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Traumatologia e ortopedia del rachide

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Traumatologia e ortopedia del rachide


  • Le lesioni che il rachide subisce in seguito a eventi traumatici possono essere le più varie, in ragione delle differenti sedi interessate e dei diversi meccanismi lesivi. Le Fratture vertebrali costituiscono uno dei capitoli più complessi della Traumatologia scheletrica sia per le peculiarità strutturali del rachide sia per l’ampio spettro di quadri anatomo-clinici osservabili. 

Epidemiologia 


  • Sebbene i tratti di colonna vertebrale dotati di maggiore motilità (rachide cervicale e lombare) siano quelli più esposti alle lesioni traumatiche, dal punto di vista epidemiologico le Fratture vertebrali più frequenti si verificano a livello della zona di passaggio tra colonna toracica e lombare. Fratture, lussazioni e fratture-lussazioni del rachide hanno subìto un aumento di incidenza correlato ai traumatismi ad alta energia in corso di incidenti stradali. Parallelamente, l’aumento della vita media e delle comorbidità espone a un maggior rischio di Fratture vertebrali da Osteoporosi o patologiche in corso di neoplasia. 
  • Il meccanismo di lesione è di regola indiretto; fanno eccezione i traumi penetranti. 

Approccio al paziente con fratture vertebrali 


  • La gravità di una frattura vertebrale è per larga parte influenzata dagli stretti rapporti che il rachide contrae con il midollo spinale e le radici nervose. Tutti i pazienti con lesioni vertebrali dovrebbero essere considerati come portatori di lesioni mielo-radicolari fino a prova contraria.
    L’approccio al paziente con Fratture vertebrali implica una valutazione in termini di stabilità, presenza di deficit neurologici e caratteristiche radiologiche della lesione (Box 01).
  • Al fine di un corretto inquadramento della frattura, premessa indispensabile per l’impostazione di una terapia adeguata, è opportuno chiedersi se la frattura sia stabile o instabile. 
  • La determinazione della stabilità del segmento spinale affetto da una frattura è importante in quanto la presenza di instabilità condiziona fortemente il trattamento definitivo del paziente: le lesioni instabili necessitano di trattamento chirurgico, mentre quelle stabili spesso guariscono mediante trattamento conservativo. 
  • Sono stati descritti diversi sistemi di classificazione per valutare la stabilità segmentaria del rachide, con alcune rilevanti distinzioni tra il rachide cervicale e quello dorso-lombare. 
  • Secondo Boni e Denaro (1979), la stabilità della colonna cervicale risulta dall’integrità delle strutture anatomiche che costituiscono il sistema osteo-legamentoso occipito-atlo-epistrofico a livello del rachide cervicale alto e del segmento mobile rachideo per il rachide cervicale inferiore. 
  • Le lesioni prevalentemente ossee possono generare un’instabilità, ma dopo riduzione e immobilizzazione adeguate vanno incontro a consolidazione e quindi si stabilizzano. Le lesioni legamentose o osteo-legamentose possono invece generare un’instabilità irreversibile. 
  • A livello del rachide cervicale alto (cerniera atloepistrofica), non ci possono essere dislocazioni se il legamento trasverso è integro.
    Se il legamento trasverso è rotto, ma sono integri i legamenti alari, la dislocazione dell’atlante rispetto al dente dell’epistrofeo nei radiogrammi dinamici in flesso-estensione va da 3 a 5 mm. Se sia i legamenti alari sia il legamento trasverso sono lesionati, la dislocazione sarà maggiore di 5mm. 
  • Il segmento mobile rachideo del rachide cervicale inferiore è composto da: legamento longitudinale anteriore (LLA), disco intervertebrale, legamento longitudinale posteriore (LLP), articolazioni interapofisarie, legamenti gialli e interspinosi. La struttura maggiormente stabilizzante è il complesso LLP-disco intervertebrale: nelle lesioni legamentose, se questo sistema è integro, l’unità funzionale è stabile. 
  • Per il rachide dorso-lombare, una delle classificazioni concettualmente più semplici è quella di Denis (1983), che si basa sull’identificazione di tre colonne anatomo-funzionali a livello del rachide dorso-lombare (Figura 01):
    • la colonna anteriore comprende il LLA, la metà anteriore del corpo vertebrale e la porzione corrispettiva del disco intervertebrale con il suo anulus fibroso;
    • la colonna media contiene il LLP con la porzione di disco intervertebrale corrispondente e il suo anulus; 
    • la colonna posteriore contiene gli elementi posteriori 
  • Dell’arco neurale, assieme ai legamenti corrispondenti (gialli, interspinosi e sopraspinoso) e alla capsula delle articolazioni interapofisarie. 
  • Secondo questa classificazione, lesioni di due o più colonne producono una lesione potenzialmente instabile. Bisogna inoltre chiedersi se sia presente un deficit neurologico. L’esame neurologico di un paziente con sospetta o accertata frattura vertebrale deve valutare la funzione del midollo spinale e delle radici nervose. Le indicazioni al trattamento delle Fratture vertebrali sono differenti a seconda che si tratti di fratture mieliche o amieliche. Infatti, mentre le lesioni mieliche sono lesioni gravi, instabili e necessitano di trattamento chirurgico quando possibile, quelle amieliche vanno definite e differenziate in relazione alla presenza di stabilità o instabilità segmentaria (Box 02). L’inquadramento del paziente con Fratture vertebrali inizia dall’anamnesi e da un accurato esame obiettivo. Il dolore, sintomo guida, è esacerbato dalla stazione eretta e dal movimento, così come dalla palpazione diretta del segmento affetto. È presente una contrattura dei muscoli paravertebrali e, a livello del collo e del dorso, possono rendersi evidenti deformità, ecchimosi o ematomi. 
  • La valutazione neurologica deve essere quanto più appropriata e meticolosa. È importante ricordare che il midollo spinale nell’adulto termina a livello del bordo inferiore di L1, estendendosi raramente fino a L2; al di sotto di questo livello è presente la cauda equina, costituita dall’insieme delle radici nervose che originano dal cono midollare. 
  • In funzione del quadro clinico, si possono distinguere: 
    • lesioni a livello radicolare, caratterizzate da un pattern di parestesie/anestesia, deficit di forza muscolare e iporeflessia al corrispondente dermatomero; 
    • lesioni con pattern meno definito di distribuzione dei deficit neurologici, che possono indicare una lesione della cauda equina, del cono midollare o del midollo spinale.
  • La quantificazione della lesione midollare gioca un ruolo preminente sulla scelta terapeutica e sul giudizio prognostico. I sistemi più utilizzati sono il sistema di Frankel (Tabella 01) e il sistema sviluppato dall’american Spinal Injury Association (ASIA). 
  • Le lesioni del midollo spinale possono essere complete (senza funzione neurologica al di sotto del livello lesionale) o incomplete.
    Nel caso di lesioni complete, ci si può aspettare un recupero di un livello radicolare in circa l’80% dei pazienti e di due livelli nel restante 20% (cosiddetti automatismi midollari sottolesionali). 
  • Le lesioni incomplete si differenziano a seconda dell’area del midollo coinvolta dalla lesione:
    • la sindrome del midollo centrale è la più frequente e si verifica solitamente in pazienti con precedente stenosi del canale vertebrale: la lesione in questo caso coinvolge la sostanza grigia centrale e si traduce in un deficit motorio prevalente agli arti superiori rispetto agli arti inferiori, con conservazione variabile della sensibilità; 
    • la seconda sindrome più frequente è la sindrome delle corna anteriori, dove si ha una lesione dei due terzi anteriori del midollo, con risparmio delle colonne posteriori che trasportano la propriocezione e la pallestesia, e deficit motorio prevalente agli arti inferiori; 
    • la sindrome di Brown-Sequard consiste in una lesione di una metà del midollo con deficit ipsilaterale motorio e di sensibilità propriocettiva e pallestesica e perdita controlaterale della sensibilità termica e dolorifica. 
  • La presenza di tono rettale e della sensibilità perianale in un paziente con deficit neurologici è un reperto fondamentale in quanto suggerisce l’integrità di almeno una parte delle fibre nervose attraverso il livello della lesione, con indubbio miglioramento della prognosi.
  • A oggi, anche se con efficacia incerta, la maggior parte dei pazienti portatori di lesioni acute del midollo spinale riceve una dose elevata di corticosteroidi allo scopo di facilitare il recupero neurologico. 
  • La ricerca nel campo delle lesioni del midollo spinale è in continua evoluzione: di recente sono stati riportati interessanti risultati sperimentali sull’utilizzo di nuove molecole come i Rho-antagonisti (cetrina) e agenti neuroprotettivi come il riluzolo (attualmente utilizzato nella SLA) e la minociclina. 
  • Questi e altri farmaci, insieme a una migliore comprensione della fisiopatologia delle lesioni midollari, rappresentano una delle prospettive future per migliorare le possibilità di recupero dei pazienti mielolesi. 

Box 01

Box 01: Diagnostica per immagini delle fratture vertebrali.

Figura 01

Figura 01: Schema di Denis delle tre colonne per la Classificazione delle fratture instabili dorso-lombari (spiegazione nel testo). 

Box 02

Box 02: Linee guida generali per il trattamento delle fratture vertebrali.

Tabella 01

Tabella 01: classificazione delle lesioni midollari secondo frankel.