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1 di 5 Domande

Paola, una ragazza di 19 anni, viene ricoverata presso il reparto di medicina interna dell’ospedale Riuniti di Foggia per presunto sovradosaggio di paracetamolo avvenuto tre giorni prima. All’ammissione in reparto, inoltre, è profondamente ubriaca. Al momento del ricovero i suoi livelli di paracetamolo nel sangue non sono rilevabili. Rifiuta i liquidi per via endovenosa durante la notte, ma accetta di rimanere in ospedale. Gli esami ematici della mattina successiva mostrano:
Creatinina 180 μmol/L (v.n. 60 – 110)
Bicarbonato 26 mmol/L (v.n. 20 – 28)
ALT 53 U/L (v.n. 5 – 35)
Fosfatasi alcalina 210 U/L (v.n. 45 – 105)
INR 1.1 (v.n. <1.4)
Qual è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la D.

La paziente molto probabilmente presenta nefrotossicità da paracetamolo.

Quest’ultima può svilupparsi più tardivamente rispetto alla tossicità epatica e solitamente la funzione renale ritorna normale dopo alcune settimane. L’emodialisi può essere necessaria per supportare il paziente durante l’episodio acuto.

La disfunzione renale da sovradosaggio di paracetamolo sembra verificarsi secondo un meccanismo dose-dipendente; è stata riscontrata solo in una minoranza di pazienti, ma circa la metà di questi aveva anche sviluppato un’insufficienza epatica fulminante.

Si ritiene che il meccanismo di danno renale sia simile a quello che causa epatotossicità, ma ci sono poche prove secondo cui l’N-acetilcisteina sia un antidoto ugualmente efficace anche in caso di danno renale.


2 di 5 Domande

Edoardo si presenta presso il pronto soccorso dell’ospedale san Filippo Neri di Roma per dolore epigastrico; dopo diversi accertamenti i medici ritengo si tratti di dolore alla colecisti di tipo funzionale (in assenza di patologia organica).
Quale delle seguenti serie di sintomi soddisfa i criteri diagnostici di Roma III?














La risposta corretta è la E.

Il dolore deve comparire in maniera improvvisa e casuale e deve perdurare almeno 30 minuti per soddisfare i criteri di Roma III. Non dovrebbe variare in seguito a cambiamento della postura o alla defecazione.

I criteri di Roma III per il dolore della colecisti di tipo funzionale sono:

  • episodi della durata di 30 minuti o più
  • sintomi ricorrenti che si verificano a intervalli diversi (non tutti i giorni)
  • il dolore aumenta fino a divenire costante
  • il dolore è d’intensità da moderata a severa, tale da dover interrompere le attività quotidiane o da recarsi in pronto soccorso
  • il dolore non è alleviato dai movimenti intestinali
  • il dolore non è alleviato dal cambiamento posturale
  • il dolore non è alleviato dagli antiacidi, e
  • esclusione di altre malattie organiche che determinano un quadro clinico simile.

Il dolore può presentarsi con uno o più dei seguenti criteri di supporto:

  • associato a nausea e vomito
  • si irradia nella regione sottoscapolare posteriore e/o destra, e
  • causa il risveglio del paziente durante il sonno nel cuore della notte.

3 di 5 Domande

Gaetano, di 60 anni, in visita presso l’ambulatorio del suo medico di famiglia, dott. Losurdo, è risultato iperteso (PA=180/100 mmHg), con associato un peggioramento della funzionalità renale. In anamnesi: fumatore (20 sigarette/die) e precedente attacco ischemico transitorio.
Il medico gli prescrive quindi un'ecografia e un’angiografia che rivelano stenosi dell'arteria renale sinistra. Quale percentuale di pazienti con questa malattia ti aspetteresti essere in vita a cinque anni?














La risposta corretta è la B.

La stenosi dell’arteria renale è una potenziale causa di ipertensione.

Tipicamente i pazienti sono vasculopatici e la prognosi infausta (80% di mortalità a cinque anni) è correlata anche alla coronaropatia concomitante.

È causata quasi esclusivamente dall’aterosclerosi, ma altre cause includono displasia fibromuscolare, vasculiti e compressione esterna.

Tipicamente all’ecografia addominale è visibile asimmetria tra i due reni: in particolare, il rene coinvolto risulta almeno 2 cm più piccolo del rene controlaterale sano.

Gli ACE-inibitori sono controindicati nella stenosi dell’arteria renale poiché inibiscono la contrazione delle arteriole efferenti che promuovono la filtrazione glomerulare nella malattia.


4 di 5 Domande

Sabrina, una ragazza di 19 anni, si presenta presso il pronto soccorso dell’ospedale di Como con ittero e febbre. L'imaging rivela una cisti coledocica precedentemente non diagnosticata, descritta dal radiologo di guardia come una dilatazione fusiforme del dotto epatico comune. Di quale tipo di cisti coledocica si tratta secondo la classificazione di Todani?














La risposta corretta è la A.

Le cisti del coledoco vengono di solito diagnosticate nel periodo neonatale, ma alcune sono diagnosticate in ritardo in età adulta. La classificazione di Todani distingue:

  • Tipo 1: dilatazione fusiforme del dotto epatico comune (CHD)
  • Tipo 2 – un diverticolo del CHD
  • Tipo 3 – un coledocele
  • Tipo 4: descrive l’estensione nei dotti intraepatici
  • Tipo 5 – solo malattia cistica intraepatica.

Il tipo 1 è il più comune e il tipo 4 il secondo più comune.

La resezione e la ricostruzione sono consigliate per prevenire la colangite ricorrente, pancreatite e alterazioni maligne.


5 di 5 Domande

Domenico, di 55 anni, esegue la visita di follow up dopo diagnosi di carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC) a stadio limitato presso l’ambulatorio di oncologia dell’ospedale di Monza. È stato trattato con quattro cicli di chemioterapia e radiazioni concomitanti nel sito del tumore, con significativa risposta del tumore confermata dalla TC che mostra cicatrici solo nell'area del tumore primitivo nel lobo superiore destro e nessuna evidenza di recidiva. Inoltre, il paziente appare in buone condizioni generali. L'esame obiettivo del torace è nella norma, eccetto che per murmure vescicolare ridotto e crepitii nella parte superiore del torace destro. I risultati dell'esame neurologico sono normali. Quale dei seguenti è il prossimo passo più appropriato nella gestione del paziente?














La risposta corretta è la C.

Il carcinoma polmonare a piccole cellule è il tumore polmonare a prognosi peggiore: si distingue dal carcinoma non a piccole cellule per il suo rapido tempo di raddoppiamento, l’alta percentuale di crescita e lo sviluppo precoce di metastasi diffuse, presenti in ben il 70% dei casi alla diagnosi; inoltre, sebbene il tumore sia inizialmente molto sensibile alla chemioterapia e alla radioterapia, la maggior parte dei pazienti ripresenterà una malattia resistente entro pochi mesi dalla terapia iniziale.

In virtù delle caratteristiche biologiche del SCLC, la chirurgia riveste un ruolo limitato nel trattamento, mentre chemio e radioterapia sono fondamentali. La sopravvivenza mediana è di circa 15 mesi per la malattia limitata e di 9 mesi per la malattia estesa; intorno al 25% dei pazienti per la malattia limitata e al 5% per la malattia estesa sopravvive a 2 anni dalla diagnosi.

Il cervello è un sito frequente di prima recidiva dopo una risposta terapeutica completa.

L’irradiazione cranica profilattica deve pertanto essere presa in considerazione per i pazienti con SCLC che hanno una risposta alla chemioterapia iniziale.

L’irradiazione cranica profilattica in pazienti con SCLC in stadio limitato ha dimostrato una diminuzione del rischio di recidiva intracranica dal 40% al 20% e una sopravvivenza a lungo termine migliorata di circa il 5%.


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