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Malattia da reflusso gastroesofageo

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Definizione


  • La Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è una condizione clinica che si presenta quando il reflusso del contenuto dallo stomaco nell’esofago provoca sintomi e/o complicazioni fastidiose.

Epidemiologia


  • Circa il 15% della prevalenza globale della Malattia da reflusso gastroesofageo è associato all’etĂ  adolescenziale o adulta; in etĂ  pediatrica risultano, invece, affetti da malattia circa il 2,2%-12,6% dei neonati di etĂ  inferiore ai 2 anni, lo 0,6%-4,1% dei bambini dai 2 agli 11 anni e lo 0,8%-7,6% negli adolescenti tra i 12 e i 17 anni.
  • Fattori di rischio per tale patologia sono rappresentati dalla presenza di almeno 1-2 condizioni tra:
    • Storia familiare di malattia da reflusso gastroesofageo;
    • ObesitĂ ;
    • Gravidanza;
    • Uso di alcolici;
    • Alterazioni della motilitĂ  esofagea (neuropatie, sclerodermia o vagotomia chirurgica)
    • Xerostomia;
    • Ernia iatale;
    • Sindrome di Zollinger-Ellison;
    • Farmaci (aspirina, FANS, calcio-antagonisti e agenti anticolinergici).

Eziologia e patogenesi


  • Da un punto di vista patogenetico, la Malattia da reflusso gastroesofageo può essere considerata una condizione multifattoriale; fattori patogenetici di maggiore rilievo sono rappresentati dagli alterati rilasciamenti a riposo dello sfintere esofageo inferiore, da un ritardato svuotamento gastrico, e da una peristalsi disfunzionale associata, talvolta ad alterazioni della clearance esofagea.
  • In relazione all’alterato rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore, è importante ricordare che un rilasciamento, e quindi un’apertura transitoria dello sfintere esofageo inferiore, si verifica in maniera del tutto normale anche in individui sani; nei soggetti sani, infatti, l’apertura dello sfintere esofageo inferiore agisce come meccanismo di protezione contro la sovradistensione gastrica (da cibo o da gas) ed avviene attraverso l’azione dal nervo vago in ogni caso di eccessiva distensione.
  • Un altro fattore patogenetico importante nello sviluppo della Malattia da reflusso gastroesofageo è la cosiddetta “tasca acida”, ovvero un’area gastrica di aciditĂ  non tamponata dai pasti, presente fisiologicamente a livello della giunzione esofagogastrica. Tale componente può diventare importante nella genesi di un reflusso soprattutto nel momento in cui si associa ad un’ernia iatale da scivolamento; in quest’ultimo caso, infatti, la tasca verrĂ  a trovarsi in posizione sopradiaframmatica e favorendo la risalita di materiale acido post-prandiale a causa della mancata azione di blocco della componente diaframmatica sulla giunzione gastroesofagea: ciò può spiegare la condizione paradossa di reflusso acido post-prandiale.
  • Di contro, esistono fattori che possono influenzare la presenza e la severitĂ  dei sintomi; tra questi ricordiamo: le caratteristiche di riflusso (il grado di aciditĂ , la sua estensione prossimale, la presenza di gas o di sostanze lesive quali pepsina, tripsina e acidi biliari); il grado di contrazione longitudinale del muscolo esofageo (verosimilmente causa di riduzione della perfusione della parete esofagea con ischemia transitoria responsabile del peggioramento della sensazione di bruciore); l’integritĂ  delle mucose (si ritiene, infatti, che la malattia da reflusso, soprattutto nella sua forma non erosiva, sia potenzialmente associata ad una compromissione microscopica delle giunzioni intercellulari che permette a sostanze nocive di accedere ai recettori periferici del dolore con sensibilizzazione periferica dell’esofago ed ipersensibilitĂ ).
  • Nello studio condotto da Bredenoord e colleghi, sono stati arruolati 32 pazienti, sintomatici per malattia da reflusso esofageo, i quali sono stati sottoposti a monitoraggio con pH-impedenziometria delle 24 ore; in 20 pazienti che hanno presentato almeno o piĂš di un epiSodio di reflusso sintomatico durante il periodo di monitoraggio, sono state valutate le caratteristiche degli episodi di reflusso (sintomatico vs. asintomatico), con un totale di 1.807 episodi di reflusso valutati di cui 203 sintomatici (11%).
  • E’ stato cosĂŹ osservato che, rispetto agli episodi di reflusso asintomatici, gli episodi sintomatici risultano associati ad una maggiore caduta del pH (p < 0,001) con un nadir del pH inferiore (p < 0,05), ad una maggiore estensione prossimale (p < 0,005), ad un maggiore volume (p < 0,05) ed ad un tempo di eliminazione dell’acido piĂš lungo (p < 0,002).
  • In base a tali risultati, è, quindi, possibile affermare che la severitĂ  e la sintomaticitĂ  degli episodi di reflusso è maggiore e piĂš probabile in pazienti con forme di reflusso acide, in maniera lineare con la caduta del pH, con maggiore estensione prossimale, maggiore volume di reflusso e con ritardata eliminazione dell’acido dall’esofago.

Decorso clinico


  • La Malattia da reflusso gastroesofageo influisce negativamente sulla qualitĂ  della vita del paziente; la sua sintomatologia può essere divisa in sintomi tipici:
    • Pirosi: ovvero una sensazione di disagio o di bruciore retrosternale che si irradia verso il collo, la gola e, occasionalmente, la schiena; esso risulta piĂš frequente dopo la gravidanza.
    • Rigurgito: ovvero percezione del flusso del contenuto gastrico risalito in bocca e/o nell’ipofaringe.
  • Sintomi atipici, o meno comuni, sono invece:
    • Dolore toracico o epigastrico;
    • Water brash, ovvero la risalita di materiale acquoso e poco acido per miscelazione della saliva con gli acidi gastrici a livello della bocca;
    • SazietĂ ;
    • Eruttazioni e/o singhiozzo;
    • Dispepsia;
    • Nausea e/o vomito;
    • Disfagia o odinofagia, sintomi indicativi di una possibile esofagite associata e che pongono indicazione all’esecuzione di una gastroscopia.
  • E’ importante sottolineare che i pazienti anziani possono essere asintomatici per malattia da reflusso e sviluppare direttamente complicanze importanti quali l’esofago di Barrett mentre nei bambini la malattia può presentarsi con nausea/vomito, dolori addominali e tosse.

Diagnosi


  • La diagnosi di malattia da reflusso è, solitamente, una diagnosi clinica basata sulla presenza di pirosi e/o rigurgito acido e sulla risposta del paziente al trattamento empirico effettuato con i farmaci inibitori della pompa protonica (PPI).
  • Il questionario sulla Malattia da Reflusso ha, invece, un’utilitĂ  limitata nella diagnosi rispetto all’esecuzione di un’endoscopia o al monitoraggio del pH.
  • Nello specifico, lo studio empirico con i farmaci inibitori di pompa protonica (PPI) è raccomandato in tutti i pazienti con sintomi tipici per Malattia da reflusso gastroesofageo anche se può presentare un’efficacia limitata rispetto a test piĂš oggettivi, quali l’endoscopia diagnostica e la pH-impedenziometria; tali test non sono tipicamente richiesti in presenza di sintomi tipici ma possono essere indicati in caso di sintomi di allarme, alto rischio di complicanze, presentazioni atipiche, non risposta alla prova empirica di 4-8 settimane di terapia con inibitore della pompa protonica due volte al giorno o incertezza diagnostica.
  • Nello specifico, i sintomi di allarme includono:
    • Disfagia e/o odinofagia;
    • Ematemesi, altri segni di emorragia gastrica superiore e/o anemia (la quale può manifestarsi con stanchezza, pallore o dispnea da sforzo);
    • Perdita di peso non voluta;
    • Presenza di massa epigastrica;
    • Vomito ricorrente.
  • In tali pazienti è indicato in pima linea un esame endoscopico.
  • Altra indicazione all’endoscopia è lo screening per la ricerca dell’esofago di Barrett nei pazienti con malattia da reflusso di lunga data (> 5-10 anni) con particolari fattori di rischio quali l’etĂ  > 50 anni, il sesso maschile e l’obesitĂ .
  • In caso di endoscopia normale, senza evidenza di esofago di Barrett, non è indicato ripetere l’endoscopia se non per comparsa di nuovi sintomi.
  • Di contro, il monitoraggio del pH, ed un’eventuale manometria esofagea che può essere considerata in specifici casi, va eseguito in quei pazienti non responsivi alla terapia medica che presentano un’endoscopia normale e che sono ancora sospetti per malattia da reflusso gastroesofageo, cosĂŹ come può essere considerata in pazienti con sintomi atipici per la diagnosi di malattia da reflusso e in caso di necessitĂ  di una diagnosi obiettiva.
  • All’opposto, la Lyon Consensus suggerisce che la manometria esofagea non è raccomandata per la diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo, ma può essere utile nella valutazione preoperatoria del paziente, per caratterizzare la malattia, per escludere disturbi di motilitĂ  come acalasia primitiva o secondaria (sclerodermica) e per fornire informazioni sulla presenza di un’eventuale ernia iatale.
  • Ricordiamo che nei pazienti con dolore toracico è sempre necessario escludere cause cardiache prima di iniziare la valutazione gastrointestinale.
  • Inoltre, nonostante la malattia da reflusso gastroesofagea possa essere considerata un potenziale fattore o co-fattore per asma, tosse cronica o laringite, in caso di tali sintomi si raccomanda sempre prima un’attenta valutazione per la ricerca di altre cause.
  • Infine, va ricordato che non sono piĂš raccomandati nella valutazione diagnostica della malattia da reflusso gastroesofageo: la radiografia con bario (la quale può essere ancora utile per stratificare le complicanze della malattia, come le stenosi esofagee, o per valutare la disfagia), le biopsie di routine dell’esofago distale e lo screening per l’infezione da Helicobacter pylori.
  • Quest’ultimo può, tuttavia, essere considerato nei casi in cui il sintomo di dispepsia o la presenza di ulcerazioni peptiche siano i sintomi e i segni prevalenti.
  • In conclusione, non esistono oggi studi sufficienti per la valutazione dei test diagnostici della Malattia da reflusso gastroesofageo in etĂ  pediatrica.

Terapia


  • La terapia della malattia da reflusso può essere distinta in terapia comportamentale, medica e chirurgica.

Terapia comportamentale


  • Tra le terapie comportamentali ritroviamo la perdita di peso e la possibilitĂ  di alzare la spalliera del letto durante il riposo, evitando di coricarsi nelle 2-3 ore immediatamente successive al pasto.

Inibitori di pompa protonica


  • Tra le terapie farmacologiche rientrano, invece, gli inibitori di pompa protonica (PPI), rivelatisi piĂš efficaci degli antagonisti dei recettori H 2 e del placebo nell’ alleviare i sintomi, prescritti in genere per 8 settimane e necessari sia per il trattamento sintomatico che per la diagnosi.
  • E’ stato osservato che i diversi inibitori di pompa presentano un’efficacia simile a dosi standard per cui, in fase iniziale, è indifferente l’uso di un farmaco piuttosto che di un altro.
  • In caso di buona riposta clinica, dopo il periodo iniziale di 6-8 settimane è consigliato sospendere o quantomeno ridurre l’uso del farmaco nei pazienti che non presentano complicanze correlate mentre nei pazienti con esofago di Barrett o con sintomi ricorrenti dopo l’interruzione del trattamento, è consigliato continuare la terapia di mantenimento a lungo termine.
  • In caso di pazienti che assumono terapia per lungo termine, è, però, consigliato rivalutare periodicamente il paziente al fine di offrire la dose piĂš bassa efficace per gestire la sintomatologia, ricorrendo anche a somministrazioni intermittenti o al bisogno; è necessario, inoltre, istruire il paziente sui benefici e sui rischi della terapia a lungo termine, tra cui la possibile carenza di micronutrienti, il rischio di infezioni, di fratture ossee, di demenza e di malattie renali.
  • In pazienti con risposta inadeguata alla terapia con inibitori di pompa è possibile ottimizzare la terapia in maniera differente, in relazione alla causa del discomfort: in caso di sintomi notturni e/o disturbi del sonno è possibile modificare il momento della somministrazione del farmaco e/o aumentare il dosaggio di mantenimento a due somministrazioni al giorno, in caso di risposta parziale, è possibile considerare il passaggio ad una molecola differente o aumentare il dosaggio del farmaco in atto mentre in caso di risposta del tutto assente andrebbe considerata una rivalutazione complessiva con della diagnosi, inviando, eventualmente, il paziente al medico otorinolaringoiatra o allo pneumologo.
  • Nei casi di risposte incomplete è, inoltre, possibile il monitoraggio del pH ambulatoriale con paziente non in terapia; in questi casi, in caso di reflusso si potranno prendere in considerazione ulteriori terapie antireflusso come gli inibitori del rilassamento transitorio dello sfintere esofageo (tLESR) (ad esempio il Baclofen).
  • Ricordiamo, però, che farmaci diversi da quelli ad azione sulla soppressione degli acidi, come la terapia anticinetica e il baclofen, non dovrebbero essere utilizzati per la malattia da reflusso senza un’accurata valutazione diagnostica. (sono off label).
  • In caso di risultato negativo, è consigliato interrompere la terapia con inibitori di pompa data la scarsa probabilitĂ  di presenza della malattia da reflusso.
  • Infine, nei pazienti responsivi ma intolleranti a terapia con inibitori di pompa può essere preso in considerazione il trattamento chirurgico con plastica antireflusso (fundoplicatio laparoscopica) mentre esso è sconsigliato nei pazienti non responsivi a terapia medica.

Antagonisti del recettore istaminergico H2


  • Al contrario, il trattamento con i farmaci antagonisti del recettore istaminergico (anti H2) può essere efficaci nel controllo dei sintomi, anche se in maniera minore rispetto agli inibitori di pompa, e può essere indicato come terapia di mantenimento a lungo termine nei pazienti senza malattia erosiva; anche questi farmaci sono, tuttavia, associati ad effetti avversi quali l’aumento del rischio di carenza di ferro, polmonite comunitaria e deterioramento cognitivo.
  • Altra indicazione dei farmaci antiacidi è l’intolleranza agli inibitori di pompa.

Farmaci antiacidi


  • I farmaci antiacidi sono farmaci sintomatici che possono fornire sollievo a breve termine della pirosi ma non agiscono nel lungo termine nĂŠ nella prevenzione delle complicanze correlate alla malattia da reflusso.
  • Va, inoltre, ricordato non vi è alcun ruolo per il sucralfato nelle pazienti non gravide con malattia da reflusso gastroesofageo.

Altre terapie


  • Altri interventi utili nella malattia da reflusso sono il ricorso alla chirurgia bariatrica (preferibilmente al bypass gastrico), da valutare nei pazienti con obesitĂ  importante, o il posizionamento di uno sfintere magnetico a livello dello sfintere esofageo inferiore.

Complicanze


  • Le complicanze della malattia da reflusso, presenti soprattutto nella forma non responsiva agli inibitori di pompa protonica, comprendono: ridotta qualitĂ  di vita (alterazione del sonno, del tempo libero e diminuzione della produttivitĂ  del lavoro), complicanze esofagee ed extraesofagee.
  • Tra le complicanze esofagee rientrano: esofagite, stenosi, esofago di Barrett ed adenocarcinoma; è stato infatti valutato che la presenza di reflusso gastroesofageo presente almeno una volta alla settimana è associato ad un aumento del rischio di adenocarcinoma dell’esofago e della giunzione gastroesofagea negli adulti bianchi non ispanici, sebbene con l’aumento del rischio assoluto sia piuttosto basso, e che forme gravi di reflusso si associano ad un aumento della mortalitĂ  specifica da adenocarcinoma negli uomini ma non nelle donne.
  • Tra le complicanze extraesofagee della malattia da reflusso rientrano, invece, tosse cronica (tipicamente della durata superiore alle 8 settimane e dovuta all’azione irritativa del reflusso sulla laringe con attivazione della via afferente del riflesso della tosse), laringite irritativa (con raucedine, disfonia, mal di gola, necessitĂ  eccessiva di schiarirsi la gola), laringospasmo, asma, erosioni dentali, alitosi, faringiti (presenza di globo faringeo), sinusiti, otite media ricorrente, gocciolamento postnasale e neoplasia laringea.
  • Nonostante sia noto che la malattia da reflusso possa associarsi alla malattia asmatica in bambini ed adolescenti, ci sono prove contrastanti sul beneficio della terapia antireflusso per ridurre i sintomi dell’asma stessa.

Malattia da reflusso e neoplasie extraesofagee


  • Ci sono prove contrastanti riguardo l’associazione tra la malattia da reflusso gastroesofagea e le neoplasie della faringe e della laringe; due studi asiatici che hanno evidenziato l’effettivo legame tra malattia da reflusso gastroesofagea e l’aumento del rischio di cancro extraesofageo, mostrano, tuttavia, risultati incoerenti per la tipologia specifica di cancro.
  • Nello studio di coorte condotto da Chin-Lung Ko e colleghi, veniva, infatti, descritto un aumento del rischio di tumori orofaringei e ipofaringei tra gli uomini di Taiwan, in particolare nella popolazione di etĂ  inferiore a 60 anni e con durata dei sintomi da meno di 5 anni mentre nello studio caso-controllo condotto da So Young Kim e colleghi, è stata smentita l’associazione con tumori orofaringei o ipofaringei e sostenuta l’associazione con tumori laringei.
  • In entrambi gli studi non sono, però, stati presi in considerazione fattori potenzialmente confondenti come il fumo, l’indice di massa corporea o l’uso di alcol. Di contro, gli studi finora conclusi che prendevano in considerazione anche i fattori potenzialmente confondenti non hanno mostrato reali associazioni tra la malattia da reflusso gastroesofagea e le neoplasie extraesofagee.
  • La metanalisi pubblicata nel 2005 sul giornale di otorinolaringoiatria, Laryngoscope, da Mohammed A Quadeer e colleghi, suggeriva in maniera non univoca che la malattia da reflusso fosse un significativo fattore di rischio per cancro alla laringe, sottolineando, però, la necessitĂ  di ulteriori studi.
  • Al contrario, uno studio condotto in Svezia nel 2005, dimostrava che la malattia da reflusso non appariva associata al cancro della laringe e della faringe nella popolazione svedese; in tale studio venivano valutate 66.965 cartelle cliniche di pazienti svedesi con Malattia da reflusso gastroesofageo (etĂ  media 63 anni, di cui il 47,3% di sesso femminile) nelle quali solo 31 pazienti avevano sviluppato cancro della faringe e solo 30 pazienti cancro della laringe, con un rischio relativo (RR) di 1,6 per cancro della faringe e 1,9 per quello della faringe.
  • Infine, nello studio caso-controllo del 2011 pubblicato da O Francis e colleghi sul Laryngoscope, nei veterani americani con malattia da reflusso non appariva correlazione netta con il cancro della laringe sebbene venisse osservata una debole relazione con il cancro della glottide.