Con il termine di “cuore univentricolare” si definisce un insieme di cardiopatie caratterizzate dalla presenza di un ventricolo dominante sia anatomicamente che funzionalmente; più nello specifico, in tale condizione è presente un ventricolo ben sviluppato ed un altro ventricolo ipoplasico, incompleto o rudimentale.
In altri casi, pur essendo presenti due ventricoli, non è possibile procedere ad una separazione intracardiaca delle circolazioni e pertanto, in tale condizione, il termine più appropriato appare quello di “cuore funzionalmente univentricolare”.
I principali tipi di variazioni univentricolari, con le loro caratteristiche tipiche, seguono alle seguenti patologie:
sindrome del cuore sinistro ipoplastico (HLHS): condizione nella quale il ventricolo sinistro, la valvola mitrale, la valvola aortica e l’aorta appaiono sottosviluppati;
atresia della tricuspide: condizione caratterizzata da una valvola tricuspide sottosviluppata con conseguente sottosviluppo del ventricolo destro;
anomalia di Ebstein: in questo caso lo sviluppo anomalo dei lembi della valvola tricuspide causa “atrializzazione” del ventricolo destro; in tale situazione, spesso si associano altre anomalie strutturali cardiache, quali patologie della valvola polmonare, difetti del setto e lesioni della conduzione elettrica;
ventricolo destro a doppia uscita: condizione nella quale l’aorta e l’arteria polmonare fuoriescono dal ventricolo destro, provocando un sottosviluppo del ventricolo sinistro;
ventricolo sinistro a doppia entrata: condizione nella quale entrambi gli atri si collegano al ventricolo sinistro, risultando in un ventricolo destro sottosviluppato;
difetto del canale atrioventricolare: condizione caratterizzata da un difetto del setto atriale o ventricolare, il quale provoca la formazione di un unico ventricolo funzionale.
In tutti i casi, la storia naturale della malattia appare caratterizzata, nelle maggior parte dei pazienti,De da un evento fatale che si verifica nel periodo neonatale o nella prima infanzia.
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Immagine 01. Ventricolo Unico.
Epidemiologia
L’incidenza complessiva di cardiopatie congenite oscilla tra i 6 e i 13 casi su 1.000 nati vivi; nello specifico, la sindrome del cuore sinistro ipoplastico, forma più comune di cardiopatia univentricolare, si osserva in circa 2-3 casi su 10.000, con un’incidenza maggiore nei maschi.
Diversamente, l’atresia della tricuspide si presenta in circa 1 caso su 10.000 nati vivi mentre l’anomalia di Ebstein in 0,5 casi su 10.000 nati vivi, nonostante con l’uso materno del litio, siano stati registrati aumenti di tale condizione fino anche a sette volte i valori precedenti.
Invece, l’incidenza del ventricolo destro a doppia uscita è di 0,009 casi su 10.000 nati vivi e quella del ventricolo sinistro a doppia entrata di 0,01 su 10.000 nati vivi.
Infine, il difetto del canale atrioventricolare si presenta in 0,03-0,04 per 10.000 nati vivi.
Eziologia e Patogenesi
L’origine della patologia varia a seconda dei differenti tipi e risulta influenzata da molteplici fattori, anche se il processo di sviluppo delle singole condizioni non è ancora del tutto compreso.
Generalmente, la causa è da ricercarsi in anomalie dell’embriogenesi che si verificano tra il 30esimo e il 56esimo giorno di gestazione; in questa fase, spesso si associano anche altre anomalie strutturali cardiache, tra cui disturbi di lateralizzazione, come il situs inversus totalis e l’eterotassia (nei pazienti con discinesia ciliare primaria (PCD), il 12% dei pazienti aveva evidenza di eterotassia).
Tra le anomalie genetiche coinvolte nello sviluppo di tali condizioni, sono state identificate l’inattivazione dei geni Tbx5 e GATA4, la quale ha un’influenza diretta nella formazione del setto ventricolare.
Di contro, le malformazioni non associate ad alterazioni genetiche note sembrerebbero indotte da difetti nella formazione dei cuscinetti endocardici conseguenti ad alterazioni del flusso sanguigno dinamico coinvolto nel loro sviluppo; in questi casi, spesso si associano anomalie strutturali extracardiache, come accade nella sindrome di DiGeorge.
In relazione ai fattori ambientali, i quali possono influenzare la formazione strutturale cardiaca, i principali fattori di rischio includono:
età avanzata dei genitori;
fenilchetonuria;
diabete pregestazionale;
malattie febbrili (influenza);
rosolia materna,
uso di farmaci quali anticonvulsivanti, ibuprofene, sulfasalazina, talidomide, trimetoprim-sulfonamide, retinoidi, marijuana, solventi organici e litio ( il quale è associato ad un aumento del rischio di malformazioni cardiache, soprattutto se usato a dosi elevate e durante il primo trimestre).
Fiosiopatologia
Nel cuore univentricolare entrambe le circolazioni, quella sistemica e quella polmonare, risultano sostenute da un’unica cavità ventricolare; tale condizione comporta il mescolamento di sangue ossigenato e non ossigenato (la cui quantità determinerà il grado di cianosi del piccolo paziente) ed un sovraccarico cronico volumetrico e pressorio del singolo ventricolo.
Differenti caratteristiche anatomiche dalla cardiopatia possono portare differenti quadri fisiopatologici e, dunque, differenti presentazioni cliniche; tra i quadri più comuni troviamo:
iperaflusso polmonare: QP/QS > 1, paziente con scompenso cardiaco congestizio;
atresia della valvola atrio-ventricolare di sinistra e comunicazione interatriale di piccolo calibro: severa congestione venosa polmonare da elevata pressione atriale sinistra, distress respiratorio ed edema polmonare;
atresia della tricuspide con difetto interatriale di tipo restrittivo: ostruzione al ritorno venoso sistemico;
insufficienza di una delle valvole atrio-ventricolari o della valvola unica: paziente con severo scompenso cardiaco congestizio;
dotto dipendenza sistemica: in presenza di un’ ostruzione critica all’efflusso sistemico, la portata sistemica diventa dipendente dallo shunt destro-sinistro attraverso il dotto di Botallo;
dotto dipendenza polmonare: in presenza di un’ ostruzione critica all’efflusso polmonare, la portata polmonare diventa dipendente dallo shunt sinistro-destro attraverso il dotto di Botallo.
Nei quadri caratterizzati da iperafflusso polmonare si innesca un meccanismo di compenso vascolare volto ad aumentare le resistenze vascolari polmonari per riequilibrare la portata polmonare e sistemica; il compensatorio aumento delle resistenze vascolari polmonari viene, tuttavia, ottenuto al prezzo di una ipertrofia della tonaca media dei vasi polmonari (seguita poi da iperplasia e da fibrosi) che condurrà ad una ipertensione polmonare che da reversibile diventa irreversibile.
Di contro, nei pazienti con ventricolo unico e circolazione polmonare e sistemica bilanciate, la persistenza di due circoli in parallelo a carico del ventricolo singolo presenta effetti a lungo termine negativi, quali:
sovraccarico volumetrico cronico cardiaco che esita in scompenso cardiaco progressivo,
rischi connessi alla cianosi cronica, quali la sindrome da iperviscosità, la formazione di ascessi cerebrali e lo stroke embolico.
Proprio per queste motivazioni gli interventi cardiochirurgici di palliazione hanno lo scopo di “riportare” in serie le due circolazioni, con il fine di diminuire il carico volumetrico del ventricolo unico e di aumentare la saturazione del sangue riducendo il livello di cianosi.
Poiché con un singolo ventricolo, il sangue ossigenato misto circola in tutto il corpo, a seconda dell’anomalia strutturale, può essere necessario un dotto arterioso pervio (PDA), un difetto del setto atriale (ASD), un difetto del setto ventricolare (VSD) o una comunicazione nelle grandi arterie per mantenere la circolazione polmonare e sistemica.
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Immagine 02. Mixing di sangue arterioso e venoso in cuore univentricolare conseguente ad atresia della valvola tricuspide.
Decorso clinico
Il quadro clinico del paziente con cuore univentricolare è strettamente dipendente dal bilanciamento dei flussi sistemico e polmonare, a sua volta dipendente dalle caratteristiche anatomiche delle vie di efflusso e dalle resistenze vascolari sistemiche e polmonari.
Subito dopo la nascita si assiste al calo delle resistenze vascolari polmonari e, se è presente una moderata ostruzione della via di efflusso polmonare, vi può essere il bilanciamento dei flussi sistemico e polmonare che consentono al paziente di sopravvivere senza necessità d’intervento chirurgico in epoca neonatale.
Di contro, se la suddetta ostruzione non è presente e il flusso è sbilanciato a favore del circolo polmonare si determina una condizione di iperafflusso polmonare (congestione) mentre se il flusso è sbilanciato a favore del circolo sistemico si avrà un quadro di ipoafflusso (cianosi) polmonare; in questi casi la sopravvivenza del paziente dipende da un intervento volto a bilanciare i due flussi: il bendaggio dell’arteria polmonare in caso di iperafflusso polmonare e la creazione di uno shunt sistemico-polmonare in caso di ipoafflusso polmonare (o nel contesto di procedure più complesse volte a ricostruire l’efflusso sistemico quali l’intervento di Norwood, l’intervento di Damus-Kaye-Stranseel, la coartectomia ecc.).
Nonostante le presentazioni postnatali variano a seconda delle variazioni strutturali sottostanti, quando la circolazione e l’ossigenazione non sono soddisfacenti, possono presentarsi:
soffio cardiaco;
cachipnea;
distress respiratorio;
cianosi;
ipotensione.
Altre alterazioni, come l’epatomegalia o le caratteristiche dismorfiche, possono essere spie di altre anomalie associate.
Di contro, alla nascita possono non essere presenti sintomi se la circolazione è adeguata al momento dell’esame.
La chiusura del dotto arterioso pervio (PDA) o le variazioni del flusso agli organi terminali possono far precipitare questi sintomi dopo la dimissione
Diagnosi
La diagnosi prenatale di cuore univentricolare è fatta attraverso l’ecografia di routine; la visualizzazione di anormalità strutturali o alterazioni dei normali pattern di flusso possono aiutare l’identificazione di un singolo ventricolo già in utero. Nello specifico, il ventricolo unico può essere identificato già dalla 18a settimana di gestazione così come altre anomalie strutturali identificabili in questo periodo sono il posizionamento errato delle grandi arterie e l’inversione del flusso sanguigno attraverso porzioni del sistema cardiaco fetale. Inoltre, l’ecografia può rivelare manifestazioni strutturali extracardiache, aiutando nella diagnosi.
Di contro, la diagnosi postnatale può essere posta attraverso differenti metodiche; l’ecocardiografia resta il modo migliore ma altre metodiche includono l’elettrocardiografia, la radiografia del torace e la pulsossimetria.
L’esame ecocardiografico rappresenta la metodica gold-standard in quanto permette di determinare le caratteristiche anatomiche della cardiopatia e viene effettuata solitamente alla nascita quando sorge il sospetto diagnostico a causa della presenza di cianosi non rispondente alla ossigenoterapia. All’esame obiettivo possono essere presenti segni e sintomi supportivi della diagnosi; il neonato può presentarsi cianotico ma, per il periodo di tempo in cui il Dotto di Botallo si mantiene pervio, la presenza di una ostruzione a livello sistemico o polmonare può rimanere del tutto silente.
In caso di segni di bassa portata sistemica si deve sospettare un’ostruzione alla via di efflusso sistemica e la presenza di un dotto restrittivo od in chiusura, oppure un furto nel circolo polmonare per la presenza di un dotto di ampie dimensioni in associazione ad un calo delle resistenze polmonari.
Di contro, in caso di segni di bassa portata polmonare si deve sospettare una stenosi severa all’efflusso polmonare accompagnata da un dotto restrittivo od in chiusura.
Alla radiografia del torace il quadro radiografico varia a seconda della presenza di un ridotto flusso di sangue al polmone (campo polmonare oligoemico), o di un suo aumento (campo polmonare iperemico). Diversamente, il paziente con un’ostruzione del ritorno venoso polmonare generalmente presenta un quadro di congestione vascolare polmonare (edema polmonare).
Infine, la tomografia computerizzata (TC), il cateterismo cardiaco, la risonanza magnetica (RMN) sono utilizzati solo nei casi indefiniti.
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Immagine 03. ecocardiografia di feto alla 20esima settimana di gestazione che mostra doppio ingresso in ventricolo unico.
Trattamento
Le opzioni di trattamento delle varianti univentricolari dipendono dal momento della scoperta, dalla prognosi e dagli obiettivi della cura. La valutazione deve essere eseguita caso per caso, in quanto, in alcuni casi, il trattamento può rivelarsi inutile.
Il trattamento medico è mirato alla patologia sottostante:
l’ossigenoterapia può alleviare l’ipossiemia;
i disturbi acido-base o metabolici possono essere corretti agendo su fattori correggibili;
l’ossido nitrico, somministrato per via inalatoria, è utile per ridurre la resistenza nel sistema vascolare polmonare, consentendo a più sangue di essere ossigenato dai polmoni.
i farmaci inotropi possono migliorare la forza di contrazione cardiaca anche se le catecolamine dovrebbero essere evitate a causa del loro rischio aritmogeno.
In caso di necessità di mantenere il dotto arterioso pervio (PDA) per mantenere il flusso collaterale, si può somministrare la prostaglandina E1, la quale prolunga l’apertura del dotto arterioso fornendo un ponte per interventi permanenti. Di contro, in tale caso, farmaci antinfiammatori non steroidei dovrebbero essere evitati.
La possibilità di intervento con catetere dipende dall’eziologia sottostante, dal momento della scoperta e dalla prognosi. Quando scoperti in utero, gli interventi strutturali basati su catetere e la valvuloplastica possono migliorare la prognosi, correggendo le anomalie durante il processo di sviluppo; molti interventi in utero possono essere eseguiti anche dopo il parto, sebbene l’ulteriore sviluppo sia meno influenzato (l’anomalia di Ebstein, le malformazioni artero-venose polmonari associate possono essere occluse utilizzando un approccio transcatetere).
Invece, l’intervento chirurgico può correggere una qualsiasi delle suddette variazioni anatomiche, sebbene la tecnica utilizzata vari a seconda delle condizioni
Gli interventi cardiochirurgici effettuati nei pazienti affetti da cardiopatia congenita possono portare ad una correzione completa (sia sotto il profilo anatomico che fisiologico) oppure ad una palliazione “fisiologica” (per esempio lo switch atriale di Senning o Mustard nella trasposizione dei grossi vasi) o ad una palliazione vera e propria dove ne’ l’anatomia ne’ la fisiologia sono rispettate (come nel caso dei pazienti con cuore univentricolare). Il cuore univentricolare prevede un iter chirurgico stadiato che ha come fine il confezionamento di un sistema emodinamico “in serie”, con un solo ventricolo in grado di mantenere una soddisfacente condizione emodinamica. Lo scopo della stadiazione chirurgica è quello di separare gradualmente le due circolazioni, quella polmonare e quella sistemica, per rendere più graduale e meno traumatica la riduzione del sovraccarico volumetrico del ventricolo unico permettendo un lento rimodellamento geometrico del ventricolo.
L’intervento di Fontan, intervento molto utilizzato, consiste nell’inviare sangue venoso ai polmoni, riducendo la pressione intratoracica. I buoni valori pressori, insieme alle baste resistenze polmonari, favoriscono la circolazione anterograda. Sebbene abbia avuto successo, la procedura Fontan non dovrebbe essere l’unica opzione considerata.
Nei pazienti con malattia grave, la chirurgia palliativa può essere l’opzione migliore ed è generalmente preferita rispetto alla scelta di misure di comfort rigorose. I dati non sono chiari se la procedura Fontan è superiore alle opzioni palliative. I pazienti dovrebbero essere indirizzati a centri di assistenza terziaria per una valutazione e un trattamento specializzati.
Può essere preso in considerazione il trapianto cardiaco, sebbene associato a esiti subottimali a causa delle commorbidità; inoltre, il trapianto cardiaco può essere effettuato nonostante precedenti procedure alternative.
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Immagine 04.Intervento di Fontan, ottenuto connettendo la vena cava superiore ed inferiore all’arteria polmonare di destra deviando così il sangue venoso alle arterie polmonari senza passare per il ventricolo destro.
Prognosi
La sindrome del cuore sinistro ipoplastico è quasi sempre fatale se non trattata ma presenta dal 60% al 70% di sopravvivenza se sottoposta a trattamento anche parziale; i pazienti sopravvissuti oltre un anno di età dopo la correzione chirurgica hanno una probabilità del 90% di vivere fino a 18 anni di età. Tuttavia, sebbene la sopravvivenza sia buona, indipendentemente dall’intervento eseguito vi è un aumento del rischio di uno sviluppo neurologico subottimale. Per tale motivo, l’American Heart Association raccomanda la valutazione dello sviluppo dei pazienti, che può essere associata ad una cattiva alimentazione.
Diversamente, i pazienti con atresia tricuspide sono presentano risultati migliori in seguito all’intervento, con sopravvivenza del 90% ad un anno di età e dell’80% a dieci anni.
All’opposto, l’anomalia di Ebstein presenta un’elevata mortalità perinatale; fino al 32% dei nati vivi muore prima della dimissione. I tassi di sopravvivenza a un anno e a dieci anni sono rispettivamente del 67% e del 59% mentre sono limitati i dati prognostici a dieci anni disponibili.
Infine, la prognosi per altre cause di ventricoli singoli varia a seconda dell’eziologia; in ogni caso, più della metà dei soggetti sopravvive a due anni con una durata media di vita che va dai 30 ai 40 anni.