delle urine.

La risposta A non è corretta.

I principi fondamentali della terapia medica di tale condizione prevedono: abbondante idratazione, alcalinizzazione delle urine al fine di minimizzare la precipitazione della cistina e dieta iposodica.

La risposta C non è corretta.

È una patologia a trasmissione autosomica recessiva.

La risposta D non è corretta.

Spesso tale condizione determina ricorrenti episodi di urolitiasi, che si manifestano con ematuria macroscopica e microscopica e dolore al fianco e/o addominale (se i calcoli causano ostruzione nella pelvi renale, nel calice o nell’uretere). Se i calcoli ostruiscono l’uretere distale, causano disuria, urgenza e frequenza, che possono simulare un’infezione del tratto urinario inferiore. Se l’ostruzione si trova nell’uretra, causano disuria e problemi di svuotamento.

La risposta E non è corretta.

Nella cistinuria i calcoli sono radiotrasparenti o debolmente radiopachi a causa del contenuto di zolfo e sono molto meno radiopachi di altri (formati da calcio, ossalato, fosfato, ammonio).


3 di 5 Domande

Un uomo di 83 anni viene portato dai figli presso l’oculista di fiducia, in quanto riferisce di esser diventato gradualmente cieco. Il paziente, a parte tale disturbo della visione, non avverte nessun altro sintomo, né presenta gli occhi rossi. L’esame obiettivo oculistico rileva un’acuità visiva di 1 decimo in entrambi gli occhi, con esame della pupilla, movimenti extra-oculari e campi visivi normali. L’ esame con la lampada dell’occhio mostra un colore sfumatamente giallo-marrone del cristallino in entrambi gli occhi ed all’esame del fondo oculare non è possibile apprezzare in maniera chiara la retina. Qual è il consiglio appropriato da dare al paziente ed ai suoi familiari?














La risposta corretta è la E.

Il paziente del caso clinico presenta verosimilmente cataratta bilaterale e pertanto bisogna dire al paziente e alla famiglia che data la diagnosi presunta, e le condizioni visive del paziente, è necessario programmare un intervento chirurgico. La cataratta è un’opacità congenita o degenerativa del cristallino. Il sintomo principale è rappresentato da offuscamento della vista graduale e indolore. Si distinguono due tipi di cataratta: centrale o periferica, anteriore o posteriore. L’opacizzazione del cristallino è un evento fisiologico: a 20 anni il cristallino è estremamente trasparente; in età adulta non è più così trasparente, ma diventa grigio-giallastro-marroncino. In presenza di cataratta nucleare, la vista da lontano peggiora. Invece, la vista da vicino può migliorare nelle fasi iniziali a causa di variazioni dell’indice di rifrazione della lente: infatti, pazienti presbiti possono essere temporaneamente in grado di leggere senza occhiali (seconda vista). La diagnosi si effettua con oftalmoscopia seguita da esame con lampada a fessura. All’esame oftalmologico il cristallino con cataratta apparirà di colore dal grigiastro al giallo-marrone. Con la cataratta avanzata l’esame del fondo oculare può essere difficile o addirittura impossibile. La terapia consiste nell’asportazione chirurgica e nell’introduzione di una lente intraoculare. Inoltre, trattandosi di cataratta, l’uso di antibiotici e/o cortisonici non ha alcun razionale (risposta B errata). Invece, tale paziente non presenta la degenerazione maculare, la principale causa di deficit irreversibile della funzione visiva centrale nei pazienti anziani, in quanto nel caso presentato la retina non poteva essere visualizzata, data l’opacizzazione dei cristallini, suggerendo la diagnosi di cataratta, come causa di deficit visivo (risposta D errata). Al contrario, il livello di acuità visiva non dovrebbe diminuire marcatamente con l’età, in quanto l’età non è di per sé una causa di riduzione della vista (risposta A errata). All’opposto, il glaucoma primario ad angolo aperto è una sindrome associata a un angolo della camera anteriore aperto e ad una pressione intraoculare solitamente elevata. Nelle fasi iniziali non presenta sintomi, ma successivamente mostra una graduale perdita della visione periferica, che si estende anche ai campi centrali con conseguente visione a tunnel fino in taluni casi alla cecità; altre manifestazioni cliniche comprendono la dilatazione pupillare e l’eritema peri-congiuntivale (risposta C errata).


4 di 5 Domande

Un uomo di 50 anni viene indirizzato dall’endocrinologo per presunta sindrome di Cushing. È obeso ed è ingrassato di 9 kg negli ultimi 6 mesi. Ha un’ipertensione arteriosa e una ridotta tolleranza al glucosio. All’esame obiettivo la sua PA è di 160/85 mmHg, la F.C. è di 80 bpm/min con ritmo sinusale e il suo BMI è di 35. Supponendo che abbia la sindrome di Cushing, quali delle seguenti caratteristiche ti aspetteresti di riscontrare dalle analisi biochimiche di laboratorio?














La risposta corretta è la B.

La sindrome di Cushing è un insieme di segni e sintomi dovuti a livelli eccessivamente elevati di cortisolo o altri glucocorticoidi nel sangue.

Le cause possono essere molteplici, in base alle quali si distinguono due gruppi principali di patologie: le forme ACTH dipendenti, dove la causa dell’eccesso di cortisolo è un’aumentata produzione dell’ormone ipofisario adrenocorticotropo, e le forme ACTH indipendenti. Nel primo gruppo rientrano il morbo di Cushing (adenoma ipofisario ACTH secernente, composto da cellule basofile), la secrezione ectopica di ACTH da tumori non ipofisari e la secrezione di CRH da tumori non ipofisari. Nel secondo gruppo rientrano la sindrome di Cushing iatrogena o fittizia, gli adenomi e i carcinomi adenocorticali ormone secernenti, la malattia nodulare pigmentosa primaria della corteccia surrenale (PPNAD) e la iperplasia macronodulare surrenale bilaterale.

La sindrome di Cushing dal punto di vista clinico si caratterizza per: astenia, dolore lombare legato all’osteoporosi, diminuzione o aumento dell’appetito, diminuzione della concentrazione, alterazione della memoria, insonnia, irritabilità, anomalie del ciclo. A questi segni e sintomi si aggiungono: diminuzione della libido, facies a luna piena, gobba di bufalo, obesità centrale, deposito sovraclaveare di grasso (a volte il collo sparisce completamente), cute sottile ed estremamente friabile, porpora, comparsa delle strie rubre a livello addominale, acne, irsutismo con l’alopecia, arretramento della linea di impianto dei capelli, ipertensione arteriosa, debolezza dei muscoli prossimali, edema periferico e difficile guarigione delle ferite.

L’alcalosi metabolica viene spesso apprezzata in tale condizione ed è caratterizzata dall’accumulo di bicarbonato (HCO3) nel sangue. Le cause più frequenti di alcalosi metabolica sono:

  • perdita di acido gastrico per vomito;
  • perdita renale di acidi: nell’iperaldosteronismo primario e secondario, nella sindrome di Bartter, nella sindrome di Gitelman, ipokaliemia e ipomagnesiemia;
  • eccesso di bicarbonato: post-ipercapnico, acidosi post-organica, sindrome da assunzione di latte-alcali (sindrome di Burnett);
  • alcalosi da contrazione: causata da terapie importanti con diuretici;
  • abuso di lassativi.

La risposta A non è corretta.

Una ritenzione di sale e acqua si può verificare in combinazione con la sindrome di Cushing, ma questa di solito non porta all’ipernatremia.

La risposta C non è corretta.

L’eccesso di produzione di ACTH porta ad un aumento della produzione di corticosteroidi, all’aumento della produzione di mineral-corticoidi e alla conseguente ipocaliemia con alcalosi metabolica.

La risposta D non è corretta.

Si verifica alcalosi piuttosto che acidosi, quindi aumento e non diminuzione di bicarbonato.


5 di 5 Domande

Miriam, 10 mesi, viene portata dal Dott. Celi, pediatra di libera scelta, per febbre insorta da un paio di giorni. Negli ultimi giorni ha avuto rinorrea e congestione nasale. Insieme alla febbre la bimba ha iniziato ad avvertire dolore ad entrambe le orecchie, che tende a peggiorare quando si sdraia. La bambina non ha mai avuto problemi medici e non assume farmaci. La sua dieta è quella tipica dei lattanti. Entrambi i genitori sono fumatori. La sua temperatura corporea è di 39ºC. Il Dott. Celi la visita e dall’otoscopia riscontra bilateralmente delle membrane timpaniche eritematose e edematose con ridotta mobilità alla compressione dell’aria, la rinorrea è presente ed evidente nelle narici, l’udito è intatto e il resto dell’esame obiettivo è normale. Quale dei seguenti provvedimenti è il passo successivo più appropriato da intraprendere per la gestione di questo caso?














La risposta corretta è la A.

La presentazione clinica di questo paziente è compatibile con l’otite media acuta. L’otite media è un’infezione batterica o virale dell’orecchio medio, che in genere accompagna un’infezione delle alte vie respiratorie. È una condizione estremamente comune nei bambini dai 6 ai 36 mesi di età, dato che le tube di Eustachio sono corte e possono facilmente intasarsi di secrezioni purulente. I fattori di rischio includono l’assunzione di latte in polvere (piuttosto che latte materno), l’esposizione al fumo di sigaretta, rinite allergica o infezione virale delle vie aeree superiori e anomalie cranio-facciali. Gli agenti patogeni principalmente responsabili sono: lo pneumococco, la Moraxella catarrhalis e l’Haemophilus influenzae. Soprattutto nei bambini è presente otalgia, ma anche eritema e/o mobilità limitata della membrana timpanica, spesso accompagnata da sintomi sistemici, quali febbre, nausea, vomito e diarrea. La diagnosi si basa sull’otoscopia. Il trattamento prevede la somministrazione di analgesici ed alle volte di antibiotici. Il trattamento di prima linea è un ciclo di 10 giorni di amoxicillina ad alto dosaggio e, se vi è una ricaduta entro un mese dal trattamento iniziale, è necessario somministrare amoxicillina con acido clavulanico in previsione di un’infezione determinata da ceppi resistenti alla beta-lattamasi. Le potenziali complicanze dell’otite media ricorrente comprendono otite media suppurativa cronica, mastoidite, labirintite, colesteatoma, timpanosclerosi, perforazione del timpano e ipoacusia trasmissiva.

La risposta B non è corretta.

La terapia con gocce otiche è appropriata in caso di otorrea da timpanostomia, otite media suppurativa cronica o otite esterna, ma non per otite media acuta.

La risposta C non è corretta.

Una terapia analgesica (ad es. ibuprofene, acetaminofene) è utile per alleviare l’otalgia, ma un ritardo nella somministrazione di antibiotici nei lattanti e nei bambini potrebbe aumentare il rischio di sviluppare complicanze. L’osservazione è un’opzione ragionevole, se il bambino ha un’età > 2 anni, un sistema immunitario normale e i sintomi sono lievi e unilaterali.

La risposte D non è corretta.

La miringotomia consiste in una puntura della membrana del timpano, praticata per evacuare il pus dall’orecchio medio in caso di otite purulenta, mentre la timpanocentesi consiste nella creazione di un orifizio nel timpano a scopo terapeutico per il trattamento delle otiti medie acute, purulente o sierose, al fine di drenare il pus, evacuandolo e/o raccogliendolo (nell’otite purulenta) o di apporre un drenaggio transtimpanico (nell’otite sierosa). La timpanocentesi dovrebbe essere considerata nei bambini che presentano ripetuti episodi di otite media acuta (ad esempio più di 3 episodi entro 6 mesi o più di 4 episodi entro 12 mesi), nonostante un trattamento antibiotico appropriato.

La risposta E non è corretta.

Sebbene le infezioni virali delle vie respiratorie superiori spesso precedano o si manifestino con l’otite media acuta, l’identificazione del virus responsabile non cambierebbe la gestione del caso clinico, che consiste comunque in un trattamento antibiotico empirico.


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