Dettagli
- Definizione
- Clinica
- Istopatologia
- Eziopatogenesi
- Criteri diagnostici e diagnosi differenziale
- Terapia
11.01 – Orticaria
Definizione
- L’orticaria è una delle dermatosi più comuni ed è caratterizzata dall’eruzione più o meno diffusa di pomfi (rilievi solidi, circoscritti, fugaci, determinati da un edema del derma superficiale) che si risolvono con completa restitutio ad integrum. Quando un infiltrato liquido circoscritto impegna il derma profondo o il sottocutaneo, si presenta il quadro tipico dell’angioedema (in passato anche edema di Quincke ed edema angioneurotico). Orticaria e angioedema in genere coesistono o si alternano in occasione di recidive, giustificando il termine ampiamente utilizzato in letteratura di sindrome orticaria-angioedema (SOA).
- La SOA è determinata da una pluralità di agenti eziologici in grado di condizionare le lesioni cutanee con meccanismi patogenetici di tipo sia immunologico sia extraimmunologico.
Clinica
- La SOA è presumibilmente la dermatosi più frequente con una prevalenza, in una popolazione non selezionata di studenti, del 15-20%. Sembra documentata una maggiore incidenza nelle femmine (F:M = 2:1) e nella prima e nella seconda decade di vita.
- Non esiste a tutt’oggi una classificazione soddisfacente clinica della SOA; quella più accettata, basata sulla durata delle manifestazioni cliniche, suddivide la SOA in acuta, se l’eruzione dura da meno di 6 settimane, e cronica, se si protrae per più di 6 settimane.
- La forma cronica è stata ulteriormente suddivisa in cronica-continua, se le tipiche manifestazioni pomfoidi compaiono ogni giorno, cronica-ricorrente se si presentano con intervalli di uno o più giorni, e cronica-intermittente, se gli intervalli sono di molte settimane o mesi.
- Sul piano più strettamente morfologico, accanto alla forma spontanea, che si caratterizza per la comparsa di pomfi di varia forma e dimensione distribuiti su gran parte della cute eventualmente associati ad angioedema (Immagine 01), si distinguono alcune varietà (complessivamente indicate come inducibili) che presentano un quadro clinico peculiare, ossia le orticarie fisiche, l’orticaria colinergica, la sindrome orale allergica, l’anafilassi indotta dallo sforzo, l’orticaria da contatto e acquagenica.
- Pertanto nelle più recenti e accreditate classificazioni della SOA, viene esclusa l’orticaria vasculite (considerata una forma di vasculite leucocitoclastica) l’orticaria pigmentosa (forma comune di mastocitosi cutanea) l’orticaria papulosa (considerata una reazione cutanea da puntura di insetti), l’orticaria da freddo familiare (inclusa nelle sindromi autoinfiammatorie familiari) e gli angioedemi (AE) non istamino-dipendenti (come l’ AE ereditario e l’ AE da ACEinibitori indotto dalla liberazione di bradichina).
- Il pomfo della SOA comune presenta una caratteristica evoluzione; infatti, nelle fasi iniziali compare un fugace eritema di colorito rosso-roseo, che è rapidamente sostituito da un rilievo solido che progressivamente tende a ingrandire. Nei minuti successivi compare un eritema riflesso di colore rosso vivo, che circonda interamente il pomfo e scompare in breve tempo. Il pomfo di solito presenta una colorazione biancastra, opalina, che con il passare del tempo si attenua e scompare. Qualche volta è possibile rilevare sulla sua superficie delle piccole depressioni, che corrispondono agli orifizi pilo-sebacei e che conferiscono alla lesione un aspetto a buccia d’arancia. Ciascun pomfo, circondato dal suo alone eritematoso, per accrescimento periferico tende a fondersi con gli altri pomfi vicini, oppure a risolversi nella parte centrale, dando luogo a lesioni figurate, bizzarre, ad arco di cerchio. La forma, il numero e la grandezza dei singoli pomfi tendono a variare notevolmente nei singoli pazienti, così come in uno stesso paziente in occasione di successive recidive. Ogni singola lesione eritemato-pomfoide si sviluppa in pochi minuti e tende a scomparire interamente senza esiti nell’arco di 30-180 minuti.
- Le lesioni cutanee descritte si accompagnano sempre a una sintomatologia soggettiva rappresentata da prurito di intensità variabile, che può essere percepito come una sensazione di bruciore, puntura o vellichio. L’intensità di questo prurito è molto variabile da individuo a individuo e tale variabilità è correlata alla sede di localizzazione dei pomfi (il prurito è più intenso al cuoio capelluto e alle superfici palmo-plantari), al momento della loro comparsa e all’innalzamento della temperatura ambientale. Il prurito nella SOA non si accompagna, in genere, a lesioni da grattamento. L’angioedema si caratterizza per:
- comparsa repentina di un edema cospicuo, ma circoscritto, che coinvolge il derma profondo e l’ipoderma;
- persistenza per un periodo superiore a 24-72 ore;
- interessamento unilaterale di alcune specifiche aree cutaneo-mucose (labbra, palpebre, mani, piedi, genitali, glottide e faringe);
- assenza di eritema periferico e aspetto pallido o del tutto simile al colore della cute circostante.
- La sintomatologia soggettiva può essere rappresentata da dolore, ma in genere il prurito è assente.
- Bisogna infine sottolineare che, in un’elevata percentuale di pazienti, la SOA si associa a manifestazioni sistemiche di modesta entità (disturbi gastro-intestinali, respiratori, cardiocircolatori e a carico del sistema nervoso centrale [SNC]). La SOA da agenti fisici rappresenterebbe, secondo alcuni autori, la maggior parte delle orticarie da causa nota (circa il 17-20%). Nella maggior parte dei casi le orticarie fisiche sono acquisite e colpiscono giovani adulti. La remissione di solito è spontanea, anche se spesso avviene dopo un lungo periodo di tempo. Non è raro che nello stesso paziente possano coesistere più forme di orticaria fisica (definita mista o composta) o che un’orticaria fisica possa associarsi a una SOA acuta/cronica idiopatica. La classificazione attuale delle orticarie fisiche distingue le diverse forme in base allo stimolo scatenante (Tabella 01). Di solito le manifestazioni cliniche compaiono poco dopo lo stimolo, sono circoscritte alla sede dell’impatto con l’agente fisico scatenante e persistono per meno di 2 ore (tranne nel caso dell’orticaria da pressione).
- Le orticarie fisiche più frequenti sono quelle da stimolazione meccanica (e tra queste l’orticaria dermografica [Immagine 02]), l’orticaria colinergica e l’orticaria da freddo. Gli stimoli meccanici in grado di indurre una SOA possono essere rappresentati dall’azione combinata della pressione e dello sfregamento, come nell’orticaria dermografica, oppure dalla semplice pressione statica (orticaria da pressione). Più raramente l’agente determina la reazione cutanea in seguito a insulti vibratori di varia intensità, prodotti da strumenti meccanici, dalla guida di motoveicoli, da massaggi ecc. In casi eccezionali lo stimolo è rappresentato dalla decompressione, come, per esempio, in seguito all’Introduzione di pazienti in una camera iperbarica per il trattamento di embolie gassose. Anche le variazioni ambientali di temperatura sono in grado di stimolare in alcuni soggetti la comparsa di una SOA. Nell’orticaria da freddo è la diminuzione della temperatura che gioca un ruolo determinante, in altri casi sono l’esposizione all’aria fredda o il contatto con acqua o oggetti freddi a provocare la reazione cutanea (associata a volte a manifestazioni sistemiche).
- L’orticaria da caldo consegue fondamentalmente a due tipi di stimoli fisici: il contatto di una limitata superficie cutanea con un oggetto caldo (definita orticaria da caldo localizzata), oppure l’aumento della temperatura cutanea in seguito a un esercizio fisico, all’ingestione di bevande calde o di cibi piccanti, di bevande alcoliche oppure dopo un bagno caldo o una sauna. In alcuni soggetti anche uno stimolo emozionale intenso può essere sufficiente a scatenare lo specifico quadro cutaneo (orticaria colinergica). Nell’ orticaria da caldo localizzata per ogni paziente esiste una temperatura-soglia elicitante che varia dai 38 ai 56 °C. Il quadro clinico dell’orticaria colinergica (Immagine 03) si caratterizza per la comparsa eruttiva su ampie superfici cutanee di piccoli elementi pomfoidi duro-elastici, rotondeggianti, del diametro di 1-4 mm, circondati da un eritema con una sfumatura violacea. Questi pomfi durano da 20 min a 3 ore, iniziano dopo pochi minuti dallo stimolo induttore (per esempio, aumento della temperatura cutanea) e si localizzano di preferenza nella parte alta del tronco e alla radice degli arti, risparmiando le superfici palmo-plantari e le ascelle. Al volto è presente un eritema violaceo accompagnato da un edema palpebrale e periorbitario. La sintomatologia soggettiva è rappresentata da un intenso prurito. L’orticaria colinergica è tipica dei giovani con storia personale o familiare di atopia. Possono coesistere disturbi generali di entità variabile, rappresentati da dispnea, cefalea, ipertensione, ipersalivazione, nausea, vomito e crampi addominali. Sono da considerare varianti cliniche dell’orticaria colinergica il prurito colinergico, l’eritema colinergico, il dermatografismo colinergico e l’orticaria colinergica indotta da aria fredda. La diagnosi differenziale può essere posta con l’orticaria adrenergica, che presenta gli stessi pomfi dell’orticaria colinergica, che però sono circondati da un caratteristico alone ischemico, sono scatenati da fattori emozionali e sono particolarmente sensibili al trattamento con i β-bloccanti.
- Anche le radiazioni elettromagnetiche con lunghezze d’ onda (λ) comprese tra 290 e 700 nm si sono dimostrate in grado di indurre una SOA definita genericamente come orticaria solare. In rapporto alla lunghezza d’onda elicitante si distinguono forme da:
- radiazioni UVB (λ comprese tra 290-320 nm);
- radiazioni UVA (λ tra 320-400 nm);
- luce visibile (λ tra 400-700 nm);
- radiazioni ad ampio spettro (λ tra 290-700 nm).
- In casi eccezionali anche altre radiazioni elettromagnetiche sono in grado di scatenare una SOA, come i raggi X e alcuni raggi laser. La sindrome orale allergica rappresenta un quadro di raro riscontro, caratterizzato da un angioedema circoscritto alle labbra, al palato e alla lingua, accompagnato da intenso prurito che compare pochi minuti dopo l’ingestione di alcuni vegetali appartenenti soprattutto alla famiglia delle rosacee (pesca, prugna, albicocca, ciliegia) o delle ombrellifere (sedano, prezzemolo, finocchio, carota). Questo angioedema, circoscritto alle sedi di contatto con tali alimenti, si può associare a manifestazioni a distanza, tardive (che compaiono cioè dopo 30-60 min) e rappresentate da SOA, rinite, quadro asmatico e sintomi gastro-intestinali; nel 10% circa dei casi si può associare a edema della glottide.
- L’anafilassi indotta da sforzo si caratterizza per un quadro cutaneo rappresentato da pomfi simili a quelli dell’orticaria colinergica, almeno nelle fasi iniziali, che successivamente si allargano e tendono a confluire. Queste manifestazioni pomfoidi si accompagnano a un eritema violaceo diffuso, spesso associato alle manifestazioni sistemiche di uno shock anafilattico subacuto (dispnea, ipotensione, dolori addominali ecc.). Tale quadro compare pochi minuti dopo un esercizio fisico prolungato e può essere scatenato dalla contemporanea ingestione di uno specifico alimento (per esempio, uova, frumento, crostacei, vegetali). Nella SOA da contatto si realizza una risposta localizzata e transitoria, eritemato-edematosa, eritemato-infiltrativa o solo eritematosa, elicitata dal contatto della cute con alcune definite sostanze chimiche o con altri prodotti di composizione complessa. Tra le sostanze più frequentemente riportate si ricordano contaminanti industriali, farmaci, cosmetici, alcuni alimenti e bevande, sostanze di derivazione animale e vegetale, il lattice e alcuni tessuti (per esempio, lana e seta).
- Anche diverse sostanze presenti in natura o comunemente utilizzate come conservanti o aromatizzanti possono elicitare un’orticaria da contatto. La frequenza e l’intensità delle reazioni sono legate alla concentrazione e alla natura del mezzo in cui tali sostanze sono incorporate. L’orticaria da contatto con il lattice dell’albero della gomma (Hevea brasiliensis) è la forma più comune ed è in progressivo aumento negli ultimi due decenni. Le professioni sanitarie e i bambini plurioperati per spina bifida rappresentano le popolazioni più a rischio. Recentemente sono state definite le frazioni allergiche responsabili della sensibilizzazione; quelle più frequentemente documentate sono la Hev-b1 e la Hev-b6 (o eveina, considerata l’allergene maggiore). I sintomi clinici sono orticaria da contatto, rinocongiuntivite e asma per inalazione di particelle allergeniche aero-disperse (amido di mais usato come polvere lubrificante nei guanti). Più raramente possono comparire reazioni sistemiche.
- Talvolta nell’orticaria da contatto la reazione cutanea si estende oltre la zona del contatto diretto, con possibili sintomi a carico di altri organi (mucosa orale, congiuntivale, apparato respiratorio e gastro-intestinale), fino a esitare in reazioni anafilattoidi.
- L’orticaria acquagenica è una rara forma di orticaria causata dal contatto della cute con acqua, indipendentemente dalle caratteristiche fisico-chimiche di questa (a volte anche in seguito al contatto con sudore, lacrime e saliva). In questa forma il ruolo dell’acqua sarebbe di liberare gli antigeni solubili presenti nello strato corneo. Le lesioni tipiche sono pomfi di piccole dimensioni su base eritematosa, in genere con disposizione perifollicolare, localizzati nelle aree di contatto con l’acqua. Le manifestazioni insorgono dopo circa 2-30 minuti dal contatto (in particolare se questo è esteso e prolungato) e durano circa 1 ora. Di solito gli episodi sono seguiti da un periodo di refrattarietà di diverse ore.
Immagine 01
Immagine 01. Orticaria comune, in cui sono visibili pomfi di diversa grandezza in varie fasi evolutive.
Immagine 02
Immagine 02. Orticaria dermografica.
Immagine 03
Immagine 03. Orticaria colinergica.
Tabella 01
Tabella 01. Classificazione delle orticarie fisiche.
Istopatologia
- Lo studio istopatologico delle manifestazioni pomfoidi tipiche della SOA permette di rilevare innanzitutto un edema del derma superficiale con dilatazione delle venule postcapillari, i cui endoteliociti si presentano aumentati di volume. Un modesto infiltrato perivascolare è presente nella maggior parte dei casi ed è costituito principalmente da linfociti (Immagine 04). Eosinofili e monociti possono essere osservati in piccola quantità, soprattutto nelle forme croniche in cui è possibile documentare che i linfociti perivascolari CD4+ presentano segni di attivazione.
- In tutte le forme di SOA, inoltre, è documentabile un aumento dei mastociti, mentre nei pomfi di durata superiore alle 24 ore di pazienti con orticaria cronica è possibile rilevare depositi di proteina cationica e di neurotossina di provenienza eosinofila.
- L’angioedema si differenzia da questo quadro soltanto perché l’edema e l’infiltrato perivascolare interessano più profondamente il derma e spesso anche l’ipoderma. Lo studio istopatologico dell’orticaria colinergica non mostra caratteristiche particolari, se si eccettua la frequente documentazione di un infiltrato di granulociti neutrofili (e più raramente eosinofili) alla periferia dei vasi, che mostrano alterazioni parietali evidenti. Nelle forme tardive l’infiltrato è costituito da linfociti.
- Tutte le varietà di SOA spontanee o inducibili sono ben differenziabili dall’orticaria-vasculite che presenta un profilo istopatologico assolutamente caratteristico, rappresentato da una specifica alterazione microvascolare che interessa prevalentemente le venule postcapillari; le cellule endoteliali appaiono rigonfie e sporgenti nel lume, è presente un deposito eosinofilo di materiale fibrinoide alla periferia dei vasi e si rileva un ricco infiltrato di granulociti neutrofili con leucocitoclasia e polvere nucleare, associato a piccoli stravasi di globuli rossi a livello perivascolare.
Immagine 04
Immagine 04. Reperto istopatologico di un pomfo, che mostra infiltrati perivascolari di linfociti con alcuni granulociti eosinofili.
Eziopatogenesi
- La SOA è determinata da numerosi agenti eziologici, che a volte possono cooperare. All’espressione clinica della SOA possono inoltre contribuire altri fattori definiti facilitanti, in quanto rendono possibile l’attività di uno specifico agente scatenante. Gli agenti eziologici più comuni della SOA sono: farmaci, alimenti (e additivi alimentari), agenti fisici, sostanze chimiche che agiscono per contatto, agenti infettivi e parassitari, aeroallergeni.
- È importante sottolineare che uno stesso agente eziologico può indurre una SOA attraverso diverse modalità patogenetiche e che in genere non esiste una correlazione tra agente scatenante e quadri clinico-morfologici definiti. Numerosi farmaci si sono dimostrati in grado di determinare una SOA. Al primo posto l’acido acetilsalicilico (ASA, AcetylSalicylic Acid), in grado anche di provocare una riacutizzazione del quadro clinico nel 20-40% dei pazienti con orticaria cronica non dovuta a questo farmaco. Inoltre, il 15-20% dei pazienti con una SOA da ASA mostra una ripresa della patologia in seguito all’assunzione di alimenti contenenti alcuni additivi (tartrazina in particolare). Anche gli antiflogistici non steroidei (FANS) possono essere responsabili, così come gli antibiotici β-lattamici (penicillina, cefalosporina) o non β-lattamici (aminoglicosidi) e i sulfamidici. Più raramente sono da considerare i mezzi di contrasto iodati, emoderivati e sostituti del plasma (destrano), enzimi proteolitici, farmaci attivi sull’SNC (morfina, codeina, promazina, anfetamine), ipotensivi (inibitori dell’ACE [Angiotensin-Converting Enzyme, enzima di conversione dell’angiotensina]), ormoni (insulina, ormone adrenocorticotropo [ACTH, Adrenocorticotropic Hormone], calcitonina).
- Non solo i farmaci, ma anche gli additivi dei farmaci possono essere responsabili di una SOA, in particolare i conservanti (benzoati, alcol benzilico, parabeni), gli antiossidanti (solfiti), i coloranti (naturali e sintetici come il giallo di tartrazina, il rosso carminio, il giallo-arancio ecc.) e gli addensanti (gomme naturali e alginati). Anche gli alimenti sono agenti eziologici in grado di determinare frequentemente una SOA con meccanismo sia immunologico sia extraimmunologico. Gli alimenti responsabili di reazioni allergiche nei bambini sono (nel 90% dei casi) rappresentati da latte, uova, arachidi e soia, mentre negli adolescenti e negli adulti, arachidi, pesce, crostacei e frutta secca sono causa dell’85 % delle reazioni. Gli allergeni responsabili delle sensibilizzazioni agli alimenti vegetali sono definiti panallergeni e comprendono:
- profiline (tra le quali si ricorda la Bet-V2, presente nel polline di betulla e in un ampio numero di allergeni vegetali);
- proteine correlate alla patogenesi, come la Bet-V1 e le chitinasi presenti sia nel lattice sia in alcuni frutti tropicali quali avocado, kiwi e banana;
- alcuni enzimi come le amilasi;
- panallergeni a elevato peso molecolare (60-90 kD [kiloDalton]);
- proteine di accumulo (come le conglutinine, la glicina e la vicilina, allergeni delle arachidi o, come le albumine S2, allergeni responsabili di sensibilizzazione alla noce comune, al ricino, alla senape ecc.);
- proteine di trasferimento dei lipidi, con peso molecolare di 9 kD, presenti ubiquitariamente nel mondo vegetale, soprattutto nella buccia di molti frutti.
- Anche le proteine responsabili delle sensibilizzazioni da parte di allergeni alimentari di origine animale (latte vaccino, uova, merluzzo, crostacei, molluschi) sono state di recente individuate e caratterizzate. Queste conoscenze ano determinanti per l’esecuzione di test diagnostici in vitro e rappresentano la premessa per comprendere la reattività crociata sia tra diversi alimenti vegetali, sia tra alimenti vegetali e pollini.
- Numerosi additivi chimici vengono aggiunti agli alimenti durante la loro produzione e nelle fasi successive sotto forma di conservanti, coloranti, aromatizzanti e addensanti. Gli additivi che più frequentemente si sono dimostrati in grado di determinare delle reazioni orticarioidi sono i coloranti azoici (tartrazina, giallo tramonto), i benzoati (acido benzoico, benzoato di sodio, acido 4-idrossibenzoico) responsabili di reazioni crociate con i FANS, i solfìti (metabisolfito di sodio), i salicilati, il butilato di idrossitoluene, la gomma arabica o caragenina, i polisorbati e il glutammato di sodio.
- Negli alimenti si ritrovano anche i cosiddetti additivi naturali, come l’acido salicilico, l’acido benzoico, la vaniglia, il mentolo e i cinnamati, che in via diretta o crociata possono causare reazioni cutanee.
- Abbiamo già precisato (Tabella 01) gli agenti fisici responsabili di una varietà particolarmente frequente di SOA. Anche alcuni agenti infettivi sono stati associati alla comparsa di forme di orticaria, sia acuta sia cronica. Tuttavia, tali correlazioni eziologiche raramente possono essere dimostrate con certezza.
- Alcune infezioni virali possono essere accompagnate da orticaria, soprattutto in pediatria: i virus più frequentemente implicati sarebbero gli enterovirus, gli adenovirus, il virus influenzale A e B, i virus della mononucleosi infettiva, dell’epatite (A, Be C) e il parvovirus B19.
- Le infezioni batteriche, soprattutto quelle croniche focali (dentarie, tonsillari, sinusali, bronchiali, gastroenteriche, genito-urinarie), in passato ritenute causa frequente di SOA, solo raramente possono essere correlate alla malattia. Elementi a favore di questa correlazione sono la documentazione clinica e/o radiologica di sinusite cronica e/ o di ascessi dentari e la risoluzione del quadro clinico in seguito alla loro eradicazione. Nei bambini anche le tonsilliti streptococciche sono state considerate signifìcative, così come le infezioni da Helicobacter pylori in pazienti adulti affetti da gastrite. In questi ultimi, l’eradicazione del batterio si è rivelata in grado di risolvere la SOA in una percentuale superiore al 30% dei casi.
- Rimane discusso, invece, il ruolo dei parassiti intestinali, specialmente nelle forme infantili (Giardia lamblia, Entamoeba coli, Endolimax nana, cestodi e nematodi).
- Il ruolo degli aeroallergeni è poco noto. Soprattutto in soggetti atopici con asma e rinocongiuntivite, pollini e altri pneumoallergeni, come quelli dei Dermatophagoides, possono essere causa di orticaria acuta o cronica, a ricorrenza stagionale e non.
- Episodi orticarioidi sono stati segnalati anche in seguito all’inalazione di sostanze a basso peso molecolare quali sali di platino, ammoniaca, anidride solforosa, disinfettanti e sterilizzanti come formaldeide, ossido di etilene, acroleina (componente dei vapori e dei fumi di cibi cotti con olio di oliva o di semi), mentolo e aldeidi alifatiche non coniugate presenti nel fumo di sigaretta. Dal tabacco è stata estratta una glicoproteina ad attività antigenica della famiglia delle solanacee, che viene considerata l’agente eziologico delle vere orticarie da fumo di sigaretta.
- L’ orticaria cronica e, più raramente, l’orticaria acuta possono precedere l’insorgenza o essere una componente del quadro di varie affezioni sistemiche quali, in ordine di frequenza: lupus eritematoso sistemico (LES), reumatismo articolare acuto, artrite reumatoide giovanile, mieloma, linfomi e altre neoplasie, sindrome di Muckle-Wells e malattie della tiroide. Tra tutte queste affezioni, l’associazione tra SOA e malattie autoimmuni (LES, polimiosite, reumatismo articolare acuto) è da considerarsi particolarmente frequente, così come l’associazione tra orticaria idiopatica e tiroidite autoimmune di Hashimoto, specialmente nei pazienti con orticaria cronica autoimmune. Anche le disproteinemie, associate o meno a gammopatie monoclonali, sono state messe in relazione con la SOA. In particolare, nella sindrome di Schnitzler è presente una forma di orticaria non pruriginosa che si associa a una paraproteina IgMk e a una sintomatologia sistemica rappresentata da febbre, artralgie, mialgie e linfoadenopatie. Infine, accanto a tutti i fattori scatenanti fin qui descritti, occorre ricordare che la SOA è condizionata da tutta una serie di fattori favorenti di natura sia ambientale sia genetica, come l’angioedema ereditario e la sindrome di Muckle-Wells, in cui a un’orticaria cronica si associano amiloidosi e sordità; a questi devono essere aggiunte le forme di orticaria fisica familiare, incluse quella da caldo localizzata e l’angioedema vibratorio.
- Tra i fattori favorenti le manifestazioni cliniche della SOA si devono inoltre ricordare le modalità con cui avvengono l’assorbimento e la trasformazione dei farmaci e degli alimenti e, quindi, le condizioni funzionali dell’apparato gastroenterico e l’efficienza dei meccanismi enzimatici di acetilazione e di coniugazione. Infine, una posizione non trascurabile è occupata dai fattori psichici. È ormai dimostrato che in seguito a stimoli emozionali si verifica un’aumentata liberazione di neuropeptidi – soprattutto di sostanza P, ma anche di CGRP (Calcitonin Gene Related Peptide, peptide correlato al gene della calcitonina) e NKA (Neurokinine A, neurochinina A) – dalle terminazioni nervose sensitive cutanee (fibre Aδ e C), con conseguente stimolazione degli endoteliociti e dei mastociti. Dal punto di vista patogenetico, la SOA può essere indotta da meccanismi sia immunologici sia non immunologici. I meccanismi immunologici sono essenzialmente rappresentati dall’attività di specifiche IgE (SOA a meccanismo reaginico o da IgE), dall’attività di complessi immuni circolanti che, depositandosi a livello dei vasi del derma superficiale o delle sottomucose, attivano la sequenza complementare (SOA da complessi immuni), e dall’attività di autoanticorpi IgG anti-FcεR1 (rivolti cioè contro il recettore ad alta affinità per le IgE).
- Nella SOA da IgE, la tipica lesione cutaneo-mucosa è il risultato della reazione immunologica che si determina sulla superficie del mastocita o del granulocita basofilo, tra molecole di IgE fissate su recettori ad alta affinità presenti sulla membrana plasmatica di queste cellule e uno specifico allergene, verso il quale tali IgE sono specificamente rivolte. La liberazione di mediatori solubili da parte dei mastociti o dei basofili è la diretta conseguenza dell’interazione di almeno una coppia di IgE contigue (adese sulla membrana di queste cellule attraverso il recettore FcεR1) con un allergene. I mediatori liberati sono l’istamina, la prostaglandina D2, i leucotrieni (LT), soprattutto l’LT C4, e i fattori di attivazione piastrinica (PAF, Platelets Activating Factors).
- Le sostanze presenti nell’ambiente esterno in grado di indurre la produzione di anticorpi specifici della classe IgE (gli allergeni) possono essere introdotte nell’organismo per via inalatoria, ingestione, iniezione o per contatto. Gli allergeni introdotti per via inalatoria sono soprattutto i pollini, i Dermatophagoides, i derivati epidermici di animali domestici, le spore e/o i microbi; gli allergeni introdotti per via digestiva sono soprattutto gli alimenti, mentre i farmaci possono essere introdotti per via sia topica sia parenterale. Tra i farmaci in grado di scatenare una reazione IgE-mediata sono compresi penicilline, ormoni (insulina), enzimi e sieri eterologhi, mentre tra gli allergeni che possono agire per contatto, oltre che per via inalatoria, bisogna menzionare il lattice.
- Infine, anche alcune orticarie fisiche riconoscono nella loro patogenesi un meccanismo IgE-mediato, come le orticarie da freddo idiopatiche, le orticarie dermografiche (dermografismo sintomatico) e le orticarie da raggi UVB. In queste varietà di orticaria, l’azione diretta dell’agente fisico sulla cute determina la neoformazione di un antigene (diverso in ogni singola varietà di orticaria), che induce una sensibilizzazione IgE-mediata.
- Nelle forme di SOA da complessi immuni la lesione cutanea è determinata dall’attivazione del complemento con conseguente liberazione di frammenti biologicamente attivi ( C2a,C3a,C5a,C5,6,7) capaci di attivare il mastocita, di richiamare i neutrofili e di esercitare un’azione vaso-dilatante e vasopermeabilizzante diretta sui microvasi dermici; ad amplificare la flogosi concorrono anche i monociti-macrofagi e le piastrine. Gli agenti eziologici più comuni in grado di indurre una SOA attraverso l’azione di complessi immuni sono agenti biotici come virus (EBV, coxackie, HBV, psittacosi), clamidie, batteri (stafilococchi, streptococchi, micobatteri) e miceti (Candida, Trichophyton). Anche alcuni farmaci come i sulfamidici si sono dimostrati in grado di indurre una SOA da complessi immuni
- Infine, una SOA può essere indotta dall’attività di autoanticorpi (IgG) rivolti contro la catena α del recettore ad alta affinità delle IgE (FcεR1). Questa orticaria, per tali caratteristici reperti, è stata definita cronica autoimmune. Tale variante rappresenterebbe il 30-50% delle orticarie croniche. Dal punto di vista clinico, essa si caratterizza per:
- maggiore gravità clinico-evolutiva;
- più frequente associazione con altre patologie autoimmuni;
- frequente presenza di una sintomatologia addominale (dolori addominali, diarrea, nausea, flushing);
- particolare resistenza al trattamento con antistaminici.
- Il test intradermico con siero autologo rivela in questa forma clinica una reazione eritemato-pomfoide che inizia pochi minuti dopo l’iniezione e dura per molte ore (in genere più di 6).
- Nella maggior parte dei pazienti, tuttavia, la SOA non riconosce un meccanismo immunologico. In sintesi, i meccanismi extraimmunologici coinvolti sono:
- attivazione diretta dei mastociti cutanei per una destabilizzazione della loro membrana, che può essere operata da enzimi proteolitici, tensio-attivi, farmaci quali clortetraciclina, codeina, morfina, atropina, anfetamina, idralazina, mezzi di contrasto radiopachi, tiramina contenuta in molti alimenti come cioccolato, vino, formaggi fermentati ecc.;
- attivazione diretta del complemento per via non immunologica (da endotossine batteriche, dalla proteina A degli stafilococchi, da polisaccaridi della parete cellulare di germi Gram-positivi, dal deidrocolato di sodio, dal destrano, dall’agar ecc.);
- modificazione del metabolismo dell’acido arachidonico, con sbilanciamento del sistema ciclossigenasi/lipossigenasi e aumentata produzione di leucotrieni (SOA da ASA e altri FANS);
- inibizione di enzimi (chininasi) in grado di degradare le chinine (SOA da farmaci antipertensivi ACE-inibitori come captopril ed enalapril).
Criteri diagnostici e diagnosi differenziale
- La diagnosi di SOA in genere è agevole e viene posta sulla base del riconoscimento degli elementi morfologici che definiscono il quadro clinico (pomfi e angioedema) e della sintomatologia soggettiva.
- Per una diagnosi eziopatogenetica appare determinante in primo luogo l’anamnesi, che in molti casi consente di sospettare l’agente eziologico scatenante (agenti fisici, farmaci, alimenti, sostanze che agiscono per contatto).
- Anche l’anamnesi familiare appare utile nelle forme sia ereditarie sia IgE-mediate.
- I test diagnostici cutanei e sierologici utili per individuare l’eventuale agente eziologico sono, nell’orticaria da contatto, i test cutanei (open test, test epicutanei, SAFT [Skin Application Food Test] e il prick by prick) e, nelle orticarie IgE-mediate, i test sierologici in vitro. Questi test utilizzano varie metodiche (radioimmunologiche, immunoenzimatiche e/o fluorimetriche) e sono capaci di valutare la presenza di IgE specificamente rivolte nei confronti di un determinato allergene. Tra questi metodi il più utilizzato è l’immuno-CAP, che impiega una metodica immunofluorimetrica e che viene considerato altamente affidabile per specificità e sensibilità.
- Per le orticarie fisiche vanno eseguiti test diagnostici specifici, fototest per l’orticaria solare, test da sforzo con cicloergometro o bagno caldo per l’orticaria colinergica, ice cube test o contatto con una coppetta di rame piena di ghiaccio per le orticarie da freddo, test con il dermatografo nell’orticaria dermografica e applicazione per 15 minuti di un peso di 2,5 kg o di 5 kg montato su di un supporto cilindrico di plexiglass ( diametro rispettivamente di 1,5 cm e 6,5 cm) su un avambraccio per l’orticaria da pressione. Nellla SOA da alimenti la diagnosi eziologica è basata sulla storia clinica, sui test allergologici in vivo (prick test e prick by prick) e in vitro (diete di eliminazione e scatenamento in doppio cieco controllato con placebo). Quest’ultimo esame, che richiede molto tempo, personale esperto ed esecuzione in strutture ospedaliere protette, è l’unico accettato a livello internazionale per la diagnosi certa di allergia alimentare.
- Nella SOA da farmaci si utilizzano le stesse metodiche che sono state precisate nella SOA da alimenti. Tuttavia, per la ricerca di IgE specifiche sono disponibili solo pochi allergeni, mentre i test cutanei (per scarificazione e prick) non hanno valore predittivo negativo, ma solo positivo. Per gli additivi di alimenti e farmaci di solito si utilizzano test orali (rischiosi e da riservare a casi selezionati, in ambienti con accesso a unità di terapia intensiva).
- Per la diagnosi di orticaria autoimmune si esegue lo skin test con siero autologo e, in caso di positività, si esegue per conferma il test in vitro del rilascio di istamina da granulociti basofili di donatori sani. Si ritiene, infatti, che il test in vivo con siero autologo non sia fornito di particolare sensibilità per la dimostrazione di autoanticorpi IgG anti-FCεR1. Secondo gli esperti, lo skin test con siero autologo dovrebbe essere considerato un indicatore di autoimmunità, con valore predittivo solo in caso di negatività.
- Le patologie in diagnosi differenziale con la SOA sono soprattutto l’orticaria papulosa (lesioni eritemato-pomfoidi con infiltrazione cellulare e vescicolazione centrale, da considerare una risposta reattiva a numerosi tipi di insetti) e l’orticaria pigmentosa che, com’è noto, è la forma più comune di mastocitosi cutanea (macule brune diffuse al tronco, pruriginose, che in seguito a strisciamento diventano eritemato-pomfoidi; questa manovra semeiologica viene definita segno di Darier).
- Più raramente una SOA può porre problemi di diagnosi differenziale con la fase iniziale di un eritema polimorfo, di una dermatosi bollosa della giunzione derma-epidermica (fasi iniziali di un pemfigoide bolloso) oppure con gli esantemi maculo-papulosi da farmaci o da virus. Nei casi in cui una SOA si presenti esclusivamente con angioedemi delle mucose e/o regioni cutanee aeroposte deve essere posta diagnosi differenziale con l’angioedema ereditario (AEE). L’AEE è dovuto a una deficienza, quantitativa e/o funzionale, dell’inibitore della prima frazione del complemento (C1-INH), che appartiene alla famiglia degli inibitori delle serino-proteasi e, in particolare, delle serpine. Pertanto il dosaggio quantitativo e funzionale di C1-INH è determinante per la diagnosi così come il dosaggio di C2 e C4 (che risultano diminuiti). Questa malattia si trasmette come carattere autosomico dominante e la sua prevalenza nella popolazione generale è stata valutata in 1 caso ogni 10.000/150.000 soggetti. In genere compare dopo la pubertà, spesso in età adulta e può risultare asintomatica nel 10% dei casi. L’angioedema ereditario è una malattia caratterizzata da edemi circoscritti del tessuto sottocutaneo e sottomucoso, della durata variabile da 96 ore a qualche giorno, non accompagnati da eritema e da prurito e localizzati prevalentemente alle estremità, alle regioni genitali e al volto (Immagine 05). L’interessamento delle mucose, soprattutto della laringea, può determinare edema della glottide, che può essere causa di morte, se non opportunamente trattato. L’edema della parete intestinale può simulare un addome acuto chirurgico. Per contro, in genere non si riscontrano edemi polmonari. Inoltre, possono essere interessati, anche se raramente, altri organi e apparati con una sintomatologia variabile in rapporto all’organo colpito.
- Un epiSodio traumatico, anche modesto, può rappresentare la condizione in grado di scatenare l’attacco. Più raramente la causa scatenante è di natura infettiva, farmacologica (farmaci antinfiammatori non steroidei [FANS]) o emotiva. Spesso, tuttavia, una causa scatenante non è precisabile e la reazione può comparire in maniera apparentemente spontanea.
- È importante sottolineare che l’angiodema ereditario non si accompagna di regola alla presenza di pomfi in altre parti del corpo. Tuttavia nel 25% dei casi l’angioedema della cute è preceduto da un eritema marginato senza la componente edematosa. L’AEE si associa con un’elevata incidenza a malattie autoimmuni e linfoproliferative. Nei casi di AEE associati a malattie autoimmuni, è documentabile un’elevata incidenza dell’aplotipo HLA (Human Leukocyte Antigens, antigeni umani leucocitari) DR3 e un ridotto livello di C1q sempre normale nell’AEE. L’angioedema ereditario deve essere posto in diagnosi differenziale con gli angioedemi da carenza acquisita dell’inibitore di C1 che derivano da un’aumentata distruzione del C1-INH e che risultano clinicamente manifesti dopo i 40-50 anni di età e dagli angioedemi farmaco-indotti da ACE-inibitori.
Immagine 05
Immagini 05. Angioedema con impegno di palpebre e volto.
Terapia
- Il trattamento della SOA ha tre obiettivi principali:
- rimuovere ed eliminare i fattori favorenti e scatenanti;
- inibire l’attivazione e il rilascio di mediatori da parte del mastocita;
- bloccare o modulare l’attività dei recettori tissutali attivati da mediatori mastocitari.
- L’identificazione della causa (o delle cause) responsabili della malattia rappresenta la premessa indispensabile per raggiungere il primo obiettivo. Tuttavia, soprattutto nelle forme croniche, questa ricerca risulta infruttuosa nel 60-70% dei casi (orticaria cronica idiopatica). Se ciò si verifica, dopo aver rassicurato il paziente sulla prognosi sostanzialmente favorevole della malattia, occorre fornire indicazioni pratiche tese a eliminare i fattori favorenti (come ASA e FANS, alcolici, additivi alimentari, istaminoliberatori alimentari,stress fisici o psichici).
- Per inibire o ridurre l’attivazione mastocitaria si hanno a disposizione poche molecole, in quanto i cromoni (disodio-cromo-glicato, nedocromile) usati per via orale sono in grado di controllare solo la sintomatologia intestinale e non le manifestazioni cutanee, mentre i corticosteroidi trovano indicazione solo in particolari condizioni (orticaria-vasculite, orticaria da pressione, orticarie acute gravi ed estese. shock anafilattico e reazioni anafilattoidi, profilassi in oggetti con anamnesi positiva per reazioni avverse a mezzi di contrasto). Tuttavia, per i ben noti effetti collaterali, i corticosteroidi non trovano indicazione nelle forme comuni di orticaria cronica.
- La PUVA-terapia (psoraleni più UVA) e soprattutto la fototerapia con UVA-1 hanno fatto registrare una certa efficacia, specialmente nelle forme croniche resistenti ad altri trattamenti, e possono essere considerate una possibile alternativa.
- L’attività del principale mediatore mastocitario, l’istamina, è mediata da specifici recettori che possono essere bloccati da un gruppo di agenti farmacologici identificati con il termine di antistaminici.
- Gli antistaminici di prima generazione (prometazina, chetotifene, ciproeptadina, idrossizina, oxotomide) stabiliscono con il recettore H1 un legame rapidamente reversibile; pertanto, sono necessarie una concentrazione elevata e somministrazioni ravvicinate del farmaco per ottenere la saturazione del legame recettoriale. Inoltre, queste molecole si legano ai recettori H1 dell’SNC e, quindi, presentano importanti effetti sedativi (astenia, sonnolenza, iporiflessia), ai quali possono associarsi effetti colinergici (secchezza delle mucose, pollachiuria, disuria e disturbi dispeptici). Gli antistaminici di seconda generazione introdotti all’inizio degli anni Ottanta (Tabella 02) si caratterizzano per una maggiore tollerabilità, per una drastica riduzione degli effetti collaterali e per una serie di attività immunomodulanti che rendono più ampio lo spettro delle loro attività farmacologiche (inibizione del fattore nucleare NF-KB, con conseguente blocco della trascrizione di geni in grado di controllare la sintesi di citochine, chemochine e molecole di adesione). Un ulteriore vantaggio di questi antistaminici è l’assenza di tachifilassi, ossia l’adattamento acquisito nei confronti di una sostanza farmacologica, con conseguente riduzione progressiva dell’entità della risposta biologica.
- Soprattutto nella SOA cronica gli antistaminici di nuova generazione dovrebbero essere impiegati come farmaci di prima linea e solo in caso di insuccesso, anche parziale, dovrebbero essere associati agli antistaminici di prima generazione. In caso di mancata risposta, si può associare un antistaminico di tipo anti-H1 con un antistaminico antiH2 (ranitidina, cimetidina), oppure utilizzare insieme a un antistaminico di seconda generazione una benzodiazepina o un antidepressivo triciclico. La doxepina, che oltre ad avere un’attività antidepressiva possiede una potente azione antagonista per i recettori H1 e H2, può essere utilizzata con successo alla dose di 20-50 mg al giorno. Infine, nei casi resistenti di orticaria cronica e nell’orticaria autoimmune, la ciclosporina A può essere considerata un’ottima alternativa ai corticosteroidi (a dosaggi di 3-5 mg/kg/ die per cicli di pochi mesi e attento monitoraggio della pressione e della creatinina urinaria).
Tabella 02
Tabella 02. Antistaminici di seconda generazione.